Cronache dal Consiglio n. 10 - luglio 2007

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Oggetto: Plenum, 4, 5, 11, 12, 18, 23, 24 e 25 luglio e Lavori di Commissione

Sommario

A)    Dal Plenum :

 

  1. Delibera SISMI;
  2. Le nomine dei sostituti procuratori generali della Corte di Cassazione;
  3. La circolare sugli incarichi extragiudiziari;
  4. Le procedure per gli incarichi direttivi dopo la sentenza della Corte Costituzionale;
  5. Conferimenti di incarichi direttivi e semidirettivi;
  6. Nomine semidirettivi a maggioranza: Presidente di sezione della Corte d'Appello di Genova e Procuratore aggiunto di Roma;
  7. I principi guida della circolare sulle tabelle 2008-2009;
  8. la circolare sulle tabelle delle procure della Repubblica;
  9. Lo statuto dell'istituenda Rete dei  Comitati per le Pari Opportunità;
  10. Tirocini formativi successivi al conseguimento della laurea presso gli uffici giudiziari;
  11. Vice procuratori onorari ed aspettativa obbligatoria per maternità;
  12. Il programma per il 2008 della formazione;
  13. Le nomine alla Segreteria ed all'Ufficio studi del Consiglio.

         B) Dalle commissioni:

1.      Proposta di nomina per incarichi semidirettivi e direttivi;

2.      Aggiornamento delle attività della V Commissione.

 

Plenum

1. Delibera SISMI.

 

Il 4 luglio, sul finire del primo anno di attività, il Consiglio ha approvato all'unanimità una risoluzione, assunta a tutela dell'indipendente esercizio della giurisdizione e dell'ordine giudiziario nel suo insieme (oltre che dei magistrati lesi dall'iniziativa), con cui ha ricostruito l'attività di intelligence posta in essere dal Sismi, tra l'estate del 2001 e il maggio del 2006, nei confronti di un numero significativo di magistrati della Repubblica (in particolare, ma non solo, aderenti a Magistratura democratica) ed europei (in particolare, ma non solo, aderenti a Magistrats européens pour la démocratie et les libertés). L'apertura della pratica era stata richiesta il 7 novembre 2006 da alcuni consiglieri, tra cui Pepino, in conseguenza di notizie di stampa secondo cui "nel corso di una perquisizione effettuata su ordine dell'autorità giudiziaria nei locali in disponibilità del Sismi situati in via Nazionale a Roma, è stata rinvenuta documentazione da cui risulta che numerosi magistrati sono stati oggetto di informative e di osservazione ad opera di appartenenti o collaboratori del Servizio di informazione militare (...) anche al fine di condizionare od ostacolare l'attività giurisdizionale di tali magistrati, di impedirne la partecipazione a organismi sopranazionali, di delegittimarli attraverso il discredito personale, ledendo con ciò, insieme alla loro dignità personale, l'esercizio autonomo e indipendente della giurisdizione e incidendo (o tentando di incidere) sulle consapevoli determinazioni dell'organo di autogoverno e finanche sulla composizione dello stesso".

I documenti sequestrati (e trasmessi al Consiglio il 22 novembre 2006 dalla Procura della Repubblica di Milano) hanno confermato e aggravato i timori espressi nella richiesta. È emerso infatti in modo documentale che in tale periodo personale del Sismi, coordinato da Pio Pompa, ha svolto nei confronti di molti magistrati - seppur in diversa misura e forma - una capillare attività di intelligence (controllo di movimenti e incontri anche in uffici giudiziari, pedinamenti, acquisizione di documenti, accessi a corrispondenza riservata spedita attraverso mailing list, etc.), affiancata da campagne di stampa, intimidazioni e interventi similari. È stato anche per l'evidenza della situazione che la risoluzione predisposta è stata approvata all'unanimità (fatto la cui importanza non è sfuggita agli osservatori).

La risoluzione - che può leggersi integralmente nel sito del Consiglio e in quello di Magistratura democratica (e che sarà pubblicata nel n. 4 di Questione giustizia) - ricostruisce in modo analitico le risultanze documentali. Merita qui riportarne il dispositivo:

a) l'attività descritta, oltre che non fondata su fatti specifici, è totalmente estranea alle attribuzioni e competenze del SISMI, preposto, ai sensi dell'art. 4 legge 24 ottobre 1977, n. 801 a "tutti i compiti informativi e di sicurezza per la difesa sul piano militare dell'indipendenza e della integrità dello Stato da ogni pericolo, minaccia o aggressione» nonché ai «compiti di controspionaggio" connessi con i fini suddetti. È chiaro, infatti, che le iniziative giudiziarie (soggette a tutti i controlli giurisdizionali previsti dall'ordinamento) e le attività di partecipazione al dibattito politico-culturale sono componenti essenziali della democrazia e nulla hanno a che vedere con aggressioni o minacce richiedenti azioni di "difesa sul piano militare"; inoltre, il compito dei Servizi è quello di vigilare sulla "indipendenza e integrità dello Stato" e non sulla stabilità del Governo contingente qualunque ne sia il segno politico;

b) la descritta impropria attività del SISMI ha prodotto conseguenze negative molteplici: delegittimando i magistrati preposti a indagini e processi particolarmente delicati e aumentando le difficoltà nella collaborazione giudiziaria sovranazionale, così ostacolando in maniera significativa l'esercizio indipendente ed efficace della giurisdizione (e ciò anche a prescindere dai danni, professionali e di immagine, per i singoli magistrati interessati);

c) l'opera di intelligence sin qui descritta si è talora svolta - secondo i documenti acquisiti - con la partecipazione o l'ausilio di appartenenti all'ordine giudiziario. L'indicazione programmatica in tal senso (tesa a «individuare soggetti in grado di intervenire in termini "non convenzionali" nelle scelte, nelle decisioni da assumere e/o per l'ostruzionismo delle stesse» da affiancare al «background di ben individuati uomini "di buona volontà"» su cui già è possibile contare) trova esplicita e puntuale applicazione nella vicenda relativa a OLAF [«Nelle ultime ore persona di sicura affidabilità avente medesima estrazione professionale dei soggetti prima indicati come potenzialmente pericolosi e rivestente oggi qualificato incarico di supporto governativo ha ritenuto di dover rappresentare ulteriori allarmanti elementi di pericolosità dei quali ha contezza diretta anche in ragione del suo Ufficio. Ci si intende riferire sia ad elementi di conoscenza fattuale disponibili nell'esercizio della sua funzione sia a prove documentali, anche olografe (delle quali talune reperite fortunosamente nell'ambito della struttura presso la quale il soggetto opera). (...) La fonte ha riferito di aver già fornito indicazioni in tal senso a taluni esponenti del Governo in carica. Ha tenuto, peraltro, a sottolineare viva preoccupazione e grande allarme per l'ipotesi di una possibile sottovalutazione del problema da parte di chi dovrebbe darsene carico»]. (...) Superfluo dire che ogni tipo di collaborazione di magistrati con Servizi segreti, oltre che espressamente vietata dalla legge (art. 7 legge 24 ottobre 1977, n. 801 secondo cui: «In nessun caso i Servizi possono avere alle loro dipendenze, in modo organico o saltuario, membri del Parlamento, consiglieri regionali, provinciali, comunali, magistrati, ministri di culto e giornalisti professionisti»), è estranea al modello costituzionale dell'ordine giudiziario e ai suoi connotati di terzietà e indipendenza.

Non è noto, allo stato, se tali attività abbiano coinvolto il Governo dell'epoca oppure siano avvenute a sua insaputa. Ma, comunque sia, la gravità del fatto non cambia. E il fatto è che in quegli anni c'è stata una azione di torsione del nostro sistema verso una forma di democrazia dimezzata e sotto tutela (con connesso indebolimento e controllo della giurisdizione). Chi lo contesta non nega, almeno in prevalenza, i fatti (i pedinamenti, le intrusioni, le attività di delegittimazione), ma tende a riportarli a deviazioni individuali di qualche investigatore da operetta, patetico più che pericoloso.

Non è così. Bastano, al riguardo, pochi flash. Primo. Pio Pompa non ha agito da solo, giocando in proprio. Lo rivendica lui stesso in una memoria depositata alla Procura di Milano e, soprattutto, la circostanza è confermata dai numerosi appunti sulle attività svolte e sulle loro finalità e dalle ripetute trasmissioni di atti, con apposita nota di accompagnamento, al «direttore del servizio». Dunque, è agli atti che ad agire (a programmare e a svolgere le attività spionistiche) non è stato un funzionario infedele ma il Sismi in quanto tale (mentre a nulla rileva, per quanto riguarda le valutazioni di competenza del Consiglio, individuare chi vi abbia in concreto partecipato come ideatore e come esecutore). Secondo. Il presupposto della «attività di osservazione» e degli «interventi di contrasto e/o dissuasione» posti in essere dal Sismi non era, nemmeno in via di ipotesi, l'esistenza di fatti specifici ritenuti eversivi ma l'esistenza di magistrati «portatori di pensieri e strategie destabilizzanti», individuati in ragione dell'attività giudiziaria svolta o delle posizioni assunte nel dibattito politico-culturale. Terzo. Il Sismi dispone (o, comunque, dichiara di disporre) all'interno delle istituzioni, ivi compresa quella giudiziaria, di uomini «di buona volontà» su cui si può contare. Il carattere eversivo di una situazione siffatta, ove reale, non richiede commenti.

2. Le nomine dei sostituti procuratori generali della Corte di Cassazione.

 

Nella copertura dei nove posti vacanti di sostituto procuratore generale della Cassazione è emersa una questione di principio che merita segnalare.

Sono state sottoposte al plenum del 18 luglio due proposte: la prima (rel. Fresa) comprendeva Di Casola, Selvaggi, Montagna, Fucci, Riello, Salvi, Donofrio, De Angelis, Servello: la seconda (rel. Ferri) comprendeva, oltre ai primi sei della proposta precedente, Stabile, Bua e Lo Voi. Ha prevalso la seconda proposta grazie ai voti di Unicost, Mi, laici di destra e Mancino. 

In questi casi il regolamento non consente il voto differenziato sui singoli candidati e si deve votare (salva l'astensione) su una proposta o sull'altra nella loro interezza. Abbiamo votato compattamente la proposta Fresa (pur con alcuni dubbi su uno dei nomi proposti e, ancor più, sulla congruità dei punteggi attribuiti a Di Casola, Selvaggi e Salvi, le cui attitudini ci sono apparse valorizzate in modo del tutto insufficiente) proprio per la questione di principio cui si accennava all'inizio. Nella proposta Ferri erano, infatti, compresi - per nove posti - ben quattro consiglieri superiori uscenti (Stabile, Riello, Salvi e Lo Voi). Non solo, ma a tutti e quattro gli ex consiglieri era attribuito il massimo punteggio in attitudine (6), non riconosciuto ad alcun altro concorrente (salvo Di Casola, l'unico proveniente da funzione analoga, essendo già consigliere in Cassazione). Una valutazione alta ma non differenziata, e come tale priva di rilevanza. Abbiamo provato a dirlo, aggiungendo che non tutti i consiglieri uscenti, a meno di ritenerli "unti dal signore", sono per definizione particolarmente idonei a ricoprire le funzioni di legittimità (che richiedono, in base alla normativa vigente, doti specifiche). Abbiamo fatto presente, con riferimento al caso concreto, che, mentre il punteggio attribuito a Riello e Salvi era del tutto congruo in base alla loro storia professionale e ai loro scritti, nessuno che conoscesse i candidati avrebbe compreso la ragione per cui Stabile e Lo Voi venivano gratificati di una valutazione in attitudine superiore di un punto (sic!) nientemeno che a un punto di riferimento sulle questioni di legittimità come Eugenio Selvaggi. Tutto è stato inutile. Ai lettori l'interpretazione (in realtà non difficile) delle ragioni di questo ennesimo disinvolto strappo alle regole...

 

 

3. La circolare sugli incarichi extragiudiziari.

Con delibera del 24 luglio 2007, il plenum del Consiglio ha approvato le modifiche alla circolare sugli incarichi extragiudiziari, proposte dalla IV commissione.

Dal 1987 il CSM era intervenuto più volte - da ultimo nel 2005 e nel 2006, dettando una disciplina più organica e innovatrice - per regolare tutta la materia delle autorizzazioni per lo svolgimento di incarichi di vario tipo, diversi da quelli che comportano il collocamento fuori ruolo dei magistrati ma si aggiungono all'ordinaria attività lavorativa. L'intero sistema delle autorizzazioni risponde all'esigenza di conciliare il valore costituzionale dei diritti di personalità dei magistrati con l'indipendente esercizio della funzione giurisdizionale, senza dimenticare peraltro che il diritto alla libera manifestazione del pensiero non deve mai riflettersi negativamente sul lavoro d'ufficio. Tanto è vero questo, che per gli incarichi più impegnativi era già previsto, oltre al parere favorevole del capo dell'ufficio, anche quello del consiglio giudiziario, con l'obbligo di allegazione delle statistiche comparate dell'ufficio di appartenenza.

Nei confronti degli incarichi extragiudiziari si è registrata tuttavia in questa consiliatura un'inedita, forte e pregiudiziale contrarietà da parte della componente laica (con le sole eccezioni dei professori Vacca e Volpi, ben consapevoli dell'utilità dello scambio culturale fra università e operatori del processo, fonte di arricchimento per entrambe le categorie e prezioso per la formazione dei giuristi, giacché la maggior parte delle autorizzazioni richieste riguardano incarichi d'insegnamento), nella convinzione che il tempo "perso" in attività diverse sia sottratto indebitamente al lavoro d'ufficio, come se il magistrato non fosse padrone di impiegare il suo (poco) tempo libero impegnandosi in attività intellettuali anziché meramente ricreative. Anche per superare questi contrasti e sempre nel solco della rigorosa normativa consiliare, la nuova delibera si è limitata alle più opportune integrazioni e precisazioni in un'ottica di trasparenza e semplificazione delle procedure, eliminando ambiguità foriere di discussioni infinite e tentando di sciogliere alcuni nodi problematici che generavano confusione nei destinatari e un rilevante contenzioso amministrativo.

Capo per capo, queste sono, in sintesi, le più rilevanti novità apportate alla circolare n. 15207 del 16.12.1987 e successive modifiche.

Mutuando dalle indicazioni contenute nell'art. 53, 6° comma D.lvo 165/2001, al Capo 1 sono state definite con chiarezza le attività "libere", sottratte al regime autorizzatorio (pubblicistica, collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, produzione artistica e scientifica ancorché diano luogo a compensi, nonché altre attività in veste di relatore a seminari, convegni, incontri di studio o attività similari, se non retribuite, con la precisazione che il solo rimborso delle spese documentate non è equiparabile ad una retribuzione e non comporta la necessità della preventiva autorizzazione). Lo stesso regime è stato esteso ad attività non retribuite di volontariato, ma col divieto - esplicito, per superare ambivalenze del testo precedente - di assumere in tali organismi incarichi "comportanti attività di gestione o di amministrazione patrimoniale".

L'intero Capo 2 è stato riformulato in termini più semplici prevedendo il divieto di svolgimento di "attività o atti di consulenza consistenti in prestazioni abitualmente fornite da liberi professionisti".

Il Capo 3, con norma di chiusura rispetto alle attività libere del Capo 1 e a quelle vietate del Capo 2 e di altre disposizioni, ha stabilito che tutte le altre attività sono soggette ad autorizzazione.

È stata poi introdotta una nuova scansione procedurale per esame e definizione delle domande di autorizzazione (trasmissione al Consiglio della domanda e della documentazione necessaria almeno 40 giorni prima della data d'inizio dell'incarico; possibilità d'iniziarne lo svolgimento in caso di mancata risposta entro 30 giorni, con obbligo di immediata cessazione - se ancora in atto - qualora intervenga una successiva deliberazione negativa: termine che, peraltro, decorre solo se l'istante abbia trasmesso tutta la documentazione prescritta; altrimenti, la richiesta di autorizzazione sarà dichiarata improcedibile e il termine riprenderà a decorrere dalla ricezione della documentazione). Nel capo 4 la novità di rilievo riguarda la responsabilizzazione del dirigente dell'ufficio, che dovrà pronunciarsi in termini esaustivi sulla compatibilità dell'incarico con le esigenze dell'ufficio.

Il Capo 5, relativo alla documentazione da allegare alla domanda di autorizzazione, è stato integrato per porre la IV commissione in condizioni di valutare appieno gli elementi rilevanti ai fini della decisione. Si tratta, per esempio, di fornire per gli insegnamenti universitari notizie sulla natura dei rapporti con il titolare dell'insegnamento, di precisare l'impegno orario per tutti gli incarichi di insegnamento (data la generale previsione di un limite massimo orario su base annua generale e per i singoli insegnamenti), di dichiarare gli ulteriori incarichi in attesa di autorizzazione.

Il Capo 6, relativo al parere del Consiglio Giudiziario, è stato semplificato in seguito alle modifiche introdotte nel Capo 4 dove si è precisato che, pur essendo onere del magistrato interessato curare la tempestiva trasmissione dell'istanza e della documentazione prescritta, resta a carico del dirigente dell'ufficio provvedere all'inoltro degli atti al CSM e al Consiglio Giudiziario (quando ne sia richiesto il parere). Il Consiglio Giudiziario deve poi, entro 20 giorni, rendere il parere e trasmetterlo sia al dirigente dell'ufficio sia al CSM; tuttavia il mancato rispetto del termine non è ostativo alla valutazione del Consiglio, che, in sua mancanza, delibererà secondo la documentazione comunque trasmessa.

Il Capo 6 bis è stato soppresso perché l'intera materia è stata oggetto di una nuova disciplina nell'ambito del Capo 14.

Nel Capo 12 sono stati eliminati - quanto agli incarichi di insegnamento conferiti da enti destinati ad operare entro l'ambito di una limitata circoscrizione territoriale - quelli "inerenti l'assolvimento di compiti divulgativi ed educativi della collettività", perché una simile attività, se gratuita, rientra nell'ambito delle attività libere del Capo 1 mentre, se retribuita, è disciplinata dal Capo 14 al comma 4°, che riproduce con una nuova formulazione l'ultimo comma del vecchio Capo 12, equiparando questi incarichi a quelli di insegnamento.

Numerose modifiche sono state apportate al capo 13 con l'obiettivo di semplificare il dato normativo, eliminando tutte le indicazioni che si riferivano ad attività escluse dalla necessità di autorizzazione perché riconducibili nell'ambito del Capo 1, nonché la locuzione "a qualsiasi soggetto indirizzata (magistrati o categorie di funzionari con diversa professionalità)", ritenuta superflua e ridondante.

Con il Capo 14 si è proceduto ad un riesame dell'intera disciplina degli incarichi di insegnamento, con un testo mirato a regolamentare ogni tipologia di docenza fornendo anche regole procedurali specifiche che, nel settore, assurgono a procedura ordinaria per il rilascio dell'autorizzazione.

La nuova previsione - che raccoglie quelle in precedenza contenute nel Capo 4, ultimo comma, nel Capo 6 bis, nel Capo 13 e nel precedente Capo 14 ed ha carattere sistematico, individua e distingue le diverse tipologie di insegnamento:

-         incarichi d'insegnamento conferiti dalle Università statali e parificate per lo svolgimento di regolari corsi rientranti nel programma accademico ed assimilati;

-         incarichi d'insegnamento conferiti da Scuole forensi e Scuole notarili organizzate, in qualsiasi forma giuridica, dai rispettivi Consigli degli ordini;

-          incarichi d' insegnamento conferiti dalle Scuole di specializzazione per le professioni legali organizzate dalle Università ai sensi dell'art. 16 del d.lgs. 17.11.97 n. 398, nonché per i master universitari e per i corsi di specializzazione professionali organizzati dall'Università;

-          incarichi d'insegnamento conferiti dalle Scuole di formazione delle Forze di polizia;

-          incarichi d'insegnamento conferiti da persone giuridiche di diritto privato, anche non a partecipazione pubblica, che eseguono, per incarico di enti e soggetti di diritto pubblico, progetti di formazione interna del personale degli enti stessi ovvero di particolari categorie di operatori pubblici, comprese le Forze di polizia;

-         incarichi d'insegnamento conferiti da altre amministrazioni pubbliche;

-          incarichi di docenza conferiti da privati.

Le prime 5 tipologie di incarico sono accomunate quanto a documentazione richiesta e quanto a limiti orari stabiliti per tutte in 40 ore (di sessanta minuti) su base annua.

La riduzione del monte orario annuo per gli incarichi conferiti dalle Scuole di Specializzazione delle professioni legali e dalle Scuole di formazione delle Forze di polizia si spiega perché la gran parte delle richiesta riguarda un numero assai inferiore di ore e soltanto pochissimi magistrati hanno  richiesto, con una o più istanze, l'autorizzazione per incarichi di durata superiore. La limitazione, del resto, è adeguatamente compensata dalla possibilità di un eventuale cumulo di più incarichi di diverso tipo nella misura massima complessiva di 50 ore all'anno: disposizione che semplifica i calcoli sia per l'interessato sia per la commissione, rispetto al precedente sistema che prevedeva una complicata ripartizione proporzionale tra le diverse tipologie con conversione delle ore tra l'una e l'altra ipotesi di insegnamento, non sempre comprensibile per i richiedenti e penalizzante per chi svolgeva incarichi d'insegnamento di più modesta entità e per i quali il monte ore era più basso. Inoltre si soddisfa così l'esigenza di assicurare, specie per le Scuole di Specializzazione, una maggior rotazione tra i magistrati chiamati a svolgere l'incarico.

Per gli insegnamenti conferiti da altre amministrazioni pubbliche, si è ritenuto congruo un limite complessivo di 15 ore su base annua, valutandone la più ridotta strumentalità rispetto allo svolgimento delle funzioni giurisdizionali.

Una novità significativa è costituita dalla previsione dell'autorizzabilità degli incarichi di docenza conferiti da privati, per fornire un'adeguata risposta agli orientamenti del giudice amministrativo che, di regola e in più occasioni, ha censurato il precedente negativo orientamento consiliare. Non si tratta tuttavia di una possibilità illimitata, con riguardo sia ai requisiti richiesti sia al monte ore su base annua - nei limite delle 8 ore complessive - sia ad alcune specifiche attività la cui autorizzabilità continua a restare esclusa.

La disposizione, infine, prende in considerazione anche "le conferenze o gli incontri con il pubblico se retribuiti", ai quali si applica la disciplina prevista per gli incarichi di insegnamento in relazione alla natura dell'ente conferente.

Quanto alla procedura per il rilascio dell'autorizzazione, sono state previste, in relazione alla natura dell'incarico (con l'eccezione degli incarichi conferiti dai privati), forme particolarmente semplificate: qualora la singola istanza abbia a oggetto un insegnamento di durata non superiore alle 8 ore, è sufficiente trasmettere con la richiesta l'atto di designazione, previa la sola comunicazione al dirigente dell'ufficio (per i magistrati con funzioni direttive, al dirigente preposto per la vigilanza), che può inviare direttamente al CSM eventuali rilievi. Entro le 8 ore d'insegnamento all'anno, infatti, si è ritenuta superflua la trasmissione di dati statistici o di altra documentazione, perché la limitata entità dell'incarico lo rende oggettivamente compatibile con lo svolgimento dell'attività lavorativa, salva l'eventuale indicazione negativa e di propria iniziativa del dirigente dell'Ufficio. Solo per gli incarichi universitari è necessario fornire anche elementi utili a valutare le eventuali relazioni professionali con il titolare dell'insegnamento o con l'ente conferente, in conformità a quanto previsto dal Capo 5, punto b).

Quando invece l'attività d'insegnamento abbia ad oggetto una docenza superiore alle 8 ore, è necessario produrre il parere favorevole del dirigente dell'ufficio (per i magistrati con funzioni direttive, del dirigente preposto per la vigilanza), da formulare in conformità a quanto previsto dal Capo 5, e le statistiche necessarie a riscontrare il parere sulla compatibilità con le esigenze del servizio. Per gli incarichi d'insegnamento universitario, peraltro, è stato ritenuto necessario - in relazione alla intensità e natura del rapporto - conservare anche la previsione del parere del Consiglio Giudiziario, per avere maggiori elementi di valutazione.

Al Capo 15 si è fornita una nuova regolamentazione per gli incarichi conferiti da privati, che mantengono il carattere dell'eccezionalità, dovendosi accompagnare a un duplice requisito: deve essere escluso che si verifichino situazioni "anche solo potenzialmente pregiudizievoli per l'immagine di imparzialità del magistrato" e deve sussistere la condizione della sussistenza di un "effettivo ed obbiettivo interesse pubblico all'espletamento dell'incarico. Significa che non sarà sufficiente l'interesse del singolo a svolgere un'attività formativa o di studio o di ricerca, ma, in concreto, tale attività dovrà essere idonea ad avere ricadute positive sulla giurisdizione o su un altro primario interesse pubblico. Pertanto è stata prevista - oltre alla documentazione richiesta in via ordinaria ed al parere del Consiglio Giudiziario - l'allegazione di specifica documentazione (statuto o atto costitutivo del soggetto conferente; relazione sugli obbiettivi perseguiti dal privato con l'incarico conferito; articolata dichiarazione del magistrato sui rapporti con il soggetto conferente l'incarico, suoi dipendenti ed associati) ed è stato rafforzato e precisato il contenuto del parere del dirigente dell'ufficio.

È stato, invece, ribadito e precisato il divieto a partecipare, a qualsiasi titolo (quale organizzatore o partecipe nella gestione economica, organizzativa e scientifica, nonché quale docente) all'attività delle scuole private di preparazione a concorsi o esami per l'accesso alle magistrature e alle altre professioni legali: attività già gestita e organizzata da soggetti istituzionali (da cui la necessaria preferenza per questi ultimi) e che per i privati risponde ad esigenze e obbiettivi di natura economica ed imprenditoriale, oggettivamente inconciliabili con lo svolgimento delle funzioni giurisdizionali.

Al Capo 16, con riguardo agli incarichi sportivi - seguendo le indicazioni del plenum nella seduta del 15.6.2006 - sono state affrontate le problematiche afferenti alle discipline dilettantistiche.

Infatti il Consiglio, con la delibera citata, aveva lasciato da approfondire il tema dell'autorizzabilità in relazione ad attività sportive dilettantistiche, specie se l'incarico tendesse a configurarsi come esplicazione di attività meramente ricreativa. Ci si riferisce, ovviamente, ai soli incarichi di giustizia sportiva, perché le federazioni sportive hanno "natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato" e "sono soggette, per quanto non espressamente previsto nel presente decreto, alla disciplina del codice civile e delle relative disposizioni di attuazione" (art.15 comma 2 D.Lgs. 23.7.1999, n. 242), con conseguente applicazione - con riguardo ad altre tipologie di incarico - del Capo 15. Quanto al CONI, pur essendo un ente con personalità giuridica di diritto pubblico, non è un organo costituzionale, né un'Autorità indipendente o un ente pubblico funzionale all'attuazione di primari valori costituzionali; pertanto, gli incarichi conferiti, in assenza di una specifica disciplina, rientravano nella disciplina generale di cui al Capo 13.

Il Consiglio aveva già progressivamente ridotto la possibilità per i magistrati di accedere ad incarichi di giustizia sportiva, passando dalla previsione originaria della circolare del 1987 secondo cui erano semplicemente "soggetti ad autorizzazione" alla fissazione nel 1994 di un numero massimo di magistrati autorizzabili ed alla contestuale esclusione dell'ammissibilità di incarichi diversi da quelli attinenti alla giustizia sportiva, introducendo nel 1996 e nel 1997 il divieto di incarichi requirenti ed inquirenti, per giungere a stabilire la necessità di una nuova disciplina in linea con la legge 17.10.2003 n. 280.

Come è noto, erano state le gravi vicende emerse nel settore del gioco del calcio - che avevano anche richiesto l'interessamento degli organi della giustizia ordinaria - a rafforzare l'esigenza, già avvertita, di evitare pericoli di appannamento dell'immagine dei valori di indipendenza ed imparzialità, sia con riferimento ai singoli magistrati beneficiari di incarichi sportivi, sia, più in generale, con riferimento all'Ordine giudiziario nel suo complesso.

Nel valutare i profili coinvolti, si è rilevato che le attività c.d. dilettantistiche pongono, in termini generali, le stesse problematiche già esaminate e risolte negativamente, escludendo che lo svolgimento di un incarico di giustizia sportiva possa, in qualunque caso, ricondursi alla nozione di attività ricreativa, per definizione fuori dalla necessità di una verifica da parte del Consiglio sulla compatibilità con lo svolgimento delle funzioni giurisdizionali.

Pertanto, tutti gli incarichi di giustizia sportiva - conferiti dal Coni, dalle società e dalle associazioni sportive affiliate alle Federazioni sportive riconosciute dal Coni - non sono suscettibili di autorizzazione, mentre restano consentite le sole attività ricreative, libere in quanto espressione delle libertà fondamentali.

L'ultima novità è stata introdotta col Capo 22 bis, con una disposizione mirata ad impedire una utilizzazione impropria degli incarichi extragiudiziari svolti dai magistrati, per evitare che queste attività acquistino una rilevanza diretta sotto il profilo della valutazione attitudinale e del giudizio di professionalità. L'incarico extragiudiziario infatti - soprattutto nella prospettiva della rotazione degli incarichi tra i magistrati - può essere indubbiamente utile per arricchire la cultura del magistrato e, soprattutto quando si tratta di attività d'insegnamento, della stessa giurisdizione; ma non può tradursi in un titolo preferenziale o privilegiato per la valutazione della professionalità, che deve restare ancorata alle modalità di svolgimento delle funzioni giurisdizionali.

4. Le procedure per gli incarichi direttivi dopo la sentenza della Corte Costituzionale.

Il plenum del 25 luglio ha approvato con 16 voti favorevoli (Md, Unicost, Movimento, i consiglieri Bergamo,  Saponara, Tinelli,  il procuratore Generale Delli Priscoli ed il presidente Carbone) e 7 voti contrari ( MI, i consiglieri Volpi, Siniscalchi ed Anedda ed il vicepresidente Mancino) -astenuto Pepino- la proposta che  prevede la non riapertura dei termini dei concorsi per i posti direttivi già pubblicati[1].

Tale soluzione trova conforto in una ampia giurisprudenza amministrativa e si lascia apprezzare sotto il profilo della opportunità, dato che, stante il numero delle procedure coinvolte, in caso di una completa rinnovazione delle procedure concorsuali,  l'attività del consiglio dovrebbe arrestarsi per molti mesi per dar corso ad una imponente attività istruttoria, con lesione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione.

Una decisione quindi quella adottata a maggioranza che si muove sul binario dell'interesse della  amministrazione della giustizia ad una pronta copertura dei posti direttivi, che diversamente resterebbero vacanti per oltre un anno.

5. Conferimenti di incarichi direttivi e semidirettivi.

 

Sono stati conferiti all'unanimità i seguenti incarichi direttivi e semidirettivi:

 

- Presidente di sezione della Corte d'Appello di Cagliari al dott. Michele Jacono, presidente di sezione del Tribunale di Cagliari;

- Presidente di sezione della Corte d'Appello di Potenza al dott. Tommaso Nicola De Angelis, consigliere presso la stessa Corte;

- Presidente di sezione del tribunale di Messina alla dott.ssa Marina Moleti, consigliere della Corte d'Appello di Messina;

- Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata al dott. Raffaele Marino, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli.

 

6. Nomine semidirettivi a maggioranza: Presidente di Sezione della Corte d'Appello di Genova e Procuratore aggiunto di Roma.

6.1  La prima  delibera a maggioranza riguarda la nomina a presidente di sezione della Corte di Appello di Genova di Marco Devoto (già componente, seppur per pochi mesi, dello scorso Consiglio superiore), avvenuta con i voti di Unicost, Mi e dei laici di destra (ad eccezione di Anedda) e con il decisivo apporto  di due voti dei laici di centro sinistra (Siniscalchi e Vacca). La  nomina è particolarmente rilevante, non per le doti del collega Devoto (su cui non v'è stata discussione, avendole noi fin dall'inizio della trattazione della pratica in commissione riconosciute ed apprezzate), ma per le clamorose e consapevoli violazioni di legge che l'hanno determinata. In primo luogo, infatti, Devoto aveva richiesto tale incarico direttivo prima di essere nominato componente del C.S.M. in sostituzione di Tenaglia e il suo successivo collocamento fuori ruolo comportava, per disposizione di circolare e per prassi costante, la decadenza della domanda. Ma c'era ben di più. Come noto, infatti, in forza dell'art. 13 della legge n. 44/2002, prima che siano trascorsi due anni dal giorno in cui ha cessato di far parte del Csm, il magistrato non può essere nominato ad ufficio direttivo o semidirettivo diverso da quello eventualmente ricoperto prima dell'elezione. Orbene, i sostenitori della nomina di Devoto hanno affermato, con tranquilla leggerezza, che, là dove è scritto "non può", deve, nel caso specifico, leggersi, in via interpretativa, "può". A sostegno di questa brillante tesi giuridica si è detto tutto e il contrario di tutto. Si è evocato nientemeno che l'istituto dell'equità nel diritto romano; si è detto che il divieto vale solo per i consiglieri eletti in origine (ovviamente senza indicare in forza di quale supporto normativo); si è aggiunto che la legge n. 44/2002 è incostituzionale e, dunque, va disapplicata (fingendo di ignorare che ciò vale in presenza di una pluralità di interpretazioni possibili mentre, in assenza di tale situazione, non v'è alternativa al giudizio della Corte Costituzionale attivato dall'interessato nelle sedi proprie); si è invocata una pretesa ratio della norma secondo cui il divieto in parola sarebbe determinato dall'intento di evitare che i consiglieri uscenti prendano interessi privati in atti di ufficio manovrando in modo tale da autoassegnarsi incarichi direttivi (sic!), cosa impossibile per Devoto che aveva presentato la domanda prima di essere nominato in Consiglio... A questo illimitato esercizio di fantasia abbiamo provato - noi modestamente e il costituzionalista Volpi con ben maggiore autorevolezza - a opporre i principi più elementari del diritto costituzionale. Ma tutto è stato inutile. Resta un interrogativo: l'alta professionalità del collega Devoto non meritava  una nomina con un iter più lineare?.

6.2 La seconda nomina a maggioranza  riguarda la copertura dei tre posti di aggiunto della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, che ha visto, nel dibattito plenario svoltosi su tre proposte, la prevalenza di quella che indicava nella terna i nominativi di G.Capaldo, F. Ionta e N. Rossi e che ha ricevuto i voti di MD, Unicost, dei laici Siniscalchi, Vacca e Volpi e del Vicepresidente Mancino. Astenuto il Procuratore generale Delli Priscoli. Con questa nomina si è definita  la copertura dei ruoli semidirettivi della Procura di Roma iniziata con la nomina, sempre a maggioranza,  del collega F. Laviani.

Fin dalla prima delibera, trattandosi per lo più di aspiranti la cui domanda era  presente in entrambi i bandi del luglio 2005 e del novembre 2007, si è effettuata una valutazione comparativa complessiva, che, attraverso una precisa differenziazione nell'attribuzione del punteggio a tutti gli aspiranti, ha consentito di evidenziare, già in quella prima deliberazione  e fatta salva la valutazione di coloro che hanno presentato domanda solo nel bando del 2007,  un quadro di figure professionali più idonee per attitudine e merito a ricoprire la funzione semidirettiva dell'ufficio di procura più grande del paese. Con le due delibere approvate a maggioranza a distanza di pochissimo tempo, si è individuata e descritta "una squadra" composta da plurimi profili professionali, tra loro diversi e complementari, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare ed eventualmente a particolari profili ambientali. Una delibera che si lascia particolarmente apprezzare perché l'anzianità è veramente diventata solo requisito di legittimazione, e perché sono stati individuati colleghi  che, oltre a possedere una conoscenza specifica dell'ufficio romano, possiedono elevate competenze professionali, per tutti riscontrate in termini di eccellenza.  Solo la proposta approvata a maggioranza  nella sua interezza (non essendo possibile il voto separato sui singoli nominativi proposti), racchiude, rispetto alle altre due proposte, profili professionali particolarmente positivi.

7. I principi guida della circolare sulle tabelle 2008-2009.

Il 25 luglio è stata approvata (con l'astensione dei colleghi di M.I.) la risoluzione generale in tema di organizzazione degli uffici giudiziari.

Si tratta di una delibera importante, approvata  all'esito di un anno di attività della settima commissione, grazie all'impegno profuso, in particolare,  da Ezia Maccora, Francesco Mannino e Tina Tinelli, con l' insostituibile e preziosa collaborazione di Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Un lavoro di squadra,  maturato anche grazie alle sollecitazioni avute negli incontri della Settima  Commissione con i magistrati rappresentanti delle Commissioni Flussi Distrettuali, con i Referenti Distrettuali per l'Informatica e con i Direttori della Direzione Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati e della Direzione Generale delle Statistiche del Ministero della Giustizia.

La risoluzione si muove verso due obiettivi politici: ridurre i tempi di definizione ed esame delle proposte tabellari e valorizzare le scelte organizzative secondo parametri di efficienza e funzionalità.  In questa prospettiva  il momento tabellare è costituito dal "progetto organizzativo" predisposto dal dirigente dell'ufficio all'esito di una procedura partecipativa e  sulla base dei dati statistici forniti  dalla commissione flussi, che si pone come struttura di servizio anche rispetto ai dirigenti.

Maggiore elasticità delle scelte organizzative operate dal dirigente - adattate alle diverse realtà territoriali - ed un rafforzamento della disposizioni e della procedura -con tempi più congrui- che riguardano la concreta attuazione del principio del giudice naturale.   Istituzione della struttura tecnica per l'organizzazione coordinata e diretta dalla Settima commissione per supportare le scelte consiliari volte a diffondere e favorire un'adeguata cultura dell'organizzazione.

Una buona base di lavoro, che dovrà essere attuata e precisata il prossimo anno, anche alla luce di un più stabile quadro normativo.

8. la circolare sulle tabelle delle procure della Repubblica.

 

Nell'incertezza del quadro normativo, il Consiglio è intervenuto sul tema dell'organizzazione degli uffici di Procura, con  una  risoluzione approvata all'unanimità nel plenum del 12 luglio 2007 (con il voto di astensione del Vicepresidente Mancino e dei consiglieri Anedda e Bergamo), rimandando ad un intervento successivo l'elaborazione di una normativa  secondaria più puntuale.

Il Consiglio, quale vertice organizzativo dell'ordine giudiziario e come tale  titolare di  poteri di indirizzo nei confronti dei dirigenti le Procure, ha scelto di indicare immediatamente alcune linee guida per l'organizzazione degli uffici di procura, attuando i principi costituzionali riferiti alla figura del Pubblico Ministero. Linee guida che attengono al metodo ed al merito  delle decisioni organizzative del Procuratore e che individuano, da un lato delle regole di comportamento che delimitano e definiscono i poteri più delicati del Procuratore (assegnazione e revoca degli affari) e precisano il rapporto che deve intercorrere tra il dirigente ed i sostituti, dall'altro evidenziano alcuni snodi organizzativi che costituiranno i binari per una prima valutazione, da parte dell'organo di autogoverno, delle proposte dei procuratori, a cui si riconosce una necessaria flessibilità. Viene, invece, riservato ad una futura delibera un più articolato intervento, sulla base non solo di eventuali novità legislative, ma anche di future decisioni del consiglio su specifici quesiti formulati da procuratori e sostituti.

Tutta da scoprire ed attuare la  scelta degli strumenti necessari per rendere esigibili i contenuti individuati nelle linee guida: cioè il riferimento, presente nella risoluzione, alle valutazioni   sui dirigenti ed alle procedure di rinnovo degli incarichi direttivi. Proprio su questo punto, grazie alla prospettiva della temporaneità degli incarichi direttivi, nel prossimo futuro, il Consiglio dovrà impegnare  le sue migliori risorse  per realizzare  una lettura costituzionalmente orientata del decreto legislativo sugli uffici requirenti, ispirata all' imparzialita', alla trasparenza ed al buon andamento della pubblica amministrazione di cui all'art. 97 Cost.

 

9. Lo statuto dell'istituenda Rete dei  Comitati per le Pari Opportunità.

Il 19 luglio, dopo l'approvazione del plenum, il Vice Presidente del C.S.M., avv. Nicola Mancino ha sottoscritto ufficialmente lo statuto dell'istituenda Rete dei Comitati per le Pari Opportunità tra i membri fondatori, così sancendo formalmente la nascita e la struttura organizzativa del nuovo ente.

L'auspicio è quello di importanti riflessi sia sul piano nazionale che internazionale con l'adozione di azioni positive, volte a dare impulso all'attuazione dei principi in tema di parità e di esclusione di ogni forma di discriminazione ed a cercare di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la piena realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne; la creazione di una Rete può essere lo strumento al quale attribuire forza complessiva nella predisposizione di soluzioni di genere e ad armonizzare l'azione nel settore giudiziario.

 

10. Tirocini formativi successivi al conseguimento della laurea presso gli uffici giudiziari.

Il 19 luglio il Consiglio ha approvato una delibera in cui ribadisce l'orientamento favorevole allo svolgimento presso gli uffici giudiziari dell'espletamento di tirocini e di stages formativi successivi al conseguimento della laurea anche equiparati allo svolgimento del praticantato della professione di avvocato presso gli uffici giudiziari giudicanti e requirenti.

Si consiglia di adottare una disciplina di quest'attività attraverso un protocollo didattico-organizzativo unitario che renda compatibili le esigenze sottese allo svolgimento delle due funzioni, giudiziaria e formativa, e che sia a tal fine redatto dai rappresentanti dei rispettivi enti, tenendo presenti i vincoli giuridici che comunque presiedono all'espletamento dell'attività giudiziaria, ma anche le possibili aperture che in questa si possono forse consentire per verificare una legittima deroga alla disciplina ordinaria.

Vengono individuati limiti soggettivi: i destinatari delle convenzioni possono essere solo i praticanti avvocati e gli specializzandi che frequentano le scuole post-universitarie relative alle professioni legali; costoro devono inoltre aver svolto un periodo di almeno sei mesi di pratica presso gli studi legali ovvero la frequenza delle Scuole di specializzazione delle professioni legali.

Ancora, il tirocinante, durante lo svolgimento dello stage, dovrà essere esclusivamente dedito a tale attività.

Inoltre, si dovrà prevedere una specifica forma d'incompatibilità dello studio legale di appartenenza del praticante rispetto al giudice o alla sezione presso il quale il tirocinante svolge lo stage onde garantire la terzietà ed imparzialità anche apparente del medesimo ufficio quanto meno per tutta la durata del tirocinio.

Limiti oggettivi sono invece individuati dal rispetto delle norme processuali che impongono che gli atti giudiziari siano coperti dal segreto ovvero siano riservati; pertanto, i tirocinanti potranno partecipare alle attività processuali che si svolgano nelle udienze di discussione delle cause civili e nelle udienze dibattimentali penali, anche se la partecipazione potrà comunque riguardare anche udienze non pubbliche laddove vi sia il consenso delle parti processuali.

Dovrà essere previsto un tutor (da scegliere tra gli avvocati, se il tirocinante è un praticante avvocato, oppure anche da un magistrato o un professore per gli specializzandi delle Scuole di specializzazione per le professioni legali) da coinvolgere nel progetto formativo quale riferimento didattico-organizzativo e destinatario della relazione sul tirocinio.

E' obbligatorio trasmettere al C.S.M. copia delle convenzioni predisposte dai dirigenti degli uffici giudiziari aventi ad oggetto lo svolgimento dell'attività formativa dei tirocinanti.

 

11.Vice procuratori onorari ed aspettativa obbligatoria per maternità.

Il Consiglio ha approvato il 19 luglio una delibera con la quale ha ritenuto applicabile ai Vice procuratori onorari di sesso femminile gli artt.16 e 20 del D.Lgs.151/2001, che stabiliscono rispettivamente il divieto di adibire al lavoro le donne nei due mesi antecedenti il parto e nei tre mesi ad esso successivi e la possibilità di adottare la flessibilità del lavoro nel primo mese di aspettativa obbligatoria.

Pertanto, nell'anzidetto periodo i VPO di sesso femminile hanno il diritto di astenersi dallo svolgere le funzioni giudiziarie cui corrisponde il divieto dei procuratori della Repubblica di adibire allo svolgimento delle funzioni giudiziari i VPO, pure nel caso in cui gli stessi non intendano avvalersi dell'aspettativa.

Questa delibera fa il paio con quella del 27-7-2006, che riconobbe lo stesso diritto e lo stesso divieto per i dirigenti degli uffici ai giudici di pace.
La delibera, pur riferita ai VPO, sembra inevitabilmente applicabile anche ai GOT.     

 

 

12. Il programma per il 2008 della formazione.

La IX commissione ha varato il programma dei corsi per il 2008. Forse sarà l'ultimo anno della formazione gestita dal Consiglio, la scuola che verrà speriamo faccia tesoro di una esperienza assai ricca ed articolata, sia pure non esente da ombre e lacune. Certo le modifiche introdotte all'ultimo tuffo nella legge Mastella aumentano le ragioni di preoccupazione che il Consiglio aveva già espresso nel parere sul disegno di legge. E' stata ripristinata l'esclusività delle competenze della scuola per tutta la formazione, ipotecando pesantemente l'esperienza della formazione decentrata - che è più strettamente collegata al circuito dell'autogoverno locale - e sono state rafforzate le prerogative del ministero, ignorando i richiami e gli allarmi che non erano venuti solo dal Consiglio superiore. La grande novità degli ultimi anni, che è stata quella dell'apertura dell'esperienza di formazione alla dimensione europea attraverso l'attività della Rete Europea (EJTN) sembra ora dover dipendere da valutazioni impropriamente riservate all'esecutivo, mentre la architettura della struttura di formazione dovrà dimostrare alla prova dei fatti di essere in grado di garantire quella autonomia e quel pluralismo che la formazione consiliare, certo pagando prezzi non piccoli alle pressioni di alcuni gruppi, ha bene o male costruito nel tempo.

L'offerta formativa per il 2008, sia per quantità che per contenuti (come è possibile verificare consultando il sito del Consiglio), costituisce il risultato di uno sforzo notevole e, crediamo, positivo. Alla fine di un anno di attività possiamo dire con serenità di aver fatto ogni possibile sforzo per restituire autonomia e autorevolezza al Comitato scientifico e per affidare a criteri strettamente qualitativi la designazione dei formatori decentrati, ma non ci possiamo nascondere che dietro lo schermo del pluralismo il peggior correntismo è sempre in agguato. Ed il correntismo non è solo cordata clientelare, che si traduce a volte in una mortificante schermaglia sui nomi, ma è anche proposizione di modelli contrapposti di formazione e di magistrati.  La decisione assunta in commissione di non replicare per quest'anno il corso sulla magistratura nel cinema e nella letteratura è abbastanza esemplificativa di due diverse visioni: la formazione come diligente aggiornamento delle conoscenze tecniche, totalmente autoreferenziale e culturalmente timida ed invece una formazione sensibile alla interdisciplinarietà, aperta al punto di vista esterno, culturalmente curiosa. Ai due modelli formativi  corrispondono due modelli diversi di magistrato che si distinguono non per il loro grado di preparazione (auspicabilmente alto in tutti e due i casi), ma per il respiro della loro dimensione culturale, che è elemento essenziale della consapevole autonomia del giudice. Non a caso una discussione assai simile ed un'analoga contrapposizione di modelli si è ripetuta quando si è dovuto discutere la nuova circolare sugli incarichi extra-giudiziari, dove molti cercavano di affermare l'idea del giudice come di un diligente burocrate.

Per non spaccare la commissione ed il plenum non abbiamo radicalizzato lo scontro sul singolo corso, cosa che non avrebbe giovato alla formazione e alla fine sarebbe stato riduttivo, ma abbiamo affermato il principio che in ciascun corso bisognerà cogliere l'occasione di una riflessione sul modo in cui l'intervento della giurisdizione è percepito o sollecitato dal contesto nel quale opera. 

13. Le nomine alla Segreteria ed all'Ufficio studi del Consiglio.

Nella seduta del 18 luglio sono stati nominati tre nuovi magistrati segretari del C.S.M.

Sono le dott.sse Maria Rosaria Guglielmi e Matilde Brancaccio, rispettivamente sostituti procuratori della Repubblica a Terni e Napoli, ed il dott. Giuseppe Marra, giudice del Tribunale di Torino; questi magistrati sostituiscono i dott.ri Angelo Caputo, Giuseppe Fuochi Tinarelli e Gianluigi Pratola, trasferiti al massimario della Corte di Cassazione.

All'Ufficio studi è stata nominata la dott.ssa Roberta Zizanovich, giudice del Tribunale di Vallo della Lucania, che sostituisce il dott. Fulvio Baldi, trasferito al massimario della Corte di Cassazione.

 

Dalle commissioni:

1. Proposta di nomina per incarichi semidirettivi e direttivi.

 

La Quinta commissione ha proposto all'unanimità di conferire i seguenti incarichi direttivi e semidirettivi:

 

- Presidente di sezione della Corte d'Appello di Torino (due posti) ai dott.ri Mario Griffey e Maria Bonadies, rispettivamente presidente di sezione del Tribunale di Torino e consigliere della Corte d'Appello di Torino;

- Presidente di sezione della Corte d'Appello di Genova alla dott.ssa Maria Rosaria D'Angelo, consigliere presso la stessa Corte;

- Presidente di sezione della Corte d'Appello di Reggio Calabria al dott. Fortunato Lorenzo Amodeo, consiglierete presso la stessa Corte;

- Presidente della sezione lavoro della Corte d'Appello di Salerno al dott. Vincenzo Vignes, consigliere presso la stessa sezione della Corte;

- Presidente di sezione del Tribunale di Napoli (6 posti) ai dott.ri Anna Maria Canale, Maria Rosaria Cosentino, Lucio Della Ragione, Clemente Minisci, Bruno Schisano e Vincenza Taglierini, la decisione è stata presa a seguito di riesame per annullamento da parte del Consiglio di Stato;

- Presidente di sezione del Tribunale di Matera al dott. Lanfranco Vetrone, consigliere della Corte d'Appello di Potenza;

- Avvocato generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Catania al dott. Vincenzo D'Agata, Procuratore della Repubblica aggiunto del Tribunale di Catania.

Per un posto di Presidente di sezione del Tribunale di Udine sono stati proposti la dott.ssa Marina Job (Berruti, Petralia e Siniscalchi), giudice presso lo stesso tribunale, ed il dott. Oliviero Drigani (Maccora e Patrono), consigliere della Corte d'Appello di Trieste.

Per un posto di Presidente di sezione della Corte d'Appello di Venezia (dopo la revoca del dott. Lippiello) sono stati proposti il dott. Enricomaria Garbellotto (Berruti, Maccora, Petraia e Siniscalchi), consigliere della Corte d'Appello di Venezia, ed il dott. Angelo

Domenico De Palma (Patrono); contrario Bergamo.

Per un posto di Presidente di sezione della Corte d'Appello di Taranto sono stati proposti il dott. Antonio Marsano (Berruti, Maccora, Saponara e Siniscalchi), consigliere presso la stessa Corte, ed il dott. Pio Guarna (Ferri e Petralia), giudice del Tribunale di Taranto,. 

 

 

2. Aggiornamento delle attività della V Commissione.

2.1 La V commissione ha approvato un importante ordine del giorno, evidenziando gravi problemi di funzionalità per l'attività del prossimo anno, a seguito della  disciplina transitoria della temporaneità degli incarichi di direzione che così come formulata rischia di paralizzare l'attività del CSM creando gravi difficoltà alla gestione degli uffici.

Infatti il quarto comma dell'articolo 6 del disegno di legge n. 1447 contenente "Modifiche alle norme sull'ordinamento giudiziario", nel testo approvato prevede una disposizione transitoria in base alla quale il Consiglio Superiore della Magistratura dovrebbe sostituire entro il centottantesimo giorno dalla sua approvazione tutti i magistrati che a quella data siano titolari di uffici direttivi o semidirettivi da almeno otto anni.

I  magistrati in tale situazione saranno complessivamente  334 (143 magistrati con funzioni direttive e 191 con funzioni semidirettive) alla data del 31 gennaio 2008.  E' evidente che la previsione di fattibilità di un intervento di sostituzione contestuale di un numero tanto ingente di magistrati negli uffici anzidetti è assolutamente negativa, poiché, un tale impegno non potrà essere smaltito in un ordine di tempo  ragionevole e compatibile con l' esigenza di garantire la funzionalità degli uffici, considerando che il Consiglio definisce in un anno circa 100 incarichi e pur ipotizzando un incremento della attività consiliare. Tutto ciò, peraltro, in contesto globale nel quale il C. S. M. sarà anche onerato dalla necessità di dare applicazione alla recente sentenza n. 245/2007  della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme che fissavano in 66 e 68 anni il limite massimo di età per accedere rispettivamente agli incarichi direttivi di merito e di legittimità.

Più adeguata sarebbe stata  la norma transitoria prevista  nel testo originale del disegno di legge, che prevedeva  uno scaglionamento quanto mai opportuno per la sostituzione dei dirigenti, così da evitare che il C.S.M. dovesse provvedere ad un numero di nomine contestuali esorbitante le sue concrete possibilità di smaltimento in tempi ragionevoli.

In tale situazione la V commissione ha ritenuto  doveroso segnalare al Ministro  gli inconvenienti di enorme portata all'amministrazione della giustizia che deriverebbero dall'applicazione della disposizione transitoria nel testo approvato dalla Commissione Giustizia del Senato, che, per le ragioni esposte, provocherebbe la scopertura di un gran numero di incarichi direttivi e semidirettivi per lunghissimi periodi di tempo, auspicando che possano invece trovare accesso in sede legislativa soluzioni di diverso tenore, sulla falsariga di quella già ricordata presente nel testo originario del disegno di legge. Una segnalazione non raccolta in sede di approvazione definitiva del nuovo testo dell'ordinamento giudiziario.

2.2 A seguito della delibera approvata dal plenum nella seduta del 25 luglio 2007, la struttura amministrativa della V commissione ha iniziato ad attuare un dettagliato  programma di lavoro,  accertando  i nominativi dei magistrati che hanno presentato domanda per un incarico direttivo pur non essendo legittimati, che sono stati nominativamente identificati e che  sono pari a 160. Per tali soggetti verrà verificata l'esistenza di un parere attitudinale specifico emesso nell'ultimo trienno, e solo nel  caso in cui se ne  riscontri l'assenza, verrà inviata  apposita richiesta ai competenti Consigli Giudiziari che dovranno provvedere entro e non oltre il 15 novembre.

E' stato altresì accertato che una percentuale apprezzabile delle complessive 75 procedure pendenti (circa il  20% avuto riguardo esclusivamente ai 45 posti rispetto ai quali è esaurita l'attività istruttoria preliminare) non registra alcun aspirante che rientri nelle condizioni già previste dall'art. 2, comma 45 citato e conseguentemente già nel mese di settembre, alla ripresa dell'attività, la Commissione procederà alla trattazione delle suddette procedure per pervenire alle nomine .

3.2 Nel mese di luglio è proseguita l'attività della commissione, che non potendo trattare le procedure relative agli incarichi direttivi, ha proseguito la valutazione degli incarichi semidirettivi esaurendo tutti i posti pubblicati con il bando del febbraio-marzo 2006, ad eccezione di cinque posti, per i quali è stata in parte disposta attività istruttoria. Rimangono da esaminare le procedure relative alle pubblicazione del novembre -dicembre 2006 (39) in parte ancora in fase istruttoria, e quelle deliberate  il 30 maggio relativamente a  27 uffici semidirettivi.

E' stato nominato il Primo Presidente della Corte di Cassazione.

 



 


 

[1] "Organizzazione del lavoro in tema di limiti di età per gli incarichi direttivi a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 254/07 (relatore: dott. Maccora)

Il Consiglio,

vista la sentenza della Corte Costituzionale n.245/2007 del 20.6.2007, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 45, della legge n.150/2005 e dell'art. 3 del decreto legislativo n.20 del 2006, nella parte in cui non prevedono che alle procedure di selezione per il conferimento degli incarichi direttivi di uffici giudiziari di primo e di secondo grado possano partecipare i magistrati che, per avere esercitato il diritto al prolungamento del servizio ex art. 16 del d.lgs n.503 del 1992, e così assicurino, comunque, la permanenza per almeno quattro anni nell'incarico,

che il giudizio di illegittimità è stata esteso - ai sensi dell'art. 27 della legge n.87/1953 - alla omologa previsione relativa agli incarichi direttivi di legittimità, rispetto ai quali, pertanto, diviene necessario e sufficiente che assicurino, comunque, la permanenza per almeno due anni nell'incarico,

considerato che la declaratoria riguarda tutto il periodo transitorio della legge n.150/2005 e coinvolge i concorsi definiti o pubblicati successivamente al 30 luglio 2005,

che, in relazione agli effetti indotti sulle procedure concorsuali pendenti, ritiene opportuno attenersi agli indirizzi interpretativi ed operativi seguenti,

osserva

1. La sentenza della Corte Costituzionale è intervenuta sulla disposizione che, con riguardo al conferimento degli uffici direttivi, limitava la legittimazione, rispettivamente, al compimento del 66° anno di età (uffici direttivi di primo e secondo grado) ovvero al 68° anno di età (uffici direttivi di legittimità).

Per effetto della pronuncia, la legittimazione a partecipare ai concorsi si colloca - per i primi - fino ad un massimo di 71 anni e, per i secondi, fino ad un massimo di 73 anni. Tale indicazione, invero, ha un carattere mobile in quanto collegata all'istanza del magistrato (accolta dal Consiglio) di prolungamento (al 72° ovvero al 75°) del rapporto di servizio.

2. Appare necessario, in primo luogo, evidenziare lo stato di fatto su cui la pronuncia della Corte Costituzionale è idonea ad incidere.

2.1. Una prima delimitazione discende direttamente dal carattere e dall'efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale dichiarative dell'illegittimità costituzionale di una norma: la pronuncia, infatti, svolge i suoi effetti con efficacia ex tunc ma questi - come riconosciuto anche dalla costante giurisprudenza amministrativa - non si estendono alle c.d. situazioni definite.

Ciò significa che restano escluse:

a)                        le procedure concorsuali esaurite con provvedimento non impugnato e non più impugnabile davanti al giudice amministrativo;

b)                        le procedure concorsuali oggetto di contenzioso, definito con pronuncia divenuta irrevocabile.

2.2. Le situazioni suscettibili di esame da parte della V Commissione e del Consiglio sono, pertanto, in primis, le procedure pendenti.

Allo stato risultano pendenti 83 procedure concorsuali delle quali:

-                        1 procedura riguarda un posto pubblicato nel 2002 (PR Terni) ed al riesame del Consiglio a seguito di decisione del giudice amministrativo;

-                        2 procedure riguardano uffici direttivi di legittimità apicali, in quanto tali non assoggettati alla disciplina di cui all'art. 2, comma 45 della legge 150/2005;

-                        5 procedure sono di recente pubblicazione con termini per la presentazione della domanda successivi alla pronuncia ed anche alla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale

Tutte queste procedure, pertanto, sono escluse dagli effetti della citata sentenza.

Con riguardo alle restanti 75 procedure pendenti va evidenziato:

-                        per 15 uffici la Commissione ha formulato una o più proposte;

-                        altri 30 uffici sono già stati compiutamente istruiti e sono iscritti all'O.d.G. di Commissione;

-                        per i residui 30 uffici i termini per la presentazione della domanda sono scaduti.

Occorre evidenziare, infine, che tutte le procedure attualmente pendenti sono relative a vacanze successive (e pubblicate successivamente) all'entrata in vigore della legge 150/2005. Le problematiche, pertanto, sono comuni.

2.3. In ordine ai contenziosi pendenti, la ricognizione effettuata ha evidenziato solo 12 contenziosi specifici (nei quali è stata formalmente dedotta, quale motivo di impugnazione, la questione di legittimità costituzionale), relativi al conferimento di 7 uffici direttivi.

Si tratta, peraltro, di una situazione variegata, venendo in considerazione impugnazioni relative vuoi a pubblicazioni anteriori all'entrata in vigore dell'art. 2 comma 45 legge 150/2005, vuoi a successive.

2.4. Con riguardo, infine, all'esercizio del diritto al prolungamento del servizio ex art. 16 del d.lgs n.503 del 1992 va evidenziato che le circolari consiliari in materia riconoscono un interesse all'esercizio della facoltà di permanere in servizio oltre il settantesimo anno solo dopo il compimento del sessantottesimo anno di età.

Nelle ipotesi in cui tale facoltà sia esercitata anteriormente al 68° anno il Consiglio, invece, si limita a prendere atto dell'istanza senza adottare le ulteriori statuizioni, che restano riservate ad un momento successivo.

3. La Commissione ha ampiamente dibattuto sulle diverse problematiche conseguenti alla sentenza della Corte Costituzionale. L'esame, peraltro, ha coinvolto, principalmente, l'individuazione delle modalità da adottare per l'ulteriore trattazione delle procedure pendenti.

È indubbio, infatti, che tutte le procedure - sopra indicate - sono direttamente investite dalla declaratoria di illegittimità. Ciò non toglie, peraltro, che gli spazi di intervento del Consiglio - anche alla luce degli orientamenti della giurisprudenza amministrativa - si possono articolare secondo modalità differenti.

Occorre osservare, peraltro, che, sebbene sia prefigurabile anche una soluzione tesa a riaprire i termini dei concorsi (in una prospettiva di salvaguardia delle posizioni di coloro che, a fronte del limite normativo, non avevano presentato domanda nel singolo concorso), in relazione alla situazione concreta, si può escludere non solo la doverosità, ma, anzi, la stessa opportunità di una simile scelta.

Questa soluzione, invero, trova innanzitutto conforto - sul piano della legittimità - in una ampia giurisprudenza amministrativa che ha ritenuto non necessaria la riapertura dei termini dei concorsi in relazione agli effetti di pronunce della Corte Costituzionale ed ha valutato come legittimo l'operato della Pubblica Amministrazione.

Il giudice amministrativo, infatti, ha sottolineato che "il vizio di legittimità costituzionale non ancora dichiarato dal Giudice delle leggi non determina un impedimento legale all'esercizio del diritto disconosciuto illegittimamente dalla norma viziata, ma pone in essere una difficoltà di fatto, che fa sorgere nell'interessato l'onere giuridico di porre in essere gli strumenti di reazione offerti dall'ordinamento per la tutela della situazione soggettiva lesa". Ne consegue, pertanto, che era, tra l'altro, onere dell'interessato presentare tempestiva "domanda di partecipazione al bando" così da porre in essere i presupposti idonei a rimuovere l'ostacolo di fatto alla sua valutazione (v. Cons. di Stato n.1387/1999; in termini vedi anche Cons. di Stato n.1591/1997, Cons. di Stato n.99/1997; Cons. di Stato n.6691/2002; specifica con riguardo all'espletamento di bando di concorso vedi TAR Lazio, sez. III bis, 3 maggio 2004).

In altri termini, l'interesse di coloro che avrebbero potuto proporre domanda ma non lo hanno fatto in quanto non legittimati si qualifica come interesse di mero fatto, inidoneo a far ritenere dovuto un provvedimento di riapertura dei termini e/o di rimessione in termini.

Con riguardo a situazioni in parte analoghe - in quanto conseguenti all'adozione di provvedimenti legislativi immediatamente operanti ed incidenti, in senso non solo restrittivo ma anche estensivo, sulle condizioni di età di legittimazione per la nomina ad uffici direttivi (le modifiche del 1991 e del 1998 sul periodo di legittimazione ex art. 194 O.G.; le modifiche del 1992 e del 2002 sull'età pensionabile; la stessa introduzione dell'art. 2, comma 45) - il Consiglio Superiore, del resto, si è sempre limitato a procedere all'applicazione de plano delle nuove disposizioni, senza accedere alla soluzione di una rinnovazione delle procedure concorsuali.

Nella vicenda in esame, peraltro, soccorrono anche altri elementi, tali da escludere una positiva valutazione a favore della riapertura dei termini.

Viene in rilievo, in primo luogo, il numero delle procedure coinvolte, la cui trattazione verrebbe integralmente arrestata per molti mesi qualora si procedesse ad una nuova indizione dei concorsi. L'ordinata e corretta conduzione dell'attività del Consiglio, pertanto, resterebbe fortemente onerata, con lesione del principio della buona amministrazione ex art. 97 della Costituzione, principio che sottende anche l'attività consiliare.

Si deve poi evidenziare che molti degli uffici in copertura - non meno di un terzo, ivi compresi quelli per i quali, alla data della sentenza, era già stata formulata la proposta - sono privi del titolare da più di un anno, periodo al quale si sommerebbe un ulteriore differimento per consentire alla rinnovata procedura concorsuale di essere portata a termine.

Nella comparazione degli interessi, del resto, assume una rilevanza indubbiamente preminente l'interesse della stessa amministrazione della giustizia ad una pronta copertura dei posti dirigenziali, tant'è che, ove possibile (con riguardo ai dirigenti che cessano dall'ordine giudiziario per raggiunti limiti di età), le vigenti disposizioni di circolare stabiliscono che la stessa pubblicazione ordinaria della vacanza debba avvenire in prevenzione (sei mesi prima della cessazione).

Non va altresì sottovalutato che una percentuale apprezzabile delle procedure pendenti (intorno al 20% avuto riguardo esclusivamente ai 45 posti rispetto ai quali è esaurita l'attività istruttoria preliminare) non registra alcun aspirante che rientri nelle condizioni già previste dall'art. 2, comma 45 citato.

Ne consegue che, con riguardo a dette procedure, l'attività valutativa e propositiva della Quinta Commissione può utilmente proseguire senza soluzione di continuità.

Occorre, infine, sottolineare che una eventuale diversa determinazione da parte del Consiglio - ossia per la riapertura dei termini dei concorsi - creerebbe ex novo una categoria di legittimati all'impugnazione in sede giurisdizionale, individuabile non solo in coloro che erano già legittimati sotto la vigenza dell'art. 2, comma 45 citato, ma, soprattutto, in coloro che, per effetto della sentenza n. 245/2007, hanno riacquisito una piena legittimazione e che partecipano al concorso per essersi, tempestivamente, fatti carico della condotta presupposta - la presentazione della domanda - all'affermazione dei diritti negati dalla legge n.150/2005.

4. Sul piano operativo la soluzione propugnata impone, in ogni caso, una rinnovazione ed integrazione di parte dell'attività istruttoria.

È necessario, infatti, acquisire gli elementi utili per valutare compiutamente la posizione di coloro che, pur non legittimati, presentarono ugualmente la domanda.

In molti casi, infatti, i Consigli Giudiziari interessati non formularono il parere attitudinale (o quello per il mutamento delle funzioni) sull'assunto della mancanza di legittimazione del richiedente.

La Commissione, pertanto, dovrà:

-  identificare per ogni procedura concorsuale (pendente) i nominativi dei magistrati interessati;

- predisporre, a cura della struttura, i relativi fascicoli della domanda al concorso, verificando per ognuno di essi l'eventuale presenza del parere o, comunque, di un parere attitudinale specifico (o per il cambiamento di funzioni) espresso nel triennio;

- invitare i Consigli Giudiziari a formulare il parere (con trasmissione della documentazione già prodotta nonché del parere del dirigente dell'ufficio) rispetto a coloro per i quali è assente nel fascicolo il parere del Consiglio Giudiziario.

La necessità di riattivare tutte le procedure concorsuali nel più breve tempo possibile impone che i Consigli Giudiziari che saranno interessati dalla richiesta esaminino con priorità le posizioni segnalate e formulino e trasmettano al CSM il relativo parere (con la documentazione esaminata) non oltre il 15 novembre 2007.

5. Con riguardo all'esercizio del diritto al prolungamento del servizio ex art. 16 del d.lgs n.503 del 1992 occorre, in primo luogo, segnalare alla IV Commissione la necessità di un adeguamento delle attuali disposizioni di circolare.

L'orientamento del Consiglio, trasfuso in diverse circolari e deliberazione (circolare n.972 del 16.1.1993, circolare n.3849 del 7.3.1994, circolare n.824 del 15 gennaio 2003, ribadita con la delibera 11.1.2006), ancorava l'accoglimento dell'istanza di prolungamento alla sussistenza in capo al magistrato di un concreto interesse a rendere nota con anticipo la sua volontà di "permanere in servizio" oltre il 70° anno di età ogni volta che, aspirando egli ad un ufficio direttivo o semidirettivo, si trovasse a non poter offrire l'anzidetta garanzia di stabilità minima nell'ufficio qualora non si avvalesse della facoltà di permanenza,

Le disposizioni normative consiliari, infatti. prevedevano - originariamente sia per il conferimento degli uffici direttivi che per quelli semidirettivi e, dopo l'entrata in vigore dell'art. 2 comma 45, con rilevanza solo per il conferimento degli uffici semidirettivi - quale rilevante elemento di valutazione sul piano attitudinale la stabilità nel nuovo incarico per almeno un biennio (o triennio).

La stessa ratio delle vigenti disposizioni, dunque, impone, a fronte di un intervento così importante come quello conseguente alla sentenza n.245/2007, una nuova disamina delle disposizioni consiliari.

Quanto alla posizione degli eventuali aspiranti interessati - in ispecie per coloro che avevano più di 66 anni e non avevano ancora compiuto i 68 anni - il radicale mutamento del quadro normativo di riferimento (in uno con la rigorosa interpretazione delle norme adottata dal Consiglio) induce la Commissione a privilegiare una soluzione favorevole alla massima preservazione delle singole aspettative.

Occorre osservare, infatti, che non solo il mancato conseguimento del proseguimento del rapporto di servizio (per coloro che avevano presentato istanza) è dipeso da una scelta interpretativa consiliare, ma la stessa presentazione tempestiva della domanda di permanenza è rimasta fortemente disincentivata in ragione delle risoluzioni adottate dal Consiglio.

In questa prospettiva, pertanto, pertanto, saranno oggetto di considerazione e di valutazione tutte le posizioni di coloro che, (?)entro la data della formulazione della proposta per il conferimento del singolo ufficio direttivo(?), avranno conseguito e maturato i requisiti - rapportati alla data di vacanza del posto messo a concorso - di legittimazione.

Si tratta, del resto, di un intervento che non è idoneo a determinare alcun ritardo nella trattazione e definizione delle pratiche.

6. Con riguardo, infine, ai contenziosi pendenti nei quali sia stata fatta valere la questione di legittimità decisa dalla Corte Costituzionale, la varietà delle situazioni considerate - relative sia a posti pubblicati anteriormente all'entrata in vigore dell'art. 2, comma 45 della legge n.150/2005, sia a posti pubblicati successivamente - impone di attendere l'esito del giudizio davanti al giudice amministrativo.

La peculiarità dei casi singolarmente considerati (anche in relazione ad eventuali questioni processuali, di carattere pregiudiziale, sollevate in tali sedi), infatti, porta a privilegiare la necessità di una preventiva delibazione da parte dell'autorità giudiziaria e alla conseguente affermazione dei principi di diritto, sui quali il Consiglio potrà, successivamente, uniformare la propria azione amministrativa.

Tanto premesso,

delibera

-                        l'approvazione delle sopra indicate direttive generali in relazione agli effetti della declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 2 comma 45 della legge n.150/2005 ai procedimenti di nomina agli uffici direttivi in corso alla data del 19 giugno 2007;

-                        fissa il termine del 15 novembre 2007 per la formulazione e la trasmissione al CSM da parte dei Consigli Giudiziari del parere relativo alle posizioni segnalate dal CSM, nonché della documentazione allegata;

-                        di segnalare alla Quarta Commissione la necessità di un adeguamento delle vigenti disposizioni di circolare in merito alle istanze di prosecuzione del rapporto di servizio ai sensi dell'art. 16 del d.lgs n.503 del 1992 e succ. mod..

 

 

 

17 09 2007
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