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Il rifiuto del Ministro alla nomina del Procuratore

In data 4 dicembre 2002 il Consiglio Superiore della Magistratura ha deliberato (con sole tre astensioni) di proporre conflitto di attribuzioni avanti alla Corte Costituzionale contro il rifiuto da parte del Ministro della Giustizia di controfirmare la nomina del dott. Adriano Galizzi a Procuratore della Repubblica di Bergamo, già perfezionata e deliberata dal Csm il 10 luglio 2002.
Si tratta di una decisione senza precedenti nella storia della Repubblica e che denuncia un comportamento di vera e propria rottura istituzionale tenuto dal Ministro della Giustizia che in tal modo si arroga un potere di veto che non esiste e che non gli compete e che rifiuta la firma di un atto legalmente dovuto.
Il Ministro, in tal modo continua nell’opera, già delineata in disegni di legge, di mortificazione delle competenze del Csm e di scardinamento dell’assetto costituzione.
In tal modo il Ministro, preoccupato per la situazione di “disagio della Procura di Bergamo”, otterrà il risultato di ritardare la nomina del dirigente di un’importante ufficio giudiziario per oltre un anno, con pessimi effetti sul servizio.
LE TAPPE DELLA VICENDA
“ Nella seduta del 9.10.01, la quinta Commissione del Csm aveva proposto all’unanimità di sottoporre al Ministro della Giustizia, ai fini del previsto concerto, il dott. Adriano Galizzi per la nomina del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo.
Con nota in data 24.1.02 il Ministro della Giustizia aveva rilevato che il fratello del candidato proposto era Presidente di sezione del Tribunale di Bergamo. A giudizio del Ministro appariva, pertanto “ipotizzabile una causa di incompatibilità ai sensi dell’ art. 19 Ord. Giud. così come disciplinata dalla circolare n. 8160/4 comm. del 9 ottobre 1982 e successive modifiche.”
La Commissione aveva, quindi, deliberato di richiedere al Presidente del Tribunale di Bergamo, ai sensi del comma 2 dell’art. 19 Ord. Giud., se l’eventuale nomina del dott. Adriano Galizzi a Procuratore di Bergamo avesse potuto costituire “intralcio al regolare andamento del servizio”.
Il Presidente del Tribunale di Bergamo, con nota in data 26.2.02, nel rappresentare che l’incompatibilità tra il dott. Adriano Galizzi e suo fratello, Paolo Maria Galizzi, Presidente della I Sezione civile, era stata già in passato esclusa dal Consiglio Superiore della Magistratura, con delibera in data 16 aprile 1998, aveva evidenziato la necessità di confermare tale giudizio in occasione della proposta di nomina del dott. Adriano Galizzi a Procuratore della Repubblica di Bergamo.
In particolare, sottolineava il Presidente del Tribunale di Bergamo, come il problema di una eventuale incompatibilità poteva al pi porsi con riguardo all’intervento del PM nel processo civile, posto che il dott. Paolo Maria Galizzi era Presidente di una Sezione civile.
A parere del Presidente del Tribunale, tuttavia, trattavasi di impedimento agevolmente superabile con l’attribuzione degli affari civili e della partecipazione alle udienze del Tribunale civile di determinati sostituti, così come in passato si era verificato con il precedente Procuratore della Repubblica dott. Giorgio Brignoli, che aveva escluso la propria partecipazione dalle udienze nelle quali si ipotizzava la incompatibilità e aveva riservato a sè incarichi in materia penale o di carattere amministrativo o disciplinare.
Nella specie il dott. Adriano Galizzi, con nota in data 15.2.02 aveva chiarito che “qualora gli venisse conferito l’Ufficio di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo, allo scopo di eliminare ogni possibilità di incompatibilità col fratello, confermerà in via permanente e irrevocabile, la delega per tutti i pareri e gli interventi in affari civili ai due sostituti, che già vennero delegati dall’ex Procuratore della Repubblica dott. Giorgio Brignoli”.
La Commissione, ritenendo che il numero dei componenti l’ufficio giudiziario di Bergamo fosse tale da escludere qualsiasi intralcio al regolare andamento del servizio, tenuto anche conto dell’impegno assunto dal dott. Galizzi nel senso della eliminazione preventiva dei casi possibili di contemporaneo coinvolgimento suo e del dott. Paolo Maria Galizzi, pur nell’esercizio di funzioni distinte (giudicanti e requirenti) tramite la conferma della delega ai sostituti già incaricati della trattazione dei predetti affari civili, aveva proposto a maggioranza, con cinque voti a favore del dott. Galizzi ed 1 voto a favore del dott. Armando Grasso di nominare Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo il dott. Adriano Galizzi.
In data 16 maggio 2002, in relazione alla rinnovata richiesta di concerto per i dottori Adriano Galizzi ed Armando Grasso, come sopra argomentata, il Ministro della Giustizia aveva ulteriormente rappresentato che la situazione di incompatibilità non risultava superata neanche alla luce delle precisazioni ed osservazioni svolte in sede di nuova proposta, osservando quanto segue: “non risulta dagli atti che il detto magistrato abbia adempiuto all’obbligo, sancito a pena di inammissibilità dalla circolare n. 8160 del 9 ottobre 1982, di rilasciare la dichiarazione circa eventuali situazioni di incompatibilità all’atto della domanda volta ad ottenere il conferimento dell’ufficio direttivo de quo.
L’attuale esercizio delle funzioni di Presidente di Sezione del Tribunale di Bergamo da parte di entrambi i fratelli Galizzi, a seguito di pregressa situazione di incompatibilità prospettata e superata, ai sensi dell’art. 19 , c. 2, Ord. Giud., non parrebbe sufficiente ad esimere l’attuale aspirante dall’osservanza dell’obbligo sopra ricordato mediante reiterazione della dichiarazione sia che si abbia riguardo al tenore letterale della disposizione che alla differenza sostanziale, con riferimento al regolare andamento del servizio, tra l’attuale concomitante esercizio, nella stessa sede, di funzioni giudicanti semidirettive e quello, che il conferimento di cui trattasi comporterebbe, di funzioni direttive requirenti da parte del dott. Adriano Galizzi e di funzioni semidirettive giudicanti da parte del dott. Paolo Maria Galizzi, Presidente di Sezione civile.
N può sottacersi che con la soluzione prospettata si verrebbe a creare un rapporto di gerarchia improprio fra Procuratore Capo e sostituti, due dei quali si troverebbero a trattare , con delega permanente e irrevocabile, gli affari di natura civile senza possibilità di direttive da parte del dirigente dell’Ufficio.
Tenuto conto che dall’esame delle tabelle degli Uffici del Tribunale di Bergamo si desume che la gran parte delle materie assegnate alla Prima Sezione civile , presieduta dal fratello del dott. Adriano Galizzi, dott. Paolo Maria , richiedono l’intervento del P.M. , non può sfuggire la situazione di disagio in cui si troverebbe a trovare l’Ufficio di Procura , privato della possibilità di coordinamento e di direttive da parte del vertice in materie, quali quella fallimentare e la volontaria giurisdizione , oltremodo delicate.
N detti ostacoli parrebbero agevolmente rimuovibili con l’intervento dell’unico Procuratore aggiunto a meno di non volere ipotizzare, nella sostanza, due figure dirigenziali, l’una per il carico di lavoro dell’ufficio collegato alle competenze del fratello del dott. Adriano Galizzi e l’altra, ossia il Procuratore capo, per le residue materie.
Chiedo pertanto che Codesta Commissione voglia valutare anche i profili sopra espressi”.

La Commissione, dopo avere esaminato le osservazioni esposte nella nota surriportata e la circolare n. 6750 del 19 luglio 1985 relativa ai criteri per l’applicazione dell’art.18 Ordinamento Giudiziario, aveva evidenziato come l’omissione della dichiarazione di incompatibilità non costituisse condizione di inammissibilità della domanda, stante la possibilità di una successiva integrazione della stessa.
D’altronde in concreto la sussistenza del vincolo parentale del dott. Adriano Galizzi con Paolo Galizzi , Presidente di sezione presso il medesimo Tribunale di Bergamo era stata già esaminata dalla Commissione a seguito della prima segnalazione e ritenuta irrilevante ai fini di qualsiasi ipotesi di incompatibilità.
Inoltre ha ritenuto la Commissione che l’impegno del dott. Adriano Galizzi a non trattare direttamente gli affari civili della Procura della Repubblica non spogliasse il magistrato delle sue prerogative permanendo sempre in capo allo stesso il potere di sostituire, laddove necessario, i due sostituti eventualmente addetti a quel settore ; la delega in favore del procuratore aggiunto rientra d’altronde nei poteri organizzativi del Capo dell’ufficio e non risulta d’ostacolo al regolare funzionamento dell’ufficio. Identica soluzione era stata in passato adottata dal precedente Procuratore della Repubblica e tale determinazione non aveva in concreto mai dato origine a disfunzione alcuna.
Il Ministro con nota in data 2.7.02 , aveva deciso di negare il concerto per Adriano Galizzi, confermando i rilievi già formulati con le note del 24 gennaio 2002 e del 16 maggio 2002 ed “evidenziando in particolare la situazione di disagio - se non di sofferenza - in cui si troverebbe ad operare l’ufficio di Procura , privato della possibilità di coordinamento e di direttive da parte del vertice in materie, quali quella fallimentare e quella concernente la volontaria giurisdizione, oltremodo delicate”.
La Commissione aveva quindi ritenuto di confermare la proposta già espressa a favore del dott. Adriano Galizzi, e ciò anche alla luce della pronuncia della Corte Costituzionale n. 379 del 27 luglio 1992.
In detta pronuncia tra l’altro veniva precisato che: “Lo strumento del concerto costituisce la modalità con cui il legislatore ha configurato il dovere di collaborazione, che questa Corte (v. sentenza n. 168 del 1963) ha già individuato come punto di equilibrio interpretativo fra la disposizione costituzionale che attribuisce al Consiglio superiore l’esclusiva competenza sui provvedimenti concernenti lo status dei magistrati (art. 105) e quella che affida al Ministro della giustizia la responsabilità dell’organizzazione e del funzionamento dei servizi relativi alla giustizia (art. 110). Le garanzie costituzionali predisposte per la tutela dello status d’indipendenza dei magistrati e dell’ordine giudiziario ricomprendono nel proprio ambito di applicazione - come e’ stato già affermato da questa Corte (v. sentenza n. 72 del 1991) - anche la nomina dei magistrati negli uffici direttivi. E, invero, il conferimento di tali uffici, non soltanto incide sullo status dei magistrati, poich concorre a connotare la loro posizione nell’ambito dell’ordinamento giudiziario attraverso la titolarità di poteri specifici concernenti, fra l’altro, le proposte di formazione delle tabelle, l’assegnazione degli affari e, in genere, la "amministrazione della giurisdizione", ma comporta altresì una connessione con l’assegnazione delle funzioni e il trasferimento dei giudici, che, a norma dell’art. 105 della Costituzione, spettano in via esclusiva al Consiglio superiore della magistratura. Ciò non toglie, tuttavia, che nell’attuale assetto ordinamentale, la direzione degli uffici giudiziari attenga anche all’amministrazione dei servizi giudiziari, amministrazione che, come questa Corte ha già precisato (v. sentt. nn. 168 del 1963 e 142 del 1973), non concerne semplicemente i mezzi (locali, arredi, personale ausiliario, etc.) necessari per l’esercizio delle funzioni giudiziarie, ma riguarda altresì "sia l’organizzazione degli uffici nella loro efficienza numerica, con l’assegnazione dei magistrati in base alle piante organiche, sia il funzionamento dei medesimi in relazione all’attività e al comportamento dei magistrati che vi sono addetti". In considerazione di questo suo oggetto specifico e dell’indubbia incidenza oggettivamente esercitata sullo status dei magistrati, il conferimento degli uffici direttivi attraverso la deliberazione del Consiglio superiore su proposta della commissione competente, formulata a seguito della partecipazione del Ministro della giustizia, rappresenta un bilanciamento non irragionevole dei valori costituzionali contenuti negli artt. 105 e 110 della Costituzione e, in particolare, del principio affermato da questa Corte (v. sent. n. 168 del 1963), secondo il quale, se l’autonomia della magistratura esclude ogni intervento determinante del potere esecutivo nelle deliberazioni concernenti lo status dei magistrati, non impedisce, tuttavia, che tra Consiglio superiore della magistratura e Ministro della giustizia, nel rispetto delle competenze a ciascuno attribuite, sussista un rapporto di collaborazione”. Ed ancora “ … poich questa Corte ha pi volte escluso la conformità a Costituzione di interventi ministeriali di carattere determinante sulle decisioni di competenza del Consiglio superiore (v. sentt. nn. 168 del 1963, 44 del 1968 e 12 del 1971), occorre verificare, prima di dar corpo a un sospetto d’illegittimità costituzionale nei confronti del ricordato terzo comma dell’art. 11, se quest’ultimo possa plausibilmente avere un significato diverso da quello dell’accordo, che non sia incompatibile con i principi costituzionali. E non v’e’ dubbio che tale significato sia identificabile in quello che fa coincidere il concerto, non già con un atto sostanziale di assenso o di veto, ma con un’attività di concertazione finalizzata alla formulazione di una proposta comune. Pi precisamente, sulla base di un’interpretazione dell’art. 11, terzo comma, adeguata ai principi costituzionali, la commissione del Consiglio superiore competente a formulare le proposte di conferimento degli incarichi direttivi non può inoltrare le proprie designazioni al plenum del Consiglio medesimo se non dopo aver svolto una seria e approfondita opera di concertazione diretta al fine sopra indicato. E, poich tale attività inerisce a un procedimento comportante il concorso di organi o soggetti distinti nell’esercizio di una funzione pubblica di rilievo costituzionale - i quali pertanto, come questa Corte ha già precisato (v. sent. n. 80 del 1989), sono tenuti a comportarsi secondo i principi della correttezza nei loro rapporti reciproci e nel rispetto sostanziale dell’altrui autonomo ruolo - e poich, come s’e’ prima ricordato, in base agli artt. 105 e 110 della Costituzione, tra Consiglio superiore e Ministro della giustizia sussiste, pur nella salvaguardia delle reciproche competenze, un dovere specifico di collaborazione, il modulo procedimentale del concerto, previsto dal citato art. 11, comporta che la relativa attività debba essere svolta nel pieno rispetto del principio costituzionale di leale cooperazione. … In definitiva, il concerto del Ministro della giustizia sulla proposta della commissione per gli incarichi direttivi, disciplinato dall’art. 11, terzo comma, della legge n. 195 del 1958, implica un vincolo di metodo, non già di risultato. Ciò significa, innanzitutto, che, anche se al termine della loro attività di concertazione non perverranno in concreto a una proposta unitaria, la commissione e il Ministro sono tenuti a porre in essere una discussione e un confronto realmente orientati al superiore interesse pubblico di operare - a seguito di un esame effettivo ed obiettivo, dialetticamente svolto, di tutti gli elementi ai fini della copertura di quel determinato incarico direttivo - la scelta pi idonea. Oltre a dover essere effettive e obiettivamente finalizzate all’interesse pubblico indicato, la discussione e il confronto tra la commissione e il Ministro devono metodologicamente svolgersi in base al principio di leale cooperazione e, in particolare, in base ai paradigmi e alle regole della correttezza nei rapporti reciproci e del rispetto dell’altrui autonomia. Sotto il primo profilo, occorre osservare che la commissione concertante e’ tenuta a formulare una valutazione preliminare da comunicare al Ministro, la quale deve essere basata su motivazioni non rituali o stereotipe, ma dirette a evidenziare i reali motivi della scelta proposta e la non incidenza sulla stessa di logiche estranee alla valutazione obiettiva e imparziale dei candidati. Alla valutazione preliminare, ove una delle parti ne ravvisasse la necessità, deve esser allegata copia della documentazione utile per la formulazione della proposta e devono esser fornite, su richiesta, le eventuali integrazioni di dati e di informazioni. Analoghi vincoli ricadono sul Ministro, il quale, in particolare, se utilizza una propria documentazione, ha il dovere di renderla nota alla commissione, in modo che il confronto sugli argomenti e sulle valutazioni risulti serio, approfondito, esauriente e costruttivo. In ogni caso, quando la valutazione preliminare della commissione incontrasse iniziale ostacolo nelle valutazioni difformi del Ministro sulle capacità organizzative e gestionali del candidato indicato, il dovere di discussione ricadente sull’autorità’ procedente comporta che si ponga in essere, in tempi ragionevolmente brevi, un serio tentativo di superare le divergenze attraverso le necessarie fasi dialogiche, quantomeno articolate nello schema proposta-risposta, replica-controreplica”.
Con delibera del 10/7/2002 il Consiglio Superiore della Magistratura nominava Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo il dott. Adriano Galizzi, magistrato dichiarato idoneo ad essere ulteriormente valutato ai fini della nomina alle funzioni direttive superiori, attualmente Presidente di Sezione presso il Tribunale di Bergamo.
Con nota del 25/10/2002 il Ministro della Giustizia esprimeva alcune osservazioni in riferimento all’art. 11 comma 3, l. 24 marzo 1958 n. 195, dettato in tema di disciplina dell’istituto del concerto per il conferimento degli incarichi direttivi. In particolare precisava che il concerto, lungi dall’essere un mero atto formale ed asseverativo della volontà di altro organo, dovesse considerarsi un atto essenziale al procedimento.
Il Ministro concludeva “ non posso dar corso alla controfirma del DPR di nomina del dott. Adriano Galizzi a Procuratore della Repubblica di Bergamo”.
Il Csm quindi prendeva in esame il rifiuto opposto dal Ministro della Giustizia di dar corso ad una propria deliberazione e proponeva il 4 dicembre 2002 conflitto di attribuzioni avanti la Corte Costituzionale.


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