Un passaggio cruciale per la riforma dell'ordinamento giudiziario

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Poche ore dopo la pubblicazione del testo del disegno di legge delega per la riforma dell’ordinamento giudiziario, Magistratura Democratica ha sottolineato pubblicamente l’importanza cruciale del passaggio che si prospetta per la magistratura italiana, e per l’assetto futuro della giurisdizione.

L’approssimarsi della scadenza della sospensione della controriforma Castelli deve ricordare a tutti – prima di ogni altra valutazione - l’inaccettabilità di quel disegno, che dichiaratamente era volto a limitare l’autonomia del potere giudiziario attraverso la burocratizzazione del corpo della magistratura, la separazione delle carriere, la gerarchizzazione dell’ufficio del P.M. Ci siamo battuti per anni contro quelle proposte, sempre sostenendo a gran voce che la magistratura chiedeva una riforma che fosse veramente in grado di migliorare l’efficienza e la qualità del servizio giustizia: ora si tratta di dimostrare che quelle affermazioni non erano strumentali, ma l’espressione di un sincero spirito costruttivo, animato da ragioni  di interesse collettivo. 

Il disegno di legge Mastella costituisce la concreta ed attuale prospettiva di riforma dell’ordinamento:  non solo, dunque, l’occasione per superare un intervento controriformatore che in realtà puntava ad una magistratura sminuita e mortificata nella propria indipendenza, con uno statuto  tutt’altro che  in grado di garantirne maggior professionalità ed efficienza, ma soprattutto l’opportunità del cambiamento, così fortemente auspicato dai  magistrati italiani.

Il ddl varato dal Governo il 7 marzo scorso presenta aspetti sicuramente positivi, primi fra tutti gli irrinunciabili capisaldi della temporaneità degli uffici direttivi e semidirettivi e di un serio sistema di valutazioni della professionalità, accanto ad altri invece inaccettabili, o comunque insoddisfacenti.

Partiamo da questi secondi. Merita ancora critiche il meccanismo delle incompatibilità per il passaggio di funzioni; esso –pur ridotto temporalmente– mantiene la dimensione distrettuale, ingiustificatamente estesa;  risulta  poi anche inutilmente rigido, giungendo a riguardare anche i giudici che hanno svolto esclusive funzioni civili. Ma questo tipo di valutazioni –giustamente negative– non deve farci perdere di vista la differenza ontologica tra questo tipo di soluzione  e la temuta (ed ancora temibile) separazione delle carriere, che in realtà costituirebbe ben più gravemente l’abbandono dell’unitarietà della giurisdizione e del circuito dell’autogoverno, sottraendo il pubblico ministero alla cultura condivisa del ruolo giurisdizionale.

Per quel che riguarda la scuola, restano censurabili il mantenimento delle tre sedi e l’attribuzione al Ministro della nomina della metà dei componenti del comitato direttivo.  Accanto a queste criticità, si deve guardare con favore alla eliminazione della struttura provvisoria che avrebbe dovuto gestire la formazione fino all’avvio della scuola.

Il numero dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura viene finalmente riportato a trenta: ma non si comprende la scelta di omettere ogni intervento sul sistema elettorale, che deve tornare all’originaria matrice proporzionale.

 

Il progetto Mastella regolamenta in maniera minuziosa i contenuti delle valutazioni di professionalità, che vengono a sostituire l’ingestibile sistema dei concorsi architettato dalla legge Castelli. Qui sta il cuore della proposta, e soprattutto, il segno della svolta da imprimere alla condizione di magistrato: la tecnica legislativa adottata si spinge a definizioni particolareggiate e di dettaglio, che forse tradiscono la sfiducia verso un’attitudine  applicativa burocratica e routinaria da parte di chi tali valutazioni nell’ambito dell’autogoverno sarà tenuto a formulare. Nel complesso, dalle previsioni del ddl emergono i frutti di un’elaborazione pluriennale di tutta l’ANM a proposito delle prerogative professionali che il magistrato, ed il dirigente,  devono possedere. La ricezione di questa elaborazione da parte della riforma legislativa è la premessa (necessaria ma non di per sè sufficiente) per un’applicazione seria e ponderata di quei parametri da parte dell’autogoverno, a cui spetterà di assumersi al meglio la responsabilità di dare effettività ed autorevolezza ad un sistema valutativo capace finalmente di superare le tentazioni corporative,  che tanto male hanno fatto alla immagine ed alla considerazione esterna della magistratura.  A questa stessa impronta si dovranno conformare i controlli biennali di gestione nei confronti dei dirigenti degli uffici.

 

Il ddl non rinuncia ad intervenire anche sull’assetto delle procure, regolato, a seguito di una larga intesa tra le forze politiche di maggioranza e di opposizione, con il d. lvo 106. Il nuovo comma 2 dell’art.7 ter prevede l’approvazione da parte del CSM del sistema organizzativo proposto dal procuratore: si tratta di una previsione che scardina decisamente i meccanismi fortemente accentratori dell’ufficio dell’accusa, e ne rovescia l’ottica rigidamente gerarchica, affidando all’organo costituzionale il giudizio decisivo a proposito della adeguatezza e della compatibilità del “piano programmatico” assunto dal vertice dell’ufficio. E’ difficile prevedere oggi se una norma di tale portata (pochi mesi dopo la convergenza politica su una riforma di segno ben diverso) potrà essere approvata: ma al momento, essa mostra la seria  intenzione di riportare nell’alveo naturale dell’autogoverno il tema sensibile e problematico dell’organizzazione degli uffici di procura.

L’esame delle norme potrebbe estendersi ancora, ma a noi interessa qui sottolineare che alcuni tra i punti che abbiamo richiamato sono irrinunciabili per  una proposta di riforma. I magistrati italiani oggi si trovano di fronte ad un’alternativa senza scappatoie: o richiedere a gran voce lo sforzo della politica per procedere all’approvazione del ddl, migliorandolo laddove è sicuramente migliorabile, senza recedere sui punti sui quali invece nessun arretramento è possibile; oppure attendere con rassegnazione e fatalismo la scadenza del 31 luglio, in cui la controriforma Castelli diventerà pienamente operativa.

Md non ha dubbi sulla sua scelta: ed è per difenderla e rafforzarla che oggi chiede alla giunta unitaria dell’Associazione Nazionale Magistrati uno sforzo ulteriore  di qui alle prossime  settimane, che potranno avere un valore decisivo, ed un impegno  di mobilitazione e di impulso nei confronti della politica, e di sensibilizzazione nei confronti di tutti i magistrati. Una seconda opportunità non è facile prevedere se e quando ci verrà data.

 

Torino 15 marzo 2007

 

Il Segretario Generale

Rita Sanlorenzo

14 03 2007
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