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Neoautoritarismo visto dalla polizia

E’ molto importante la presenza di poliziotti ai vostri lavori. Rappresento il Sindacato Unitario Lavoratori Polizia, personalmente ho sempre condiviso i valori che voi avete cercato di portare avanti nell’ambito di una tradizione civile repubblicana della vostra missione.
Purtroppo dalla polizia non portiamo buone notizie, l’Istituzione sta attraversando una fase culturale molto delicata quello che senz’altro qualche relatore pi autorevole di me, in riferimento al Paese, ha definito “fase neoautoritaria”.
Tutto, o in gran parte, è da ricondurre, a mio parere, alla fase istituzionale legata al sistema maggioritario della rappresentanza che ha fatto sì che da parte degli apparati ci sia una concezione e percezione diversa della politica.
Con il proporzionale una interpellanza parlamentare metteva in subbuglio la Prefettura e la Questura della città interessata, con il bipolarismo la cosa passa quasi inosservata. Le cose, le questioni erano valutate diversamente.
Questo sistema elettorale che è passato nel nostro Paese con un referendum condizionato da una forte spinta giustizialista di cui ognuno di noi ha delle proprie responsabilità o, perlomeno, nessuno ne aveva compreso la portata istituzionale.
Il bipolare ha creato ulteriori problemi per i processi di trasformazione democratica degli apparati, infatti continuiamo a trovarci di fronte ad una riforma di polizia che è rimasta isolata nello scenario dei Corpi assieme a quella della polizia penitenziaria, un settore quest’ultimo a voi particolarmente legato in quanto il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria è solitamente guidato da magistrati e quindi la magistratura dovrebbe cercare di fare qualcosa di pi in quel settore di polizia pi strettamente legato al Ministero di Grazia e Giustizia per non lasciare soli questi lavoratori esclusivamente (come nel mio settore) in mano a sindacati autonomi tutti ripiegati al proprio interno e in uno strano corporativismo.
Un corporativismo che si esprime in una maniera strana, non inteso a tutela degli interessi legittimi ed anche meno nobili, ma che invece spesso e volentieri significa tifare e riconoscersi con questa o quella frangia conservatrice reazionaria che si evidenzia nel Paese che non fa altro che riportare i corpi di polizia nell’ ambito delle culture separate.
Le tematiche efferenti alla separatezza riportano a quelle condizioni politiche-culturali che negli anni ‘60-‘70 venivano definite le problematiche dei corpi separati.
La riproposizione di corpi separati è un pericolo vero anche se attenuato da dinamiche organizzative tendenzialmente rassicuranti ed ecumeniche.
La ridistribuzione egualitaria del diritto alla sicurezza è un obiettivo che questo Paese deve ancora conseguire. Le dinamiche sindacali dei lavoratori del settore improntate sulla frammentazione delle rappresentanze (ognuno si è fatto un proprio sindacato anche la stessa CGIL si è creata il sindacatino di riferimento), devono far riflettere anche la stessa MD che in qualche maniera per i valori che rappresenta deve cercare di fare qualche cosa per aiutare a riproporre una fase unitaria delle rappresentanze sindacali di polizia e di tutto l’insieme di questo particolare mondo del lavoro.
Mi sembra di avere compreso dalla relazione del vostro segretario una ricerca di impegno verso la società che del resto ha sempre caratterizzato la vostra azione e per non incorrere anche voi stessi nei pericoli dell’enclave culturale separata.
MD può dare un contributo a questa cultura del cambiamento o del non arretramento e di promuovere e di condividere all’interno delle istituzioni giuridiche e di polizia iniziative capaci di mantenere alto il livello di cultura democratica degli organi di sicurezza.
Cercate di coinvolgere questi ragazzi, il SIULP rappresenta circa il 35% dei lavoratori di polizia ed è il sindacato pi diffuso sul territorio, con un DNA generalmente approntato verso una cultura aperta all’esterno della polizia e ai problemi sociali.
Ma ci sono anche i pericoli già clamorosamente registrati di chiusure a riccio all’interno delle nostre anguste enclave culturali, in particolare ogni qualvolta l’operato dei lavoratori del settore viene fatto oggetto di verifica amministrativa, giudiziaria, politica o giornalistica.
Paradossalmente a contestazioni di eventuali errori professionali spesso corrispondono atteggiamenti della categoria di forte aggregazione e di diffidenza verso gli altri.
Il bipolarismo favorisce queste dinamiche contrappositive fra società e corpi di polizia, fra questi e la magistratura, fra parti della società e la magistratura. Dobbiamo con coraggio riflettere su queste cose, non bisogna avere paura di ammettere che forse si è sbagliato.
Ma questa cultura contrappositiva va battuta cercando di contaminare con la cultura democratica e con l’impegno giuridico di cui voi avete visibilmente dato prova in tutti questi anni, dando certezze e consapevolezza professionale ad un mondo che vi gira attorno, potrei citare l’esperienza di chi vi parla, che grazie all’aiuto dei magistrati, del sindacato confederale e dei partiti democratici ed anche di impegnati settori della stampa ha saputo cogliere elementi e principi capaci di rompere quella soggezione gerarchica dell’ambiente di lavoro di appartenenza. Una sorta di intellettuale o intelligenza collettiva di cui si è parlato in altri interventi di questo congresso.
I problemi in polizia ci sono, come del resto nell’ambito di tanti altri mestieri e professioni, ma ogni lavoratore deve cercare di autodeterminarsi coinvolgendo nei progetti in primo luogo i lavoratori del proprio settore.
Problematiche forti sono quelle relative agli agenti ed ufficiali di Polizia Giudiziaria operanti presso le Procure della Repubblica e presso le Sezioni di PG la loro organizzazione del lavoro e lo status professionale che deve essere loro riconosciuto.
Di fronte ai pericoli di una possibile deriva culturale autoritaria , di certo prodotta da diversi fattori, non aiutano a comprendere i fenomeni e a superarli i diversi processi in cui sono professionalmente coinvolti lavoratori di polizia, sembra quasi una storia studiata difficile da comprendere.
E’ difficile capire le dinamiche percettive e conoscitive che stanno prendendo piede in polizia se da una parte provengono segnali di prossimità verso la gente la pedagogia formativa rimane tutta improntata sulla cultura conformativa di forte identità con l’istituzione, spirito di appartenenza e forte pratica dell’obbedienza in antitesi alla visione critica delle cose.
In Italia, oltre alla Polizia di Stato, abbiamo due polizie organizzate autonomamente, ma a status militare: l’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza, quest’ultima pur nell’ammodernamento di cui è stata oggetto in questi ultimi anni, rimane però una delle ultime polizie tributarie al mondo organicamente militare.
Il nostro modesto e frammentato movimento sindacale cercherà di dare ancora in maniera forte contributi per queste battaglie, fortunatamente in Polizia, come all’interno della magistratura, vi è ancora una soggettività generazionale che tiene, abituata a pensare istituzionalmente con spirito di ragionevolezza e comprensione.
I problemi di integrazione dei poliziotti nel tessuto sociale, proprio per il ruolo che ricoprono, unito anche all’elemento economico della nostra categoria che non ha l’agibilità stipendiale dei magistrati, fanno si che le difficoltà di integrazione diventino elementi di disimpegno, e che in uno stato generale di incertezza, i poliziotti possono essere usati simbolicamente contro la magistratura, contro le regole invece di farle osservare.
Serve una sinergia culturale democratica pi forte che deve contaminare positivamente le strutture pi importanti e pi delicate della Repubblica.


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