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Intervento del Segretario generale di Unità per la Costituzione

Nel porgere il saluto sincero di Unità per la Costituzione per un proficuo svolgimento dei lavori congressuali, colgo l'occasione per sottoporre alla Vostra attenzione alcune riflessioni del gruppo che rappresento.

In occasione del Vostro Congresso di Palermo già avevo evidenziato che il pluralismo ideale e culturale in magistratura è un valore irrinunciabile ed essenziale per la difesa dei valori di autonomia della giurisdizione nell'attuale periodo storico caratterizzato da un sistema politico bipolare.
Avevo, altresì, segnalato il rischio di una deriva di bipolarismo giudiziario, reso sempre più attuale da un metodo di confronto alimentato da una logica di schieramento e di contrapposizione.

L'unico antidoto può essere ricercato nella valorizzazione delle diversità di cultura esistenti in magistratura.

Tutte le identità culturali possono e devono contribuire alla attuazione di una unità associativa, che però, come da noi sempre sostenuto, non può essere intesa come valore-fine, bensì come bene strumentale per il conseguimento di un programma politico condiviso.

Ribadisco in questa sede la nostra attenzione all'uso "non omologante" dell'unità associativa.

Non avrebbe senso sostenere, da una parte, la legittima diversità culturale delle correnti ed accettare, dall'altra, una sostanziale "omologazione", cui non corrispondono comportamenti politici responsabili.
Con la Segreteria di Patrone si è aperta una stagione, che speriamo non sia esaurita, di dialogo costruttivo tra due culture diverse (MD e UpC) e sicuramente le più diffuse tra quelle storicamente strutturate.
E' stato avviato un metodo di confronto, che è anche un messaggio di modernità per l'associazionismo giudiziario, e che è il solo in grado di vincere il tabù dell'unità a tutti i costi.

Tabù che è feticcio obsoleto e antistorico, ormai paralizzante per l'elaborazione culturale in magistratura.
Credo che sia oggi più importante la ricerca di un equilibrio tra le diverse opzioni culturali.

La capacità di dialogo e di ricerca di equilibri ci potranno aiutare a superare la fase (ormai troppo lunga) del "pre-giudizio", che rende inevitabile il percorso di strade solo parallele.

In particolare, sull'Ordinamento Giudiziario, non si può, per quanto ci riguarda, sacrificare le proprie opzioni culturali in nome di una male intesa unità associativa.

Vi sono degli snodi politici da affrontare con la serietà del confronto, che è soprattutto voglia e capacità di ascolto, e non soltanto miope arroccamento di posizioni.

Il senso di delusione e di preoccupazione verso l'azione di una maggioranza politica che si è posta di fronte alla questione giustizia in termini tali da disattendere una linea politica sostenuta costantemente per cinque anni dai banchi dell'opposizione e che è stata affermata con forza nei programmi elettorali del 2006, traspare con tutta evidenza anche dalla relazione del Segretario Patrone.
Per quanto ci riguarda, la riforma Mastella è apprezzabile per il complessivo sforzo di razionalizzazione del sistema ordinamentale, nonché per molti interventi da tutti noi largamente condivisi (ed, in realtà, patrimonio di una risalente cultura associativa), come quelli sul sistema di valutazione di professionalità quadriennale; quelli sul controllo di gestione sull'attività dei dirigenti; quelli sulla temporaneità degli incarichi direttivi, quelli sul passaggio di funzioni tale da non metter in discussione l'unità della giurisdizione; quelli sul riassetto organizzativo degli uffici del PM, quelli sui Consigli Giudiziari; quelli, infine, sul sistema elettorale del CSM in senso proporzionale.

Purtuttavia ci preoccupa fortemente la "filosofia" che emerge dalla introduzione di alcuni nuovi istituti e da singolari "tecniche di redazione" delle norme.

Sappiamo tutti che la "filosofia" che accompagnava la cd. riforma Castelli era dichiaratamente quella di rompere, anche in chiave punitiva, l'unità della giurisdizione, attraverso il sistema della separazione tra le funzioni giudicanti e requirenti.

Questa sottesa nella riforma Mastella, peraltro, ci appare una "filosofia" più sofistica, tendente ad un "condizionamento" della giurisdizione da parte della politica, attraverso gli strumenti previsti per l'accesso ( con il sistema del doppio binario del concorso e del corso-concorso); attraverso la istituzione di commissioni esterne al CSM, per es. per la valutazione della idoneità al conferimento delle funzioni di legittimità (con il compito -tra l'altro- di valutare la "capacità di analisi delle norme" del magistrato, che rende, evidentemente, labile ed impalpabile il confine con il sindacato dell'attività giurisdizionale); attraverso la istituzione di una Scuola della magistratura, che di fatto espropria competenze che la Costituzione assegna al circuito dell'Autogoverno.

Una "sottesa volontà" di marginalizzazione, se non proprio di esproprio, del CSM si rinviene anche nella puntuale, sistematica, per certi versi "puntigliosa" tecnica di previsione normativa in materie (come, ad esempio, i tramutamenti dei magistrati) che finora sono state disciplinate dall'attività paranormativa del Consiglio.

Appare del tutto evidente che saranno fortemente ridotti(ed in alcuni casi azzerati) i margini di intervento dell'organo di autogoverno in materie che pur devono tener conto di realtà e di situazioni in trasformazione, nonché di una magistratura in perenne cambiamento.

Realtà e situazioni per le quali dovrebbe essere più funzionale intervenire proprio con lo strumento duttile della paranormazione.

In particolare, è proprio sulla Scuola, per come è stata pensata, che si appuntano le nostre maggiori preoccupazioni e le nostre più fondate critiche.

La previsione di un Comitato Direttivo, nominato per la metà dei suoi componenti dal Ministro della Giustizia, non ci tranquillizza, perché è al detto Consiglio Direttivo che spetta dettare le linee programmatiche della attività della Scuola.

A noi sembra inaccettabile che all'individuazione di queste linee programmatiche sia paritariamente preposto il Ministro, le cui funzioni ex art. 110 della Costituzione possono soltanto giustificare una indicazione strettamente inerente all'organizzazione ed al funzionamento dei servizi relativi alla Giustizia.

Significativi effetti di esautoramento delle prerogative consiliari conseguono, poi, all'attribuzione alla Scuola di compiti quali lo svolgimento di attività di ricerca, documentazione e consulenza in relazione al cd. Sistema Giustizia, nonché l'attività di iniziativa in diretto rapporto con organizzazioni internazionali, che si ascrivono nelle competenze proprie della sesta commissione del CSM.

Così come significativi effetti di esautoramento delle prerogative consiliari conseguono alla conservazione, in capo alla Scuola, di attività valutative in grado di istaurare quello che il Presidente della Repubblica, nel rinviare alle camere la riforma Castelli, denunciò essere "un regime di vincolo che riduce notevolmente i poteri definiti nell'art. 105 Cost.".

 

A tal proposito riteniamo quali punti di maggior tensione con l'art. 105 Cost. della nuova disciplina:

- l'affidamento ai docenti della Scuola della valutazione degli ammessi al corso-concorso al termine della prima annualità, con un recupero parziale di attività valutativa che impinge nella procedura di accesso alla magistratura.

- l'affidamento alla Scuola, al termine dei sei mesi di tirocinio degli uditori vincitori del concorso per esami, della redazione di schede di valutazione ai fini del giudizio di idoneità al conferimento delle funzioni.

- la sostanziale mancata modifica dell'art. 30 DLGS 26/2006, che affida alla Scuola, al termine dei vari corsi di formazione e di aggiornamento professionale, la formulazione di "una sintetica valutazione finale che tiene conto del livello di preparazione del magistrato e di specifici elementi attitudinali inerenti alle funzioni svolte", valutazione destinata all'inserimento nei fascicoli personali e di cui il CSM deve tener conto "ai fini delle proprie determinazioni relative al magistrato medesimo".

Un'ultima notazione riguarda l'attribuzione delle suddette delicate competenze in via transitoria, ad un Comitato Provvisorio, paritariamente nominato da Ministro e CSM, senza neppure il "lustrino" di una nomina "d'intesa" tra le due istituzioni.

Il rischio di un "vulnus" alle prerogative consiliari connesso alla creazione di questa struttura esterna che, pur precaria sulla carta, rischia di protrarsi nel tempo, appare del tutto evidente.

E' singolare, infatti, che, avendo già disponibilità di una struttura consiliare dedicata alla formazione (e che ha dato comprovati risultati positivi), si intenda cambiarla radicalmente in via provvisoria, con ciò rallentando l'approdo definitivo alla Scuola e soprattutto erodendo le competenza della nona commissione del CSM.

E' impensabile, poi, che un organismo così ristretto possa assicurare quelle garanzie di pluralismo culturale che sono fondamentali ad una formazione rispettosa dell'indipendenza di ciascun magistrato.

Concludo riprendendo il tema associativo.

Abbiamo l'impressione che l'unità non produca più feconde sintesi politiche, ancorate ad un reale e genuino confronto di idee, ma che costituisca, piuttosto, una realtà nella quale prevalga la logica delle tesi preconcette e della prepotenza di maggioranze precostituite.

Questo modello di associazionismo, che segna l'approdo di un percorso degenerativo lento ma inarrestabile, per quanto ci riguarda, ha fatto il suo tempo e non ci può più appartenere.

Abbiamo definitivamente maturato tale convincimento in occasione della Assemblea Generale del 26 novembre 2006, che ha messo a nudo con chiarezza la netta separazione tra una cultura obsoleta, sclerotizzata da strutture correntizie incapaci di "ascoltare", e la cultura di una magistratura non ancora "omologata" che vive sulla propria pelle il peso di una professione sempre più complessa, ma nel contempo sempre più mortificata sia dal punto di vista ordinamentale che da quello delle condizioni di lavoro.

Propongo, quindi, un tavolo di confronto per una rifondazione, nei metodi e nei contenuti, dell'associazionismo giudiziario.

Marcello Matera

(Segretario generale di Unità per la Costituzione)

 

 


Indirizzo:
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