Il "laboratorio" siciliano ed il futuro di MD

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A nome dei magistrati iscritti alla sezione distrettuale di MD di Pa-lermo, voglio innanzitutto esprimere il nostro apprezzamento agli organismi diret-tivi di MD per avere scelto Palermo come sede congressuale. Una scelta non casuale. Il riconoscimento che Palermo è un luogo centrale per la questione politica della giurisdizione in Italia, non una periferia. Un luogo dove si è mi-surata e si misura quotidianamente il grado di indipendenza e autonomia della magistratura, il livello della legalità possibile, ove si verifica la possibilità di fare giustizia su uno snodo cruciale della questione criminale nel nostro Paese, che è la questione criminale dell'illegalismo delle classi dirigenti (la criminalità del Pote-re). Uno snodo cruciale della verifica delle prassi di un sistema penale dise-guale (come ben evidenziato nella relazione del segretario Castelli), secondo la lo-gica del "doppio binario": il codice dei "briganti" ed il codice dei "galantuomini". E' qui, è a Palermo, che con pi evidenza si realizza l'intrecciarsi, perfino l'immedesimarsi fra poteri illegali e gli interessi mafiosi) e le articolazioni del pote-re legale, un processo di immedesimazione che condiziona la nostra democrazia, ne pregiudica i progressi, incoraggiando modelli di sviluppo alterato.
E' a Palermo che si sono presentate nel modo pi drammatico le vicende, gli alti e i bassi della giurisdizione. A Palermo, fenomeni come la delega alla magistratura e la supplenza della magistratura determinano non solo distorsioni della funzione giudiziaria, ma sovraesposizione a rischio dei magistrati; a Palermo le divisioni, i sostegni insufficienti, l'assenza di adeguate "coperture istituzionali" ai singoli magistrati determinano, come hanno determinato in passato, pericolosi - talvolta tragici - isolamenti. Palermo come "laboratorio" nel bene e nel male: la relazione di Claudio Castelli rivela grande consapevolezza di ciò, così come evi-denzia la considerazione da parte di MD del rischio che Palermo diventi (anzi sia già) il laboratorio di un processo di trasformazione dell'organizzazione degli uffici giudiziari pi gerarchici (Procura della Repubblica) che tende verso una sempre pi spiccata e pericolosa deriva gerarchica negli uffici giudiziari: un Processo di verticalizzazione del potere, di gerarchizzazione, foriero di divisioni, spaccature, emarginazione delle aree di dissenso interno.
Palermo è anche un laboratorio dei processi di trasformazione dei fenomeni criminali, a cominciare dall'illegalismo delle classi dirigenti, un laboratorio di veri-fica delle chances di intervento (anche penale) sull'illegalismo delle classi dirigen-ti, un laboratorio di verifica della tenuta dell'autonomia, dell'indipendenza e de-mocrazia degli uffici giudiziari, esterna ed interna, su un terreno così scivoloso.
Di ciò MD è stata sempre consapevole, anzi all'avanguardia su que-sto terreno di riflessione, ma credo che negli ultimi tempi la consapevolezza di ciò sia cresciuta ulteriormente dentro MD. Basti considerare le pi recenti tappe di questo percorso: il seminario recentemente organizzato a Palermo su democra-zia e gerarchia negli uffici giudiziari (con la partecipazione di Claudio Castelli); il convegno organizzato nel febbraio scorso a Palermo con Libera, la CGIL e i Giuri-sti Democratici su "Mafia e Potere" (con la partecipazione di Livio Pepino). Ora questo Congresso, nella comune convinzione - ne sono certo - che que-sta crescita di consapevolezza della centralità di alcune questioni criminali (a co-minciare dalla questione della criminalità del Potere, nelle sue varie declinazioni) è un progresso conquistato per sempre, non fa parte del nostro passato, ma farà parte del nostro futuro. Talvolta, nel passato abbiamo avuto la sensazione dell'emarginazione di queste tematiche dal fuoco della riflessione collettiva di MD, ma è una sensazione che da qualche tempo non abbiamo pi (merito, anche e so-prattutto, di Claudio Castelli e Livio Pepino, ai quali vogliamo darne atto).
La relazione di Claudio Castelli ne è una conferma, e crediamo che i futuri organismi nazionali, a cominciare da quello che eleggeremo domani, debbano muoversi nel segno della continuità rispetto alla linea tracciata nella relazione di Castelli, una relazione che condividiamo nella sua impostazione, nelle sue artico-lazioni e nelle sue conclusioni. Siamo in una stagione nuova e decisiva: come ha ben detto Franco Ippolito, la c.d. riforma costituzionale è una spallata allo Sta-to costituzionale di diritto e come il Presidente Scalfaro ha ben spiegato, siamo ben al di là della "tirannide della maggioranza": l'indirizzo è quello di rottura dell'impianto costituzionale dello Stato di diritto. L'attacco all'autonomia ed indipendenza della magistratura si inserisce in un lucido disegno di azzeramento di ogni forma di controllo e di ogni potere di garanzia istituzionale, compreso quello parlamentare.
Da Palermo l'iniziativa deve essere rilanciata con rinnovata consapevolezza e nuovo slancio. Non sono pessimista: tutti avvertiamo un clima nuovo e diver-so, all'orizzonte sembra albeggiare. Ma dobbiamo giocare la nostra parte sino in fondo. Dobbiamo parlare a tutti i magistrati e a tutti i cittadini, come dice Ippo-lito. E quindi occorre una nuova politica delle alleanze: nella magistratura associata (che ha fatto bene e ora deve fare meglio, al di là della resistenza, ma con maggiore spirito critico se necessario anche all'interno della magistratura: unità nella differenza, anche e soprattutto nelle pratiche quotidiane del CSM), una nuova politica delle alleanze nella società, rendendoci ancora pi aperti verso l'esterno (chiedendo alla politica robusti passi in avanti), ed ancor pi democratici e trasparenti al nostro interno, incentivando nuove forme di partecipazione, con-trastando ogni tentazione corporativistica o di deriva burocratica interna alla ma-gistratura.
Occorre, un nuovo protagonismo di MD, ancor pi propositivo e di iniziativa, anche per fronteggiare alcune difficoltà, la crisi dell'autogoverno, per accorciare ancor di pi le distanze fra centro e periferia.
Occorre anche un diverso modo dell'agire politico di MD, pensando a nuove forme di partecipazione e ad una diversa organizzazione interna (cfr. le proposte organizzative di Patrone). Apriamo un dibattito su questi temi, a partire dal prossimo nuovo Consiglio Nazionale, per avviare un percorso verso un'assemblea statutaria con nuove proposte di modifica statutaria nel segno della maggiore partecipazione e di un maggiore decentramento di poteri.
Abbiamo tante sfide davanti per raggiungere obiettivi tutti realizzabili, per concretizzare i concetti ambiziosi che danno il titolo a questo congresso: ugua-glianza, diritti, giustizia. I nostri punti cardinali per un modello di giustizia: contro la giustizia diseguale, forte coi deboli e debole con i forti, per una giustizia fondata su diritti certi da tutelare secondo le regole, in base al principio di egua-glianza, con spirito di giustizia.
Diceva il filosofo francese Jacques Derrida: "Se mi accontentassi di appli-care una regola, senza spirito di giustizia e senza inventare in qualche modo la re-gola, sarei forse al riparo della critica e sotto la protezione del diritto, agirei confor-memente al diritto oggettivo, ma non sarei giusto"Perch una decisione sia giusta e responsabile, occorre che essa sia a un tempo regolata e senza regola, conserva-trice della legge e anche abbastanza distruttrice della legge per dover ogni volta reinventarla, almeno nella riaffermazione e nella conferma nuova e libera del suo principio.".
Insomma, come diceva Rodotà, una magistratura che sia istituzione del cambiamento, ma anche istituzione conservatrice dei valori.
E' questa la magistratura che vogliamo essere, a questa magistratura e a questa giustizia hanno diritto i cittadini, è per questa giustizia che dobbiamo batterci.

09 05 2005
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