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Programma per le elezioni del Consiglio Direttivo della Corte di Cassazione

ELEZIONE DEL CONSIGLIO DIRETTIVO

Il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, che ci accingiamo ad eleggere il 6 e 7 aprile prossimi, rappresenta al tempo stesso un'importante novità istituzionale e il coronamento di un impegno, avviato con l'assemblea generale del 23 aprile 1999, per realizzare la maggiore partecipazione e trasparenza nel funzionamento della Corte. Con il Consiglio direttivo anche la Corte di cassazione entra a pieno titolo nel circuito dell'autogoverno della magistratura. Dobbiamo essere consapevoli che questa innovazione chiama tutti i magistrati della Corte e della Procura generale ad assumere un ruolo più attivo nell'organizzazione e nel funzionamento degli uffici, perché l'autogoverno perde autorevolezza e vitalità se non è alimentato dal basso, dalla partecipazione e dallo stimolo di tutti e di ciascuno. Cogliere il senso e la portata della nascita del nuovo Consiglio significa innanzi tutto respingere qualsiasi interpretazione riduttiva del suo ruolo ed essere consapevoli della delicatezza e dell'importanza del servizio che i colleghi che verranno eletti sono chiamati a svolgere.

Il Movimento per la Giustizia e Magistratura Democratica hanno deciso di presentarsi a questa elezione uniti in una sola lista. Ciò scaturisce dalla già sperimentata condivisione dei medesimi obiettivi sui temi ordinamentali e si traduce in un impegno programmatico comune per l'azione che il Consiglio direttivo dovrà svolgere in direzione dell'efficienza, partecipazione e responsabilità nella gestione degli uffici.

1.   Il regolamento: trasparenza e pubblicità

Già il primo atto del Consiglio direttivo - l'approvazione del suo regolamento interno - costituirà un banco di prova per l'applicazione dei principi che si sono indicati.

Il regolamento dovrà garantire adeguate forme di pubblicità dell'ordine del giorno, delle sedute e dei verbali. La pubblicità, del resto, è stata ritenuta dal CSM la regola per i lavori dei consigli giudiziari, in considerazione della loro origine elettiva, che richiede la trasparenza delle decisioni adottate, anche per garantire il controllo pubblico sulle modalità con le quali è esercitato il mandato degli eletti; la segretezza costituisce invece l'eccezione, giustificabile solo per la salvaguardia della riservatezza degli interessati e della libertà di opinione e di voto dei componenti.

L'effettiva pubblicità potrà essere favorita dalla creazione, nel sito internet della Corte, di una sezione dedicata ai lavori del Consiglio direttivo, sì da renderne più agevole la conoscenza da parte dei colleghi.   

 

2. Tabelle e organizzazione degli uffici: un progetto per migliorare il nostro lavoro

Le competenze tabellari del Consiglio direttivo costituiscono la sua più importante attribuzione, anche perché ad essa partecipano pienamente anche i rappresentanti dell'avvocatura e del mondo accademico. Con essi i nostri rappresentanti dovranno impegnarsi a ricercare un dialogo costante e una leale e proficua collaborazione, rifuggendo da ogni chiusura corporativa.

La tabella è, per un verso, lo strumento previsto dal legislatore per realizzare la garanzia della precostituzione del giudice e la sua indipendenza interna, in funzione dell'uguaglianza dei cittadini; per altro verso, è sede di elaborazione di un vero e proprio progetto organizzativo dell'ufficio.

A) Quanto al primo aspetto, vanno perfezionati e rafforzati criteri di assegnazione degli affari - sia alle sezioni che ai relatori - oggettivi, predeterminati e tali da consentire la verifica a posteriori del loro rispetto, perché non basta che i criteri siano enunciati sulla carta, ma occorre anche controllarne la effettiva applicazione.

Va inoltre mantenuta la competenza sulla valutazione del progetto organizzativo della Procura generale, conservando, in particolare, anche per il futuro l'attuale assetto pienamente "tabellare" opportunamente dato al servizio disciplinare.

B) L'aspetto organizzativo, poi, è centrale in un momento di grave crisi della Corte, derivante dalla patologica sproporzione tra le sopravvenienze e le effettive possibilità di definizione dei processi, aggravata da una scopertura degli organici quasi doppia rispetto a quella nazionale. Dalla capacità dell'autogoverno di organizzare, intanto, al meglio l'esistente, in vista della resa di un servizio il più possibile celere e qualitativamente adeguato, dipende la forza della sua legittimazione a rivendicare, nei confronti delle istituzioni politiche, l'adozione delle ulteriori, indispensabili misure a sostegno della funzione giudiziaria, e dipende anche la credibilità dell'autogoverno stesso agli occhi dell'opinione pubblica. 

Indispensabile supporto delle competenze in materia organizzativa del Consiglio e della dirigenza è la Commissione flussi e pendenze, strumento prezioso per valutare la correttezza dell'analisi dei flussi posta a base del programma organizzativo dell'ufficio e l'idoneità della proposta tabellare al raggiungimento degli obiettivi da perseguire. In Cassazione il lavoro della Commissione sarà certamente agevolato dalla collaborazione con il CED, il cui apporto deve essere valorizzato anche in funzione dell'organizzazione. 

I magistrati della Corte di cassazione italiana hanno raggiunto livelli di produttività media incomparabili con quelli delle analoghe Corti di altri Paesi, ma, ciò nonostante, i tempi di definizione dei processi restano assai più lunghi e l'arretrato continua ad accumularsi, in particolare nel settore civile.

Occorre reagire al senso di frustrazione e al comprensibile malessere che ciò produce nei colleghi, e fare quanto è in nostro potere per uscire dalla crisi, pur nella consapevolezza che non tutto dipende dalle nostre possibilità e capacità di autorganizzazione.

Qualunque soluzione si sperimenti, essa non potrà prevedere - è bene dirlo con estrema chiarezza - un ulteriore aggravio di lavoro per i magistrati, perché è stato ormai raggiunto il limite massimo compatibile con lo svolgimento delle delicate funzioni di legittimità al livello qualitativo richiesto nell'interesse dei cittadini. Nessun progetto organizzativo può prescindere dal limite obbiettivo della capacità di definizione degli affari dell'ufficio, in relazione alla tipologia della domanda di giustizia e alle risorse umane e materiali e, conseguentemente, all'analogo limite che incontra il singolo magistrato.

Se non è possibile lavorare di più, è tuttavia possibile lavorare meglio, più proficuamente e dignitosamente. Vanno migliorate le condizioni logistiche e di supporto all'attività dei magistrati (disponibilità, per esempio, di idonee postazioni di lavoro in ufficio e di una biblioteca fornita ed efficiente). Vanno adottate - sfruttando anche il patrimonio di conoscenze informatiche e di esperienze accumulato negli anni dal CED - opportune misure organizzative, in parte già sperimentate con successo presso alcune sezioni, che ottimizzino la resa del lavoro senza incrementarne la quantità (potenziamento della funzione di spoglio dei ricorsi, in vista della fissazione di udienze strettamente tematiche; formazione di collegi specializzati, nell'ambito di gruppi di lavoro distinti per materia, opportunamente coordinati, che si diano degli obiettivi, anche quantitativi, e un programma ragionato) e rendano più efficace l'intervento "nomofilattico" della Corte (selezione, ad esempio, dei ricorsi che pongono questioni nuove, sulle quali il tempestivo chiarimento giurisprudenziale può prevenire il prodursi di ulteriore contenzioso sia in sede di legittimità che di merito); gli affari vanno ripartiti in base a criteri che assecondino le inclinazioni e le competenze specifiche di ciascun magistrato e siano applicati con equità e trasparenza.

Dalla approfondita ed oggettiva analisi dei flussi e dalle connesse misure organizzative scaturirà la definizione dell'organico delle sezioni. L'assegnazione ad esse dei consiglieri, così come l'attribuzione di incarichi in genere, deve seguire trasparenti criteri attitudinali, nel rispetto delle esigenze dell'ufficio, rifuggendo sempre da logiche di cooptazione o privilegio.

C) La nuova configurazione del Massimario, la cui funzione - anche alla luce della crescente complessità delle questioni affrontate dalla Corte - resta centrale per garantire accettabili standard qualitativi della giurisprudenza di legittimità, impone di valorizzarne le tradizionali funzioni di massimazione, di ricerca e di studio. Questo fine può utilmente essere perseguito con l'adozione di moduli organizzativi che, ferma restando l'autonomia del Massimario, rinsaldino il rapporto con le sezioni, rafforzando il suo contributo ad una maggiore efficacia della funzione nomofilattica della Corte.

D) Anche la Procura generale può contribuire alla elevazione della qualità delle decisioni della Corte, concentrando i suoi sforzi sui casi e le questioni meritevoli di approfondimento per la loro complessità o novità (che sarebbe opportuno le venissero segnalati con congruo anticipo); e il suo contributo sarà tanto più apprezzato ed autorevole quanto più sia il risultato di una elaborazione non del singolo sostituto, ma collettiva dell'ufficio, opportunamente organizzato per gruppi composti da specialisti delle varie materie, che esprimano linee giurisprudenziali unitarie e coerenti. Alle decine di migliaia di casi di routine, invece, è fatale che le poche decine di magistrati di cui si compone l'ufficio dedichino le pure e semplici conclusioni o poco più. 

 

3. Valutazioni di professionalità: servono fatti, non aggettivi

L'esercizio della fondamentale funzione di valutazione della professionalità dei magistrati, alla quale il Consiglio direttivo contribuisce con la sua funzione consultiva, non solo in occasione delle valutazioni periodiche, ma anche al fine del conferimento delle funzioni, anche direttive, dovrà ispirarsi a criteri di equilibrato rigore, serietà, attendibilità, oggettività. Ciò che serve, nei pareri, sono non tanto gli aggettivi, quanto i fatti. L'appiattimento su formule elogiative generiche e non verificabili risulta ormai impresentabile davanti all'opinione pubblica, mortifica i meriti di chi si impegna realmente, pregiudica le scelte degli organi di autogoverno o, nella migliore delle ipotesi, è del tutto inutile.

E' auspicabile che il Consiglio superiore coinvolga il Consiglio direttivo nell'elaborazione dei criteri generali per il conferimento delle funzioni di legittimità.

 

4.  Formazione e autoformazione

Oltre a formulare proposte al comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura relativamente alla programmazione dell'attività didattica, il Consiglio dovrà favorire l'attività di formazione decentrata, anche attraverso la ricerca di metodologie nuove come quella dei cosiddetti laboratori di autoformazione, particolarmente adatti per una platea di utenti che sono già in possesso di elevate professionalità.

Come è previsto dall'apposita circolare del CSM, dovranno essere garantite almeno quattro giornate per ogni anno da dedicare esclusivamente alla formazione, quindi senza concomitanti impegni di udienza. 

 

Magistratura Democratica e Movimento per la Giustizia propongono quindi di votare:

 

per i componenti in servizio presso la Corte di cassazione

 

Giovanni CONTI, Consigliere VI Sezione penale

Paolo D'ALESSANDRO, Consigliere Sezione tributaria

Vincenzo DI CERBO, Consigliere Sezione lavoro

Giacomo FUMU, Consigliere II Sezione penale

Giuseppe SALME', Consigliere I Sezione civile

Giuseppe SANTALUCIA, Magistrato del Massimario

 

per i componenti in servizio presso la Procura Generale

 

Antonietta CARESTIA, Sostituto procuratore generale

Francesco Mauro IACOVIELLO, Sostituto procuratore generale


Indirizzo:
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