Le ragioni prioritarie del nostro impegno

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Verso il congresso: le ragioni prioritarie del nostro impegno
di: Luca Minniti, Maura Nardin, Gilberto Ganassi, Armando Mammone, Sergio Sottani,
Andrea Mirenda, Mario Montanaro, Silvia Albano, Francesco Messina.

Il breve documento che segue vuole proporre a tutti gli iscritti di M.D. ed ai lettori della mailing list le ragioni prioritarie del nostro impegno in Magistratura Democratica.
Coltiva l'obiettivo di coniugare l'esigenza della difesa e della resistenza con quello dell'apertura e del rinnovamento.
E' un documento parziale, che nasce dall'esperienza, differente, di ciascuno di noi.
Si tratta della proposta di un punto di vista, anche autocritico, il cui scopo è quello di contribuire ad aggiornare le ragioni dell'impegno nell'associazione.
E', senza pretese di esaustività, un documento rivolto all'intero corpo di Magistratura Democratica, a tutte le sue diverse anime, ma anche all'esterno, non solo agli aderenti e simpatizzanti ma a tutti coloro che potranno diventarlo.

Luca Minniti, Maura Nardin, Gilberto Ganassi, Armando Mammone, Sergio Sottani, Andrea Mirenda, Mario Montanaro, Silvia Albano, Francesco Messina.

Per questi motivi occorre impegnarsi a partecipare..
anche al prossimo congresso di Magistratura democratica.

Magistratura democratica ha compiuto quaranta anni. Non bastano i segnali di crescita del consenso intorno a noi per renderci tranquilli, per farci sentire ancora pieni di energia e di proposte per il futuro. Non solo per le ragioni, evidenti a tutti e collegate al plateale attacco alle ragioni costituzionali della funzione giurisdizionale, ma, anche e soprattutto, per il mutamento degli orientamenti di fondo che attraversano la società.
Per costruire il futuro della magistratura moderna, degno del passato di Magistratura democratica, occorre vedersi prima di tutto nell'immagine che gli altri hanno di noi, confrontarsi con essa senza pregiudizi pur sapendo distinguere le critiche mosse dall'impulso a sottrarsi al controllo di legalità, da quelle mosse dal desiderio di giustizia.
Qualche mese fa uno di noi aprì uno squarcio sulle ragioni per cui è difficile o almeno appare difficile ai giudici appena entrati in magistratura, ma anche a molti altri, avvicinarsi a magistratura democratica, anche qualora se ne condividano i principi e le elaborazioni.
Disse che un uditore "non conosce l'epopea di M.D., non sa della magistratura degli anni 50, non immagina come la sua cultura personale e la sua permeabilità al mondo esterno valgano almeno quanto un trattato. Ha bisogno di imparare tutto ciò, ma siccome tutto ciò non c'è scritto sui codici commentati non può che impararlo dall'esempio dei colleghi pi anziani, con l'esempio di un esercizio della giurisdizione mite efficiente colto contaminato dal mondo di fuori ma avulso da interessi esterni".
Sono considerazioni che dimostrano una difficoltà di coinvolgimento di coloro che per formazione e soprattutto per convincimento maturato facendo il mestiere del giudice, saprebbero e potrebbero lavorare con Magistratura Democratica.
Fare il giudice comporta una tensione verso la decisione che rende spesso le menti inclini alla conservazione, alla cristallizzazione degli argomenti a sostegno delle proprie scelte; con il pericolo per tutti, anche in Magistratura democratica, di una fossilizzazione delle motivazioni di fondo e di una scarsa capacità di ascolto ed aggiornamento.
Che cosa si può fare per offrire a tutti uno strumento di azione oltre che una sede aperta di discussione? Un luogo capace di tradurre in coerente azione quotidiana e mutamento reale la pluralità delle ragioni di adesione a Magistratura Democratica ?
Occorre riprendere l'idea, certamente non nuova, ma forse non coltivata abbastanza, di ripartire dal basso, nella consapevolezza che è, talvolta e per taluni, pi facile riconoscersi nelle qualità del buon magistrato, che nelle grandi manifestazioni o nei dibattiti pubblici.
Rilanciare, ancora una volta, uno dei motivi fondanti del nostro modo di operare, ribadendo che l'apertura alla società civile si costruisce con il lavoro quotidiano, con la credibilità e trasparenza del comportamento e non solo con i convegni.
Anche se la condizione di inefficienza ed opacità di molti uffici giudiziari sembra dimostrare il contrario, anche se l'isolamento di molti non consente a chi vive ed opera nelle piccole sedi o nelle sedi pi disagiate di partecipare ad un dibattito culturale davvero aperto, capace di rimettere al centro la funzione sociale della giurisdizione.
Sono molti i giudici in questo paese che lavorano in questo modo, senza proclami, senza petizioni di principio, capaci di coerenza, di buone prassi, di determinazione e mitezza, di rigore e senso della misura, intellettualmente duttili e aperti alle sollecitazioni esterne del cambiamento.
Ciascuno di loro può far crescere Magistratura democratica.
Può aiutarla a costruire una partecipazione articolata e decentrata che affermi, con maggior rigore e pi aspramente di quanto sinora fatto, la stretta coerenza fra questo modo di essere magistrati ed i principi che Magistratura democratica persegue nel Consiglio Superiore, nei Consigli Giudiziari, nella politica dell'Associazione Nazionale Magistrati.
Può consentire, attraverso un nuovo e pi esteso impegno, di mutare le modalità del processo decisionale effettivo, in modo da assicurare una sempre pi ampia pluralità di voci; può accrescere il patrimonio di formazione e selezione e rinnovamento anche culturale del suo gruppo dirigente.
Ed ancor prima può aiutare la costruzione di un sistema di comunicazione delle informazioni e delle idee che sappia portare al centro i conflitti ed i bisogni di giustizia che ciascun magistrato riconosce nel proprio lavoro e che restano prive di un approfondimento culturale, la necessità sempre pi avvertita di estendere il numero degli interlocutori che concorrano alle scelte organizzative degli uffici.
La consapevolezza che i nodi da affrontare sono molti e che occorre un lavoro collettivo, quanto pi esteso possibile, per affrontare progetti interdisciplinari che superino fratture specialistiche, per sostenere localmente chi sappia ed abbia la volontà di stanare pigrizie corporative interne ed esterne, per mettere in discussione i titolari degli uffici direttivi e tutti coloro che scambiano l'autonomia organizzativa per anarchia organizzativa, rifiutando ogni controllo in nome di una indipendenza male interpretata, sottoponendo ciascun ufficio, ciascuna scelta organizzativa, alla libera critica degli operatori, degli avvocati in primo luogo, degli utenti in generale e del personale amministrativo, suggerisce di attingere all'esperienza degli Osservatori sulla giustizia civile, riprodurne lo spirito, cercare di estendere nelle sedi locali una modalità di confronto allargato che consenta la creazione di sempre nuovi obiettivi su cui Magistratura democratica dovrà lavorare.
Se è vero che non si può cambiare la magistratura senza ottenere il consenso almeno della sua maggioranza,  vero anche che la magistratura non ha sino ad oggi rivelato di aver sufficiente capacità di autoriforma, ecco perch occorre che Magistratura democratica si renda disponibile sino in fondo ad integrare i due momenti scegliendo anche all'esterno gli interlocutori interessati al cambiamento e cercando di indurre la magistratura a rompere, senza indugio, i meccanismi che ritardano il mutamento necessario.
Ciò anche perch è verosimile che nel futuro potrà rilevarsi indispensabile una maggiore conflittualità a partire dalle scelte del CSM e dalle ambiguità dell'ANM, e sarà necessaria una verifica permanente delle alleanze che rifiuti i compromessi, denunciando sempre ed in ogni caso le logiche di pura appartenenza. Che sancisca insomma la differenza reale di Magistratura democratica nell'assunzione delle decisioni e delle proprie responsabilità.
Per cultura politica, per composizione dei suoi protagonisti, per la qualità e quantità dei suoi interlocutori tra i quali vi è sicuramente l'avvocatura italiana, ma anche le associazioni dei cittadini, ed ogni singolo utente della giustizia, Magistratura democratica molto pi che in passato potrà dare un forte contributo di crescita alla società ed alle sue istituzioni.
Se questo è vero neppure il tradizionale riferimento al punto di vista esterno, pur necessario, appare pi sufficiente se non accompagnato da una vibrante iniziativa critica verso l'interno per restituire credibilità alla nostra amministrazione.
Probabilmente gli stessi magistrati complessivamente considerati non hanno compreso appieno quali siano le potenzialità, nella prospettiva della costruzione di uno stato democratico europeo, di una magistratura collocata nello spazio (non vuoto) tra la decisione politico-amministrativa ed i bisogni collettivi ed individuali, distribuiti capillarmente sul territorio dello stato, con un interlocutore tecnico, i difensori, numericamente così diffuso e vicino ai conflitti che attraversano la società.
Ed ogni giudice che abbia a cuore il senso profondo della giurisdizione in uno con il limite costituzionale della sua funzione di garanzia dovrà esser messo da noi in grado di contribuire a pieno titolo.

29 03 2005
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