La forza di Magistratura Democratica

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In un congresso in cui si parla della forza dei diritti è lecito, anzi forse è doveroso chiedersi in che cosa consista la forza di Magistratura democratica, soprattutto per chi, come me, non ne ha visto la nascita.
Il gruppo, la cui storia è stata tracciata nel bel libro di Giovanni Palombarini, è nato dall’incontro di provenienze diverse, da una multiformità di caratterizzazioni “politiche” ma non ha avuto difficoltà a nutrirsi delle diversità, anche nel tempo, posto che ha fondato la sua ragion d’essere sul confronto e sul dialogo costituzionalmente orientato. Le vicende che si sono susseguite hanno segnato sempre pi, nel tempo, l’impronta di Magistratura democratica come di uno “strano animale” che ha nel sangue il principio costituzionale di uguaglianza.

Magistratura democratica va vista non solo come un gruppo che “ha influenzato il dibattito sulla magistratura come nessun altro”, (è stato detto), ma anche come un’aggregazione che è stata capace costantemente di comprendere la rilevanza immanente dei fenomeni sociali ed orientare la riflessione verso la immediata attuazione dei precetti costituzionali, intesi anche quale risposta e mezzo per contrastare equilibri fondati su rapporti di forza e di sopraffazione; ha compiuto un continuo lavoro per inoltrarsi nella via che dal diritto fondato sulla disuguaglianza porta al diritto uguale per tutti; ha saputo

  1. coinvolgere nella riflessione soggetti esterni, che tuttora si confrontano con Magistratura democratica sui temi del lavoro, dell’immigrazione, del sistema carcerario, del diritto minorile, oltre che sul senso della giurisdizione e sull’attuazione dei precetti costituzionali;
  2. guardare con interesse e con apertura a nuovi gruppi che si facevano strada all’interno della magistratura associata, nella consapevolezza della necessità di favorire il dialogo ed il confronto, pur nel rispetto delle diversità, al punto da aver dato luogo ad una sinergia di lavoro in alcune sedi giudiziarie;
  3. rispondere con fermezza e coerenza agli attacchi che le sono stati nel tempo portati, tra i quali da ultimo la richiesta della lista degli iscritti a Md formulata da alcuni parlamentari, il cui scopo non dichiarato di intimidire e ridurre il gruppo al silenzio aleggia anche nel disegno di legge, recentemente predisposto da un ramo del Parlamento, sulla commissione di inchiesta in materia di corruzione e sull’uso politico della giustizia,
  4. ha saputo, soprattutto, mantenere una direzione costante di “democratizzazione della funzione giudiziaria” come si legge nella mozione costitutiva del luglio 1964, rifuggendo dalla logica di una magistratura chiusa nella sua torre d’avorio e depositaria di verità assolute; al contrario, ha fatto della critica, anche ai provvedimenti emanati dai suoi stessi appartenenti, il metodo di confronto quotidiano, e del dialogo il suo strumento di azione, con la disponibilità ad aprirsi alle novità ma senza perdere di vista i principi cui è ispirata.

Il gruppo è cresciuto, nel tempo, rafforzato sia dalle vicende della storia nazionale e sovranazionale – basti ricordare, senza pretesa di completezza la posizione sempre decisa e ferma contro ogni forma di guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli ed alla elaborazione culturale sul diritto dei migranti– sia dalla necessità di riflettere sulle numerose e crescenti “tensioni che trovano nella giurisdizione un luogo di confronto e di composizione”, come ha ribadito Carlo Verardi durante i lavori del Congresso di Venezia. Ed è innegabile che l’espansione crescente della giurisdizione sia stata sempre colta e valutata in tutte le sue possibili implicazioni, al punto da poter affermare, oggi, che la direzione del sistema giuridico determinerà un aumento del ricorso alla tutela in sede giurisdizionale. Come non vedere, infatti, che il principio di libertà nell’autodeterminazione negoziale ed il suo limite, sostanziato nel criterio di meritevolezza di tutela, aprono il traffico economico-giuridico a forme negoziali sempre nuove e proprie di un mercato “globale” e che la giurisdizione sarà chiamata a svolgere sempre pi il compito di cerniera del sistema, a verificare il fondamento negoziale degli accordi alla luce dei principi costituzionali e sovranazionali ed a controllare gli equilibri tra le parti seguendo il criterio di uguaglianza sostanziale? Come non comprendere che vi sarà, inevitabilmente, una espansione del controllo circa la giustificazione razionale e la funzione sociale delle operazioni private, la cui fluidità è determinata dalle incessanti evoluzioni dei mercati?
Come non accorgersi che il complesso e crescente magma dei rapporti economici e sociali non potrà ricevere adeguata valutazione e sistemazione se non ad opera di un giudice costituzionalmente orientato e consapevole di una dimensione normativa europea – ed in un prossimo futuro guidato anche da una Carta Costituzionale dell’Europa? Come non accorgersi che la giurisdizione svolgerà sempre pi il compito di promozione dei diritti, laddove il superamento della dimensione nazionale obbligherà ad occuparsi di nuove posizioni soggettive, ovvero a trovare nuove forme di tutela per diritti già esistenti? Tutto questo è inevitabile, ed il nostro compito sta nel disvelare tutti i tentativi di mistificazione della realtà, le tendenze a manipolare il contenuto ed il senso della giurisdizione per proporla come un ordine gerarchico e quasi militarizzato, in cui solo quelli che stanno ai vertici hanno la legittimazione ad elaborare gli orientamenti giurisprudenziali.
Magistratura democratica non avrà, così come in passato non ha avuto, solo una funzione di testimonianza e denuncia, ma anche un preciso compito di proposta costruttiva per il futuro della giurisdizione e dei diritti. Il gruppo è stato elemento trainante della magistratura e punta avanzata nell’attuazione delle tutele giurisdizionali, e questo terreno di lavoro non potrà, a mio avviso, essere trascurato.
Si propone nuovamente il ruolo di Magistratura democratica come punto di riferimento nell’attività interpretativa e nel concreto esercizio della giurisdizione. L’ipocrisia contenuta nel mito del giudice bocca della legge è sotto gli occhi di tutti, e non vale riproporla con maggiore veemenza o sotto forme diverse; la natura stessa del sistema giuridico, le sue lacune e contraddittorietà impongono un’attività interpretativa chiara e puntuale, così come le parti del processo pretendono dal giudice una decisione chiara e professionalmente qualificata. La riflessione sul processo è certamente importante, ma occorre forse una maggiore attenzione ai diritti sostanziali, in vista dei quali il processo si dispiega.

Ed ancora Md, pur sempre dal suo ambito di soggetto parziale, dovrà continuare ad interrogarsi sui fenomeni sociali, interni ed internazionali, nella consapevolezza che il diritto è vita e regola perciò tutti gli accadimenti collettivi: il fermo rifiuto della guerra, come espressione di forza e negazione del diritto, l’analisi della repressione e dell’uso della violenza messe in atto nel corso di libere manifestazioni, ne sono solo alcuni esempi. **
N possono far desistere le accuse continue e smaccatamente false di politicizzazione della magistratura e di collateralismo politico; come è stato ricordato, la storia di Md è contraddistinta molto pi da scontri che da convergenze con il mondo della politica sui temi della giustizia; basti ricordare la riflessione del gruppo a margine della Bicamerale ed il costante disvelamento dei tentativi di normalizzare la magistratura e di marginalizzare la giurisdizione, in tutti i settori di intervento.

Il gruppo dovrà inoltre continuare a svolgere, anche nell’ambito della magistratura associata, una funzione di orientamento culturale e di promozione di iniziative che, come quelle del recente passato, siano fondate sui valori dell’autonomia e dell’indipendenza, abbiano la caratteristica della chiarezza, ed escludano in radice ogni ambiguità o possibile compromesso. E’ finito il tempo delle affermazioni timorose e tiepide: con la pacatezza e la semplicità che ci contraddistinguono dobbiamo continuare lungo una direttrice di ferma difesa dei principi costituzionali, gli unici ai quali dobbiamo obbedienza, spiegando all’esterno quali sono i limiti invalicabili del sistema costituzionale. L’ANM ha avuto una forte spinta propulsiva grazie ai tanti di noi che si sono impegnati nell’associazionismo e questa tendenza deve continuare a crescere: dobbiamo dimostrare a tutti, con la forza aggregante di Magistratura democratica, che la magistratura ha da tempo accettato la sfida della professionalità e che le riforme in cantiere non hanno nulla a che vedere con un miglioramento del sistema giurisdizionale e con l’obbiettivo della durata ragionevole del processo. Anche l’organizzazione ed il funzionamento degli uffici deve continuare a costituire un momento di lavoro e di analisi da parte del gruppo, che ha saputo denunciare violazioni di regole organizzative, inefficienze, ritardi ed eccessivi burocratismi dei capi degli uffici, con conseguenti ritorsioni in danno di quanti hanno avuto il coraggio di non restare in silenzio.

Chiudo dicendo che chiunque speri di vedere Magistratura democratica rinunciare al suo ruolo per le difficoltà le tensioni in atto nell’attuale situazione si sbaglia: la natura ed il senso del gruppo sono insopprimibili, grazie al lavoro di tutti, e non potranno essere rimossi o cancellati; nè appare pensabile alcun mutamento di rotta rispetto a quanto è stato fatto, anche in un recente passato; l’esperienza delle elezioni per il Consiglio Superiore della Magistratura ha segnato un momento di crescita non solo di Md, ma nel complesso di tutta la magistratura ed ha confermato la validità del lavoro del gruppo, conducendo ad un successo senza precedenti nella storia della magistratura, ad onta di una legge elettorale che mortifica l’attività del CSM, lo ridimensiona e tende a normalizzarne l’operato.
Dunque gli eretici ci sono e ci saranno ancora; e sarebbe controproducente per la tenuta delle istituzioni democratiche, nonch autolesionista per chi lo portasse avanti, dover assistere ad un nuovo periodo di “santa inquisizione”.

23 01 2003
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