Giudice cosciente o connivente

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Ero uditore con funzioni di Pretore promiscuo in una Pretura circondariale meridionale.
Giudici totali in organico all' ufficio: quattro. Giudici che smaltivano di fatto quasi l'80% del carico totale: due (uditori con funzioni: la sottoscritta ed un collega - che chiamerò dr. DE OSTINATIS - dalle idee molto vicine alle mie).
In particolare, a parte il carico ordinario in materia civile ed in materia penale (che era diviso in parti uguali tra lui e me) a lui era stato assegnato altresì (in via esclusiva, e quindi solo a lui ed a nessun altro) il ruolo delle cause di lavoro e dell'infortunistica stradale, mentre a me toccò l'esclusiva delle locazioni, delle esecuzioni forzate mobiliari e della volontaria giurisdizione.
Bene.
Le udienze di esecuzioni forzate costituivano per me un piccolo momento di sollievo, rispetto alla fatica del lavoro ordinario: non facevo praticamente alcuno sforzo. Le questioni di diritto di un qualche interesse erano veramente rare, il resto era routine. Potevo persino fare salotto con gli avvocati: "Buongiorno Giudice, bella giornata, oggi vero?" "Sì, anche se un po' troppo umida per i miei gusti. Allora che facciamo? " "Chiedo rinvio per versato acconto" "Bene. Cancelliere, si dia atto a verbale. Arrivederci Avvocato" "Arrivederci Giudice. Uno di questi giorni la verrò a disturbare per un caffè!" "Ma s'immagini! Venga quando vuole!".
Ah, come vorrei che tutte le udienze fossero così!
Tirai avanti così per alcuni mesi, finché un brutto giorno venne a trovarmi in ufficio un vecchietto. Era molto malmesso. La sua salute era palesemente minata, e tremava tutto. Mi mostrò un atto di citazione a comparire (a mia firma) in una delle mie udienze di esecuzioni forzate e mi chiese perché mai il processo esecutivo contro di lui fosse ancora in corso: lui aveva saldato tutto il suo debito, pagando anche qualche cosa in più!
Mi raccontò le ragioni per cui aveva contratto quel debito: una lunga storia di una lotta senza fine per vivere, per combattere contro una condizione sociale disagiata senza andare a rubare, di un figlio da aiutare, sarebbe troppo lungo raccontarla ed ingiusto compendiarla in poche parole.
Ne rimasi profondamente scossa.
Non mi ero resa ben conto di che cosa ci fosse dietro quell'enorme catasta di fascicoli e di verbali che trattavo un po' come una sorta di peso morto, ultimo tra tutte le altre materie (molto più complesse) che dovevo approfondire tutti i giorni.
Il punto è che non riuscivo a capire perché i suoi versamenti non risultassero in alcun modo in atti:
"Mi dica, a chi ha versato gli acconti?"
"All'Avv. DE MANIGOLDIS!"
Pensai: "Che strano! L'Avv. DE MANIGOLDIS è sempre così gentile, così garbato, ogni volta che mi saluta accenna persino un leggero inchino. C'è qualcosa che non quadra"
"Ma l'Avv. DE MANIGOLDIS le ha rilasciato una regolare ricevuta, una quietanza, un pezzo di carta che desse atto del versamento da lui ricevuto?"
"No: mi assicurava che con quei versamenti il processo sarebbe stato chiuso, perchè io stavo estinguendo a poco a poco il mio debito!"
" Ho capito. E quanto ha versato lei in totale?"
Il vecchietto estrasse dalla tasca un misero foglietto di quaderno a quadretti, tutto spiegazzato, dove lui aveva annotato le date e gli importi dei versamenti dati all'avv. DE MANIGOLDIS. Io feci il conto con la calcolatrice e restai senza parole: il vecchietto non solo aveva saldato la sorte e gli interessi, ma aveva pagato quasi un terzo in più del dovuto!
Ma non c'era uno straccio di prova che quei soldi se li fosse intascati l'Avv. DE MANIGOLDIS: come fare? Era un legale stimato e la parola del vecchietto contro la sua contava poco: aveva pagato sempre in contanti, per cui non c'era nemmeno la possibilità di dimostrare che aveva consegnato degli assegni a DE MANIGOLDIS.
Dissi al vecchietto di non preoccuparsi, che avrei parlato con l'Avv. DE MANIGOLDIS per cercare di chiarire la situazione, ma in realtà, rendendomi conto dell'insidiosità di una simile conversazione (Mi dica, Avv. DE MANIGOLDIS, lei per caso deruba i vecchietti?), preferii telefonare al Giudice Cons. DE PREMUROSI, esperto di esecuzioni forzate, che ci aveva tenuto lezione in uno di quei corsi di formazione per uditori, organizzati dal CSM, cui avevo partecipato durante il mirato.
Lui mi disse che il caso del vecchietto era paradigmatico: succedeva anche a Roma. I debitori non finivano mai di pagare ed i creditori non vedevano una lira, perché alcuni avvocati avevano capito che quello era un settore dove si poteva approfittare delle notevoli imperfezioni del sistema per intascare denaro non dovuto senza rischiare nulla. Accettavano solo contanti e non rilasciavano mai nè quietanze nè documenti, assicurando al debitore che in tal modo la procedura esecutiva contro di lui sarebbe stata estinta: un furto pulito pulito, che nessuno poteva provare.
Mi consigliò allora, per mettere un freno a tale malcostume (il rimedio vero non era praticabile lì dove lavoravo io, perché richiedeva una convenzione con un istituto bancario), di invitare gli avvocati che chiedevano rinvio per versato acconto a voler specificare la somma esatta versata dal debitore: in questo modo, si poteva (almeno) tenere il conto di questi versamenti e lasciarne una traccia scritta. In difetto di tale precisazione, avrei dovuto rigettare l'istanza di rinvio e disporre l'asporto.
" Bene, lo farò senz'altro. Grazie Consigliere e scusi l'orario!"
Arriva il giorno dell'udienza di esecuzioni forzate ed io applico il suggerimento del Cons. DE PREMUROSI.
" Allora Giudice, chiedo rinvio per versato acconto."
" Sì. A quanto ammonta la somma versata in acconto?"
Una domanda assai semplice, direte voi.
Ed invece succede il finimondo: nessun avvocato (a parte alcuni) vuole precisare questo benedetto ammontare.
Uno tuona: " Questa domanda implica un'insinuazione! Io non accetto insinuazioni, dopo ben 25 anni di onorata carriera!"
" Un'insinuazione? E quale? Me lo spieghi lei, avvocato, perché io veramente volevo solo essere un po' meno generica, tutto qui! In fondo, siamo qua a parlare di soldi, cerchiamo di capire quanto ha versato il debitore, così ci possiamo rendere conto della serietà del suo intento di ripianamento del debito!".
Ahia! Vedo l'Avv. DE MANIGOLDIS che confabula molto accigliato in fondo all'aula con altri legali: è chiaro che sta cercando di organizzare una sorta di rivolta, al fine di ripristinare le vecchie, sane abitudini giudiziarie locali.
Ma che vuole questa stronzetta venuta da fuori? Perché non si fa i fatti suoi?
Non passano nemmeno tre giorni che il Consigliere Dirigente, dr. PAVIDONI, convoca una riunione d'urgenza: è preoccupatissimo, gli avvocati hanno fatto minacce, tuonano, sono molto arrabbiati con me per il fatto che io non concedo rinvii se non mi precisano le somme versate in acconto.
Mi dice: "Franca, mi dispiace, ma temo di doverti togliere il ruolo delle esecuzioni forzate: forse le tue intenzioni sono buone, ma qui non ci possiamo irrigidire. Io devo tenere buono il foro, altrimenti anche la mia testa può saltare. Sai quante cose non vanno qui in Pretura? E sai perché riesco a mandare avanti tutto lo stesso? Perché ho dei buoni rapporti con gli avvocati, altrimenti qui fioccherebbe un esposto al giorno!".
A parte il fatto che avere un po' di lavoro in meno a me può fare solo piacere, per cui il consiglier PAVIDONI non si rende conto di aver utilizzato la minaccia sbagliata per "ricondurmi alla ragione", chiedo in che consistano i "buoni rapporti" con gli avvocati. Se consistono nel rimanere conniventi davanti ad uno sciacallaggio che è più rivoltante di una comune rapina a mano armata (lì almeno il rapinatore rischia qualcosa anche lui), forse questi rapporti non sono poi così buoni, forse vale la pena di cambiarli.
Ma il vero problema che deve risolvere il povero PAVIDONI è che il mio collega uditore DE OSTINATIS la pensa come me e dice subito: "Presidente, se Lei sta pensando di assegnare a me il ruolo di esecuzioni forzate, è mio dovere avvertirLa che io mi regolerò esattamente come la collega AMADORI".
Ma proprio a lui dovevano capitare due rompicoglioni di uditori così?
Dare le esecuzioni forzate al giudice anziano non è proprio proponibile: è uno che sta lì da molti anni e non intende assolutamente, alla sua età, mettersi a studiare da capo il codice di procedura civile.
Il Presidente, a parte ogni altra considerazione, non sa nulla di procedura civile: ha sempre svolto funzioni penali.
Allora il nostro cambia tattica. Passa alle promesse: "Cara Franca, sai che io ho forti appoggi dentro UNICOST? Sai come ho fatto ad ottenere che aumentassero l'organico del personale amministrativo? Perché conosco il noto e potente collega DE FEROCIS: è lui che fa il bello ed il cattivo tempo in questo settore! Se ti comporti bene, te lo presenterò e potrai contare sul suo appoggio: ha un mare di amici al CSM. Sarà molto prezioso per te! Lascia perdere questa storia degli acconti! Che te ne importa? Tra qualche anno tornerai a Roma!". Mi aspettavo che completasse con la nota frase: "Pensa alla famiglia!" ma invece non vi fece cenno. Peccato! Così il quadro paramafioso sarebbe stato più completo.
"Ci penserò, Presidente. Al momento, vorrei cercare di non rendermi complice di ruberie! "
"Ma non prendiamo un episodio isolato ... tutto da dimostrare ... come una prassi! E poi quel vecchietto sicuramente ha mentito!"
Interviene il collega DE OSTINATIS: "Sì? E se l'episodio è isolato e non ci sono problemi, perché quasi tutti gli avvocati, a parte alcuni, si sono rifiutati di precisare le somme versate in acconto? Perché sono venuti addirittura da Lei a chiedere la testa della collega?"
PAVIDONI sospira: "Voi due siete ancora giovani, siete rigidi. Il bianco è bianco ed il nero è nero. Con il tempo imparerete ad essere più accomodanti, più cauti, più prudenti!"
Boh. Sono passati quindici anni ed io sono rimasta l'imprudente rompicoglioni di allora. Secondo me accomodanti, cauti e prudenti ci si nasce, non ci si diventa. Come diceva Don Abbondio: " Il coraggio, chi non l'ha, non se lo può dare".
Ma i problemi non sono finiti qui.
L'Avv. DE PERBENIS, dopo un paio di giorni, mi si avvicina in corridoio e mi lascia cadere (senza darlo a vedere) un bigliettino in mano: caspita, la faccenda è seria! Nel bigliettino il bravo legale, che è onesto e che non sopporta il malcostume di quei colleghi, mi avverte che l'Avv. DE MANIGOLDIS è molto amico dell'Avv. DE FARABUTTIS, a sua volta cugino di un magistrato che sta in Cassazione a Roma, tale dr. DE LOSCHIS, che pare abbia molte conoscenze. Insomma, stanno preparando un esposto. Il bravo legale, però, mi dà una dritta molto importante: l'Avv. DE MANIGOLDIS ha un nemico giurato dentro il Consiglio Forense locale: è l'Avv. DE RADIANTIS, che ha più prestigio di lui, tanto che è stato eletto Presidente e che già una volta ha tentato di silurare l'Avv. DE MANIGOLDIS, iniziando un procedimento disciplinare contro di lui. Mi dà anche il numero di cellulare.
Blocco qui la narrazione, perchè se proseguissi potrei scrivere un piccolo saggio... Sappiate che questa storia è a lieto fine: il foro locale si è alla fine rassegnato a precisare l'ammontare degli acconti. Ma prima di arrivarci molte sono state le preoccupazioni, le ansie, le minacce. Molti altri giudici, diversi da me e dal collega DE OSTINATIS, avrebbero mollato e non senza ragione: nessun consiglio giudiziario avrebbe mai preso in considerazione il loro grave atto di viltà, anzi essendo giudici che "non danno problemi" avrebbero senz'altro ottenuto un giudizio più positivo dal loro superiore rispetto a quelli che "piantano grane e danno problemi".

 
 
 

09 06 2005
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