Tre volte no all'emendamento che chiude la bocca ai magistrati

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L'emendamento appena approvato e che toglie ai magistrati la possibilita' di esprimersi e associarsi contravviene in modo evidente a diversi articoli della Costituzione italiana, alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea ed alla Carta dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite.

A queste tre leggi superiori potranno appellarsi i magistrati per
disapplicare quanto stabilito dalla legge e rimettere alla Corte di
giustizia europea ed alla Commissione Europea la questione, in attesa che venga dichiarata incostituzionale.

La Costituzione italiana stabilisce infatti che:

Art. 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell'uomo(...)

Art. 17. I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi.
(...)

Art. 18. I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza
autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge
penale. (...)

Art. 21. Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero
con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. (...)

Si potrebbe pensare che sia possibile stabilire un'eccezione in relazione
alla funzione specifica, ma l'Art. 3. afferma che "Tutti i cittadini hanno
pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di
sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di
condizioni personali e sociali.(...)".
La Costituzione stessa stabilisce che vi possono essere deroghe a tali articoli fondamentali solo in riferimento a leggi penali, cioe' in caso venga commesso un delitto penale, che ovviamente riduce la liberta' di movimento dell'individuo qualora riconosciuto colpevole. L'emendamento in questione, pero', non fa parte di una legge penale, ma riordina il sistema giudiziario, e presenta quindi vari profili di incostituzionalita'.

Inoltre l'art 10 della Costituzione prevede che "L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. (...)" e le carte dei diritti fondamentali dell'individuo ribadiscono i diritti di tutti indistintamente. Infatti la Carta dei diritti dell'Unione Europea prevede:

Art. 10 Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e
di religione. Tale diritto include la libertà di (...) manifestare la
propria religione o la propria convinzione individualmente o
collettivamente(...)

Art. 11 Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto
include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare
informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle
autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. La libertà dei media e il
loro pluralismo sono rispettati.

Art. 12 Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione pacifica e alla
libertà di associazione a tutti i livelli, segnatamente in campo politico,
sindacale e civico, il che implica il diritto di ogni individuo di fondare
sindacati insieme con altri e di aderirvi per la difesa dei propri
interessi.

Mentre la Carta dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite fin dal 1948
cosi' recita:

Art. 18 Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e
di religione; tale diritto include la libertà di (...) manifestare,
isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato (...).

Art. 19 Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di
espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria
opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee
attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Art. 20 1. Ogni individuo ha il diritto alla libertà di riunione e di
associazione pacifica.(...)

Art. 28 Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel
quale i diritti e la libertà enunciati in questa Dichiarazione possano
essere pienamente realizzati.

Anche qui non vi possono essere deroghe, infatti: "Ad ogni individuo
spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente
Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore,
di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere,
di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra
condizione".(art 2.1); "Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla
base dello statuto politico, giuridico o internazionale del Paese o del
territorio cui una persona appartiene, sia che tale Paese o territorio sia
indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o
soggetto a qualsiasi altra limitazione di sovranità. " (art 2.2); "Tutti
sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna
discriminazione, ad un'eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno
diritto ad un'eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la
presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale
discriminazione." (art. 7)

Infine "Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere
esercitati in contrasto con i fini e i principi delle Nazioni Unite." art
29.3 e "Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel
senso di implicare un diritto di qualsiasi Stato gruppo o persona di
esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione dei
diritti e delle libertà in essa enunciati." (art. 30).

Dunque la norma approvata ieri risulta in contrasto con ben tre livelli di
norme superiori. Non sarebbe d'altra parte la prima volta: oltre alle
rogatorie, bocciate dal diritto internazionale, la Cassazione ha respinto
ieri l'applicazione del patteggiamento allargato approvato dal Parlamento
nel giugno 2003.

25 09 2003
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