L’importanza di un’elaborazione comune

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  1. L’Unione, oggi mio tramite, intende garantire una presenza eloquente al vostro Congresso, ch Magistratura Democratica ha conquistato da tempo un’ampia considerazione – non solo degli addetti ai lavori - per la incontestabile vivacità con cui ha contribuito al dibattito dei grandi temi della nostra cultura giudiziaria. E alla Magistratura intendiamo confermare un messaggio forte e chiaro in ordine al tema della seconda sessione di lavoro ( “Magistrati, avvocati, giuristi; la necessità di un’alleanza), preceduto da alcune precisazioni.
    Crediamo nella necessità del dialogo non solo con le forze politiche e le istituzioni, ma anche – e non certo secondariamente - con la Magistratura e l’Accademia, e ci ricrederemmo solo se vi fossimo costretti in seguito a concrete e miopi chiusure.
    Abbiamo segnalato l’utilità del confronto in ogni occasione: dalla mia relazione programmatica, che il nostro Congresso ha approvato, affidandomi la Presidenza dell’Unione, a tutti i nostri convegni di studio, in cui la Magistratura è interlocutore gradito e costante; dalle interviste rilasciate dai nostri esponenti ai documenti fin qui elaborati. Per non dilungarmi, consegno alla Presidenza del Congresso comunicati e documenti varati dalla Giunta in carica, in allegato a questo breve intervento. Essi rivelano, senza lasciar spazio a dubbi, la nostra linea politica, che probabilmente alcuni, da cui pure provengono aspre critiche, non conoscono adeguatamente.
    Il dottor Castelli, nella sua relazione scritta, inviatami insieme al gentile invito a partecipare a questo Congresso, afferma tra l’altro che l’Unione sarebbe palesemente filogovernativa [ “La scena mediatica, poi, è stata occupata prevalentemente dall’Unione delle Camere penali che, in questo biennio, ha affiancato al tradizionale e pregiudiziale antagonismo con la magistratura (basti pensare al controsciopero proclamato nel giugno 2002 alla vigilia di quello della Associazione nazionale magistrati) l’adozione di una linea di oggettivo e acritico supporto alla politica della giustizia della maggioranza di governo (rectius, delle sue componenti pi oltranziste), sino a mantenere un assordante silenzio persino di fronte a gravissime violazioni dei diritti fondamentali (basti ricordare i fatti del G8 a Genova e la legge Bossi-Fini ) e ad attacchi senza precedenti alla indipendenza della giurisdizione (come la mozione del Senato del 5 dicembre 2001 e l’uso della doppia funzione di avvocato e di parlamentare per incidere su processi in corso)” ]
    Ebbene, noi rispettiamo, se del caso contestandole, le opinioni espresse nella relazione del Segretario Castelli, sebbene non poche siano certamente divergenti dalle nostre: mi limito a fare un cenno alla separazione delle carriere. Non per richiamare qui le ragioni della nostra posizione, ben nota da almeno vent’anni, ma per ribadire come non sia condivisibile l’automatismo di questa fondamentale riforma ordinamentale con la sottoposizione del p.m. all’esecutivo, eventualità irreale per la nostra cultura e a fronte della quale abbiamo ripetutamente dichiarato che faremmo per primi le barricate. Per difendere, senza tentennamenti, sia l’indipendenza della Magistratura, giudicante e requirente, sia l’obbligatorietà dell’azione penale.
    Ne discuteremo, ci confronteremo lealmente, se vorrete. Apprezzando nel contempo l’avversione alle leggi emergenziali, della quale prendiamo atto con soddisfazione, un po’ oscurata – per la verità - dalle perplessità che sgorgano dalle assenze registrate nelle occasioni in cui vi attendevamo al nostro fianco. Da ultimo, la stabilizzazione del regime detentivo di cui al 41 bis, che ha consacrato – al termine di un decennio connotato da proroghe alimentate dall’alibi illiberale dell’emergenza - violazioni innegabili della carta costituzionale.
    Non accettiamo però – nelle affermazioni sopra richiamate- l’assunto secondo cui la nostra politica sarebbe di “oggettivo e acritico supporto alla politica di giustizia della maggioranza di governo (rectius, delle sue componenti pi oltranziste) ”. Esso merita subito una fiera replica, perch è tanto clamorosamente errato quanto decisamente stridente con la nostra autentica connotazione.

  2. Ha ragione Glauco Giostra nella splendida analisi pubblicata nel Sole 24 ore del 23 gennaio: la trasformazione della contrapposizione tra magistrati e avvocati in strumentale rappresentazione di un collateralismo politico non solo è perniciosa, ma soprattutto scaturisce da un dato decisamente falso, alimentato da chi vi ha interesse. E quindi non vorrei stare qui a replicare, ricordando altre, ingiustificate assenze della Magistratura, Democratica e non, in momenti non lontani e gravemente involutivi per i nostri diritti costituzionali; n ad esibirmi in una facile difesa della mia associazione, così dando corpo – seppure per confutarla - a un’accusa così maliziosa. I documenti, le relazioni, le interviste, i comunicati – per chi avesse voglia di leggere (e di intendere)- parlano da soli, almeno se non si sia oscurati dai pregiudizi.
    Segnalo poi a chi avesse ancora qualche perplessità la relazione da me resa al Congresso di Sirmione del 4-6 ottobre 2002, nella parte in cui si occupa della posizione politica dell’Unione e della mia Giunta.
    «Mi si è addebitato di ‘non avere una sponda’, alias di non avvalermi della materna tutela di alcun partito. Devo confessare che non solo mi riconosco in pieno in questa carenza, ma intendo precisare che sono fermamente, tenacemente intenzionato ad impegnarmi perch l’Unione continui a beneficiare di iscritti connotati da pari turpitudine, e comunque restii a qualsiasi intervento (“di sponda”, appunto) nella nostra politica associativa da parte del loro partito preferito.In effetti, n io, n i miei compagni d’avventura, n la straripante maggioranza degli associati all’Unione siamo, da Avvocati, “di destra” o “di sinistra”. La toga –se indossata con dignità, e orgoglio, e professionalità, da chi sia penetrato dalla cultura della Difesa- non ha alcuna colorazione, n si ripara in alcuna sponda diversa dalla legalità. Nelle aule e nell’attività associativa, siamo, con pochissime, insignificanti ed emarginate (seppure sconfortanti) eccezioni, “semplicemente” Avvocati. E dico subito che ritengo deleterio per la forza “politica” della nostra associazione dare spazio a quel manipolo di iscritti così inzuppati delle loro ideologie partitiche da lasciarle prevalere sull’ideologia dell’Avvocatura, che invece deve esser guidata “soltanto” dalla custodia incontaminata e incrollabile del diritto di Difesa.Se toccherà a me, non mi preoccuperò di passare per uomo di destra, di centro o di sinistra, e nemmeno per … orfanello privo di una affettuosa mamma-partito. Adotterò, insieme agli organi statutari, le decisioni che mi sembreranno pi giuste, e ne assumerò la responsabilità senza temere nulla, se non di sbagliare, e rispettando esclusivamente il vostro giudizio, ossia il giudizio del Congresso, al quale soltanto intendo render conto, rivendicando anche in questo la Libertà dell’Unione e di chi ha l’onore di rappresentarla».
    E ancora: «a chiunque dovesse coltivare un proposito così perverso impediremmo di anteporre, al nostro interno, alla politica dell’Avvocatura l’Avvocatura politica, e quindi di sopprimere la Libertà e la cultura del Difensore».
    «… l’Avvocatura convive con oneri severi, refrattari alle mediazioni. Guai a valicare, nella foga di una Difesa coinvolgente, i precetti normativi e deontologici posti a tutela della nostra professionalità. Guai, parimenti, a lasciar appannare le prerogative della Difesa, e dunque a rinunciare a difendere al meglio, utilizzando le strategie pi opportune. In definitiva, guai a tradire la nostra funzione. Parimenti, ritengo che in nessun caso l’Avvocato debba avvalersi nel processo, o lasciare che prevalgano sulla sua toga ruoli (e logiche) diversi da quello difensivo: ciò vale per l’attività politica, come per gli interessi personali, per ogni devianza, insomma, che possa anche appena disturbare la limpidezza della Difesa».

    E infine: «Continueremo ad essere di parte, nel senso pi alto e qualificante, perch stiamo dalla parte del cittadino, e dell’utente della Giustizia, imputato o persona offesa che sia. Però, non siamo in tanti –nel vasto panorama giudiziario- a beneficiare di un’autentica e maturata competenza tecnica, completata dalla necessaria lontananza dalle coalizioni politiche. Quanti di noi abbiano trovato nell’Unione delle Camere Penali Italiane la loro naturale, scomoda e intrepida dimora, oltre a una agguerrita e inespugnabile roccaforte, rabbrividiscono, s’indignano e assicurano che la difenderanno ad oltranza da ogni aggressione, proteggendo questa entusiasmante area di civiltà dai nemici dichiarati, senza lasciarsi imbrattare da serpeggianti e mistificanti affabulazioni. Non siamo ingenui, n pavidi, n disarmati. Non intendiamo rinunciare a una prerogativa preliminare, mirabolante, introvabile altrove: la vera, piena, indiscutibile superiorità alle fazioni e agli schieramenti, che proviene dall’autentica indifferenza alle coalizioni partitiche».
  3. Nonostante serpeggi – in termini francamente insignificanti per quantità e qualità- persino al nostro interno l’interesse (quello sì) politico ad avversare le nostre battaglie, mirando a darne una rappresentazione finalistica vistosamente alterata, deve tenersi conto, dunque, dei documenti e dei fatti, nonch del preciso e convinto impegno mio e dei miei Colleghi di Giunta, i quali mi hanno aiutato a redigere il programma congressuale. Di fronte a ciò, ostinarsi ad etichettarci equivarrebbe a porre in atto un tentativo banale e partigiano, oltre che inesorabilmente perdente, di delegittimare la nostra associazione.
    Rinunciando a ruminare il passato, per preferire la concretezza della tematica giudiziaria, vorrei richiamare molto sinteticamente una parte rilevante dei nostri programmi, tralasciando in questa sede gli argomenti che ci vedono in posizioni contrapposte, per individuare piuttosto le convergenze a mio parere naturali, e comunque possibili tra le vostre e le nostre posizioni.
    E’ nostro intento perseguire obiettivi rilevanti quali la Deontologia comune tra Magistrati e Avvocati, la Riforma del sistema decisorio e sanzionatorio, la Riforma del Codice Penale, la Revisione del codice di procedura penale, il sistema carcerario e la concreta esaltazione della funzione rieducativa, l’Attuazione del Giusto Processo, compresa la sua ragionevole durata (purch non venga svilita e trasformata in un pretesto per sopprimere garanzie difensive), nonch una Difesa effettiva e per tutti, imputati e persone offese, di ogni condizione sociale.
    Tutto ciò può non essere anche intento di chi – come Magistratura Democratica - definisce la Costituzione “stella polare” della Magistratura?
    Il dottor Castelli, nella sua relazione scritta, individua tra le “direttici di impegno” l’opportunità di “privilegiare, rispetto ai rapporti di vertice con le associazioni di categoria, un ampio confronto, soprattutto a livello locale, con i settori dell’avvocatura interessati al confronto (anche su posizioni di forte dialettica) indipendentemente dalle logiche di appartenenza” . Pur non raccogliendo la sfida (se non la spavalderia) insita in questa sorta di … cordiale comunicazione alle rappresentanze associative dell’avvocatura, è qui doveroso convenire che naturalmente ognuno è libero di confrontarsi con chi voglia; persino con chi – perfettamente appiattito su schemi ideologici nettamente prevalenti sull’orgoglio della corretta esplicazione della funzione difensiva - non possa fornire alcuno spunto realmente dialettico. Così, se non altro, ci si trova subito d’accordo: meglio di niente, per chi si contenti di fregiarsi del comodo consenso di finti interlocutori.
    Agli altri, ai tanti altri Magistrati, vorrei ricordare che recentemente, abbiamo lanciato un appello alla Magistratura, all’Accademia e alla Politica in direzione di un’elaborazione comune: lo potrete leggere tra i nostri documenti. Sappiamo bene che nella indicazione delle soluzioni non sarà facile trovarsi sempre (e nemmeno spesso) d’accordo. Ma abbiamo il dovere, nei confronti degli utenti, della società, della giustizia, di tentarci seriamente, di “abbandonare – per dirla con Giostra - diffidenze reciproche e reattività corporative” . Per non lasciare che si indebolisca proprio quella “Forza dei diritti” cui giustamente avete intitolato questo congresso.
    E alla quale noi teniamo non meno di voi.

23 01 2003
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