Pubblicato su Magistratura Democratica (http://old.magistraturademocratica.it/platform)

Il primato regolativo della politica e la sovranità della legge

  1. Il titolo del congresso, “La forza dei diritti”, mi ha posto subito un problema: la forza dei diritti o la forza del diritto?
    Forse la seconda espressione è pi forte della prima, perch la polverizzazione, l’atomizzazione dei diritti, in assenza di una chiara visione del diritto (e forse anche di qualche indicazione di doveri), diventa una faccenda di difficile gestione.
    Pi volte in questi ultimi anni e mesi e settimane mi è tornata in mente una osservazione che ha fatto Bertrand de Jouvenel nel suo libro sulla sovranità. «Le cause psicologiche - dice ad un certo punto Jouvenel - spiegano a sufficienza le trasformazioni della democrazia che è nata come sovranità della legge ed è degenerata come sovranità del popolo».
    E' un tema sul quale bisognerebbe che tutti riflettessero, perch l’aspetto centrale è quello della sovranità della legge e lo è certamente per ciò che riguarda il ruolo dell’ordine giudiziario all’interno della democrazia rappresentativa.
    Bisogna ripercorrere la storia perch la cronaca aiuta poco e, se ripercorriamo la storia, vediamo che lungo il suo corso abbiamo trovato la categoria della costituzione materiale, di cui si è fatto portatore tutto un mondo culturale. Quanto questa categoria ha affermato ed è riuscita a rendere forte la sovranità della legge? Ho l’impressione che stia qui una delle radici che stanno alla base di certe forme degenerative, perch quando si contrappone all’ordinamento nella sua formalità, a cominciare dalla costituzione, una costituzione materiale (di cui necessariamente finisce per farsi interprete un partito, un movimento, una maggioranza pro-tempore) allora è difficile difendere la sovranità della legge.
  2. Certo è difficile difendere la sovranità della legge quando c’è un ricorso forte al linguaggio bellico, con riferimento alla descrizione dei fenomeni ai quali siamo di fronte. L’ispirazione bellica viene rimproverata agli antagonisti (“attacco ai diritti”, “attacco ai giudici”, “attacco alla giurisdizione” sono elementi di una campagna strategica) e il linguaggio bellico è riferito a soggetti altri che compierebbero questi atti, e tuttavia essi possono anche essere espressivi di un atteggiamento psicologico di tipo proiettivo, che rende difficile il compito fondamentale dell’ordinamento giuridico, la risoluzione pacifica dei conflitti e la pace interna delle comunità.
    Ci sono degli attacchi, ce ne sono stati e ce ne possono essere ancora, e dobbiamo avere chiaro che il primato della politica può essere letto sia come primato regolativo che come primato interventivo. La democrazia rappresentativa e la sovranità della legge si fondano sul primato regolativo della politica, ma a lungo in Italia c’è stata, da parte di una molteplicità di soggetti collettivi (movimenti, partiti, sindacati), una forte pressione per l’affermazione del primato interventivo della politica che ha comportato un vulnus della fisiologia democratica.
    Il principio interventivo del primato della politica finisce per essere necessariamente conflittuale. Il principio regolativo invece conferisce alla molteplicità dei soggetti il proprio ruolo, al cui interno i diversi soggetti si possono e si debbono pacificamente confrontare.
    E' stato detto che il sistema maggioritario avrebbe creato una sorta di discrasia, ma così lo si è confuso con il principio maggioritario. Il sistema maggioritario, il sistema elettorale maggioritario, nel momento in cui è stato introdotto in Italia, ha avuto lo scopo - bisogna poi vedere in che misura lo ha raggiunto – di superare la logica consociativa che caratterizzava il sistema, consentendo l’alternanza come fattore costitutivo della democrazia rappresentativa. In questo quadro l’alternanza può costituire la prima della garanzie per le minoranze, perch il principio maggioritario non possiamo leggerlo in una logica che esclude, in chiave di principio assoluto
    Il principio maggioritario è temperato dalle garanzie per le minoranze, ma un principio temperato dalle garanzie per le minoranze è un principio nel quale si realizza una logica di alternanza al cui interno poi al dunque finisce anche per collocarsi quel problema del rapporto fra controllo tecnico e controllo politico che ha richiamato prima il presidente Amato.
    Quando il presidente Amato andava e diceva ai parlamentari “mi avete detto di esercitare questa forma di controllo tecnico in base a questa legge e tuttavia ho qualche difficoltà a farlo”, ciò derivava dal fatto che c’è una discrezionalità della funzione politica che può anche contravvenire al controllo tecnico nell’ambito del processo decisionale. Ma se vige l’alternanza ciò in qualche modo può essere penalizzato.

  3. Ho cercato di cogliere il senso del problema che è stato posto in tema di separazione di carriere. A me la questione pare chiara, ma pare chiara se il magistrato fa il magistrato e non il sociologo.
    Se il magistrato fa il magistrato il problema della separazione delle carriere io lo respingo, perch per me o che sia giudice o che sia pubblico ministero è comunque un magistrato perch non immagino che il pubblico ministero svolga una funzione particolaristica, ma so che svolge una funzione generalistica e neutrale così come la svolge il magistrato giudicante. Non c’è, sotto questo profilo, una distinzione tra chi svolge pro tempore una funzione giudicante e chi svolge pro tempore una funzione di pubblico ministero, nella misura in cui si riconosca nel pubblico ministero che sta adempiendo ad una funzione di difesa sociale, che lo pone perciò in una condizione di servizio ad una funzione di tipo generalistico. Ecco per quale motivo si può assumere che c’è un ruolo in qualche modo neutro, o comunque neutrale, in chi svolge l’accusa parimenti rispetto a chi svolge la funzione di giudice nella misura in cui si assume che l’accusa ha il ruolo di salvaguardia di un equilibrio sociale che è stato vulnerato da chi ha compiuto o da chi è accusato di avere compiuto il reato (che è atteggiamento diverso rispetto a quello del difensore, che può difendere anche nella misura in cui ha consapevolezza che il difeso ha violato una norma, laddove il magistrato non può accusare se assume la consapevolezza che non c’è stata violazione della norma da chi in qualche modo poteva essere accusato di un certo tipo di comportamento).
    Tutto questo esige un fermo riferimento alla sovranità della legge nella sua distinzione rispetto ad altri criteri così come non è contestabile la titolarità alla interpretazione della legge se si assume che questa è una delle interpretazioni della legge in un quadro nel quale altri soggetti possono essere titolati ad interpretarla.
    Ma nel momento in cui il magistrato riempie di connotati sociologici le sue argomentazioni indebolisce il suo ruolo di soggetto soltanto ed esclusivamente alla legge. Si fa parte, non è un problema di libertà del magistrato di parlare anche di politica. Il magistrato come cittadino parla di politica con quella prudenza, con quella misura, con quel senso dell’equilibrio e del dovere, che sono propri di tutti coloro che assolvono a funzioni pubbliche, come in qualche modo distinte dalle funzioni specificamente politiche e intese quali funzioni di parte.
    Se poi - come dire - attacchi vengono condotti alla magistratura, alle sue competenze e alle sue funzioni è evidente che questi attacchi devono essere respinti, ma la difesa è tanto pi forte quanto pi il magistrato si pone in una posizione diversa rispetto ai soggetti del dibattito squisitamente politico, si pone in questa posizione sia nei suoi comportamenti di cittadino con quel senso del dovere della misura che lo deve indurre ad un certo tipo di linguaggio, si pone nei rapporti istituzionali avendo la coscienza che o si immagina che il sistema democratico sta diventando qualche cosa di diverso rispetto alla democrazia, ma se sta diventando qualche cosa di diverso rispetto alla democrazia, questo qualche cosa di diverso ha radici che sono andate avanti nel tempo e che hanno indebolito nel tempo la democrazia, oppure, nella consapevolezza che se il sistema è ancora un sistema democratico ci sono le forze nelle istituzioni pi specificamente politiche pronte ad evitare che gli attacchi alla magistratura raggiungano il carattere del vulnus alle funzioni della magistratura.
    Nessuno ignora quel che bolle in certe pentole e c’è chi si è assunto la responsabilità, anche in sede parlamentare, di contrastare esplicitamente certi indirizzi e certe norme.
    Se il magistrato sta all’interno del suo ruolo alto è pi facile che quei connotati negativi che si vogliono prevalere nella opinione pubblica circa il ruolo della magistratura siano respinti, perch certamente c’è chi tende a far vedere la magistratura come un gruppo di pressione o una accolita di gruppi di pressione che operano in una certa direzione.
    La difesa da questi attacchi diventa, a livello politico, tanto meno difficile quanto pi la compostezza e la dignità dell’ordine giudiziario sono resi evidenti dai comportamenti costanti, quotidiani della magistratura stessa. Non credo affatto che ci sia una abdicazione nella classe politica, nella classe parlamentare, nei confronti di certi attacchi. La consapevolezza che senza la sovranità della legge viene meno la democrazia è presente.
  4. La democrazia non postula la politicizzazione di tutto, la democrazia è fondata sul principio del limite e quindi anche dei limiti della politica e dei limiti alla politica.
    La politicizzazione di tutto è un vulnus al principio regolativo della politica.
    Non so se davvero si stia politicizzando tutto ; è pi probabile che si tenda ad economicizzare tutto per così dire, ad affermare un primato dell’economia sulla politica e quindi a creare una situazione nella quale vengono meno i limiti della politica alla economia e quindi la riconduzione della economia all’interno del suo ruolo, delle sue competenze, delle sue attribuzioni. E' pi probabile che in questo contesto quello che sembra essere una politicizzazione integrale sia in realtà una poltiglia indiscriminata di messaggi mediatici, di messaggi di cui non si coglie il significato se non quello di una abbassamento sistematico del livello civile e culturale delle democrazie occidentali.
    Quindi non siamo tanto nella fase della politicizzazione. L’abbiamo vissuta la fase della politicizzazione in altre stagioni della nostra vita pubblica. A me pare che oggi ci muoviamo piuttosto in un altro contesto e semmai vedrei con interesse la capacità di un recupero attento di quella visione alta della politica che pone come suo fondamento il principio della sovranità della legge, sapendo che in questo contesto le maggioranze pro tempore possono, come diceva Giuliano Amato, intervenire con pezzi di legislazione ma nel contesto di un ordinamento giuridico che mantenga una sua consistenza e anche una sua superiorità. Questo è difficile perch pone il problema della radicale positivizzazione dell’esperienza giuridica. Se l’esperienza si positivizza drasticamente è ineludibile che il legislatore finisca per manipolare o possa costantemente manipolare l’ordinamento giuridico facendone anche, come dire, un tessuto che perde certi suoi connotati costitutivi e che può far venire meno persino i fondamenti di quella norma fondamentale che pure in qualche modo persino i giuristi pi orientati in senso positivistico hanno riconosciuto, il carattere strettamente legislativo ed esclusivamente legislativo del diritto. Ciò rende molto difficile la difesa di certi fondamenti.
    In questo quadro altamente problematico, vorrei dire che non sono chiusi gli spazi e che l’allarme, che pure esiste e che ha taluni elementi di giustificazione, non deve condurre un settore cruciale della vita istituzionale come la magistratura a un atteggiamento antagonistico che rischia di alimentare logiche conflittuali in un quadro nel quale l’interesse generale deve essere quello di trovare con regole condivise la possibilità di realizzare la pace interna nella comunità democratica.


Indirizzo:
http://old.magistraturademocratica.it/platform/2003/01/23/il-primato-i-regolativo-i-della-politica-e-la-sovranit-della-legge