La querelle sul Csm

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Messaggio di Claudio Castelli del 20.4.2005

Cari amici,
ho la sensazione che stiamo facendo di tutto per distruggere il nostro autogoverno. La vicenda relativa alla nomina di Cosimo Ferri a referente distrettuale per la formazione è solo un episodio, forse scatenante, viste le reazioni, ma il quadro generale che emerge di sfiducia e delegittimazione del Consiglio Superiore dovrebbe preoccupare tutti e chiedere a ciascuno di fare quanto possibile per ricostruire un autogoverno che è "nostro" e che deve essere un punto di riferimento per tutti.
Qualche riflessione sull'episodio e pi in generale:
1. Cosimo Ferri era l'unico concorrente al posto di referente distrettuale civile, dopo che il posto era già andato deserto una prima volta. E' possibile che un distretto della qualità di quello di Genova non sia in grado di dare la disponibilità di un buon civilista e debba affidarsi a un collega che svolge civile per il 10 - 20 % circa della sua attività ? E' vero che tra incarichi istituzionali e associativi ormai chiediamo un coinvolgimento ed un impegno ad una platea crescente di magistrati, ma dovremmo riuscire a far vivere questo come arricchimento professionale e di democrazia. Se ciò non avviene è anche colpa nostra.
2. Non si tratta di colpevolizzare Cosimo Ferri per avere presentato la domanda e nella foga della discussione (anche telematica) probabilmente alcuni toni sono stati aspri e ingiusti. Del resto la delibera del Consiglio Giudiziario non sollevava alcun problema sulle sue capacità professionali, ma semplicemente notava che il campo di impegno principale del collega non riguardava certo il settore civile.
Credo che tutti concordiamo che un criterio elementare di buona amministrazione sia incaricare della formazione chi opera fortemente nel settore. Ringraziamo Cosimo Ferri per la disponibilità data, ma se ciò è avvenuto, come credo e spero per spirito di servizio, personalmente gli chiedo di fare un passo indietro e di rinunciare all'incarico, specie a fronte delle disponibilità emerse di altri ottimi colleghi civilisti. Sarebbe uno dei quei gesti nobili che aiuterebbero davvero a superare lo spirito polemico, a ricostruire un tessuto comune e che eviterebbero la distruzione dell'autogoverno.
3. Non è pi possibile che il C.S.M. possa disattendere delibere unanimi o con maggioranze qualificate dei Consigli Giudiziari, senza darne ragione. Ciò è in radicale contrasto con una politica di valorizzazione dei Consigli Giudiziari e di decentramento che teoricamente tutti sosteniamo. Credo sia opportuno ricordare al collega Mammone che il parere del Consiglio Giudiziario non è semplicemente "un parere offerto come strumento di conoscenza, al pari di tutti gli altri dati offerti dal procedimento amministrativo", ma l'espressione locale del circuito di autogoverno, con conoscenze e vincoli con la realtà del territorio che il C.S.M. non può n potrà mai avere. Dobbiamo assolutamente pensare a procedure rinforzate o a momenti di coinvolgimento dei Consigli Giudiziari in tutti i casi in cui questi pareri vengano disattesi. Altrimenti il lavoro dei Consigli Giudiziari si ridurrà a mera routine burocratica. L'incontro del C.S.M. con i nuovi eletti dei Consigli Giudiziari può rappresentare il momento in cui individuare la strada da percorrere. 4. L'autogoverno è in crisi, come diciamo da tempo, e questa n è una riprova, ma questo non può divenire ragione per abbandonarlo, ma anzi di un ulteriore impegno per farlo diventare credibile ed efficiente. Dovremmo vedere tutti con enorme preoccupazione come ormai sia diventato luogo comune diffuso che le nomine vengono fatte per appartenenza, che l'unica logica che conta è quella dei numeri e delle maggioranze consiliari, che le regole possono essere piegate a qualsiasi necessità. Come dobbiamo riscontrare con identica preoccupazione la diffusione che tuttora vi è da parte di troppi nel sollecitare protezioni, clientele, appoggi. In questo modo perdiamo tutti e la prima vittima non è questo o questo settore della magistratura, ma l'autogoverno ed in definitiva tutta la magistratura.
5. Ma questa situazione non è ineluttabile e molto dipende da noi, dalla nostre proposte e dalla nostra capacità progettuale, oltre che dalla informazione e diffusione di quanto succede al Consiglio. Potremo essere vincenti solo se saremo capaci di far capire ai colleghi, tutti, ivi compresi i tanti ottimi colleghi vicini a Unicost e M.I., quanto succede, i rischi che tutti corriamo e suscitare una reazione virtuosa che renda intollerabili favoritismi, logiche di protezioni, clientelismi. Anche qui nessuna rassegnazione, ma l'impegno a trasformare le lamentazioni e la sfiducia in progetto per un autogoverno che dobbiamo sentire e vivere davvero come "nostro" . Claudio Castelli
Messaggio di Antonio Patrono del 21.4.2005

Al collega Claudio Castelli
Segretario Generale di Magistratura Democratica

Caro Claudio,
ho letto la tua email sulla ormai nota vicenda della nomina di Cosimo Ferri a referente distrettuale per la formazione civile a Genova, e, anche in considerazione della tua autorevolezza in quanto segretario generale di Magistratura Democratica, in qualità di tuo omologo nella corrente di Magistratura Indipendente ne traggo spunto per qualche riflessione che ti indirizzo e che penso possa essere di comune interesse.
Come ben sai, il problema del funzionamento dell'organo di autogoverno mi preoccupa particolarmente, poich ben ne conosco i difetti e sono tanto consapevole di essi da aver incentrato proprio su questo tema la parte forse principale del documento programmatico per il prossimo rinnovo della giunta dell'ANM che nei giorni scorsi ho fatto pervenire a te personalmente e che è stato comunque ampiamente diffuso. Mi permetto (e non certo per fare impropria propaganda) di invitare tutti coloro che vi abbiano interesse (e quindi, ritengo, tutti i magistrati italiani) a leggerlo sul sito informatico di Magistratura Indipendente, laddove troveranno anche un articolo di commento a quel documento della rivista Diritto & Giustizia online, che è parsa particolarmente interessata proprio dalla parte del programma relativa alla denuncia dei difetti di funzionamento del C. S. M., all'esposizione delle sue cause e a qualche proposta di rimedio.
Parlando con te e con gli altri colleghi che leggeranno queste riflessioni, posso permettermi di riassumere con estrema sintesi il mio pensiero sul punto: il C.S.M. funziona male, nella sua funzione di autogoverno in senso stretto, perch decide spesso con ritardo e non sempre nel modo migliore, e la causa di ciò discende dalle pastoie, dalle complicazioni e dai compromessi che la logica correntizia, da cui è permeato, comporta. Da ciò discende la diffusa sfiducia e il malcontento dei magistrati nei suoi confronti, e ciò consente a politici malintenzionati, interessati a ridurre l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, a trarre argomenti strumentali a perseguire i loro biechi obiettivi.
Sono sicuro che fin qui condividerai le mie considerazioni, non sono però altrettanto sicuro (perch non posso trarre tale sicurezza da scritti o dichiarazioni tue o di altri componenti della tua corrente) che tu condivida anche le mie successive osservazioni.
E' mia convinzione che il problema sia di sistema, e riguardi perciò tutti in eguale misura, discendendo dal tramutamento (e deterioramento) del ruolo delle correnti da laboratori di idee a centri impropri di potere, ottenuto tramite il conseguimento di un ruolo sempre pi incisivo nella vita e nella gestione del C.S.M., l'organo che decide sulle carriere dei magistrati e, sotto molti aspetti, sull'organizzazione dell'intera vita giudiziaria. Le correnti, chiamate a contribuire e poi addirittura a costituire tale organo tramite i loro rappresentanti, non hanno retto all'impatto della responsabilità della gestione del potere e, alla lunga, si sono fatte divorare da esso, orientando ogni loro comportamento alla finalità di ottenerne sempre di pi, a partire dalla gestione delle strategie elettorali fino alle decisioni sulle singole pratiche.
Se così è, e così è, noi tutti dobbiamo prendere atto con coraggio della situazione, assumerci le nostre responsabilità, avendo consapevolezza che un correntismo perdurante e dominante ancora in futuro nella gestione della magistratura concorrerà inevitabilmente al degrado di essa, limitando sempre pi l'efficienza della giustizia e provocando rischi immensi per la nostra autonomia. Dobbiamo correre ai ripari, e in quest'ottica sono nate le proposte che ho formulato nel documento di cui parlavo, ma in quest'ottica tante altre iniziative potranno essere studiate insieme a tanti fini: convincere noi stessi che il potere non è la finalità della nostra azione associativa, convincere i colleghi a rinunciare a chiedere e ad aspettarsi padrinaggi nelle pi svariate occasioni in cambio del consenso, a convincere chi di noi avrà in futuro responsabilità nel governo della magistratura a non curarsi di altro che del pubblico interesse.
Ma, caro Claudio, tutto ciò potremo fare se lavoreremo insieme in buona fede, convinti delle stesse cose, tutti uniti nel fronteggiare le difficoltà e le resistenze che certamente incontreremmo dai tanti controinteressati, e ciò perch una crisi di sistema si risolve soltanto con il concorso di tutti, senza distinzione, coloro che sono coinvolti nel sistema; la buona volontà di uno solo non basta, la reazione di uno solo è immediatamente assorbita e neutralizzata dal sistema, provoca soltanto il sacrificio inutile di quell'unico di buona volontà, rafforzando tutti gli altri e, in ultima analisi, lo stesso sistema.
A questo riguardo, però, sono preoccupato dalla circostanza che finora non ho sentito n te n altri segretari di corrente ragionare in questi stessi termini, pervenire alle mie stesse conclusioni. Ho sentito, è vero, tanti e spesso deprecare il correntismo, ma quasi sempre non come problema di sistema che coinvolge tutti, ma come problema contingente che riguarda solo "gli altri". Da ciò, pertanto, non la denuncia di un metodo sbagliato ma la denuncia di comportamenti sbagliati da parte di cattivi soggetti, diversi da chi parla, affetti da vizi e da difetti dai quali è immune chi ne parla. E ciò, talvolta, anche con argomentazioni la cui erroneità è palese alla luce già solo di evidenti argomenti logici. E' il caso delle frequenti reprimende che sento fare, per la verità specialmente da esponenti della tua corrente, contro i cosiddetti "blocchi" di voti in Consiglio ( la deprecata "maggioranza" precostituita), spesso indicati come un "male" proprio ed esclusivo di alcuni, degli "altri", laddove invece è la stessa esistenza di un "blocco" precostituito che dimostra automaticamente l'esistenza di un altro è diverso "blocco" in contrapposizione ad esso, della stessa natura, diverso solo per quantità, e quindi per una ragione meramente occasionale e contingente legata a un risultato elettorale, che può ben ribaltarsi alla prossima occasione senza che da ciò derivi un mutamento nella "qualità" dell'atteggiamento in considerazione.
Non è un caso che io sia tanto colpito, e preoccupato, da questa constatazione, perch da essa traggo coscienza del pericolo che non vi sia un comune sentire su questo problema, e che il correntismo abbia spinto così avanti i suoi nefasti effetti dall'alterare, consciamente o meno, il modo consueto di ragionare e valutare le situazioni. Infatti, a mio avviso, se non si vede in ciò l'effetto di un sistema perverso, ma si crede di vedere solo colpe e responsabilità degli "altri", allora non esistono nemmeno i presupposti per intraprendere una strada insieme, per superare gli ostacoli insieme, per risolvere il problema insieme.
E veniamo, in conclusione, a qualche parola anche sul caso di Ferri, che ha dato occasione a queste riflessioni.
Ferri aveva dato una disponibilità, non aveva fatto una domanda. La sua era l'unica disponibilità, non l'unica domanda. La disponibilità è data nell'interesse di un servizio, non nel proprio. E' un merito nei confronti del servizio, non un demerito, dare la propria disponibilità a svolgerlo. Meritava, quindi, soltanto un elogio per averla data. E non è stata colpa sua se è stato l'unico a darla. Non era certo colpa sua se tanti altri colleghi, sicuramente pi esperti e preparati di lui nel settore del diritto civile, questa disponibilità non l'avevano data. Una competenza nel settore, sia pure limitata, l'aveva, e quindi, secondo me, non meritava il giudizio di assoluta inidoneità a svolgere quel servizio (che, se non erro, non è neanche quello di insegnare il diritto civile, ma di organizzare quell'insegnamento), che, comunque lo si veda, ha un connotato oggettivamente negativo nei confronti di colui al quale è riferito.
Condivido, pertanto, la decisione del C. S. M. che, peraltro, a conferma quantomeno della sua plausibilità, era stata assunta sulla base di una proposta che la commissione competente aveva formulato con una sola astensione, quella del consigliere Aghina, e con il voto favorevole degli altri compenenti, compresa (se è esatto quanto mi è stato riferito, in caso contrario ti prego di smentirmi immediatamente e chiedo fin d'ora scusa alla collega per l'involontario errore) Giuliana Civinini, persona della cui serietà e competenza, in generale e in particolare nella materia della formazione, davvero è impossibile dubitare.
Non mi spiego, pertanto, come tutto ciò abbia potuto provocare quel che è accaduto, se non in un contesto che risponda alla logica perversa sulla quale ti ho prima intrattenuto, in base alla quale ogni pratica, indipendentemente dalla sua rilevanza o dall'esattezza del suo esito, può tramutarsi in un'occasione di scontro senza senso.
Concludo, se permetti, ringraziandoti caldamente perch, al di là del loro contenuto, sono stato felice nel leggere le tue parole. Parole corrette, rispettose, e rispettabili anche quando non condivise. Tanto pi ammirevoli in un contesto nel quale, invece, ho letto anche parole irridenti ed offensive, nei confronti di uomini e di istituzioni. Gli uomini e le istituzioni si criticano, non si offendono. Non si deve farlo.
Con affetto
Antonio Patrono

Messaggio di Claudio Castelli del 28.4.2005

La lettera aperta di Antonio Patrono, che ringrazio, è occasione per rilanciare un allarme che da tempo abbiamo espresso, ma che sinora non è stato raccolto. Vi è una generale insoddisfazione per l'operato del C.S.M. ed una generale insoddisfazione per come funziona il sistema di autogoverno. E' un allarme fortissimo per tutti noi. Il rischio, quanto mai concreto, è che il discredito e la delegittimazione che stanno vieppi diffondendosi travolgano l'autogoverno anche con tutti i suoi aspetti fortemente positivi di partecipazione e di tutela dell'indipendenza. Mai possiamo dimenticare il ruolo di difesa strenua dell'indipendenza che il C.S.M. ha svolto, nè possiamo sottovalutare il ruolo cardine avuto verso un rapporto con l'Europa e per la costruzione di un giudice profondamente inserito nel contesto europeo. Ma altrettanto sbagliato sarebbe ignorare gli errori e le insufficienze che si riscontrano su due terreni chiave come le nomine e l'ordinaria amministrazione. Nomine sbagliate, spesso adottate calpestando le regole che lo stesso C.S.M. si è dato, e tempi lunghi che in molti settori ( basti pensare a quello fondamentale del controllo tabellare) fanno diventare prive di effettività e utilità le decisioni del Consiglio. Le colpe non sono sicuramente solo soggettive e pochi hanno ancora valutato fino in fondo l'effetto profondamente negativo sulla funzionalità del Consiglio avuto dalla riduzione del numero di componenti ( che si unisce ad una legge istitutiva penalizzante e a scarsità di risorse), ma a ciò si uniscono le degenerazioni dell'associazionismo con i favoritismi, i corporativismi, le logiche di puro potere. L'esito è devastante e fornisce un'immagine dell'associazionismo come luogo di beghe correntizie e di spartizioni, produttiva di un dilagante qualunquismo secondo cui ogni nomina è fatta per appartenenza e ogni incarico viene attribuito solo a seguito di appoggi. Le generalizzazioni sono sbagliate, ma partono da dati purtroppo reali. Avremmo sempre sperato di non dover parlare di blocchi di voti precostituiti e di forza che viene data ai numeri e non agli argomenti. Ma questa è la realtà odierna e non posso che dissentire profondamente sulla ricostruzione di Antonio Patrono secondo cui non ci sono responsabili e non vi sono colpe. Non si può mettere sullo stesso piano chi prevarica e chi subisce. Parlano i dati: al Consiglio si sta sempre pi creando un' anomala alleanza per la nomina ad incarichi direttivi tra eletti di Unità per la Costituzione, Magistratura Indipendente e laici della Casa delle libertà. L'adozione di regole che canalizzano e
vincolano le scelte nella nomina di incarichi direttivi avevano portato nelle passate consiliature all'85 % di proposte unanimi negli anni 1994- 1998, scesa al 70 % negli anni 1998 - 2002, al 50 % nei primi due anni del presente Consiglio ed addirittura al 35 % dal settembre 2004 ad oggi ( conteggiando sia le delibere che le proposte già varate). Ciò denota il prevalere di logiche di gruppo sul dominio delle regole e segna un progressivo allineamento di gruppi di magistrati ( segnatamente Unità per la Costituzione e Magistratura Indipendente) alle esigenze e linee dei laici espressione della destra parlamentare. Sono i laici di destra il gruppo che ha determinato con maggiore frequenza la nomina di candidati da loro votati ( circa nel 90 % dei casi) ed il trend delle nomine è oramai pi che preoccupante: su 34 nomine e proposte relative ad incarichi direttivi dal settembre 2004 ad oggi vi sono stati solo nel 35 % dei casi proposte unanimi, mentre nel 38 % dei casi si è costituita una solida maggioranza tra componenti laici espressione della casa della Libertà, eletti di Unità per la Costituzione e di Magistratura Indipendente. Se poi si va a verificare i casi specifici vi sono, oltre a casi opinabili su cui le differenze sono fisiologiche, casi che gridano vendetta e che calpestano gravemente ogni regola affermando una pura forza dei numeri. Perchè il problema è proprio quello delle scelte concrete, se sono le pi idonee e se rispecchiano le regole. Le degenerazioni dell'associazionismo, i clientelismi, le lottizzazioni, le logiche di protezione sono una realtà e vanno radicalmente combattuti, pena il discredito dell'intero associazionismo. Le ricette proposte da Antonio Patrono convincono solo in parte. Sicuramente il ritorno ad un sistema proporzionale con collegio unico nazionale consentirebbe una migliore selezione ed una pi chiara assunzione di responsabilità. Il "vincolo di mandato" tra consiglieri e le correnti, che Patrono vorrebbe eliminare anche con gesti simbolici, non solo per noi non è mai esistito, ma non dovrebbe essere neppure concepibile per lo stesso rispetto dei diversi ruoli in cui i rapporti debbono essere improntati al confronto, alla discussione, alla critica, ma anche inevitabilmente alla piena autonomia degli eletti . I terreni su cui credo che invece occorra operare per fare passi avanti sono: - trasparenza ed informazione, - tempi predeterminati, - effettività delle decisioni del Consiglio, - governo delle regole e correttezza amministrativa. Occorre creare un discrimine tra chi nel Consiglio superiore, persegue gli interessi dell'istituzione e chi premia gli interessi dei singoli (anche travolgendo regole e controinteressati). Occorre contrastare la ricerca da parte di molti di favori e logiche di protezione, ma è possibile dimostrare ciò con le scelte concrete, con l'equità delle decisioni e con l'attenzione nei confronti di ciascun magistrato. Occorre fare scelte di priorità: continuare a pensare che il Consiglio ed i Consigli Giudiziari possano occuparsi di tutto, inevitabilmente male e con tempi lunghi, è suicida. Un radicale ripensamento è necessario ed un nuova prospettiva sul funzionamento del Consiglio è possibile. Mi auguro che questa riflessione possa essere fatta con molti, al di là di supposti schieramenti e utilizzando la preziosa esperienza di chi al Consiglio c'è stato. Spero che Antonio Patrono, che, lo dico per esperienza diretta, è stato un ottimo componente del Consiglio ( e non sono molti che possono beneficiare di questa valutazione), continui questo confronto, ora appena abbozzato,perchè la posta in palio è il "nostro" autogoverno ed è troppo preziosa per tutti. Claudio Castellisegretario nazionale di Magistratura Democratica

03 05 2005
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