Qualcuno vuole ancora la ragionevole durata dei processi?

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A partire da oggi la Camera dei deputati discuterà un disegno di legge approvato il 15 maggio 2003 dalla Commissione Giustizia (d.d.l. n.2754bis) che modifica le disposizioni processuali penali in materia di inammissibilità del ricorso in Cassazione.

Il testo approvato dalla commissione suscita notevoli perplessità e richiederebbe un serio approfondimento sulle possibili e gravi ricadute in termini di funzionalità della macchina giudiziaria.

La speciale sezione della Corte di Cassazione cui sono assegnati i ricorsi per un esame sull'inammissibilità, istituita con legge 26 marzo 2001 n.128, ha dato nei due anni di applicazione ottima prova di funzionamento consentendo la definizione di oltre il 45% dei ricorsi in cassazione e così consentendo una drastica riduzione dei tempi di definizione di tutti i ricorsi da parte della Corte.

Con la riforma proposta dalla Commissione giustizia la stessa funzione acceleratoria della sezione viene svuotata ed annullata. La dichiarazione di inammissibilità del ricorso in una udienza camerale senza la partecipazione del ricorrente, infatti, sarebbe riservata solo a pochissimi casi: i ricorsi tardivi, quelli in cui non sono enunciati i motivi e poche altre ipotesi residuali di impugnazione. In tal modo la
sezione si dovrebbe limitare a dichiarare l'inammissibilità de plano dei ricorsi in un numero irrisorio di casi quantificabile al massimo nel 5 per cento.

In tutti gli altri casi, che oggi la sezione definisce con dichiarazione di inammissibilità in una udienza camerale senza la partecipazione delle parti (motivi non consentiti, manifestamente infondati o non dedotti in appello), la proposta inserisce l'obbligo di sentire il ricorrente che ne faccia richiesta. Già oggi le ragioni del ricorrente contrarie ala pronuncia di inammissibilità possono ben essere fatte valere con una memoria scritta, ed è evidente che la richiesta di essere sentito possa prestarsi ad essere massicciamente utilizzata come mero espediente dilatorio con un rilevantissimo allungamento dei tempi della decisione, dovendosi in ogni caso procedere alla fissazione di una nuova udienza.

Con una norma di difficile comprensione (articolo 5 del disegno di legge) verrebbe poi eliminata la possibilità di dichiarare l'inammissibilità di un ricorso da parte delle altre sezioni e cioè nei casi in cui la inammissibilità non sia stata ipotizzata in sede di spoglio. Ciò significa sottrarre al giudice competente sulla base di un provvedimento amministrativo (l'assegnazione alla sezione) il potere di decidere il ricorso in conformità alle disposizioni di legge. La questione non è puramente nominale se si considera che, secondo l'orientamento consolidato dopo la sentenza delle Sezioni Unite n.32 del 2000, solo
l'inammissibilità consente di far ritenere il rapporto processuale non validamente instaurato a seguito dell'impugnazione, con il conseguente passaggio in giudicato della sentenza, agli effetti della prescrizione, dal momento della emissione della sentenza d'appello. E' evidente che la modifica introdotta rappresenterebbe un formidabile incentivo alla ripresa di una prassi di uso strumentale e pretestuoso del ricorso per cassazione finalizzato unicamente alla maturazione della prescrizione. Prassi che aveva subito un rilevante arresto proprio con la istituzione della speciale sezione.

Si prevede poi la soppressione del riferimento all'art. 495, comma 2, c.p.p. alla lettera d) dell'art. 606 cpp, consentendo la proposizione di motivi di ricorso per cassazione anche quando la ritenuta prova decisiva non sia stata richiesta tempestivamente nei gradi di merito.
Ciò potrebbe invogliare un atteggiamento fraudolento delle parti che hanno la possibilità di non richiedere l'ammissione di una prova decisiva, riservandosene l'uso in cassazione al solo fine di lucrare sul tempo. Infine si interviene nuovamente sull'istituto della remissione dei processi, di recente modificato con la legge n.248 del novembre 2002 (cd. Legge Cirami), ampliando notevolmente i casi e i tempi di sospensione obbligatoria del procedimento nel quale è avanzata istanza di rimessione.

I fatti parlano da soli: tutti sanno che il principale problema della giustizia italiana è quello della eccessiva durata dei processi e tutti sono d'accordo, a parole, nel voler dare attuazione al principio costituzionale della ragionevole durata dei processi e sulla necessità di interventi organici che rendano pi celere il processo, nella realtà però si susseguono interventi episodici che non solo ignorano, ma peggiorano il sistema provocando gravissimi inconvenienti in termini di funzionalità ed efficienza del processo.

07 10 2003
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