Il funzionamento della giustizia

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Sig.Ministro, e’ mia convinzione profonda che il servizio giustizia,
per quanto articolato e complesso, costituisca un insieme non divisibile,
dove ogni intervento, anche settoriale, ha ricadute sull’intero sistema
e richiede lungimiranza e approfondimento. Di qui la necessità che le
istituzioni competenti si confrontino e cooperino lealmente, al fine di
gestire le risorse in modo adeguato e di accrescere l’efficienza e la
qualità del sistema. I principi fissati dagli artt.105 e 110 della Costituzione
e gli obblighi scaturenti per tutti dagli artt.97 e 111 della medesima
Carta non consentono un approccio diverso. Del resto, una forte indicazione
in questo senso fu espressa dal Capo dello Stato nel discorso di insediamento
dell’attuale consiliatura, e l’incontro di oggi è stato voluto dal Consiglio
proprio nell’ottica di riannodare i fili di un dialogo e di un confronto
che nessuno può permettersi di abbandonare, indipendentemente da eventuali
divergenze fra coloro che quelle istituzioni rappresentano. E’ nello spirito
di pi ampia collaborazione che mi permetto di formulare alcune osservazioni
introduttive dei temi oggi sul tappeto. Si parla molto di efficienza,
ma non sembra che il servizio giustizia sia destinatario di progetti,
di scelte e di iniziative che si muovono con chiarezza in quella direzione.
Quali sono i presupposti minimi per fare dell’efficienza un traguardo
raggiungibile ? Proverei ad indicare: · Il possesso delle informazioni
e dei dati statistici necessari ad effettuare una programmazione pluriennale;
· L’individuazione a livello politico di obiettivi prioritari e la redazione
di programmi coerenti, finanziati e controllati; · La revisione della
distribuzione territoriale degli uffici e delle risorse; · L’utilizzazione
massiccia di tecnologie all’interno di progetti organizzativi che tengono
conto di tutte le componenti del servizio; · L’impiego moderno ed efficace
delle risorse umane, adeguatamente formate e responsabilizzate; · L’esistenza
di un sistema coerente di leggi e l’emanazione di norme che semplificano
il processo penale e quello civile; · Il sostegno alle leggi di modifica
del processo mediante analisi di impatto e risorse adeguate. Non intendo qui occuparmi delle riforme processuali attuate in questi
anni e di quelle, ancora pi preoccupanti, che sono all’esame del Parlamento,
se non per sottolineare che le stesse non sono state accompagnate da interventi
di adeguamento delle forme, delle strutture e delle risorse; il processo
ne è risultato appesantito e l’allungamento dei suoi tempi è stato pressoch
inevitabile, in ciò ravvisandosi un contrasto potenziale con le regole
del giusto processo e della ragionevole durata fissate dall’art.111 Costituzione
. Preferisco, invece, dedicare un po’ di attenzione alla quotidianità
che è sotto gli occhi di tutti: dopo i crescenti investimenti operati
dal paese sul settore giustizia negli anni 1998-2001, registriamo oggi,
con grande preoccupazione, un regresso significativo nelle stesse disponibilità
di cassa degli uffici giudiziari: in molti di essi scarseggiano perfino
la carta ed i ricambi per i pc o la benzina per le auto. Ma la preoccupazione
maggiore deriva dal fatto che le pur insufficienti risorse soffrono di
una utilizzazione inadeguata, fenomeno che ha effetti devastanti in un’ottica
di recupero di efficienza. Guardando al settore che pi direttamente interessa
il Consiglio, quello delle risorse umane, alcuni esempi possono descrivere
la realtà che dobbiamo tutti insieme affrontare. · Nella convinzione che
fosse necessario conoscere di pi per gestire meglio, il Ministero e il
Consiglio hanno realizzato insieme un primo sistema di indicatori di efficienza,
che con molta enfasi fu presentato alla stampa nello scorso mese di luglio;
spiace oggi rilevare che quel progetto, importante e ambizioso, si trova
in fase di stallo e attende da 5 mesi che il Ministero dia inizio alla
fase di sperimentazione, senza la quale tutto il lavoro svolto resta inutilizzato
e, addirittura, frustrato. Quel progetto si era dimostrato attento a coniugare
quantità e qualità ed a mettere in evidenza tutti gli aspetti fondamentali
del servizio; la sua mancata attuazione rafforza il rischio che prevalgano
logiche di produttivismo senza qualità, inaccettabili per i cittadini,
prima che per i magistrati. Il Consiglio ha provveduto a nominare i nuovi
rappresentanti nel "gruppo misto" e gli esperti che lo caodiuveranno,
così che restiamo in attesa della disponibilità del Ministero per riprendere
gli incontri e proseguire il lavoro iniziato. · E’ chiaro che i ritardi
nella misurazione rendono difficile valutare la correttezza della distribuzione
delle risorse sul territorio e fra gli uffici, ma ci sono situazioni che
si impongono con tutta evidenza. Mi riferisco alla crisi del processo
del lavoro, dove l’inadeguatezza delle risorse è certa e dove lo stesso
legislatore del 2001 previde un aumento urgente di 300 magistrati. Dobbiamo
constatare che a distanza di un anno e 10 mesi da quella legge non solo
il Ministero non ha provveduto a distribuire l’aumento di organico previsto,
ma non ha realizzato neppure quegli interventi di potenziamento delle
sezioni lavoro di corte di appello che il decreto legislativo n.51 del
1998, in tema di giudice unico, aveva demandato al Governo e che avrebbero
potuto avere corso in questi 20 mesi anche ad organico invariato. Si tratta
di semplici esempi, ma per me essi hanno rappresentato uno stimolo verso
una riflessione pi ampia in tema di politiche del personale, riflessione
che proverò ad affrontare sinteticamente. Nell’arco di pochi mesi il Consiglio dovrà effettuare la pubblicazione
di nuove vacanze, assegnare le sedi agli uditori giudiziari, individuare
le sedi disagiate per l’anno 2003, impostare le politiche di mobilità
per gli anni 2003 e 2004: scelte di ampio respiro che, proprio per questo,
richiederebbero un non formale coordinamento con le scelte che il dicastero
da lei diretto è chiamato a compiere. E, infatti, l’ordinamento riserva
al Consiglio la gestione del personale di magistratura, ma attribuisce
al Ministro della giustizia le competenze in materia di determinazione
degli organici complessivi e della loro distribuzione fra gli uffici giudiziari.
Le connessioni fra tali competenze sono evidenti, e rese oggi ancora pi
rilevanti dall’urgenza e dalla complessità degli interventi richiesti.
A questo punto non posso fare a meno di introdurre qualche numero. Attualmente
le vacanze di organico ammontano a circa 780, di cui poco pi di 520 in
primo grado, ma solo una parte di esse sono in concreto pubblicabili.
Calcolando che generalmente ogni anno vede circa 160 magistrati lasciare
l’amministrazione, quelle vacanze potranno diventare - salvo interventi
normativi che alzino l’età pensionabile - circa 940 a fine 2003 e 1.110
a fine 2004. Ora, noi sappiamo che nel corso del 2003 ben 673 uditori
sceglieranno le sedi di servizio, così che nel dicembre 2003 le vacanze
dovrebbero essere attorno alle 270. Devo tuttavia evidenziare che la destinazione
di 673 uditori entro 12 mesi rende necessario ed urgente reperire almeno
altri 160 posti liberi in primo grado, cosa che può avvenire solo in due
modi: incentivando il passaggio dei magistrati in servizio verso uffici
di secondo grado, e questo è di competenza del Consiglio, oppure procedendo
all’aumento e alla redistribuzione dell’organico dei magistrati, cosa
di competenza del Ministero. In altre parole, tutta la programmazione
che il Consiglio dovrà fare in tema di trasferimenti per i prossimi anni
risulta condizionata dalle scelte che il Ministero effettuerà oggi e nei
prossimi mesi. Se questo è vero, ci sono alcune circostanze che meritano una presa di
posizione da parte sua, e riguardano la mancata distribuzione del primo
dei tre aumenti di organico previsti dalla legge; il fatto che senza alcun
raccordo con il Consiglio il Governo abbia deciso, con decreto legge,
di prorogare di un anno il termine finale per il bando dei tre concorsi
previsti per soddisfare l’aumento di organico deciso con legge nel febbraio
2001; la proposta di aumentare a 75 anni l’età pensionabile dei magistrati;
il mancato inoltro della proposta in tema di "sedi disagiate" per l’anno
2003. · Quanto al primo punto vorrei sottolineare che la mancata distribuzione
fra gli uffici della prima tranche dell’aumento di organico ha già comportato
per il Consiglio la necessità di prorogare di tre mesi il tirocinio degli
uditori. Non si è trattato di scelta indolore, non solo perch ha imposto
una rivoluzione nella programmazione degli interventi, ma soprattutto
perch in tal modo verrà rinviato di alcuni mesi il momento in cui i nuovi
giudici prenderanno possesso negli uffici e potranno iniziare ad operare
per dare risposta ai cittadini. Diventa per noi urgente conoscere entro
quali tempi il Ministero trasmetterà al Consiglio il progetto di ripartizione
ed entro quale data sarà emesso il relativo decreto ministeriale. Se è
vero che l’aumento dovrà essere formalizzato con decreto a sua firma entro
il 20 gennaio, il fatto che il progetto di ripartizione non sia ancora
giunto al Consiglio rischia di non lasciare il tempo per un esame attento
e per un parere meditato, quale sarebbe richiesto dalla delicatezza e
complessità della procedura. · La prospettata proroga di un anno nella
indizione dei due ulteriori concorsi, proroga disposta senza che il Consiglio
sia stato consultato, rappresenta una scelta che non solo indebolisce
la riforma voluta dal legislatore e incide negativamente sulla necessità
di dare rapido sostegno con nuove energie agli uffici giudiziari, ma ritarda
la distribuzione dell’aumento complessivo dell’organico e limita pericolosamente
la possibilità per il Consiglio di gestire efficacemente la mobilità del
personale di magistratura oggi in servizio. Rispetto alla rilevanza della
scelta, non appaiono convincenti le motivazioni portate a sostegno del
rinvio, che non mi pare possa giustificarsi con il blocco delle assunzioni
del personale amministrativo n con il fatto che il Ministero si trova
in grave ritardo nel dare corso alle procedure di riqualificazione di
quel personale. Considerati i tempi di esaurimento dei concorsi, probabilmente
si sarebbe potuto coordinare diversamente l’intero progetto. · Infine,
a fronte di questo rinvio nel reclutamento di giovani magistrati, dobbiamo
registrare con preoccupazione il fatto che si sta portando a 75 anni l’età
pensionabile dei magistrati, in netta controtendenza rispetto al programma
di governo che prevedeva la temporaneità degli incarichi direttivi. Il
parere nettamente contrario a tale riforma espresso dal C.S.M. e la successiva
bocciatura del testo in sede di commissione parlamentare non hanno impedito
la ri-presentazione di emendamenti alla legge finanziaria. Ora io mi chiedo:
perch tanta insistenza ? Perch una riforma ordinamentale è stata veicolata
nella legge finanziaria e non nella sua sede naturale ? E, venendo al
merito, perch Governo e maggioranza hanno bisogno di far restare in servizio
per tre lunghi anni quasi 200 magistrati che stanno per compiere 72 anni,
età già molto elevata rispetto alla media europea ? Perch bloccare per
tre anni i vertici di molti uffici giudiziari e impedire il naturale ricambio
? Quale vantaggio di efficienza ci si può attendere da tutto ciò ? E se
l’obiettivo è l’efficienza del sistema giustizia, perch, piuttosto, non
si velocizzano i concorsi, non si interviene sugli strumenti organizzativi,
non si valorizzano le professionalità pi fresche ? · La individuazione
delle "sedi disagiate" costituisce per il Consiglio uno strumento che,
grazie alla legge n.133 del 1998, favorisce un’accorta gestione in favore
delle sedi meridionali che presentano i livelli maggiori di scopertura
e livelli patologici di ricambio dei magistrati. Mi permetto pertanto
di sollecitare il suo dicastero affinch proceda rapidamente a trasmettere
al Consiglio la proposta prevista dalla legge. Un rafforzamento della collaborazione fra Ministero e Consiglio è senz’altro
necessario anche nel settore della magistratura onoraria. I dati forniti
dall’Ufficio delle statistiche evidenziano l’importanza del contributo
che i giudici onorari forniscono al servizio giustizia. Se i giudici di
pace nel corso del 2001 hanno esaurito oltre 1 milione di procedimenti,
i GOA stanno proseguendo nello smaltimento delle cause di vecchio rito
e tutti i tribunali e le procure della Repubblica utilizzano ampiamente
l’apporto dei GOT e dei VPO. Spetta certamente al presidente della VIII
Commissione il compito di approfondire il tema, ma non posso esimermi
dal sottolineare che numerose sono le incognite che gravano sulla magistratura
onoraria, nelle sue diverse forme. Mentre per i giudici di pace resta
irrisolto il nodo della rappresentanza istituzionale, per i GOT ed i VPO
si avvicina la scadenza del termine quinquennale previsto dall’art.245
del decreto legislativo n.51 del 1998. Soprattutto su quest’ultimo aspetto
vorrei spendere due parole, in quanto le incertezze attuali sul ruolo
dei giudici onorari e sulla durata della loro presenza negli uffici comportano
gravi difficoltà, anche operative. Il decreto legislativo n.51 previde
che con l’unificazione degli uffici di primo grado la partecipazione dei
giudici onorari all’amministrazione della giustizia dovesse limitarsi
ad attività di mera supplenza e non avere durata superiore ai cinque anni.
In questo periodo si sarebbe dovuto procedere al "complessivo riordino
del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria a norma dell’art.106,
secondo comma, della Costituzione". Una commissione ministeriale ha affrontato
l’argomento e concluso i propri lavori da tempo. Sarebbe oltremodo importante
per il Consiglio conoscere quali sono le indicazioni che lei ha tratto
da quei lavori e quali le sue determinazioni per il futuro. La VII Commissione
e, credo, l’intero Consiglio manifestano oggi la massima disponibilità
per iniziative congiunte con il Ministero, volte ad effettuare una ricognizione
delle ricadute che ogni modifica della disciplina dei magistrati onorari
potrebbe avere sul sistema tabellare e sul funzionamento degli uffici
giudiziari, anche in vista della individuazione di possibili correttivi
da introdurre. Grande preoccupazione desta in noi anche la situazione del personale
amministrativo. A fronte di una scopertura di oltre 6.500 unità sulle
49.800 in organico (circa il 13%), assume un obiettivo rilievo il blocco
delle assunzioni, che aggraverà gli squilibri esistenti fra le diverse
zone del paese, con grave penalizzazione delle aree settentrionali. Ma
ancor pi preoccupano le scelte fin qui compiute sul piano gestionale,
quali il mancato avvio delle procedure di riqualificazione del personale,
la mancata attuazione del contratto integrativo, l’abbandono del progetto
di istituzione dell’ufficio del giudice. A tal proposito, ricordo che
l’accordo integrativo esistente nel 2001 prevedeva l’istituzione di ben
1.200 posizioni organizzative, con un forte incentivo per coloro che,
adeguatamente formati, avrebbero prestato al giudice un’assistenza diretta
qualificata. Anche questo specifico aspetto è rimasto finora lettera morta.
La realtà che ho descritto non ha certo un’influenza marginale sull’efficienza
del servizio. Per restare fedele all’impegno di concretezza, vorrei guardare
alla situazione critica del sistema delle notificazioni. Mentre le leggi
nuove e quelle in cantiere aumentano il numero delle formalità, ivi compresi
avvisi e notificazioni, le posizioni economiche C2 e C1 presso gli uffici
notificazione presentano una scopertura del 50%, che si fa sentire soprattutto
nelle grandi sedi giudiziarie e che incide pesantemente sulla regolarità
degli atti, sulle nullità e, di conseguenza, sulla durata dei processi.
A fronte di questa non rosea realtà, non possiamo permetterci alcun atteggiamento
di rassegnazione. Se non è possibile assumere nuovo personale, occorre
sfruttare al massimo le potenzialità offerte dalla tecnologia, percorrere
ogni strada di semplificazione, investire sulla formazione e sulla incentivazione
del personale esistente, studiare modelli organizzativi moderni ed efficaci,
individuare ed esportare le "migliori pratiche" esistenti in alcuni uffici
giudiziari. Qualora ella intendesse seguire simili prospettive d’intervento,
credo che una forte cooperazione fra il Ministero e il Consiglio potrebbe
dare frutti di grande rilievo. La riforma delle circoscrizioni Ma vi è di pi. Le difficoltà in cui
versano tutti gli uffici giudiziari a causa delle carenze di magistrati
e personale amministrativo sono conseguenza, in larga parte, della irrazionale
distribuzione territoriale degli uffici e della conseguente cattiva utilizzazione
delle risorse umane. Si tratta di argomento ben noto e divenuto ormai
evidentissimo nella struttura dei giudici di pace. Fenomeno noto, dicevo,
ma da nessuno affrontato dopo che nel 1998 si provvide alla chiusura del
50% delle sezioni distaccate di pretura. Sarebbe interessante sapere cosa
ne è stato del progetto di chiusura di 109 uffici del giudice di pace,
che il Ministero aveva predisposto nella prima parte del 2001, e quali
iniziative ella intende assumere su un aspetto così decisivo per il recupero
di energie e di efficienza. Mi sono permesso una sollecitazione così diretta
perchè un intervento di razionalizzazione delle circoscrizioni è terribilmente
complesso e delicato, oltre che fonte di tensione, per cui non può essere
condotto senza una forte sinergia fra Consiglio, Governo, Parlamento e
categorie professionali. Ma la complessità e la delicatezza del tema non
possono continuare ad essere motivo di rinvio, e credo che spetti innanzitutto
al Ministro della giustizia assumere ogni opportuna iniziativa. Se queste
iniziative verranno prese, le manifesto fin d’ora la massima disponibilità
delle strutture consiliari ad affrontare il tema anche mediante gruppi
di studio misti che potrebbero valorizzare l’esperienza e le conoscenze
maturate nell’attività quotidiana al fine di individuare soluzioni tecniche
e proposte operative ragionevolmente percorribili. Il " debito giudiziario" E’ fuori dubbio che il numero delle cause arretrate
e i tempi del processo costituiscano un problema di dimensioni rilevanti,
per non dire drammatico. Ma il c.d. "debito giudiziario" non può essere
affrontato in termini troppo schematici. Un arretrato presso i tribunali
di oltre 4 milioni di cause civili (numero che meriterebbe di essere valutato
con grande prudenza in relazione all’eterogeneità dei procedimenti pendenti)
non si è formato in poco tempo ed a causa dell’incapacità degli operatori,
in primis i magistrati. Esso si è fermato essenzialmente negli ultimi
80 anni del secolo scorso a seguito di una molteplicità di cause, legate
ora alle leggi, ora alle carenze di cultura organizzativa dei governanti
e dei magistrati, ora ad errori di programmazione, e così via. Ella non
può, in questo contesto, non apprezzare due novità di grande rilievo:
il diffondersi di una cultura organizzativa presso tutte le categorie
professionali e la circostanza che ormai da due anni l’arretrato presso
i tribunali ha iniziato a decrescere in modo sistematico, probabilmente
grazie alle riforme strutturali che sono state realizzate a partire dall’istituzione
del giudice di pace. Si tratta di elementi su cui occorre investire con
decisione. Ma, anche qui, occorre prendere le mosse dai numeri. Mentre
negli anni 1995-99 le sezioni civili delle corti di appello vedevano decrescere
leggermente l’arretrato (passato da 101.000 a 92.000 unità) ed i tribunali
mostravano una tendenza alla stabilità (con arretrato sceso da 2.046.000
a 1.917.000 unità), le preture segnavano un fortissimo segno negativo
(con arretrato che da 1.755.000 era salito a oltre 2.540.000 unità). Il
tutto a fronte di un arretrato presso gli uffici del giudice di pace passato
da circa 84.000 a oltre 390.000 unità. Dopo la riforma del giudice unico,
le tendenza sono profondamente cambiate. Le corti di appello vedono l’arretrato
salire dalle 92.000 unità del 1999 alle 176.000 del dicembre 2001, mentre
i tribunali (unificati) segnano una forte tendenza alla riduzione delle
pendenze, scese ogni anno del 6% e passate da 4.450.000 a poco pi di
3.900.000; difficile la situazione per i giudici di pace, il cui arretrato,
nonostante un forte incremento di produttività, è salito a 704.000 unità.
Inutile dire che nel settore lavoro ad un lieve miglioramento delle pendenze
presso i tribunali (pari a poco meno del 2%) ha fatto riscontro un drammatico
incremento di arretrato presso le corti di appello, dove l’arretrato a
fine 2001 era di oltre 64.000 unità. Si tratta di dati che, se ben interpretati,
consentono - in presenza di progetti organizzativi - di individuare le
priorità di intervento e di calibrare investimenti e risorse. Su questo
occorre lavorare ancora molto, ma è evidente che eludendo questi nodi,
e gli latri che emergeranno dal dibattito, la parola efficienza appare
destinata a rimanere priva di contenuto reale.

31 05 2000
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