La giurisprudenza alternativa: riprendiamo un percorso

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Molti sono stati i documenti e gli interventi apparsi sul sito di Magistratura democratica in previsione del nostro Congresso.
Si direbbe che il dibattito congressuale sia iniziato ancor prima del Congresso, grazie agli strumenti telematici.
In questo ho ravvisato una voglia di discussione politica, un desiderio di riflessione e di valutazione delle moltissime questioni in gioco, un bisogno presente in tutti noi e frutto di un dibattito "permanente" determinato da una serie di fattori.
Uno di questi elementi è stata la ben riuscita festa per i quaranta anni di Magistratura democratica, un'occasione non solo piacevole e festosa, ma soprattutto un luogo in cui è stato riaffermato il senso dell'appartenenza ad una corrente che - come ha detto Carlo Verardi qualche anno fa - "proprio non vuole rassegnarsi all'idea che l'uguaglianza sia un valore recessivo".
In quel Convegno sono state oggetto di riflessione e di dibattito le origini di Magistratura democratica e le sue parole d'ordine, ed è stato esaminato il significato denso, profondamente politico, delle espressioni giurisprudenza alternativa e scelta di campo, richiamate ed analizzate nel lucido intervento di Luigi Ferraioli.
Ebbene, penso che proprio in quelle due espressioni, o meglio nei valori in esse sottesi, molti di noi, in specie i pi giovani che non hanno vissuto l'esperienza iniziale di Magistratura democratica, hanno trovato nella pratica quotidiana del loro lavoro, le ragioni dell'appartenenza al gruppo.
Se è vero che la Costituzione deve essere presa sul serio, se è doverosa una verifica preventiva dell'essere del diritto rispetto al suo dover essere costituzionale, allora possiamo dire che le questioni di legittimità costituzionale che sono state portate all'attenzione della Corte negli ultimi tempi (tanto per fare due esempi, le vicende delle norme in materia di immigrazione ed il cosiddetto Lodo Schifani) sono state altrettanti momenti di riaffermazione del lavoro del giudice di Magistratura democratica, di un giudice che è innanzitutto garante della Costituzione e delle libertà fondamentali in essa sancite.
Prendere sul serio la Costituzione ha significato, negli ultimi tempi, subire oltre tre anni di estenuante aggressione alla giurisdizione portata avanti attraverso un progetto di controriforma dell'ordinamento giudiziario che aveva, come obbiettivo fondamentale, quello di elidere il ruolo del giudice quale custode dei diritti ed interprete dell' ordine normativo costituzionale.
Mentre gli altri gruppi hanno inteso la battaglia contro il progetto di riforma dell'ordinamento giudiziario in senso a mio avviso riduttivo (ossia come mera conservazione dell'esistente), noi possiamo e dobbiamo attribuire a questa assurda stagione anche un ulteriore significato, quello cioè di aver riaffermato che l'unico ruolo possibile del giudice è quello di "fare giurisprudenza alternativa"; alternativa rispetto alla giurisprudenza che prescinde dalla Costituzione e che intende la funzione come burocrazia giudiziaria falsamente apolitica; alternativa rispetto a quella giurisprudenza che finge di essere neutrale mentre è profondamente politica; alternativa rispetto alle volontà dei poteri politici ed economici che vorrebbero essere al di fuori delle regole, e che non hanno timore di tentare il sovvertimento delle leggi; alternativa rispetto al preteso confessionalismo dello Stato, ed alla visione etica che permea alcune recenti leggi e le pronunce che le hanno avallate.
E non è un caso che Magistratura democratica si sia fatta portavoce della battaglia dei magistrati contro il progetto governativo di riforma dell'ordinamento giudiziario ed abbia saputo ottenere risultati insperati e forse insperabili.
Credo che se non vi fosse stata questa spinta potente di Magistratura democratica all'interno dell'ANM, noi oggi saremmo qui a parlare con una riforma già approvata; ma credo anche che se in Magistratura democratica non fosse tuttora radicato ed attuale il significato dell'espressione "giurisprudenza alternativa", non saremmo riusciti ad ottenere i risultati che abbiamo raggiunto.
Ed allora appare indispensabile, a mio avviso, che nel meccanismo di diffusione delle idee ossia in quel grande stagno che è il corpo giudiziario (la massa dei magistrati) sia gettato nuovamente, con forza, il sasso della giurisprudenza alternativa, perch le onde si propaghino il pi lontano possibile.
Mi pare ancora necessario rimettere al centro della discussione la critica ai provvedimenti giurisdizionali, nella consapevolezza che questo tipo di giudizio non riguarda soltanto l'aspetto culturale e deontologico del sapere del giudice, ma attiene innanzitutto alla sua politicità ossia al suo modo di nascondere dietro alla presunta neutralità del suo decidere, una sostanziale consonanza con i poteri politici ed economici.

Viviamo ora un'epoca di ritorno al passato ed una fase, per così dire, precostituzionale. Per certi versi l'attuale momento storico è pi complicato rispetto alla fase in cui è nata Magistratura democratica: lì vi era una Costituzione nuova e tutta da scoprire, ora vi è un potente attacco alla Carta Costituzionale, che si vuole stravolgere, facendo venir meno il fondamento dei diritti di libertà e l'assetto democratico dello Stato, e sottraendo alla magistratura i suoi "strumenti di uso quotidiano".
Se è vero che non esistono "restaurazioni in toto" e che esiste un bagaglio culturale e politico da cui attingere per proseguire il cammino di Magistratura democratica, sarà importante poter dialogare con i soggetti esterni alla magistratura, ampliare i temi del confronto non limitandoli alla materia ordinamentale bensì chiamando i nostri interlocutori esterni a dare risposte chiare sul tema dei diritti e delle libertà fondamentali, nella consapevolezza che questo ruolo per così dire "eretico" possiamo svolgerlo soltanto noi.
Ed anche all'interno della magistratura associata dovremo continuare il nostro lavoro, sperimentando un cammino di unità costruttiva e propositiva, perch una riforma ordinamentale è certamente necessaria, ma occorre a questo punto realizzare un'unità di intenti per una riforma costituzionalmente orientata e idonea a risolvere i numerosi problemi che affliggono l'attuale organizzazione giudiziaria.
Molti sono i problemi che ruotano intorno all'asse dell'autogoverno, ed è certamente un passo in avanti quello che ha fatto la magistratura associata nell'inserire nel programma della neo eletta Giunta Esecutiva Centrale un impegno alla verifica delle regole di funzionamento del CSM ed alla modifica del suo sistema elettorale. Ma su questo tema Magistratura democratica dovrà impegnarsi a fondo, non rinunziando mai a tutelare l'autogoverno ma nel contempo adoperandosi per un miglioramento complessivo del sistema, con l'elaborazione di proposte concrete, allo scopo di eliminare la componente di irrazionalità ed arbitrarietà delle decisioni consiliari.
Sarà necessario inoltre dialogare con i nostri compagni di strada, con cui in molte sedi ormai lavoriamo da tempo nell'ANM locale, per una verifica dei contenuti delle nostre alleanze e per realizzare progetti comuni e condivisi, abbandonando la prospettiva meramente elettorale e puntando invece alla condivisione degli obbiettivi, per dare luogo a progetti validi e duraturi.
Ed infine dovremo continuare nel lavoro di denunzia delle prassi distorte ed illegittime nell'organizzazione degli uffici, tenendo presente che i metodi di gestione degli uffici si riflettono direttamente sui tempi di giustiziabilità dei diritti e sulla durata ragionevole del processo; in questo ambito il percorso è durissimo ed accidentato, come dimostrano anche deliberazioni - non sempre comprensibili e condivisibili - del Consiglio Superiore; tuttavia risultati ve ne sono stati e si è diffusa l'idea che il controllo sull'organizzazione dell'ufficio è un diritto-dovere di ciascun magistrato, perch la gestione dell'ufficio non può appartenere ai soli dirigenti, talvolta incapaci di proporre soluzioni ai problemi organizzativi ma al contempo insofferenti a qualsiasi legittima critica.

Voglio concludere dicendo che "una scelta di campo" è ancora possibile, e che anche quelli come me, che non hanno vissuto i primi trent'anni o forse pi di magistratura democratica, hanno saputo trovare le ragioni di appartenenza al gruppo ed hanno fornito un contributo di idee, come testimonia ad esempio il documento di Luca Minniti, Maura Nardin ed altri.
Molto lavoro ci aspetta, dentro e fuori di noi, che sono sicura sapremo svolgere con capacità di ascolto, coerenza nel lavoro quotidiano come nell'impegno associativo, con il rifiuto di stereotipi attribuitici da altri e con l'attitudine ad essere, per primi, rispettosi delle regole, per continuare a produrre quelle necessarie trasformazioni della magistratura che contribuiscono al progresso democratico della nostra società.

18 05 2005
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