Comunicato sul maxiemendamento

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Dopo gli slogan, le minacce, i ballons d'essai del ministro della giustizia e un lavoro parlamentare di mesi (cancellato in un giorno con un tratto di penna), gli "esperti" della maggioranza hanno, infine, prodotto il vero progetto governativo di "riforma" dell'ordinamento giudiziario, mix senza precedenti di ossessione burocratica e di barocchismi seicenteschi.
C'è da non crederci: i magistrati verranno ripartiti in sette classi e dodici funzioni; la vita professionale di giudici e pubblici ministeri sarà scandita da concorsi permanenti per titoli ed esami (mediamente quattro o cinque); i magistrati di merito occuperanno il loro tempo a preparare concorsi (e quelli di legittimità a far parte di commissioni esaminatrici) pi che a istruire e decidere processi; i trasferimenti di sede diventeranno corse ad ostacoli di durata biblica; i tempi delle indagini e degli atti urgenti in una Procura di media grandezza saranno eterni, visto che anche il pi semplice sequestro sarà subordinato al previo assenso del "capo ufficio"; la soluzione delle divergenze tra il "capo" di un ufficio giudiziario
e il dirigente amministrativo sarà demandata al ministro, e molto altro ancora. Si tratta di un progetto irrealizzabile, idoneo solo a paralizzare quel che resta di una organizzazione giudiziaria in perenne crisi di funzionalità.
E', dunque, facile prevedere che ai toni trionfalistici di questi giorni seguirà presto un inglorioso accantonamento di gran parte del maxiemendamento.
Ma qualcosa resterà: le idee guida, in cui nulla c'è di moderno e funzionale, ma solo la restaurazione (peggiorata) del modello di magistratura albertino e, poi, fascista, nell'assillante ricerca di un modo per condizionare la magistratura e il suo operato.

Cominciamo dal giudice. Nel dilemma se perseguire la crescita di tutta
la magistratura o far fare carriera ai migliori il governo sceglie, demagogicamente,
la seconda soluzione. E' una scelta del tutto sbagliata: con il sistema
concorsuale si controllano (forse) le doti di preparazione tecnica, ma
non certo quelle di equilibrio, di capacità di ascolto, di laboriosità
e di impegno che contraddistinguono il buon giudice; e poi, soprattutto,
la selezione non serve, posto che tutte le funzioni giudiziarie, e quelle
di primo grado pi delle altre, incidono direttamente sulla libertà personale,
sull'onore, sui beni, sull'attività lavorativa, sulla vita familiare delle
persone. Tutti i cittadini hanno bisogno di "buoni" giudici, preparati,
equilibrati, imparziali, indipendenti e questo - non altro - è l'obiettivo
da perseguire. Quanto poi al pubblico ministero, il modello proposto dal
governo è quello di una organizzazione rigorosamente gerarchica, in cui
scompaiono persino le figure intermedie, lasciando il campo solo ai capi,
veri mandarini dell'azione penale, circondati da sostituti privi di ogni
autonomia. In questa logica riaffiorano i poteri, sostanzialmente illimitati,
di sostituzione e di avocazione che tanti sospetti e polemiche sull'amministrazione
della giustizia hanno sollevato nella storia del Paese (chi non ricorda
il ruolo di "porto delle nebbie" assunto negli anni '70 dalla Procura
della Repubblica di Roma?). E non c'è solo questo, ch il sistema gerarchico,
per la sua rigidità e per la connessa demotivazione dei singoli, è in
crisi persino nell'organizzazione industriale ed è ritenuto inadeguato
da tutta la scienza organizzativistica che si è occupata di giustizia.
Esito ulteriore, e non casuale, di questo reticolo normativo è lo svuotamento
delle funzioni costituzionali del Consiglio superiore della magistratura,
mal tollerato perch garante della concreta indipendenza della giurisdizione
e dei magistrati e, per questo, sostituito di fatto da commissioni esaminatrici
e burocrati.

I cittadini hanno diritto a una giustizia migliore. Molta parte della
magistratura lo va dicendo, inascoltata, da tempo: anche con proposte
specifiche e articolate (in materia di giustizia civile, di processo penale,
di sistemi organizzativi, di razionalizzazione degli uffici giudiziari,
di controllo sulla professionalità dei giudici, eccetera). E invece il
progetto governativo si muove nella direzione opposta, preoccupandosi
di carriere anzich di giustizia. L'abbandono di ogni prospettiva di modernizzazione
del servizio giudiziario, la restaurazione di un modello di magistratura
bocciato dalla storia, la drastica riduzione della indipendenza dei giudici
e dei pubblici ministeri non sono, per i cittadini, un buon segnale.

23 03 2003
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