L’intervento del vice presidente del Csm on. Rognoni all’inaugurazione dell’anno giudiziario del distretto di

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"Ella (rivolto al PG Blandini: ndr.) all’inizio del Suo intervento ha voluto
ricordare gli anni, prima della parentesi trentina, in cui ha svolto a Milano
la Sua attività di magistrato e li ha ricordati per rinnovare, sulla
base di quella esperienza, il Suo apprezzamento per le doti di operosità
e solidarietà di questa città. Una città civilissima nella
ricchezza e pluralità della sua cultura. Anch’io vorrei portare il saluto
a questa Milano e alla intera sua area giudiziaria che ha una lunga storia dietro
le spalle; una storia sempre onorata con grande lealtà e sacrificio.
Ricordare qui Emilio Alessandrini e Guido Galli mi riesce naturale e non solo
perch
mi sento ancora coinvolto in quella difficile stagione per il nostro Paese,
ma perch questi magistrati, insieme all’avv. Giorgio Ambrosoli, sono
giusto
l’espressione di quell’area della giustizia milanese che ha dato
testimonianza di alta professionalità, di concreta indipendenza di giudizio,
di coerenza e coraggio.Una eredità che non si  persa per strada; che, in mezzo a mille
difficoltà,
comprese crisi di latitanza politica e conseguente sovraesposizione
giudiziaria, è stata via via raccolta da una magistratura che oggi, ben
consapevole dei suoi doveri, è qui a domandare rispetto e a chiedere
la
fiducia che merita.Autonomia e indipendenza della magistratura sono a fondamento della fiducia
dei cittadini nei confronti dei magistrati. Non sono privilegi di casta, ma
le condizioni essenziali ed irrinunciabili dell’esercizio imparziale della
giurisdizione: prioritaria esigenza che il cittadino esprime nei confronti
della istituzione giudiziaria. Non può esservi una "giusta decisione",
e
quindi un "giusto processo", se l’autonomia e l’indipendenza non sono
garantite.Ma lo strumento del "giusto processo" per una "giusta decisione",
che il
cittadino si aspetta, ha bisogno di una organizzazione; esso stesso anche
organizzazione.Ecco perch  di straordinaria importanza il monito del Capo
dello Stato,
affidato al messaggio di fine anno. Vi un rapporto sinergico - egli ha
detto - tra indipendenza e autonomia della magistratura ed efficienza del
servizio giudiziario. Sono entrambi valori e l’uno alimenta e rafforza
l’altro.La inefficienza del servizio giudiziario rende residuale, puramente
consolatorio, il principio dell’autonomia e dell’indipendenza della
magistratura. Una risposta efficace e tempestiva ai bisogni di tutela della
collettività restituisce, al contrario, a quel principio la sua fondamentale
pregnanza.Qualche considerazione, dunque, su questo snodo fondamentale della vicenda
giudiziaria.Autonomia e indipendenza, nel vissuto concreto della vita del magistrato
sono obbiettivi di una continua ricerca, che insieme impegno morale,
professionalità e lealtà istituzionale.Io sono convinto che, salvo eccezioni rarissime, i magistrati italiani
sappiano difendere la loro indipendenza perch sanno che questa difesa
si
risolve per intero nell’esercizio imparziale delle loro funzioni.L’accusa di non essere imparziale il primo e pi sottile attacco
all’autonomia della magistratura nel suo complesso e al giudice, nel caso
concreto, che, per dettato costituzionale,  soggetto solo alla legge.E’ nefasta l’accusa anche se non generalizzata di politicizzazione della
magistratura, nel senso deteriore di una sua partecipazione - come potere -
allo scontro politico. Le reazioni a questa accusa provenienti dallo stesso
ordine giudiziario, possono produrre, per la misura e l’intensità talvolta
delle loro espressioni ed anche per l’amplificazione che ne fa il circuito
mediatico, l’immagine - uso testualmente le parole del Procuratore Generale
Favara - "l’immagine sbagliata di una magistratura non imparziale e incline
alle polemiche politiche". Non è così : "la stragrande
maggioranza dei
magistrati italiani - è sempre Favara che parla - lavora con assoluto
equilibrio e con rigorosa imparzialità". Così, con grande
autorità davanti
al Capo dello Stato, il Procuratore Generale.Attenzione, dunque, al corto-circuito perverso fra una superficiale e
insistita accusa di politicizzazione della magistratura e una ridondante
difesa che anzich rimuoverla può alimentarne l’aggressività.Se c’ questo corto-circuito, e forse c’, occorre spezzarlo.
Ma non lo si
spezza confinando il magistrato fuori del tempo e della società e, per
il
timore della sua politicizzazione, impiccarlo al silenzio. Non sempre la sua
parola è una inutile e dannosa esternazione; non è affatto, per
esempio, una
inutile esternazione il dibattito che c’ nell’area dell’associazionismo
dei
magistrati, dove le diverse sensibilità, misurandosi, sono molto pi
ricchezza per la cultura della giurisdizione e della giustizia che una
minaccia o un pericolo.Ciò che conta è ancora una volta la Costituzione. Nel tessuto
costituzionale, espliciti o impliciti e comunque diffusi, stanno i valori
dell’autonomia, dell’indipendenza, della terzietà e imparzialità.
Il
magistrato cittadino sa, e ha il dovere di saperlo, di essere giudice,
pubblico ministero o capo di un ufficio. I suoi comportamenti virtuosi, cioè
di lealtà alla Costituzione nascono e partono da questa consapevolezza
che
deve essere persuasiva e percepita da tutti, così dai cittadini come
dagli
altri poteri dello Stato.Si è sentito dire che ora che fra "magistratura" e "politica"
si faccia
finalmente la pace; per continuare nell’immagine, credo che la magistratura,
non a torto, rifiuti l’idea stessa di avere mai dichiarato la "guerra"
alla
politica; comunque è bene, semmai si fosse da qualche parte usciti, che
ognuno torni al suo posto, al posto che la Costituzione gli assegna. Ai
magistrati si deve chiedere - e io lo chiedo veramente - pi sobrietà
e
riservatezza, forse pi "umiltà" come ha ricordato,
al momento del suo
congedo, un magistrato di grande esperienza e cultura. Le forze politiche,
da parte loro, devono aiutare il cittadino ad interiorizzare il
principio-dovere sancito dalla Costituzione dell’imparzialità del giudice,
nel senso di esserne persuasi e di avere buone ragioni per esserlo. In
questi tempi, per esempio, il troppo e ossessivo parlare di "legittimo
sospetto", sembrato che la regola non fosse l’imparzialità del giudice,
ma
il suo contrario. Ma così salta il principio della stessa civile convivenza;
tutto il sistema impazzisce.Non deve essere così. Per dirla con le parole del Procuratore Generale
Favara, "il Paese deve riflettere sulla importanza del ruolo di presidio
della legalità per tutti i cittadini che alla magistratura è stato
assegnato
dalla Costituzione, quale ordine indipendente ed autonomo da ogni altro
potere". Nella condivisione di questi principi la conclamata e per tanti
aspetti, fastidiosa - appunto perch ostinatamente conclamata - crisi
del
rapporto fra politica e amministrazione della giustizia può avviarsi
a
soluzione "ristabilendo - come ha detto Favara - la normalità nei
rapporti
istituzionali". Tanto pi che vi sono altre tensioni, di natura
diversa,
nella vita civile e nell’organizzazione e iniziativa economica che premono
sulla giustizia; tensioni che si alimentano delle comprensibili difficoltà
ad accettare la crescente incidenza del giudiziario nel settore delle scelte
collettive; fenomeno, questo, non solo italiano, che strettamente legato
all’allargamento dell’area dei nuovi diritti e quindi dell’area di
intervento della tutela giudiziaria. Ma vi sono anche tensioni per la
perdita di credibilità a causa della incapacità di dare risposta
ai bisogni
di tutela in tempi ragionevolmente brevi.Qui si coglie nettamente l’intreccio tra i valori dell’autonomia e
dell’indipendenza con il principio dell’efficienza del servizio; un
intreccio che pone in primo piano la professionalità del magistrato.Un magistrato professionalmente attrezzato è capace di dare giustizia
in
tempi pi rapidi ed in maniera pi efficace; non c’ dubbio.A questo riguardo ha grande significato, per l’attività relativa alla
formazione professionale, che il Consiglio superiore abbia di recente deciso
di porre le questioni della formazione per l’accesso in magistratura, e
oltre, al centro della Relazione al Parlamento sullo stato
dell’amministrazione della giustizia per l’anno 2003.Su questo versante è già forte l’impegno del Consiglio superiore;
si
organizzano ogni anno un cospicuo numero di incontri di studio, sia in sede
centrale che in varie sedi decentrate, con il crescente apporto di
esperienze e di conoscenze del mondo accademico e dell’avvocatura.Rilevanti sono le risorse impiegate per raggiungere, con i corsi di
formazione, una platea sempre pi ampia di magistrati.Il Consiglio superiore, proprio per le attribuzioni che ha, è il soggetto
istituzionale pi idoneo alla gestione delle attività di formazione.Se queste fossero affidate alla Corte di cassazione, secondo il disegno
governativo di legge di delega per la riforma dell’ordinamento giudiziario,
si correrebbe il rischio di fare della formazione un tassello di un pi
ampio progetto di gerarchizzazione dell’assetto organizzativo della
magistratura, che, per alcuni versi, è già una compromissione
dei valori di
autonomia ed indipendenza.Ma a poco gioverebbe l’impegno formativo del Consiglio superiore, se non si
accompagnasse alla necessità di rendere effettivi i controlli di
professionalità, preliminari alla progressione in carriera o al conferimento
di incarichi direttivi e semidirettivi.Qui il CSM vuole giocare veramente le sue carte pi rilevanti.Può dirsi definitivamente superata l’erronea convinzione che la difesa
dell’autonomia e dell’indipendenza del magistrato passi per l’automatismo
nella progressione in carriera e per la preponderanza del criterio
dell’anzianità nella scelta dei dirigenti degli uffici giudiziari.Anche di recente, il Plenum - e il Ministro lo sa - ha convenuto
sull’importanza di definire in modo pi stringente i criteri di valutazione
migliorando il quadro informativo necessario per una congrua e pertinente
decisione.In questo settore devo ricordare che si  avviato un lavoro comune tra
il
Consiglio superiore ed il Ministero della Giustizia per elaborare efficaci
criteri di controllo della produttività e della qualità del lavoro
del
magistrato, tenendo conto della pluralità delle funzioni.Questa esperienza di lavoro comune sembra essersi arenata mentre meriterebbe
certamente di essere sostenuta e potenziata. Spetta al Ministro, data la
piena disponibilità del Consiglio superiore, di riprendere l’iniziativa
e
assicurarne il buon esito.Di pari importanza è poi il lavoro, che il Consiglio non da ora ha
intrapreso, per assicurare ad ogni ufficio giudiziario un dirigente
specificamente idoneo all’assolvimento dei compiti di organizzazione.L’organizzazione di un ufficio giudiziario , infatti, di particolare
complessità perch qui non si può applicare, così
e semplicemente, il modulo
gerarchico di secolare sperimentata efficacia nella pubblica
amministrazione.Si tratta, infatti, di valutare, per l’incarico dirigenziale la capacità
di
organizzazione e di coordinamento del lavoro di gruppo che ha, però,
particolari caratteristiche, tutte riconducibili alle prerogative del
singolo magistrato.L’anzianità deve cedere qui il passo, o coniugarsi, come criterio di
scelta,
alla capacità di programmare un adeguato assetto organizzativo dell’ufficio.Il Consiglio superiore, oltre all’impegno nell’affinare e migliorare le sue
scelte selettive, può e deve intensificare lo sforzo preliminare, diretto
alla formazione di una mirata professionalità del dirigente.Non è tollerabile che il dirigente di un ufficio si trovi ad imparare
le
regole di organizzazione per così dire sul campo, quando, lasciando il
ruolo
esclusivamente giurisdizionale, per il quale è stato reclutato e formato,
assume compiti amministrativi a carattere addirittura manageriale. Senza una
preparazione tecnica specificamente orientata sulla organizzazione delle
risorse e sulla gestione del personale non si va molto lontano.Al contrario, assicurata che fosse questa preparazione tecnica, il Consiglio
superiore potrebbe rinunciare ad imbrigliare il lavoro organizzativo dei
dirigenti in un reticolato di direttive, tanto pi fitto, come oggi accade,
quanto minore la fiducia nella loro competenza specifica.A questo modo si aprirebbero nuovi e doverosi spazi di responsabilità
per i
capi degli uffici con indubbio snellimento del lavoro. A sostegno di queste
maggiori responsabilità la preannunciata riforma dell’ordinamento
giudiziario dovrà confermare il principio della temporaneità degli
incarichi
direttivi.Su questo specifico aspetto il Consiglio superiore nella passata
consiliatura ha espresso parere favorevole, come pure ha apprezzato - e lo
dico incidentalmente perch sempre se ne discute- che il progetto di
legge
predisposto dal Governo preveda, in linea di principio, la distinzione delle
funzioni fra magistrati requirenti e magistrati giudicanti piuttosto che la
separazione delle loro carriere.Ma torniamo a noi.L’obiettivo di assicurare efficienza, e quindi una durata ragionevole dei
processi, guida l’azione consiliare anche in altri settori di intervento,
quale ad esempio la materia dei trasferimenti: una recente modifica della
circolare ha inteso imprimere un’accelerazione delle procedure di concorso
per evitare la sofferenza di organico negli uffici interessati.Ma gli interventi consiliari, non hanno possibilità di successo senza
un
coordinato intervento del Ministro della Giustizia nella gestione delle
risorse.Il rapporto collaborativo col Ministero si deve intensificare in un comune
organico disegno di potenziamento dell’efficienza del sistema; non c’
dubbio. E nel dialogo ciascuno deve partire dai propri convincimenti salvo
poi vedere dove si può arrivare. E così il CSM ribadisce la sua
convinzione
che i preannunciati concorsi per uditore giudiziario siano banditi e non
rimangano al palo, in attesa delle modifiche legislative, senz’altro
opportune, circa le modalità di reclutamento dei magistrati.
L’organizzazione non può fare a meno di una rapida copertura dei posti
vacanti nelle piante organiche degli uffici.Ancora  auspicabile che il Ministro si impegni a coprire rapidamente
le
vacanze degli organici del personale amministrativo e degli ufficiali
giudiziari. Il loro rafforzamento numerico indispensabile, non potendo gli
uffici giudiziari altrimenti provvedere ai tanti adempimenti, per di pi
nella prospettiva di un incremento delle garanzie processuali.Sappiamo bene che le risorse finanziarie sono limitate ma non
comprensibile che certe risorse vengano bloccate perch la macchina
giudiziaria "funziona male"; spesso funziona male proprio perch
non ci sono
risorse.Il Ministro avrà tutto l’appoggio necessario del CSM se porrà
rimedio alla
irrazionalità della distribuzione territoriale degli uffici giudiziari,
rivedendo le circoscrizioni secondo un modello di efficienza che faccia
individuare gli uffici da sopprimere con conseguente potenziamento
organizzativo e numerico di altri.Non per ultimo, siamo del parere che la proposta e l’iniziativa legislativa,
rispettivamente, del Ministro e del Parlamento siano costantemente orientate
al principio costituzionale, precettivo e non solo programmatico, della
ragionevole durata del processo.Qualche considerazione a questo riguardo deve essere fatta.Il Parlamento ha molto lavorato nel recente passato per rimediare a quel
deficit di garanzie, che connotava il processo penale nella versione
tendenzialmente inquisitoria del codice abrogato.Non sembra, tuttavia, che si sia cercato di evitare la sovrapposizione, per
stratificazione, di garanzie difensive con l’eterogeneità dei modelli
processuali di riferimento.Si  mancato di considerare, di fronte ad ogni iniziativa legislativa,
quali
fossero le sue ricadute anche negative sulla "ragionevole durata del
processo".La sovrabbondanza di garanzie nel processo penale, anche risalente a leggi
varate nella passata legislatura, non espone solo al rischio di due modelli
processuali: uno accessibile a pochi, perch assai costoso, come ha rilevato
il Procuratore Generale, l’altro, con minori garanzie, di fatto lasciato ai
meno facoltosi. C’ anche il pericolo di un risultato complessivo di
accresciuta inefficienza.Ogni intervento sulla legge processuale, volto ad introdurre nuove garanzie,
(e spesso si è trattato di iniziative diseguali e talora perfino
occasionali) non può prescindere dall’attenzione alle compatibilità
con
l’effettivo assetto strutturale dell’organizzazione giudiziaria; altrimenti
gli interventi rimangono come inutili proclami o, peggio, veicoli di nuove e
insopportabili lungaggini.Il valore dell’efficienza, anche in termini di tempo, non può essere
trascurato nel momento della produzione legislativa sul processo. Ogni
intervento sull’assetto di regole processuali deve scontare, infatti, che il
< delle decisioni anch’esso oggetto di garanzia; anzi di
una
garanzia prioritaria rispetto alle altre, come si evince dallo stesso
articolo 111 Cost., che ha collocato il principio della "ragionevole durata
del processo" tra le garanzie generali, prima di quelle specifiche relative
al processo penale.Non vi può essere contrapposizione tra garanzie ed efficienza processuale,
come specchio indicativo di quanti rispettivamente hanno a cuore le garanzie
dell’imputato e di quanti invece privilegiano gli obiettivi di efficienza
del sistema.La Costituzione oramai indica chiaramente a tutti che il processo giusto, e
quindi il processo garantito, è quello che dà tutela alle ragioni
delle
parti anche con la tempestività delle decisioni e la ragionevole durata
dell’accertamento.Il Consiglio superiore è pronto e rinnova la disponibilità ad
intervenire in
via consultiva nella elaborazione delle riforme in materia di giustizia. E
qui ancora una volta sento il bisogno di richiamare le espressioni del Capo
dello Stato, che, nell’intervento all’assemblea plenaria del Consiglio
superiore del 26 maggio 1999, ha sottolineato come "il Consiglio superiore
possa rappresentare un importante interlocutore sia del Parlamento che del
Governo, recando al dibattito riformatore un contributo tecnicamente
qualificato e politicamente neutrale".Che il Consiglio superiore sia ammesso dalla legge alla partecipazione
consultiva nei lavori di riforma dell’ordinamento giudiziario e, in genere,
in tema di amministrazione della giustizia  il segno di una democrazia
matura. I detentori della rappresentanza popolare non hanno ragione di
temere interferenza alcuna; hanno, piuttosto, il diritto e forse il dovere
di avvalersi dei contributi di esperienza e di pensiero di autorità
istituzionali tecnicamente qualificate, che proprio dalla qualificazione
tecnica, ricevono per dettato costituzionale ampia legittimazione
democratica.Non posso tralasciare - da ultimo - un argomento del quale in questi giorni
si discute. Mi riferisco alla progettata istituzione di una commissione
parlamentare denominata: "Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno
degli illeciti rapporti tra sistema politico e sistema economico finanziario
e sull’uso politico della giustizia".E’ mio dovere esprimere l’avviso che su questa iniziativa si rifletta, si
rifletta molto e si mediti bene.
Così come apparsa, essa potrebbe dar luogo a molte e delicate questioni,
anche di ordine costituzionale.Il recente richiamo del Capo dello Stato che, guardando nel futuro del
Paese, ammonisce che tutti dobbiamo sentire pi vicino la Magistratura
come
istituzione, certo non riceverebbe sostegno da una disputa sulla giustizia,
aspra e continua, a livello politico-parlamentare."

17 01 2003
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