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Pacchetto sicurezza. L’allarme del Csm: rischi senza controllo”

Da qualche tempo la cronaca propone immagini che ci saremmo augurati di non rivedere mai più: camicie nere, verdi, grigie, ragazzi e uomini già condannati per aggressioni e manifestazioni di odio razziale che esibiscono immagini e simboli di un passato orrendo e via seguitando. A ciò conducono le «ronde», dichiaratamente costituite per concorrere alla tutela della sicurezza pubblica ma, intanto, sempre più spesso collegate con questa o quella forza politica. La storia ci insegna dove porta la china. Gli antidoti contro questa proliferazione ci sarebbero, anche sul piano giuridico, ma la maggioranza, anziché utilizzarli, si accinge addirittura - sotto la spinta leghista - a «legalizzare» ronde e associazioni consimili: con un disegno di legge governativo già approvato dalla Camera, dopo averci invano provato con un decreto legge. I pericoli di questa operazione sono stati segnalati dal Consiglio superiore della magistratura in un parere del 2 aprile scorso nel quale, dopo avere espresso una critica di fondo alla «deroga al principio che assegna all'autorità pubblica l'esercizio delle competenze in materia di tutela della sicurezza, escludendo che questa possa essere affidata ai privati» osserva: «La perplessità di ordine generale è accentuata dalla finalità attribuita alle associazioni volontarie, che è quella di "segnalare alle Forze di polizia dello Stato o locali, eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale". L'elevato tasso di discrezionalità, già insito nella segnalazione di un danno solo potenziale alla sicurezza urbana, diventa ancora più ampio con riferimento alle situazioni di disagio sociale, espressione talmente generica da poter giustificare le segnalazioni più disparate. (La norma) non prevede un effettivo controllo sull'attività realmente svolta dalle associazioni e (...) suscita ulteriori perplessità in considerazione della genericità e delle lacune contenute nel testo. Basti pensare alla mancata previsione che le associazioni non debbano avere né natura né finalità di ordine politico, in considerazione del divieto, posto dall'art. 18, comma 2, Costituzione, di costituire associazioni che, anche indirettamente, perseguano scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare (per la sussistenza delle quali in base al decreto luogotenenziale n. 43/1948 sono sufficienti un'organizzazione di tipo gerarchico analoga a quella militare e la dotazione di uniformi). Altrettanto si dica per l'assenza di ogni requisito negativo, preclusivo della partecipazione alle associazioni, come quelli di essere stati condannati per reati di violenza o per il compimento di atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Infine la doverosa precisazione che i cittadini debbano essere "non armati" non è tale da fugare ogni dubbio sull'utilizzazione di strumenti, non definibili armi in senso proprio, ma comunque atti a offendere e a compiere atti di coercizione fisica». Il parere non lascia dubbi. Forse sta anche qui una delle ragioni della crescente insofferenza del governo e del ministro Alfano nei confronti del Csm.

 


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