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Protesta contro Alfano. Il ministro aveva parlato di nomine lottizzate ai vertici degli uffici giudiziari

Le nomine ai vertici degli uffici giudiziari non possono essere l'esito di una lottizzazione selvaggia. Di un «planning», di una pianificazione cioè in base alla quale a un capo procuratore assegnato a una corrente corrispondono due aggiunti attribuiti a un'altra. Lo ha affermato mercoledì sera il ministro della Giustizia Angelino Alfano nella rubrica di approfondimento «Punto di di vista» del Tg2. E l'esito sono state le dimissioni dei tre consiglieri del Csm che in questa consigliatura hanno ricoperto l'incarico di presidente della commissione Incarichi direttivi. Giuseppe Maria Berruti, Ezia Maccora e Vincenzo Siniscalchi, hanno preso carta e penna e scritto al Comitato di presidenza perché comunichi al capo dello Stato Giorgio Napolitano (protagonista martedì di un ammonimento al Csm sulla perdita di prestigio dei magistrati anche per l'eccesso di protagonismo di alcuni Pm) le dimissioni. Non dal Consiglio però, perché la preoccupazione è quella di assicurarne comunque il funzionamento, ma dalla sola Commissione. Berruti e Maccora sono due togati, appartenenti rispettivamente a Unicost, corrente moderata della magistratura, e Md, area di sinistra, mentre Siniscalchi è un laico in quota centro-sinistra. Appartenenze diverse quindi, ma un unico obiettivo: dire basta a quella che è apparsa una forzatura, l'ennesima, di un ministro che, tra l'altro, ha più volte ribadito la volontà di arrivare a una riforma del sistema elettorale dello stesso Csm. Nella lettera non si fanno riferimenti precisi e altro i tre non vogliono per ora aggiungere, ma quel riferimento alla pianificazione, fatto dal ministro, che adombra anche una vera e propria fattispecie di reato come l'abuso di ufficio, non è proprio piaciuto. Falso e ingeneroso oltretutto. E la falsità, traspare dai contenuti delle lettera, ha nomi e cognomi. Quelli di Ilda Boccassini, di Francesco Greco, di Giancarlo Caselli, di Marcello Maddalena, di Giuseppe Pignatone, per esempio. Tutti magistrati di riconosciuta professionalità e competenza. Di diverso o scarso riferimento correntizio, che in quest'anno e mezzo di applicazione della disciplina del nuovo ordinamento giudiziario sugli incarichi direttivi sono stati nominati a nuove e impegnative funzioni. Mentre la scarsa generosità dimostrata da Alfano sta soprattutto nel mancato riconoscimento del lavoro fatto in primo luogo proprio in commissione per procedere a una tornata di nomine come quella, senza precedenti, resa necessaria dalla riforma dell'ordinamento che ha stabilito la rigorosa temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi, rendendo da subito incompatibili decine di magistrati. Inoltre, a quelle nomine lo stesso Alfano, si fa notare, non ha mai negato il concerto. Vero. Anche se è altrettanto vero che proprio Alfano ha tenuto a fare inserire una disposizione nel progetto di riforma del Codice di procedura penale in discussione al Senato che punta a rendere il concerto un p0' meno formale e invece più sostanziale.


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