Intervista a Rita Sanlorenzo

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Due volte offesa, come donna e come magistrato. Rita Sanlorenzo, segretaria di Magistratura Democratica non ritiene davvero possibile che tutta la vicenda si possa derubricare ad un infortunio dovuto a «momenti di concitazione».

Quell'insulto del premier a Rosy Bindi, «è sempre più bella
che simpatica», non così lontano da quelli ripetuti ai «magistrati complottisti», dovrebbero trovare un argine «nell'indignazione generale», ed in una seria riflessione collettiva.

Dopo gli insulti del premier a Rosy Bindi, c'è stata una vera e propria sollevazione da parte dell'opinione pubblica, soprattutto donne. È solo un fuoco di paglia?

Si deve lavorare affinché non lo sia, lo dico come donna e come
cittadina. Sarà un lavoro lungo e difficile, ma occorre intraprenderlo.

Un insulto o un tentativo di delegittimazione di un interlocutore
politico donna?

È esattamente questo il punto. La battuta rivela l'intenzione di togliere all'on. Bindi ogni possibilità di essere visibile, al di là del proprio aspetto fisico: parole che investono una concezione dei rapporti tra sessi (e prima, tra individui) che inquina tutta la dialettica della politica. Le parole dell'on. Berlusconi rivelano la sua concezione del ruolo della donna in relazione alla gestione del potere: è l'apprezzamento estetico il primo parametro, su cui ci si deve misurare se si vuole essere considerate seriamente come interlocutrici.

Le donne del centrodestra su questa vicenda tacciono. Addio alle
battaglie comuni anche su questi temi?

Non entro nelle questioni di parte, registro però un profilo di caduta
culturale generale che allarma. Bianca Guidetti Serra nel suo
bellissimo libro «Bianca la rossa» svolge una considerazione importante: il Novecento è stato il secolo dell'emancipazione e della crescita del protagonismo politico femminile. E' stato parallelamente il secolo nel quale, anche grazie alle battaglie delle donne, si è arricchito il catalogo dei diritti per tutti. Oggi dobbiamo fare i conti con il ritorno ad una concezione della donna come elemento prettamente «decorativo»: intanto, assistiamo quasi con un senso di inevitabilità alla caduta generale dei diritti, intesi come un ostacolo al raggiungimento di un programma politico preciso. Su questo rifletto non solo in quanto donna, ma anche in quanto magistrato che crede nel ruolo della giurisdizione come luogo dell'affermazione dei diritti della persona.
Eppure qualcosa si è mosso: al nostro giornale arrivano migliaia di
email di donne indignate. Non era scontato in un momento di velinismo
imperante. Sono contenta che parta dalle donne questo moto di reazione, e spero che vada oltre. E' una questione che non conosce differenze.

È arrivato il momento dell'indignazione maschile?

La posta in gioco è unica, quella per l'affermazione dell'uguaglianza, la stessa per cui ci spendiamo ogni giorno nelle nostre aule di giustizia. E' il messaggio forte e conclusivo che si alza dalla sentenza della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano: la legge è uguale per tutti, non ci sono super pares.

Arriviamo alla magistratura. Toghe rosse, una minoranza, che agiscono
per conto della sinistra per delegittimare il voto degli italiani. Questa
la tesi del premier.

Guardi, quasi sorrido, oramai siamo tutte toghe rosse, per me è quasi un riconoscimento, sto alla testa di Md, questo appellativo mi tocca, anzi mi onora. Ma questa forzatura ormai investe tanti colleghi che non hanno mai aderito a nessun gruppo associativo, men che meno a qualsiasi partito, e che oggi si trovano così etichettati soltanto perché hanno fatto e fanno il loro dovere. Si spara nel mucchio, per intimidirci.

Il premier oggi (ieri per chi legge, ndr) è tornato alla carica sul
punto. Come si rimettono le cose al loro posto?

In Italia esiste ancora il principio dell'obbligatorietà
dell'azione penale. Per riconoscimento generale, il nostro è un sistema ipergarantista , soprattutto per chi, come il presidente del Consiglio, ha i mezzi per assicurarsi una buona difesa. Con la teoria del complotto - mai provata e nemmeno meglio specificata, lo sottolineo - in nome di interessi prevalentemente personali si mette in atto un vero e proprio gioco al massacro delle istituzioni.
Berlusconi non attacca soltanto il magistrato scomodo: alza il tiro, ed oggi investe tutte le istituzioni di garanzia, fino alla Consulta. L'effetto finale di questa strategia è un processo di intossicazione degli equilibri istituzionali che oggi sembra difficilmente reversibile. Quando finiranno i guai giudiziari del premier resteranno i frutti malati di questa campagna.

La lentezza della giustizia di cui gli italiani sono vittime senza
dubbio non aiuta ad avere fiducia. Non crede che anche questo
malessere aiuti il premier a far presa sui cittadini?

Anzi, sono sicura di questo, e penso che i cittadini abbiano tutte le ragioni per essere insoddisfatti. Ricordo però che in questi anni abbiamo assistito all'anomalia di ministri della Giustizia, primi responsabili dell'andamento del servizio, che si esercitano nella continua critica dei magistrati, senza nemmeno affrontare i doveri della politica sul punto. Noi vorremmo misure adeguate per ottenere il miglioramento del servizio, e così la fiducia dei cittadini. Non vogliamo ricevere attacchi da chi, come noi, fa parte delle istituzioni di questo Stato.

12 10 2009
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