Cronache dal Consiglio n. 8

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CRONACHE DAL CONSIGLIO Elisabetta Cesqui, Vincenza Maccora, Livio Pepino, Fiorella Pilato NOTIZIARIO N. 8 maggio 2007 OGGETTO: PLENUM 2, 3, 9, 15, 17 e 23 maggio 2007 e LAVORI DI COMMISSIONE

  • Dal plenum
    1. Il Consiglio approva la circolare Maddalena;
    2. La modifica del modulo delle domande di tramutamento;
    3. L'attribuzione dei punteggi ai magistrati in sedi disagiate;
    4. Le modifiche alla circolare sulle incompatibilità;
    5. Conferimenti di incarichi direttivi e semidirettivi;
    6. Sul diritto di accesso agli atti della procedura per il conferimento di incarichi direttivi;
    7. L'estensione dei poteri di vigilanza del Presidente del Tribunale sulla distribuzione degli incarichi ai consulenti tecnici;
    8. La nomina dei referenti per la formazione decentrata.
  • Dalle Commissioni
    1. Proposta di nomina per incarichi semidirettivi e direttivi;
    2. Aggiornamento delle attività della V Commissione.

    Dal plenum


    1. Il Consiglio approva la circolare Maddalena.

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    Il 15 maggio si è tenuta la seduta straordinaria di plenum per esaminare 3 progetti organizzativi predisposti dai Procuratori della Repubblica di Busto Arsizio, Palermo e Torino che regolavano la trattazione dei procedimenti in conseguenza dell'applicazione dell'indulto.
    La Settima Commissione aveva concluso i suoi lavori deliberando 3 proposte alternative (avanzate da Napolitano, Maccora e Ferri).
    Il dibattito è stato ampio e approfondito ed all'esito dello stesso i colleghi di MI hanno ritirato la propria proposta dichiarando di voler convergere su quella presentata da noi; quindi, sono state poste in ballottaggio le due restanti proposte alternative (Napolitano, Maccora).
    La nostra proposta (che si può trovare in calce a questo notiziario) è stata approvata a maggioranza con 13 voti: MD, Movimenti, MI, il Vice Presidente Mancino e i consiglieri Vacca e Volpi.

    Con tale delibera il C.S.M.:
    1) a fronte dell'abrogazione dell'art. 7 ter Ord. Giud., recupera pienamente il potere di intervento rispetto ai progetti organizzativi degli uffici requirenti e di interlocuzione con i dirigenti degli uffici di Procura;
    2) non si limita ad attribuire burocraticamente una "sorta di timbro" di conformità o meno (linea su cui si muove la proposta Napolitano invitando genericamente il Procuratore a riconsiderare la propria circolare) ma, anche nella parte dispositiva, dà una interpretazione adeguatrice quando ciò è possibile (punti a - b - c della proposta) ed invita a rivedere solo laddove questa interpretazione adeguatrice non è possibile essendovi un irrimediabile contrasto con i principi costituzionali (punto d);
    3) riafferma, in conformità alla risoluzione approvata all'unanimità dal CSM il 9 novembre 2006, che i dirigenti "possono e devono" adottare provvedimenti idonei a razionalizzare la trattazione degli affari alla luce dei carichi di lavoro e delle risorse disponibili, nel rispetto dei principi costituzionali (artt. 112 e 101, Costituzione), perch ciò risponde anche all'esigenza di dare adeguato peso ai principi consacrati nell'art. 97 Cost.
    Inoltre, le circolari esaminate si presentano tutte come risposte trasparenti ad uno stato di necessità, e come tale verificabili e quindi meno esposte ad abusi e strumentalizzazioni.
    Un'ultima annotazione. A fronte di tre circolari che presentano tutte non una selezione finalistica dei procedimenti, ma semplicemente - in modo pi o meno dettagliato - una sequenza di priorità differenziata nella trattazione, particolare scandalo ha destato solo quella del Procuratore di Torino, nei confronti del quale vi sono state molteplici segnalazioni delle Camere penali. In particolare, nell'ultimo esposto, le Camere Penali sottolineano l'urgenza di un intervento legislativo nel settore della giustizia penale (esigenza sicuramente da condividere) per evitare che la magistratura, con interventi come quello del Procuratore di Torino, si attribuisca un illegittimo ruolo di supplenza.
    Certo suscita non poche perplessità la circostanza che l'Unione delle Camere penali da un lato esprima una netta contrarietà verso l'adozione di moduli organizzativi che cercano in assoluta trasparenza di razionalizzare e "non far girare a vuoto" la giustizia penale, dall'altro si opponga di fatto agli interventi legislativi che si muovono proprio in direzione deflativa. Come non ricordare che il DDL Mastella in materia di accelerazione e razionalizzazione del processo penale, presentato il mese scorso al Consiglio dei Ministri, ha subito un forte ridimensionamento anche ad opera dell'intervento e dell' astensione proclamata dall'Unione Camere penali, se un comunicato emesso dalla suddetta associazione - che si può leggere sul sito dell'associazione - rivendica come "vittoria" la retromarcia registrata rispetto al testo originario, dove tra l'altro è scomparso ogni riferimento alla non punibilità per "irrilevanza del fatto, nei casi di particolare tenuità dell'offesa o di occasionalità del comportamento".


    2. La modifica del modulo delle domande di tramutamento.

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    E' stato approvato nella seduta del 17 maggio il testo definitivo della delibera che modifica il sistema di presentazione delle domande di trasferimento, traducendo il modulo cartaceo in modulo telematico munito di finestre di dialogo, studiate apposta per "guidare" alla corretta compilazione del modulo stesso e per fare in modo che l'interessato fornisca tutte le informazioni utili per l'attribuzione di eventuali punteggi aggiuntivi. E' l'unico sistema che può consentire di raggiungere contemporaneamente due importantissimi risultati: la concreta accelerazione delle procedure di trasferimento, facilitando il lavoro istruttorio della segreteria e della commissione e riducendo il margine di errore nella verifica delle diverse posizioni attraverso l'esame dei documenti prodotti (o richiamati, se già in possesso del Consiglio); la pubblicazione di una graduatoria provvisoria non pi basata sulla sola anzianità, ma indicativa anche dei punteggi aggiuntivi potenzialmente idonei a modificare la graduatoria (se e quando, naturalmente, ne saranno stati verificati i presupposti). L'effetto è quello di un'effettiva e inedita trasparenza delle procedure e delle decisioni consiliari, che ciascuno sarà in grado di seguire e controllare. Dietro c'è un enorme lavoro, svolto in stretta collaborazione con i segretari addetti alla III commissione, Segretario generale e Vice segretario, struttura amministrativa e struttura per lo sviluppo informatico del Consiglio. Senza questo supporto tecnico e questo investimento di risorse (umane e materiali) non sarebbe mai stato possibile realizzare gli obbiettivi che, come relatrice della pratica sulle tecniche di accelerazione delle procedure di trasferimento e con l'appoggio convinto di tutti gli altri componenti della commissione, intendevo realizzare.
    Ci rendiamo conto che c'è un prezzo da pagare anche per chi aspira a un trasferimento, in termini di impegno nel compilare la domanda, operazione che richiede attenzione e precisione. Si tratta di un onere aggiuntivo che, almeno all'inizio, potrà creare forse qualche difficoltà e qualche malumore, ma che va accettato perch chiama ciascuno a un'assunzione di responsabilità, indispensabile perch è impossibile un autogoverno efficiente e trasparente senza la collaborazione di tutti i magistrati destinatari delle procedure consiliari.
    La preventiva approvazione della delibera doveva precedere quella dell'immediata pubblicazione del bollettino dei trasferimenti, pure portata alla discussione in plenum nella stessa data. Si tratta, come è ormai noto, della pubblicazione di tutte le vacanze negli uffici di primo grado (o meglio: quasi tutte, perch una manciata di posti vacanti deve essere comunque conservata per far fronte alle fisiologiche emergenze di trasferimenti d'ufficio in sede cautelare disciplinare, trasferimenti urgenti extra ordinem, rientri in ruolo). Sarebbe stato meglio sperimentare il nuovo sistema con una pubblicazione ristretta di posti, per verificare eventuali inconvenienti e adottare i necessari correttivi prima di affrontare un bando di quasi 500 posti. Abbiamo convenuto però che non fosse possibile rinviare ancora una pubblicazione completa, perch la mobilità è bloccata da troppo tempo e - notazione non secondaria - questa potrebbe essere l'ultima occasione per consentire, attraverso un trasferimento ordinario, un passaggio "indolore" dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa, venendo incontro alle aspirazioni di ciascuno.


    3. L'attribuzione dei punteggi ai magistrati in sedi disagiate..

    (torna all'indice)

    Nella seduta straordinaria di mercoledì 23 maggio, approvato all'unanimità il nostro ordine del giorno diretto a sollecitare un intervento legislativo urgente - all'occorrenza in forma di decreto legge - capace di risolvere in modo definitivo la situazione di gravissima incertezza sul regime dei benefici non economici previsti dalla L. 133/1998 dopo la modifica apportata nel 2005 e la conseguente precarietà dei trasferimenti da deliberare nei prossimi mesi, il plenum del C.S.M. ha approvato, con 11 voti a favore (Maccora, Pepino, Pilato, Fresa, Petralia, Riviezzo, Siniscalchi, Tinelli, Vacca, Volpi e Mancino, il cui voto "doppio" è stato decisivo), 11 contrari (Berruti, Carrelli Palombi, Mannino, Napolitano, Roia, Viola, Ferri, Patrono, Romano, Bergamo e Saponara) e un astenuto (il Procuratore Generale Delli Priscoli), anche l'altro ordine del giorno (presentato dai consiglieri di Md, Movimenti, laici di sinistra Tinelli, Vacca e Volpi), alternativo alle proposte di immediata modifica della circolare sui trasferimenti avanzate dai consiglieri di Unicost e di MI e finalizzate entrambe ad attribuire punteggi aggiuntivi a chi avesse maturato il quinquennio di permanenza in sede disagiata ex L.133.
    La spaccatura registrata su un problema tanto delicato e spinoso impone di dar conto delle ragioni della nostra posizione.
    Magistratura democratica nel marzo scorso era stata la prima, all'indomani della sentenza con la quale il T.A.R. Lazio aveva annullato la delibera consiliare del settembre 2005, a proporre robusti punteggi aggiuntivi quale alternativa alla prescelta assoluta ("l'obiettivo essenziale da perseguire rimane quello di assicurare una maggiore stabilità nella copertura delle sedi disagiate, evitando gli effetti negativi di un continuo turn over. A tal fine si deve attuare un meccanismo di adeguati incentivi attraverso punteggi aggiuntivi"eventualmente studiare, per il caso di permanenza oltre un certo numero significativo di anni, un aumento di punteggio direttamente proporzionale al progredire della durata della permanenza"). Dunque, Unicost ed MI non hanno inventato e proposto nulla di nuovo: sulla linea dell'aumento di punteggio eravamo e siamo d'accordo, essendo stati anzi i primi a muoverci in questa direzione.
    Abbiamo tuttavia ritenuto che, dopo aver chiesto un intervento normativo di rango primario, sarebbe stato insostenibile il rischio di "anticipare" il legislatore, nella situazione contingente d'incertezza interpretativa della norma di legge vigente (incertezza destinata a durare finch il Consiglio di Stato non si sarà pronunciato almeno in sede di sospensiva), introducendo irresponsabilmente un elemento ulteriore d'incertezza e confusione nella gestione dei concorsi per tutti i posti per i quali si facesse valere il "nuovo" punteggio aggiuntivo, giacch è fin troppo prevedibile il ricorso al T.A.R. dei controinteressati (le cui posizioni concorsuali e le cui aspirazioni sono lese giocoforza, non dimentichiamolo mai, dai benefici premiali riconosciuti ai "disagiati").
    E sarebbe stato un rischio elevato perch, fermo restando che la riserva di legge di ordinamento giudiziario non preclude al C.S.M. di concorrere a regolare situazioni rilevanti con la sua produzione paranormativa, tale spazio d'intervento si restringe assai quando il legislatore, come in questo caso, sembra aver inteso occupare tutti i possibili spazi di regolazione disegnando tipo e ampiezza dei benefici non economici per i magistrati delle sedi disagiate con una normativa di dettaglio, che rende difficilmente praticabile ogni altra soluzione, diversa anche sul solo piano "quantitativo", perch la scelta legislativa presuppone un preciso e voluto bilanciamento di tutti gli interessi in gioco (dei magistrati disagiati e di tutti gli altri interessati alla mobilità).
    Ma a tale soluzione non abbiamo certo opposto un rifiuto impegnando il Consiglio, con l'ordine del giorno proposto e approvato, ad operare su questa linea appena le condizioni diventassero pi favorevoli.
    Oggi, infatti, sarebbe troppo spericolata una norma secondaria che pretendesse di insinuarsi vittoriosamente in questo spazio ristretto, perch sottoposta necessariamente a una duplice condizione per diventare operativa: da un lato, alla condizione che cada definitivamente il diritto alla prescelta assoluta, col rigetto del ricorso consiliare da parte del Consiglio di Stato (che evidentemente non diamo per scontato, altrimenti non avrebbe avuto senso prolungare il contenzioso); dall'altro, alla condizione che non intervenga nel frattempo il provvedimento legislativo che - tutti - fortemente sollecitiamo e auspichiamo, magari attribuendo ai disagiati benefici maggiori di quelli che una norma secondaria potrebbe azzardarsi a riconoscere ed estendendoli alla tutela delle situazioni pregresse.
    Una previsione paranormativa praeter legem sarebbe assai pi solida di fronte a un fatto nuovo come una pronuncia sfavorevole del Consiglio di Stato, che in ipotesi confermasse le decisioni di annullamento di delibere consiliari fondate sull'interpretazione della normativa vigente da parte del T.A.R., perch proprio il fatto di non poter continuare ad applicare la legge secondo il testo previgente alle modifiche introdotte dall'art. 14-sexiesdecies D.L. 115/2005 all'art. 5 L 133/1998 consentirebbe la rivisitazione consiliare della materia dei benefici premiali ai disagiati (anche a quelli interessati dalle procedure di un bando in itinere) secondo parametri accettati dalla giurisprudenza amministrativa. Non sarebbe pi possibile, infatti, negare al C.S.M. il buon uso del suo potere discrezionale esercitato nell'interesse pubblico e nel rispetto delle norme di buona amministrazione (senza quindi incorrere nelle figure sintomatiche di eccesso di potere), perch fondato a quel punto sulla considerazione dell'insufficienza dei benefici premiali riservati dal legislatore del 2005 (in una situazione di "pieno organico") ai magistrati delle sedi disagiate; tutto questo in un momento in cui invece la situazione è mutata per la stasi dei concorsi in magistratura, che apre di nuovo la prospettiva di paurosi vuoti di organico e quindi di drammatiche disfunzioni operative degli uffici periferici nelle aree pi difficili del sud. Sarebbe agevole, a quel punto, muovendo da presupposti di fatto obiettivi e certi (la definitiva caducazione del diritto alla prescelta, allo stato ancora difeso dal Consiglio!), motivare adeguatamente l'esercizio del potere discrezionale di paranormazione esplicitando le ragioni che lo sostengono, la sua congruità rispetto alle ragioni stesse e la sua coerenza con gli altri strumenti normativi (perch comunque anche il legislatore del 2005 è rimasto nell'ottica dell'opportunità di un trattamento premiale incentivante alla permanenza in sede disagiata).
    Inoltre la previsione di punteggi aggiuntivi potrebbe essere anche pi coerente con la volontà del legislatore (rinforzando la legittimazione della scelta adottata), se nel frattempo fosse intervenuta una risposta positiva alle nostre richieste; infatti, anche se gli attuali tempi della politica non fanno ben sperare nell'approvazione tempestiva di una nuova legge, già la presentazione di un emendamento governativo alla riforma dell'ordinamento, ispirato alle stesse valutazioni della situazione di fatto, ci spianerebbe la strada.
    Nessuna "burocratica timidezza", dunque, da parte nostra, nessuna abdicazione dalle prerogative costituzionali di intervento del C.S.M. in tema di trasferimenti dei magistrati, ma una riflessione approfondita e ragionata, cui è seguita una chiara e forte assunzione di responsabilità per evitare il salto nel buio di soluzioni malferme sul piano tecnico-giuridico, foriere di ulteriori contenziosi, utili magari per guadagnarsi un effimero consenso, ma anche idonee a minare la credibilità del Consiglio e soprattutto a danneggiare, insieme alla funzionalità degli uffici, proprio gli interessi della categoria che si vorrebbe proteggere.


    4. Le modifiche alla circolare sulle incompatibilità.

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    Nella plenum del 23 maggio 2007 è stata approvata la proposta della Prima Commissione (relatori Riviezzo e Romano) di modifica della circolare del 2003 sulle incompatibilità per rapporti con avvocati e con magistrati della stessa sede (il testo è leggibile nel sito www.cosmag.it): si tratta di un aggiornamento - per alcune parti molto significativo - imposto dall'art. 29 D. Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109 che ha riscritto gli artt. 18 e 19 O.G.

    Queste le principali modifiche (alle quali vanno aggiunte alcune innovazioni di carattere procedurale):
    - è stata definita la nozione di "convivenza", ricompresa ora dalla legge tra i presupposti dell'incompatibilità (par. 5);
    - la posizione dei magistrati assegnati a tribunali organizzati in un'unica sezione promiscua è stata disciplinata sulla base della pi severa disposizione introdotta dal legislatore del 2006 (par. 12);
    - in linea con il nuovo art. 19 O.G., i criteri di accertamento delle situazioni di incompatibilità ex art. 19 O.G. sono stati ridefiniti in termini pi rigorosi (par. 31);
    - è stata prevista un'analitica regolamentazione per quanto riguarda i dirigenti degli uffici (parr. 37 e ss.);
    - è stato disciplinato il nuovo caso di incompatibilità tra magistrati addetti agli Uffici di procura e ufficiali o agenti di Polizia Giudiziaria (par. 42).
    I magistrati che, in forza delle modifiche apportate con la delibera del 23 maggio alla circolare alla Circolare n. P-25531 del 10 dicembre 2003, si trovano in una situazione di potenziale incompatibilità dovranno rendere la relativa dichiarazione entro il 31 dicembre 2007.


    5. Conferimenti di incarichi direttivi e semidirettivi.

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    Sono stati conferiti all'unanimità i seguenti incarichi direttivi e
    semidirettivi:

    • Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Cagliari al dott. Francesco Sette, ,
      presidente di sezione del Tribunale di Cagliari;

    • Procuratore della Repubblica di Oristano al dott. Andrea Padalino Morichini,
      sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma.

    • Presidente di sezione del Tribunale di Avellino al dott. Antonio Giovanni Marena, ,
      consigliere della Corte d'Appello di Napoli;

    • Presidente di sezione della Corte d'Appello di Milano al dott. Luigi Martino,
      presidente di sezione del Tribunale di Milano;

    • Procuratore aggiunto della Repubblica di Milano al dott. Alberto Nobili, ,
      sostituto presso la stessa Procura della Repubblica.

    E' stato nominato Presidente di sezione della Corte di Cassazione il dott. Michele Varrone,o, attualmente consigliere della Corte di Cassazione (Unicost, MD, Movimenti, Mancino, Delli Priscoli e Saponara), che ha prevalso sul dott. Giorgio Di Iorio, anch'egli consigliere della Corte di Cassazione (MI, Anedda, Siniscalchi e Tinelli); astenuti Bergamo, Vacca e Volpi.


    6. Sul diritto di accesso agli atti della procedura per il conferimento di incarichi direttivi.

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    Il 2 maggio il C.S.M. ha risposto, aderendo integralmente ad un parere dell'Ufficio studi, ad un quesito avanzato dal Consiglio giudiziario di Napoli circa la possibilità, per un magistrato che partecipi ad un concorso per il conferimento di un incarico direttivo, di ottenere il rilascio di copia dei pareri emessi in relazione a tutti gli altri aspiranti al medesimo ufficio direttivo.
    Il C.S.M. ha ritenuto sostanzialmente applicabile in questi casi l'accesso del magistrato interessato anche ai pareri degli altri candidati all'ufficio direttivo cui egli concorre.
    Gli aspetti pi problematici riguardavano il momento dell'esercizio del diritto d'accesso e l'organo cui spetta la pronuncia sulla richiesta.
    Circa la prima questione la delibera afferma la possibilità di ottenere l'accesso prima della definizione del procedimento, tenendo conto che il contributo o la partecipazione al procedimento stesso da parte dell'interessato può evidentemente intervenire anche dopo la formulazione dei pareri da parte dei Consigli giudiziari e prima della decisione adottata dal C.S.M.
    Ad operare la valutazione sulla richiesta del magistrato interessato deve essere il C.S.M. perch non può che spettare a quest'organo, che formula l'atto conclusivo della procedura, la valutazione sulla sussistenza dei presupposti per l'accesso, cioè l'interesse diretto, concreto e attuale del richiedente, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata agli atti per i quali è richiesto l'accesso.


    6. Sollecitudine e tempestività nei procedimenti disciplinari riguardanti i giudici di pace.

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    Con una delibera dell'8 febbraio il Consiglio ha raccomandato ai presidenti delle corti d'appello una puntuale osservanza dei termini di iscrizione delle notizie di rilevo disciplinare riguardanti i giudici di pace nell'apposito registro, poich è dal momento dell'iscrizione che decorre il termine annuale, maturato il quale, il procedimento disciplinare si estingue.
    Un'importante delibera consiliare del 7-4-2005 aveva già stabilito che il termine annuale di decadenza della procedura disciplinare va calcolato dal momento in cui la notizia disciplinare era iscrivibile nel registro e non da quando era stata effettivamente iscritta; cosa che rende ancora pi importante la tempestività dell'iscrizione.
    I presidenti delle corti d'appello sono stati sollecitati anche alla massima tempestività nella trasmissione delle pratiche relative ai procedimenti disciplinari dei giudici di pace al C.S.M. in modo da evitarne l'estinzione per prescrizione.


    7. L'estensione dei poteri di vigilanza del Presidente del Tribunale sulla distribuzione degli incarichi ai consulenti tecnici..

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    La delibera del 2 maggio (che risponde ad un quesito avanzato da alcuni colleghi), riprendendo in larga parte un parere dell'Ufficio studi, esamina il tema dell'estensione dei poteri di vigilanza di cui all'art.23 disp.att.c.p.c. del presidente del tribunale sull'equa distribuzione degli incarichi peritali ed in particolare prende in considerazione la possibilità di giungere ad una vera e propria interdizione alla nomina nel momento in cui veniva fatto rilevare che il conferimento di quegli incarichi non si presentava equamente distribuito.
    Il punto problematico si rileva nella possibile ingerenza sull'esercizio della giurisdizione di tale potere di vigilanza, che, per altro verso, è sovente funzionalizzato alla segnalazione di fatti disciplinarmente rilevanti ed a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs.109/2006 i dirigenti degli uffici hanno ormai l'obbligo di comunicare ai titolari dell'azione disciplinare ogni fatto che presenti a tale riguardo profili di rilievo.
    Pertanto, il tema in questione si pone al centro di vari aspetti di particolare rilievo, quali l'esercizio della funzione giurisdizionale dei magistrati, il potere di vigilanza del presidente del tribunale ex art.23 disp.att.c.p.c. e l'obbligo di comunicazione del dirigente dell'ufficio dei fatti di rilievo disciplinare; dal raggiungimento di un punto di equilibrio tra tutti questi compositi interessi, cui devono prestare adeguata collaborazione presidente del tribunale e magistrati, si deve comunque pervenire ad un'equa distribuzione degli incarichi di consulente tecnico tra gli iscritti all'albo (che è il chiaro fine perseguito dalla legge).
    Laddove sia necessario determinare un riequilibrio nella distribuzione degli incarichi, il Consiglio profila soluzioni diluite nel tempo, che non interrompano bruscamente l'assegnazione degli incarichi ad alcuni consulenti, ma li riducano sensibilmente, così da riassorbire in un ragionevole lasso di tempo lo squilibrio riscontrato.


    8. La nomina dei referenti per la formazione decentrata.

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    I referenti per la formazione decentrata sono stati in gran parte nominati con delibere approvate al plenum il 10 e 16 maggio. Rimangono da coprirete alcune sedi (Cagliari, Campobasso, Catanzaro, Messina, Potenza, Salerno e Reggio Calabria) per le quali è stato necessario riaprire totalmente (sia per il civile che per il penale, ) o parzialmente l'interpello.
    All'esito di questa tornata di nomine alcune valutazioni sono possibili. La prima riguarda una percepibile crisi delle vocazioni, a fronte della verificata validità della formazione decentrata come momento significativo di crescita della magistratura nel suo complesso. Vi sono state complessivamente meno domande, anche nelle sedi dove la formazione decentrata ha fino ad adesso dato le migliori prove, ed in alcuni distretti vi è una vera e propria resistenza ad assumere un ruolo propulsivo che l'esperienza ha insegnato essere molto utile e stimolante, ma certamente impegnativo.

    Uno spaccato di questa situazione di disagio l'avevamo peraltro avuto in commissione quando, a seguito delle dimissioni di Paolo Ielo dalla formazione decentrata di Milano, la commissione aveva proceduto alla audizione sua e degli altri formatori. Ielo aveva lamentato una caduta di tensione complessiva della formazione milanese, una sorta di deliberato ridimensionamento delle ambizioni diretto a fornire un servizio meno tempestivo, meno aderente alle esigenze effettive dei colleghi e tarato su uno standard qualitativo decoroso, ma volto alla mediocrità, sul presupposto che altre (ad esempio quelle accademiche) fossero le sedi in cui dovesse svolgersi la discussione tecnica di alto livello sui temi di punta del panorama legislativo e giurisprudenziale. La scelta dei temi, la caduta di progettualità e di collegialità nella programmazione delle attività, l'abbandono di fatto dei periodici appuntamenti per l'aggiornamento sulle questioni controverse, ai quali Guglielmo Leo aveva dato un taglio al tempo stesso di grande attualità e di notevole approfondimento teorico, la perdita di tempestività degli incontri rispetto alle maggiori innovazioni legislative, la difficoltà di affrontare con un approccio adeguato un tema come quello del terrorismo, che aveva visto gli uffici milanesi particolarmente esposti a livello nazionale, erano stati segnalati da Ielo come epifenomeni significativi di una pi profonda situazione di disagio. Gli altri formatori (Angelo Mambriani, Nunzia Gatto e Aurelio Barazzetta) non avevano condiviso da parte loro l'analisi di Ielo e avevano ricondotto la situazione di difficoltà a ragioni pi contingenti che avevano oggettivamente reso meno armonici i rapporti e meno agevole l'impegno paritario di tutti i colleghi nel seguire l'attività. Non era intendimento o compito della commissione trarre conclusioni operative da quelle audizioni, ne' tantomeno distribuire torto e ragione, ma certo il numero ridotto, sia pure qualitativamente significativo, delle domande di partecipazione anche nel distretto milanese, dove l'esperienza della formazione decentrata è tradizionalmente trainante, fornisce una conferma del disagio segnalato da Ielo e denuncia una caduta di tensione che sarebbe pericoloso sottovalutare.

    Una valutazione sicuramente positiva deve in ogni caso essere riservata al metodo di lavoro che la commissione si è data nel rinnovo delle nomine. Il fatto che in molti casi si trattasse di confermare formatori già in carica e che in alcuni distretti il numero degli aspiranti fosse limitato toglie poco all'ottimo risultato raggiunto: tutte le nomine sono state fatte all'unanimità e tutte all'esito di un esame dei curricula e dei profili estremamente sereno. Senza ammiccamenti a posizioni anti-correntizie, che hanno sempre qualcosa di demagogico, si può dire che non vi sono state torsioni o forzature imposte da "equilibrismi" di tipo associativo e che si è seguito un metodo (quello di seguire l'ordine alfabetico nella successione dei distretti e rimanere ben ancorati alle valutazioni suggerite dagli atti, a cui si sono cercate conferme ed integrazioni attraverso il contatto diretto ed informale con i colleghi che vivono la realtà di ogni singolo distretto), metodo che, senza proclami preventivi o anatemi successivi, potrebbe essere utilmente e proficuamente seguito anche in altre occasioni.
    La formazione decentrata, che è cominciata come una scommessa, è diventata un asso portante dell'aggiornamento professionale della magistratura, che, dove è riuscita a raggiungere livelli alti di operatività, è fortemente innervata con la vita quotidiana degli uffici e costituisce una manifestazione concreta della vitalità dell'autogoverno diffuso. Non sappiamo ancora quando, e a volte neanche se, la scuola della magistratura vedrà la luce, ma certamente il mantenimento della formazione decentrata nel circuito C.S.M. - consigli giudiziari - distretti non potrà che giovare alla formazione, a patto che alla capillarità della penetrazione corrisponda un costante ed accresciuto impegno di tutti i soggetti coinvolti.

    La cosa, seppur passata sotto silenzio, merita una segnalazione e un commento. Sino ad oggi non esistevano, infatti, circolari relative a tali giudici, la cui disciplina era inserita nei bandi approvati ogni triennio. Ci è parso necessario modificare tale prassi non solo per ragioni formali (essendo un po' improprio inserire nei bandi di concorso, per esempio, la disciplina del procedimento disciplinare...), ma soprattutto per ragioni di sostanza. Siamo infatti convinti della necessità di avviare in Consiglio una riflessione su caratteristiche, funzioni e status dei magistrati onorari minorili e di sorveglianza, finalizzata alla predisposizione di una disciplina complessiva e, per molta parte, unitaria.

    Le circolari, complete e dettagliate in alcuni punti (requisiti e procedura di nomina, incompatibilità, doveri, formazione e cause di revoca o dispensa) sono palesemente carenti su altri (in particolare quelli relativi alle attribuzioni dei giudici onorari, ai loro tempi di lavoro e al loro status complessivamente inteso). Di ciò eravamo (e siamo) ben consapevoli; e tuttavia ci è parsa, quella seguita, la strada migliore. In primo luogo per evitare ritardi nella pubblicazione dei bandi per i nuovi giudici onorari (le cui domande, per consentire la nomina nei termini, devono essere presentate entro il 15 aprile); in secondo luogo per creare un "contenitore" suscettibile di integrazioni e modifiche anche medio tempore (cioè tra un bando e l'altro). Il corollario è una richiesta agli uffici e alle associazioni specializzate: apriamo subito un confronto per arrivare, in tempi brevi, agli interventi di completamento necessari

    Dalle Commissioni


    1. Proposta di nomina per incarichi semidirettivi e direttivi..
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    La Quinta commissione ha proposto all'unanimità di conferire i seguenti
    incarichi direttivi e semidirettivi:

    • - Procuratore della Repubblica di Rovereto al dott. Corrado Pascucci ,
      giudice del Tribunale di Trento;

    • Procuratore aggiunto della Repubblica di Torre Annunziata al dott. Raffaele Marino ,
      sostituto procuratore della Repubblica di Roma;

    • Presidente di sezione della Corte di Cassazione , (5 posti) ai dott.ri Giovanni De Roberto, Giangiulio Ambrosini, Luigi Di Nanni, Saverio Chieffi e Maria Gabriella Luccioli, tutti consiglieri della Corte di Cassazione. Gabriella Luccioli realizza il significativo risultato di essere la prima donna designata a ricoprire il ruolo di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione.
    • Per il posto di Procuratore aggiunto della Corte di Cassazione sono stati proposti i dott.ri Antonio Siniscalchi (Patrono), Vitaliano Esposito (Berruti) e Giovanni Palombarini(Maccora e Petralia), tutti Avvocati generali presso la stessa Procura generale della Corte di Cassazione; astenuto Bergamo, mentre Siniscalchi non ha partecipato al voto.
    • Per un posto di Presidente di sezione della Corte di Cassazione sono stati proposti i dott.ri Fabrizio Miani Canevari (Berruti, Maccora e Petralia) e Aldo Grassi (Bergamo, Patrono e Siniscalchi), entrambi consiglieri della Corte di Cassazione.
    • Per il posto di Presidente del Tribunale di Roma sono stati proposti il dott. Giovanni Canzio (Maccora, Petralia e Siniscalchi), consigliere della Corte di Cassazione, il dott. Bruno Ferraro (Bergamo e Berruti), Presidente del Tribunale di Velletri, ed il dott. Giuseppe Falcone (Patrono), Presidente del Tribunale di sorveglianza di Roma.
    • Per il posto diPresidente di sezione della Corte d'Appello di Genova sono stati proposti il dott. Marco Devoto (Bergamo, Berruti, Petralia e Siniscalchi), presidente di sezione del Tribunale di Genova, ed il dott. Salvatore Sinagra (Maccora e Petralia), sostituto procuratore generale presso la Corte d'Appello di Milano
    • Per due posti di Presidente di sezione della Corte d'Appello di Venezia sono stati proposti i dott.ri Giuseppe Perillo e Vittorio Rossi (Berruti, Maccora, Patrono, Petralia e Siniscalchi), rispettivamente presidente di sezione del Tribunale di Vicenza e consigliere della Corte d'Appello di Venezia.
    • Per un posto di Presidente di sezione del tribunale di Messina sono stati proposti la dott.ssa Marina Moleti (Bergamo, Maccora, Patrono e Petralia) ed il dott. Adolfo Vittorio Fiorentino (Berruti e Siniscalchi), entrambi consiglieri della Corte d'Appello di Messina.


    2. Aggiornamento delle attività della V Commissione.
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    Gli incarichi direttivi complessivi da deliberare sono 68 (di cui 60 pubblicati a partire da novembre 2006); la procedura è per molti di essi ancora in fase istruttoria.
    Delle48 pubblicazioni effettuate nella precedente consiliatura ne rimangono da definire 8 relative ad uffici di merito.
    Per tali uffici di merito sono state già effettuate le relazioni introduttive ed è stata deliberata attività istruttoria con audizioni in relazione alla presidenza della Corte d'Appello di Venezia, alla presidenza del Tribunale di Messina ed alla presidenza del Tribunale dei Minorenni di Torino (audizioni che in parte sono state già espletate). Nell'ultima settimana di maggio verrà conclusa l'attività istruttoria e si procederà alla definizione con il voto in commissione.
    I tempi di definizione delle pratiche ereditate sono stati pi ampi del previsto, per l'importanza e/o la delicatezza della valutazione richiesta per il conferimento di alcuni uffici direttivi (ad esempio la Presidenza del Tribunale di Roma), che hanno comportato maggior tempo nella trattazione anche all'esito della attività istruttoria utilmente disposta.
    Rimangono da esaminare e definire nell'arco del mese giugno ancora 5 posti delle pratiche ereditate -attualmente con istruttoria completa-: Presidente della Corte d'Appello di Bari, Presidente dei Tribunali di Bari e S. Maria Capua Vetere, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Bologna e Presidente del Tribunale di sorveglianza di Milano.
    Permane una percentuale alta delle pratiche definite in commissione con proposta unanime.

    Per i posti semidirettivi sono da valutare complessivamente 58 pubblicazioni.
    E' stata esaurita la trattazione dei posti relativi al bando del luglio 2005 ed è iniziata la trattazione dei posti pubblicati con bando del febbraio 2006, di cui rimangono da esaminare 17 semidirettivi. Le procedure relative alle pubblicazione del novembre - dicembre 2006 (41) sono in fase istruttoria ad eccezione dei 3 posti di procuratore aggiunto della Procura di Roma.
    In relazione a tale procedimento, essendo completa l'istruttoria, la pratica è stata fissata all'ordine del giorno dei lavori della commissione a seguito di delibera a maggioranza.
    La decisione risponde ad un'esigenza di funzionalità del lavori della stessa commissione (si tratta di una procedura di pronta definizione, trattandosi per lo pi di aspiranti i cui profili professionali sono già stati esaminati in occasione della definizione del posto di aggiunto pubblicato con il bando luglio 2005 già deliberato in commissione, e conseguentemente si è ritenuto opportuno cogliere la possibilità di velocizzare l'iter di trattazione, anche per non lasciare inutilmente scoperto uno degli uffici di procura pi grande del paese) e di maggiore ponderatezza della decisione, dovendo provvedere nell'arco di qualche mese a deliberare complessivamente quattro nomine per il medesimo ufficio. A tal fine una trattazione ravvicinata meglio risponde alla valutazione comparativa richiesta dalla normativa secondaria "per preporre all'ufficio da ricoprire l'aspirante pi idoneo per attitudine, merito ed anzianità, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare ed eventualmente a particolari profili ambientali". Una trattazione ravvicinata quindi quale scelta funzionale per pervenire ad una giusta comparazione dei diversi profili professionali rapportati alla complessità dell'ufficio interessato.
    Il plenum della prossima settimana delibererà la pubblicazione di tutti i semidirettivi allo stato vacanti, che saranno definitivamente individuati già da lunedì in commissione.


    PROPOSTA "B" - relatore dott.ssa MACCORA

    La Commissione con un voto a favore propone l'adozione della seguente risoluzione:
    Il Consiglio,
    nella pratica avente ad oggetto l'esame delle possibili conseguenze sul piano ordinamentale della circolare del Procuratore della Repubblica di Torino n. 58/07-SP, e delle altre direttive emanate dai dirigenti degli Uffici di Procura (segnatamente quelli di Palermo e Busto Arsizio) in tema di trattazione dei procedimenti in conseguenza dell'applicazione dell'indulto,
    OSSERVA
    1. Con la presente delibera - avuto riguardo alle competenze attribuite alla settima Commissione - si considerano i provvedimenti emessi dai Procuratori della Repubblica sopra citati e comunicati al CSM esclusivamente sotto il profilo della verifica dei progetti organizzativi, delle condizioni di direzione e organizzazione degli uffici giudiziari, delle eventuali disfunzioni e delle relative cause.
    Ciò premesso, si ritiene che l'intera tematica debba inserirsi nel quadro delle problematiche poste dalla legge n. 241 del 31 luglio 2006 (recante "Concessione di indulto") che sono state esaminate dal Consiglio nella risoluzione del 9 novembre 2006, scaturita dall'invio di una nota con la quale il Ministro della Giustizia, premesso che "a seguito della legge n. 241 del 31 luglio 2006 (") è stata, da pi parti, prospettata la possibilità di differenziare, rispetto agli altri, la tempistica dei processi penali destinati ad esaurirsi senza la concreta inflazione di una pena", sollecitava il Consiglio stesso ad assumere "le eventuali iniziative di competenza" per concorrere a «realizzare, nell'esercizio della giurisdizione, metodologie funzionali ed efficaci per l'effettività della resa».
    La risoluzione del 9 novembre 2006 ha operato una ricognizione degli indirizzi espressi dal Consiglio sulle diverse problematiche relative ai cd. criteri di priorità, problematiche postesi in ordine sia a provvedimenti di dirigenti di uffici di procura, sia all'applicazione della norma di cui all'art. 227 del decreto legislativo n. 51/1998 sul "giudice unico di primo grado".
    In particolare nella citata risoluzione si sottolinea come i diversi interventi del Consiglio (compresi quelli concernenti l'applicazione dell'art. 227 del decreto legislativo n. 51/1998) si siano posti "sul piano dell'organizzazione dell'attività giudiziaria", distinguendosi pertanto da quella che è stata definita la "selezione finalistica" delle notitiae criminis o dei procedimenti.
    Muovendo da queste premesse, il Consiglio nella citata risoluzione del 9 novembre 2006 ha affermato che "i dirigenti degli uffici (inquirenti e giudicanti) possono e devono, nell'ambito delle loro competenze in tema di amministrazione della giurisdizione, adottare iniziative e provvedimenti idonei a razionalizzare la trattazione degli affari e l'impiego, a tal fine, delle (scarse) risorse disponibili. Addivenire a scelte organizzative razionali, nel rispetto del principio della obbligatorietà dell'azione penale (art. 112 Cost.) e di soggezione di ogni magistrato esclusivamente ala legge (art. 101, secondo comma, Cost.), risponde ai principi consacrati dall'art. 97, primo comma, della Costituzione - riferibile anche alla amministrazione della giustizia - che richiama i valori del buon andamento e della imparzialità della amministrazione con riferimento alle scelte che gli uffici adottano nella loro unità. Tali scelte sono correttamente collocabili nell'ambito del sistema tabellare, assicurando in tal modo predeterminazione, uniformità e trasparenza, e dimostrano la capacità e volontà dei dirigenti degli uffici di non rassegnarsi a una giurisdizione che produce disservizio, assumendosi la responsabilità di formulare progetti di organizzazione che, sulla base dell'elevato numero degli affari da trattare e preso atto delle risorse umane e materiali disponibili, esplicitino le scelte di intervento adottate per pervenire a risultati possibili e apprezzabili".
    2. In tale circoscritto ambito le circolari emesse dai Procuratori della Repubblica di Palermo e Busto Arsizio - nella loro apprezzabile sinteticità e linearità - offrono dei criteri di trattazione degli affari che ben rispondono alla richiesta consiliare.
    Dette circolari indicano una sequenza di priorità partendo da ipotesi di reato pi gravi in cui l'applicazione dell'indulto è esclusa ex lege, seguite da altre ipotesi di reato in cui l'indulto è applicabile ma è comunque opportuna la rapida definizione del procedimento per le ragioni ivi elencate (a titolo di esempio, specifico interesse della persona offesa o possibilità di procedere a confische del corpo di reato), per concludere con ipotesi di reato residualmente meno gravi che si stabilisce verranno trattate per ultime. Tale sequenza, lungi dall'escludere in radice la definizione secondo giustizia di ogni procedimento o processo alla luce del principio di obbligatorietà dell'azione penale, dà corpo e sostanza ai richiesti criteri di priorità che necessariamente tengono conto delle scarse risorse disponibili, come riconosciuto dalla su richiamata risoluzione consiliare.
    3. Considerazioni solo in parte diverse devono essere svolte per la circolare emessa dal Procuratore della Repubblica di Torino il 10 gennaio 2007.
    Tale circolare descrive, innanzi tutto, la grave situazione nella gestione degli affari (in particolare, di quelli trattati dal Servizio notizie di reato), ritenuta non affrontabile attraverso la redistribuzione dell'organico del personale, a causa della scopertura dello stesso (definita di "proporzioni allarmati") e dell'impossibilità di distogliere ulteriore personale dalle segreterie di assistenza diretta ai magistrati (pag. 4). La Direttiva evidenzia, quindi, che i tempi medi di definizione degli affari trattati dal Servizio notizie di reato, nei diversi segmenti temporali e procedimentali in cui la relativa attività si svolge, sono preoccupanti e che "il lavoro continuo dei magistrati e di chi con loro collabora nel Servizio notizie di reato determina un prodotto di dimensioni tali che non è suscettibile d'essere dal non sufficiente personale" assegnato al Servizio stesso (pag. 3). Ciò posto la Direttiva detta specifiche disposizioni sui tempi di esercizio dell'azione penale, in attuazione della previsione di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 20 febbraio 206, n. 106, secondo cui "il procuratore della Repubblica assicura il corretto, puntuale e uniforme esercizio dell'azione penale", ovviamente esercitando i poteri (che sono contestualmente anche doveri in relazione al perseguimento di un obiettivo predeterminato dalla legge) a lui attribuiti e particolarmente, in quanto funzionali alla scopo anzidetto, l'adozione di criteri organizzativi di carattere generale.
    Le soluzioni delineate dalla Direttiva per affrontare la situazione segnalata - anche in considerazione della legge n. 241 del 31 luglio 2006, ma non solo di quella - si incentrano essenzialmente nell'indicazione di un articolato catalogo di reati rientranti in una "previsione di accantonamento", poich "insistere (") nel trattare tutti e comunque i procedimenti pendenti è non solo poco realistico ma, soprattutto, contrario ad ogni logica e ad ogni seria previsione e considerazione in ordine a fatti di reato che si sono consumati prima del 2 maggio 2006" (pag. 7).
    Il catalogo dei reati oggetto della "previsione di accantonamento" (specificamente indicati e corrispondenti a quelli con previsione di pena interamente coperta da indulto o con rischio di prescrizione prossimo alla certezza) è accompagnato dall'indicazione di eccezioni e integrazioni di carattere generale correlate a molteplici variabili (oggettività del fatto, gravità della lesione degli interessi protetti, soggettività del reo, interesse all'azione delle parti, irreperibilità dell'indagato, ecc.: pagg. 7, 23 e ss.). Si tratta di un elenco molto dettagliato, che tiene conto degli interessi (anche civilistici) delle persone offese, delle qualità personali dell'indagato (recidiva e altro), della realistica possibilità di portare lo stesso a conoscenza della pendenza del procedimento e che esclude dall'"accantonamento", tra l'altro, le ipotesi di intervenuta applicazione di misure cautelari personali o coercitive, di volontà e interesse della persona offesa alla trattazione del procedimento, di espressa richiesta dell'indagato o della persona offesa in tal senso (e ciò all'evidente fine di evitare casi di denegata giustizia).
    Le previsioni della Direttiva indicano, in sintesi, una sequenza di priorità, dovendosi ritenere che i reati pi gravi (le cui pene non sono coperte da indulto) verranno trattati con priorità maggiore, i reati con pena condonabile rientranti nel novero delle "eccezioni" verranno trattati con priorità inferiore e i reati con pene (interamente, secondo una ragionevole previsione) condonabili verranno trattati da ultimo.
    Si aggiunga che gli elenchi di reati indicati nella circolare sono suscettibili di "arricchimenti" o "depauperamenti", e quindi aperti ai suggerimenti dei Procuratori aggiunti e dei Sostituti (che - per quanto è dato conoscere - non hanno formalizzato alcun rilievo, circostanza che lascia desumere la condivisione delle scelte adottate) e comunque alla partecipazione complessiva dell'ufficio nel momento decisionale.
    La Direttiva si conclude rinviando a una ulteriore disposizione di servizio finalizzata a indicare ai magistrati dell'Ufficio le metodiche e le tempistiche per la selezione e individuazione dei fascicoli e per il transito degli stessi in capo al Procuratore della Repubblica e ai Procuratori Aggiunti (pag. 27).
    4. Così riassunti i punti principali del provvedimento in esame, devono essere effettuati alcuni specifici rilievi:
    a) il termine "accantonamento" utilizzato nella Direttiva, seppur ormai in uso nel dibattito sui cosiddetti criteri di priorità, è, in realtà, equivoco, potendo essere interpretato sia come strumento di governo dei tempi di esercizio dell'azione penale che come intervento correttivo del principio di obbligatorietà della stessa. Nel caso specifico non sembra dubitabile - e comunque questa deve ritenersi l'interpretazione corretta - che il termine faccia riferimento alla "dilazione" o al "differimento" nei tempi di trattazione dei procedimenti e non anche alla definitiva esclusione degli stessi dal novero di quelli da trattare. Ciò risulta in modo univoco sia dal riferimento come ragione della scelta organizzativa operata all'imponente arretrato e alla scarsità delle risorse (ovviamente suscettibili di inversione) sia dal tenore testuale della Direttiva, laddove fa riferimento alla necessità di un "accantonamento in attesa di tempi migliori". Tale locuzione, infatti, evidenzia come detta scelta si collochi in un sistema normativo anch'esso suscettibile di modifiche che vanno da una ancora possibile amnistia (espressamente richiamata nella direttiva) a interventi legislativi di altra natura (come quello previsto nell'art. 20, primo comma, del disegno di legge varato dal Governo in tema di accelerazione e razionalizzazione del processo penale, nonch di prescrizione dei reati, recidiva e criteri di ragguaglio tra pene detentive e pene pecuniarie, secondo cui, nei procedimenti penali riguardanti reati in ordine ai quali, in caso di condanna, deve trovare applicazione la legge 31 luglio 2006, n. 241, il pubblico ministero, se ritiene che la pena possa essere contenuta nei limiti di cui all'articolo 1, comma 1, della predetta legge, acquisito il consenso dell'indagato, chiede al giudice per le indagini preliminari l'applicazione della pena ai sensi degli articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale);
    b) in ogni caso, la "previsione di accantonamento" contenuta nella Direttiva ha carattere transitorio anche con riferimento alla organizzazione dell'ufficio, essendo dettata dall'esigenza di apprestare soluzioni adeguate alla situazione contingente (all'indomani della legge di concessione dell'indulto). Ciò rinvia alla necessità - che dovrà essere oggetto di ulteriori determinazioni del Procuratore della Repubblica - di soluzioni organizzative concernenti la trattazione dei procedimenti riassegnati al Procuratore della Repubblica e ai Procuratori Aggiunti, anche per una migliore comprensione della tempistica prevista per la trattazione degli stessi rispetto ai procedimenti non rientranti nelle previsioni di cui alla Direttiva in esame;
    c) nella circolare si fa riferimento anche alla definizione dei procedimenti, utilizzando un'espressione - ricorso all'archiviazione anche "generosa" - suscettibile, soprattutto in ragione della sua icasticità, di ingenerare equivoci, potendo far riferimento al merito dell'attività giurisdizionale, e potendosi così porre in contrasto con il principio di obbligatorietà dell'azione penale. A una lettura complessiva del testo, peraltro, appare chiaro (soprattutto se si considera l'inciso "ogni qualvolta essa appaia praticabile o anche solo possibile" riportato a pag. 8) che con essa s'intende richiamare i magistrati del pubblico ministero a un attento esame delle risultanze di indagine nella prospettiva di una rigorosa valutazione della sostenibilità dell'accusa in giudizio prescritta dal codice di rito. E' proprio questa lettura complessiva del progetto predisposto dall'ufficio torinese che consente di coglierne la filosofia di fondo e di attribuire alla espressione di cui si discute il suo reale significato, che non è quello di un invito all'abdicazione all'esercizio dell'azione penale ma di una esortazione al suo oculato esercizio nell'ambito di un ordinamento attento a coniugare il principio di obbligatorietà con le istanze di un suo efficace e realistico esercizio (come attestato, tra l'altro, dalle norme dettate dall'art. 125 disp. att. c.p.p. e dall'art. 405 c.p.p. novellato dalla recentissima legge 20 febbraio 2006, n. 46, che - valorizzando, anche se in forme diverse, la regola della cosiddetta idoneità probatoria - mirano a escludere la celebrazione di processi superflui). Così ricostruiti, o comunque interpretati, anche i passaggi pi delicati contenuti nella circolare non violano il principio costituzionale di obbligatorietà dell'azione penale;
    d) la circolare contiene anche (pag. 26) alcune disposizioni finalizzate * a regolamentare (omettendole) le notificazione dei decreti di citazione a giudizio aventi ad oggetto reati suscettibili di trattazione residuale (o accantonati). Va rilevato che in tali casi è stata esercitata l'azione penale o è già stata manifestata "all'esterno" l'intenzione di esercitarla, essendo stata effettuata da parte dell'ufficio del pubblico ministero la valutazione di idoneità probatoria. L'inizio della fase tipicamente processuale affida il governo dei moduli organizzativi (anche di quelli che eventualmente prevedono criteri temporali differenziati nella trattazione degli affari) al giudice, che vi provvederà seguendo la procedura tabellare per coniugare utilmente l'esigenza di celebrare un elevato numero di processi con le risorse materiali e umane disponibili.
    5. Così interpretate (anche in base alle precisazioni da ultimo formulate -punto d- rispetto alle quali si invita il Procuratore di Torino a rivalutare la congruità di alcune determinazioni organizzative adottate, con riferimento ai procedimenti per i quali l'azione penale è stata ritualmente ed irretrattabilmente esercitata), le circolari dei Procuratori della Repubblica in esame propongono moduli organizzativi privi di profili di contrasto con principi costituzionali. Al contrario esse realizzano opportuni provvedimenti di razionalizzazione, correttamente comunicati al CSM, che assicurano predeterminazione, uniformità e trasparenza, e dimostrano la capacità e volontà dei dirigenti degli uffici di"non rassegnarsi a una giurisdizione che produce disservizio, assumendosi la responsabilità di formulare progetti di organizzazione che, sulla base dell'elevato numero degli affari da trattare e preso atto delle risorse umane e materiali disponibili, esplicitino le scelte di intervento adottate per pervenire a risultati possibili e apprezzabili" (come auspicato nella risoluzione del CSM del 9 novembre 2006).
    Le circolari in esame, in particolare, si presentano come risposta trasparente a uno stato di necessità, in quanto mirano a regolare situazioni che, siccome caratterizzate per tabulasda una oggettiva impossibilità di tempestiva trattazione di tutte le notizie di reato, richiedono l'adozione di moduli organizzativi adeguati, al fine di evitare o la mera casualità nella trattazione degli affari (e quindi il rifiuto di ogni razionalizzazione del lavoro) oppure l'adozione di criteri di fatto disomogenei all'interno dello stesso ufficio, non verificabili e perciò pi esposti ad abusi e strumentalizzazioni.
    Tutto ciò premesso il Consiglio
    delibera

    • - di prendere atto, allo stato, dell'adeguatezza dei moduli organizzativi adottati nelle circolari del Procuratore della Repubblica di Palermo in data 17.11.2006 e del Procuratore della Repubblica di Busto Arsizio in data 17.1.2007;
    • - di prendere atto, allo stato, dell'adeguatezza dei moduli organizzativi adottati con la circolare del Procuratore della Repubblica di Torino in data 10.1.2007 con le precisazioni e i limiti di cui in motivazione, risultando tali determinazioni del tutto conformi al sistema ordinamentale in tema di organizzazione degli uffici di procura così come oggi previsto dalla legge, offrendo soluzioni realistiche, razionali e controllabili e complessivamente compatibili con il principio costituzionale di obbligatorietà dell'azione penale.

    In ragione degli argomenti di carattere generale affrontati e delle precisazioni interpretative in essa contenute, è opportuno che la presente risoluzione sia trasmessa ai Procuratori della Repubblica presso il Tribunale di Busto Arsizio, di Palermo e di Torino, oltre che alla richiedente Unione delle Camere Penali Italiane e al Ministro della Giustizia.

    _____________________________________________________
    *Si tratta di ipotesi formalmente diverse che sono accomunate, ai fini che ci occupano, dalla indicazione del procuratore di non dar seguito agli adempimenti delle notificazioni. Tali ipotesi vanno dal decreto di citazione sottoscritto dal pubblico ministero e depositato in segreteria -avendo la Procura richiesto ed ottenuto la data dell'udienza- alla richiesta da parte del pubblico ministero della indicazione di data dell'udienza non ancora ottenuta o ottenuta ma con decreto non ancora sottoscritto e depositato. Nei casi di sottoscrizione del decreto di citazione a giudizio e relativo deposito in segreteria vi è stato il formale esercizio dell'azione penale (art. 550 c.p.p. e 160 disp. att. c.p.p.), mentre, negli altri casi, vi è stata una manifestazione "esterna" dell'intenzione di esercitare l'azione penale.

  • 31 05 2007
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