Mobilitazione contro ogni forma di detenzione amministrativa

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Magistratura democratica esprime convinta adesione alla mobilitazione culturale contro ogni forma di detenzione amministrativa che sta alla base del Forum di Bari dell'11 luglio.

Di fronte alle allarmate preoccupazioni per le condizioni di vita e le prassi adottate nei CPT, provenienti da organizzazioni e associazioni, riconosciute e apprezzate per impegno e serietà, non sono consentiti atteggiamenti di indignato diniego o di sprezzante indifferenza. Senza ulteriore indugio occorre assumere quelle denunce come stimolo per rigorosi specifici accertamenti sulle prassi applicate nei CPT e come pungolo per una radicale revisione della normativa finora adottata.

E' dalla detenzione amministrativa, infatti, che occorre partire per un'analisi complessiva delle politiche in tema di immigrazione adottate nel nostro Paese (e non solo in esso): politiche che, alla resa dei conti e pur nelle diversità delle normative succedutesi negli anni, hanno prodotto clandestinità e aumentato il senso di insicurezza sociale. Il tentativo di affidare il governo dell'immigrazione, almeno prevalentemente, a strumenti repressivi si è dimostrato inadeguato e controproducente. E' accaduto che, nella ricerca della impossibile effettività dei provvedimenti di allontanamento, gli strumenti esecutivi si sono moltiplicati con ricadute sempre pi pesanti sulla libertà personale dei migranti: la legge Napolitano - Turco ha introdotto i centri di permanenza per gli stranieri destinatari di provvedimenti di espulsione, mentre la legge Bossi - Fini ha raddoppiato la durata della detenzione amministrativa, stabilendo ulteriori forme di trattenimento anche per i richiedenti asilo. L'ultima riforma del 2004 ha attribuito al giudice di pace la competenza sulle convalide dei provvedimenti di polizia in tema di immigrazione, sottraendo così, solo per i migranti, ampi settori di libertà personale al controllo forte del giudice professionale.
Per essere davvero uguale per tutti, la legge deve restare «cieca al colore», ed è chiaro che non possono dirsi «cieche al colore» misure restrittive della libertà personale fondate su una condizione individuale, come quella del migrante.
Per questo è necessario guardare alla detenzione amministrativa e, pi in generale, alla condizione giuridica dei migranti come all'espressione pi allarmante dell'indebolimento dello stretto legame tra dignità di ogni persona, diritti fondamentali e democrazia, che è posto a fondamento della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e che rappresenta l'eredità pi alta del costituzionalismo nato con la della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo.

Roma 11 luglio 2005

Franco Ippolito (presidente di Magistratura democratica)

Ignazio J. Patrone (segretario di Magistratura democratica)

Angelo Caputo (responsabile immigrazione di Magistratura democratica)

10 07 2005
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