Lettera ai colleghi sul maxiemendamento

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Cari colleghi,
con il maxiemendamento approvato nei giorni scorsi dal consiglio dei
ministri il progetto governativo sull'ordinamento giudiziario è ormai
definito.

1. Si tratta - è bene dirlo subito - di un progetto che disegna una magistratura
estranea al modello costituzionale e cancella decenni di interventi normativi
e di elaborazione culturale diretti a garantire l'indipendente esercizio
della giurisdizione a salvaguardia dei diritti dei cittadini. L'obiettivo
non è, in nessun modo, il miglioramento del servizio; pi semplicemente
è il controllo di una magistratura ritenuta troppo indipendente e autonoma.
La logica è univoca: dividere i magistrati, separando sin dal concorso
(solo formalmente unico) giudicanti e requirenti e creando, poi, delle
categorie chiuse (dodici: a seconda delle funzioni, del grado, dell'incarico
svolto) con accesso progressivamente riservato a vincitori di concorsi
per titoli ed esami. Ed è incredibile che, per giustificare la riproposizione
di assetti propri degli anni 60 (abbandonati perch bocciati dall'esperienza
e dalla storia), si ricorra a slogan demagogici, come "largo ai giovani"
e perseguimento della meritocrazia, tanto meno credibili in quanto proposti
da quelle stesse forze che hanno elevato l'età pensionabile dei magistrati
a 75 anni e che mostrano di rimpiangere l'ordinamento giudiziario gerarchizzato
del 1941. Non siamo di fronte a un semplice tentativo di tornare agli
anni '50. Da allora è mutata e cresciuta la società e, con essa, la domanda
di giustizia, che vuole magistrati in grado di rendere in maniera diffusa
un servizio adeguato e non una struttura gerarchica con all'apice astratti
cultori del diritto (spesso disinteressati al funzionamento dell'apparato
giudiziario).

2. Ma c'è di pi. Il precetto costituzionale secondo cui i magistrati
si distinguono solo per funzioni viene accantonato e l'ordine giudiziario
riorganizzato in dodici "caste", scandite da continui concorsi (almeno
cinque, oltre a quelli per eventuali incarichi semidirettivi e direttivi
e per il mutamento di funzioni da giudicanti a requirenti o viceversa).
E' facile prevedere che il buon magistrato sarà preoccupato pi di preparare
i diversi concorsi che di svolgere bene il proprio lavoro... Viene ricostruita
una gerarchia interna in cui i migliori magistrati sono quelli di Cassazione
e quelli collocati in posti apicali, mentre i meno capaci si occuperanno
per tutta la vita del giudizio di primo grado o delle indagini, cioè dei
settori (spesso pi delicati) a diretto contatto con i cittadini. L'intero
assetto della magistratura viene burocratizzato e ingessato: la rigida
separazione delle funzioni, la temporaneità di tutte le posizioni professionali,
l'estensione delle incompatibilità per ragioni di parentela porteranno,
combinati insieme, a una mobilità limitatissima e vincolata, nella quale
scelte motivazionali e principi di selezione attitudinale non avranno
alcun peso. Gli uffici di Procura vengono rigidamente gerarchizzati, ricostruendo
i vincoli di dipendenza dalle Procure Generali, estendendo le possibilità
di avocazione e trasformano il Procuratore della Repubblica in unico dominus
di qualsiasi procedimento e provvedimento (fino ad abolire persino i procuratori
aggiunti). Inutile dire che ciò significa la fine dell'azione penale diffusa
sul territorio, con responsabilità suddivise e ripartite. Il Consiglio
superiore viene svilito a organo di (bassa) amministrazione e privato
della competenza in materia di valutazioni di professionalità e di nomine
(demandate a commissioni di concorso composte in parte di esterni alla
magistratura ordinaria), di formazione (affidate a una scuola delle professioni
giuridiche totalmente fuori dalla sua orbita), di organizzazione (lasciate
ai Consigli giudiziari), di interventi in tema di incompatibilità ambientale
e parentale (affidate all'iniziativa di Procuratore generale e Ministro).
Anche i Consigli giudiziari, già snaturati nell'originario disegno di
legge governativo (con una strutturazione che prevede una presenza minoritaria
di magistrati eletti, in numero di 3, e con presenze esterne prive di
qualsiasi giustificazione, quali i due designati dal Consiglio Regionale),
perdono ogni ruolo significativo in tema di valutazione di professionalità
e vengono relegati esclusivamente nell'ambito della organizzazione degli
uffici (con il prevedibile risultato del trionfo del localismo con modelli
privi di qualsiasi omogeneità e possibilità di confronto). Le modalità
con cui viene istituita la Scuola cancellano le preziose esperienze di
formazione accumulate in questi anni dal Consiglio superiore e lasciano
intravedere una prospettiva, anzich di formazione permanente, di mero
supporto per aggiornamenti professionali periodici (al massimo una volta
ogni tre anni) con impropri scopi valutativi e burocratici.

3. Anche i punti che a prima vista potrebbero apparire positivi e conformi
alla elaborazione della magistratura associata e della cultura giuridica
sono formulati in modo da destare ampie preoccupazioni. Così è, in particolare,
per la revisione delle circoscrizioni che, a leggere il testo, preconizza
il trionfo del localismo (con l'istituzione di nuove corti di appello
e nuovi tribunali) pi che una ridistribuzione sul territorio degli uffici
a seconda delle effettive necessità. E così è per la temporaneità degli
incarichi direttivi, richiesta storica della magistratura associata, perseguita
creando una sorta di carriera di dirigente (costituente una delle caste
in cui si suddividerà la nuova magistratura).

4. Tutto ciò non ha nulla a che fare con la modernizzazione e con l'attuazione
dei principi costituzionali Il modello che viene perseguito è quello di
un'altra magistratura: arrivista, indifferente al servizio, gerarchizzata,
controllabile e controllata. Su questo modello non possono esservi compromessi,
trattative o aperture, proprio perch esso nega in radice i valori costituzionali.

Dopo le leggi sulle rogatorie, sul falso in bilancio e la legge Cirami,
l'attacco all'indipendenza e alla giurisdizione è stato portato nel cuore
dello stesso status di ogni magistrato con un chiaro intento punitivo
e di negazione di garanzie e diritti. A noi essere capaci, insieme, di
indignazione e di razionalità. Dobbiamo perseguire l'unità e la compattezza
dei magistrati in difesa dei principi costituzionali, spiegare ai cittadini
i reali obiettivi di queste proposte restauratrici, opporre ad esse un
progetto di vera riforma dell'ordinamento (proseguendo in iniziative come
quella di cui l'Associazione si è fatta paladina con i recenti incontri
in tema di valutazioni di professionalità). La partita è ancora tutta
da giocare e noi non ci tireremo indietro.

23 03 2003
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