Pubblicato su Magistratura Democratica (http://old.magistraturademocratica.it/platform)

La magistratura di fronte al terrorismo

L'assassinio del magistrato Emilio Alessandrini, seguito
di pochi giorni a quello dell'operaio Guido Rossa, e la catena di attentati
terroristici che ancora continua, richiamano ancora una volta l'importanza centrale
- per le stesse sorti della democrazia nel nostro paese - di valida risposta
istituzionale all'attacco eversivo, e del ruolo che in questa risposta è proprio
dell'istituzione giudiziaria, anch'essa direttamente colpita ed esposta.
Malgrado le riaffermazioni di impegno democratico - esplicite
nelle manifestazioni ed in molte prese di posizione di questo periodo - le minacce
dell'attacco terroristico diretto, che si intrecciano al preesistenti fattori
di crisi nel paese e nella istituzione, rischiano di determinare dinamiche di
abdicazione alle pressanti responsabilítà di ciascuno. Dietro le attestazioni
rituali traspare il rischio che, alle drammatiche difficoltà del momento, si
reagisca con comportamenti pratici di disimpegno e di scollamento nelle e fra
le istituzioni, di ripiegamento di larghe fasce di magistrati su posizioni di
ostilità rispetto alle altre istituzioni della democrazia politica; tali posizioni,
che traggono origine da pur giustificate critiche alle carenze di intervento
politico, finiscono per approdare ad una sorta di distacco dall'esistente democrazia,
imperfetta certo, ma che è comunque il terreno per cui solo è possibile andare
avanti.
Queste dinamiche tuttavia non sono le uniche che percorrono
oggi la magistratura. Accanto ad esse, spesso intrecciate con esse, nuove spinte
alla identificazione nel ruolo e alla sua riaffermazione si fanno strada, sotto
la pressione della risposta democratica che il Paese offre al terrorismo.
L'immediata mobilitazione di grandi masse di lavoratori,
che hanno egualmente reagito all'assassinio dell'operaio e a quello del giudice
ha offerto anche ai magistrati un punto di riferimento ed un rapporto nuovo,
dai quali partire per recuperare le condizioni dì fondo dell'isola mento e della
sconfitta del terrorismo, attraverso la profonda adesione popolare ai valori
della, democrazia politica e della convivenza civile, che costituiscono la sostanza
della nostra legalità ed ai quali il terrorismo oppone la sua logica distruttiva.

La stessa risposta istituzionale ritrova qui la sua necessaria
radice politica e sociale ed il senso di una lotta (al terrorismo) che è innanzitutto
adesione e difesa di un modello di convivenza umana e di confronto politico
caratterizzato dalle forme istituzionali e dai valori emancipatori della legalità
democratica.
Molti magistrati, di differente orientamento, si sono
ritrovati in varie città d'Italia insieme agli altri lavoratori per esprimere
questa comune consapevolezza ed affermare l'impegno specifico contro il terrorismo,
non come momento puramente tecnico e separato, ma come parte integrante di un
indirizzo che si esprime nel signifiato generale e nelle reali capacità di vita
sviluppo della democrazia nel nostro Paese.
In questo intreccio di motivi di impegno di tentazioni
di ripiegamento, di difficile fedeltà al ruolo e di controspinte provenienti
dalla crisi e dal terrorismo, la magistratura italiana vive oggi un passaggio
tormentato, che chiama direttamente in causa la stessa ragion d'essere dei gruppi
o associazioni di magistrati, come luogo di aggregazione degli orientamenti
ideali e del capacità di tenuta dell'ordine giudiziario.
Le responsabilità di risposta che l'attacco terroristico
sollecita non possono esaurirsi nelle pur necessarie e tradizionali prospettazioni
al potere politico, largamente inadempiente su punti essenziali, per il risanamento
delle strutture e degli ordinamenti della giustizia.
Anche queste richieste traggono la loro legittimazione
(a pena di ridursi a scarico di responsabilità) dalla connessione con un orientamento
di fondo, che senta la risposta al terrorismo come questione in cui tutti si
è compartecipi e che appunto dalla generale assunzione di corresponsabilità
- resistendo a comprensibili timori o a un burocratico disimpegno - trae le
condizioni di efficienza e (per quanto possibile) di sicurezza.
La necessità e la difficoltà di un simile sforzo è sottolineata
dal ricorrere di proposte di tutt'altro segno, come per es. quella che la competenza
in materia di terrorismo sia concentrata in pochi organi superprotetti e separati.
A parte l'illusione che ciò consenta una maggiore sicurezza, in un periodo in
cui il terrorismo resta in grado di colpire a largo raggio, evidente è il rischio
di trasformare la risposta al terrorismo in affare di corpi speciali, secondo
una logica difficilmente compatibile con i principi del giusto processo, e che
comunque accentua una frattura nell'istituzione giudiziaria, in luogo della
necessaria solidarietà generale in un comune compito di giustizia.
Il problema è innanzitutto di orientamento ideale, di
valorizzazione, diffusione e sostegno delle ragioni pi profonde di impegno
contro il terrorismo. Accanto a questo vi è il compito di trasfondere l'orientamento
ideale in un impegno pratico e propositívo per sviluppare le condizioni, da
tempo precarie, in cui la fedeltà al proprio ruolo non si risolva in volontarismo
individuale, ma significhi nei modi e nel risultati funzionalità effettiva dell'istituzione.
Nel sollecitare il necessario confronto su Questi temi,
Magistratura Democratica propone alcuni punti, che non si limitano a richieste
pur indispensabili da avanzare al potere politico, primo responsabile degli
indirizzi e degli esiti della politica criminale, ma cercano di valorizzare
l'apporto specifico che fin da ora la magistratura può e deve dare.
A. Un primo apporto che il confronto tra i magistrati
può sviluppare è la messa a fuoco dei criteri di razionalità e di giustizia,
atti a definire strumenti, garanzie e obiettivi di una corretta risposta al
terrorismo. Vi è, preliminare, un problema di comprensione dei fenomeni, nelle
loro radici e nei loro sviluppi, che non può essere surrogato da formule esorcistiche
e che punti a cogliere la complessità e le differenziazioni nel fenomeni da
combattere, come premessa per una risposta altrettanto articolata in termini
sia di giustizia proporzionale sia di razionalità rispetto allo scopo. Decisiva
in questo contesto è la capacità di distinguere l'area del terrorismo in senso
proprio da quelle in cui esso trae alimento e che possono arrivare a toccare
aree di " dissenso radicale " di per s rientranti nella dialettica delle idee
costituzionalmente protetta. La stessa direttiva di fondo - l'isolamento e la
progressiva eliminazione dell'area del terrorismo - richiede un'attenta articolazione
delle risposte ai diversi fenomeni, sia quanto a legittimità sia quanto ad efficacia,
evitando che eventuali offuscamenti nella garanzia delle libertà costituzionali
si risolvano in motivi di distacco dalle istituzioni democratiche e di allargamento
dell'area di simpatia o fiancheggiamento o di adesione alla guerra contro lo
Stato. Nello stesso tempo, si tratta di far funzionare la coercizione nel casi
e modi in cui è richiesta, tenendo ferma da un lato l'imparzialità della giurisdizione
nel accertamento e valutazione dei fatti, e dall'altro lato gli orientamenti
ideali su cui una giustizia democratica non può non fondarsi. L'esperienza recente
mostra che questa strada è possibile e vincente: ne è provata l'esempio dato
dalla Corte torinese nel processo contro imputati appartenenti al c.d. " nucleo
storico " delle Brigate Rosse. In condizioni difficilissime e resistendo alle
pi tragiche intimidazioni, una mobilitazione ideale di massa ha consentito
la formazione della giuria, ed il dibattimento è stato condotto e concluso in
modo rispettoso dell'identità personale e della linea difensiva degli imputati,
riaffermando finalmente la capacità di risposta di una giustizia che riesce
a rimanere tale anche nelle condizioni pi dífficili. In questa stessa prospettiva
viene in primo piano - come condizione dell'isolamento del terrorismo - la capacità
delle Istituzioni di costruire una risposta complessiva ai valori e ai bisogni
di giustizia, dalla cui incompleta soddisfazione il terrorismo trae alimento
e pretesto. La coercizione penale, per quanto necessaria, non è l'unica risposta
che dalla giustizia si attende; come corazza di un'egemonia democraticamente
fondata, essa è un momento non separabile dalla complessiva capacità di << fare
giustizia >> espressa dal vigente sistema di legalità e di mediazione giudiziaria.
Di qui l'importanza di campi di intervento come quello minorile, del mercato
del lavoro o delle abitazioni e così via, in una prospettiva che colga i nessi
fra la difesa della legalità dall'attacco eversivo e le condizioni dell'ulteriore
sviluppo dei valori e rapporti su cui essa si fonda.
B. L'implicazione dell'intera funzione giustizia nel
compito di difesa e attuazione della legalità, ripropone con urgenza la necessità
di un assetto e di un modo di gestione istituzionale in cui la responsabilità
di ciascun magistrato si traduca in effettiva partecipazione di tutti ai momenti
rilevanti per la funzionalità dell'istituzione. I residui di autoritarismo nell'ordine
giudiziario, lungi dal favorirne la tenuta, continuano a segnare momenti di
tensione interna, di possibile canale privilegiato di indebite pressioni esterne,
di burocratizzazione, là dove la necessità del massimo impegno richiede compartecipazione
responsabile. Proprio le attuali esigenze di lotta all'eversione di dispiegamento
di ogni risorsa ideale e organizzativa, accentuano la rilevanza delle tematiche
della democratizzazione degli uffici giudiziari: composizione dei Consigli Giudiziari,
poteri dei capi degli uffici, garanzia del giudice naturale e così via. Sono
temi questi che, pur portando a prospettive di riforma normativa, attengono
a scelte che già oggi trovano spazio e possibilità diverse d'esplicazione e
che sollecitano perciò dai gruppi associati di magistrati la responsabilità
di concorrere nell'immediato con proposte ed indicazioni di orientamento. Un
particolare rilievo avrebbe, come segno di ricomposizione e di piena corresponsabilizzazione
di tutte le componenti della magistratura, un'indicazione associativa per la
realizzazione della " proporzionale di fatto " in tutte le sedi, nell'imminente
rinnovo dei Consigli Giudiziari.
C. Avendo specifico riguardo alla lotta al terrorismo,
si pone il problema delle vie per renderla pi efficiente. Rivelatasi illusoria
la linea che identifica l'efficienza con inasprimenti normativi o con leggi
eccezionali, sembra emergere l'approccio pi razionale, che fa leva sulla qualità
e affidabilità delle forze e dei mezzi a disposizione. L'esigenza di razionalità,
che sta alla base di una risposta adeguata ai fenomeni, porta in evidenza la
questione della raccolta, organizzazione e memorizzazione delle informazioni
in materia di terrorismo e di criminalità organizzata in genere. E' in questa
prospettiva che da tempo si parla della creazione di una " banca dei dati ".
La sua creazione e messa a disposizione della polizia e della magistratura porrebbe
segnare un salto di qualità e favorire anche mutomenti operativi sia nei modi
di conduzione dell' indagini, sia nella formazione professionale degli inquirenti.
Il problema centrale, comunque, è quella, della polizia giudiziaria, sia per
quanto concerni la sua effettiva disponibilità da parte della Magistratura (art.
109 Cost.), sia per quanto concerne la sua professionalità e le sue dotazioni
tecniche. Le vicende di questo periodo (come quello che continuano ad innestarsi
sull'affare Moro stanno rendendo sempre pi evidenti i rischi d una situazione,
in cui l'esautoramento dell'autorità giudiziaria ha aperto la strada a inchieste
parallele e ad oscure manovre che si stanno, dimostrando non solo un grave ostacolo
alla lotta al terrorismo, ma una permanente minacci agli equilibri politici
del nostro paese. La corretta impostazione della risposta istituzionale al terrorismo
impone quindi, come momento centrale di riorganizzazione, la riconduzione delle
indagini sui fatti e sulle organizzazioni eversive sotto la direzione della
autorità giudiziaria, secondo il modello costituzionale che affida a questa
la repressione penale e che vede nella polizia giudiziaria il necessario organo
ausiliario della magistratura inquirente, nella diretta disponibilità di quest'ultima.
Ciò implica, no già la creazione di un ulteriore corpo, ma distaccamento stabile
presso gli uffici giudiziari per lo svolgimento delle attività inerenti alle
istruttorie penali, di servizi sufficientemente dotati di uomini e mezzi operativi,
i cui componenti rispondano, nell'esercizio di quelle attività I'esclusivamente
al magistrato. Resta ferma ovviamente la responsabilità del governo e delle
forze di polizia nel loro complesso per la generale attività di pubblica sicurezza
e di prevenzione della criminalità, comune e politica, comprendendosi in ciò
la predisposizione di quelle misure che si rendessero necessarie per la protezione
specifica dell'attività giudiziaria e dei suoi addetti.
Ulteriori punti, che qui ci si limita ad accennare, attengono
al rapporto fra la migliore utilizzazione delle risorse ed il sistema normativo
sia sostanziale che processuale.
Quanto al diritto sostanziale appare possibile procedere
sulla via della depenalizzazione della semplificazione, promuovendo in tal modo
una pi razionale (oltre che pi equa) concentrazíone delle risorse e dell'attività
giudiziaria Sui fatti criminosi di maggiore rilievo. Quanto al diritto processuale,
infine, è necessario sciogliere al pi presto il nodo del nuovo codice di procedura
penale, il cui progetto preliminare richiede la pi aperta discussione, al fine
di individuare una via di uscita praticabile dalla attuale situazione di incertezza,
che di per s costituisce una remora ad interventi nelle strutture e rischia
di perpetuare una situazione rivelatasi insostenibile anche negli aspetti normativi.

Modena, 11.2.1979
Il Comitato esecutivo
di Magistratura Democratica
DOCUMENTO
DEI MAGISTRATI DELLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI MILANO

 
I magistrati della Procura di Milano, riuniti in assemblea,
hanno approvato all'unanimità il seguente ordine del giorno:
Subito dopo l'assassinio di Emilio Alessandrini abbiamo
affermato la volontà di impegnarci ancor pi nel nostro compito al servizio
della comunità e della democrazia.
La nostra dichiarazione di intenti non può però ridursi
a sterile volontarismo; indirizziamo quindi alle autorità ed alla opinione
pubblica la nostra riflessione, la nostra denuncia, la nostra proposta di
lavoro.
Da troppo tempo ormai manca ogni capacità di direzione
politica generale e gli interessi corporativi, sommandosi o scontrandosi,
regolano le vicende sociali ed economiche del paese. L'immagine della legalità
è devastata dall'impunità concessa ai gruppi clientelari, che hanno strumentalizzato
al loro servizio i pubblici poteri e le risorse collettive. Questa degenerazione
del sistema ha indotto un perverso meccanismo di avversione verso tutto ciò
che è pubblico e un conseguente isolamento delle ístítuzioni. Anche di qui
la genesi di una illegalità diffusa ed un terreno fertile per il terrorismo.
Nella generale crisi istituzionale, i magistrati, caricati
di sempre maggiori compiti di intervento nella società, ma privi di adeguate
possíbílítà di azione, vengono offerti dalle inadempienze del potere politico
come controparte a masse di emarginati nelle situazioni di conflitto pi esasperate.
Forse discende anche da questa situazione la logica aberrante di chi, decidendo
di assassinare Emilio Alessandrini, identifica ogni difensore della legalità
come strumento dei gruppi dominanti.
Occorre allora chiarire che il ruolo della magistratura
nella lotta contro la criminalità organizzata è soltanto una parte della necessaria
complessiva risposta istituzionale. Risposta che compete anzitutto ai poteri
legislativo ed esecutivo: moralizzazione politica e riforma sociale non pi
dilazionabili, servizi segreti finalmente funzionanti, polizia di sicurezza
e polizia giudiziaria pi efficienti.
Non vogliamo ripiegare, di fronte all'attacco eversivo
che direttamente ci colpisce, su posizioni di pregiudiziale ostilità rispetto
a tutte le altre istituzioni, e però va detto che i pubblici poteri hanno
finora dato risposte totalmente elusive rispetto alla gravità del fenomeno:
contraddittorie riforme procedurali ed inasprimenti di pena sono solo cortine
fumogene dietro le quali si tenta di mascherare l'inerzia e l'incapacità.
Ancora in questi giorni circolano discutibili proposte di leggi speciali:
in tal modo si fa il gioco dell'eversione, rinviando ogni risposta strutturale
e dando alimento a quella immagine di uno stato di polizia da cui il terrorismo
trae pretesto e consensi.
Per quanto concerne la nostra competenza di magistrati,
il punto pi importante - se pur limitato nel quadro complessivo di cui si
è detto - è invece quello della polizia giudiziaria. Della sua unificazione,
della sua consistenza, della sua qualificazione e dotazione di mezzi, della
sua dipendenza dalla magistratura. E' inconcepibile che a Milano solo alcune
decine di persone tra P.S. e Carabinieri si occupino del terrorismo, per di
pi senza collaborare fra loro se non in rare occasioni e fra mille sospetti
e rivalità; che quasi mai giunga un utile contributo alle indagini dagli organi
di polizia scientifica; che ancora non funzioni a pieno un centro nazionale
che, utilizzando le tecnologie pi avanzate, raccolga ed elabori tutti i dati
relativi ai fatti di terrorismo ed ai loro autori e che sia immediatamente
accessibile a tutti gli inquirenti.
Ma soprattutto va sciolto - conformemente all'art. 109
della Costituzione e alla legge n. 517 del '55 - il nodo della dipendenza
funzionale e gerarchica della polizia giudiziaria rispetto alla magistratura.
Non si tratta di pretendere, in una logica corporativa, un maggior potere
fine a s stesso, n di considerare questo importante passo come il toccasana
risolutivo: a tutti deve essere chiaro che la direzione effettiva delle indagini
da parte dei giudici (ferma restando la competenza e la responsabilità del
Parlamento e del Governo circa il funzionamento dei servizi segreti e della
polizia di prevenzione) è allo stato l'unico modo per rendere pi efficiente,
pi razionale, pi democratico il processo contro la criminalità organizzata.
Solo così possono essere efficacemente unificate le indagini, limitati gli
interventi repressivi pi miopi e le " gestioni politiche " delle inchieste:
è fondamentale respingere con i fatti il disegno dei terroristi di provocare
una restaurazione autoritaria nel paese, per giungere così, una volta spazzato
via " il cuscinetto democratico e riformista ", allo scontro frontale, alla
guerra civile. Per questo, nonostante tutto, bisogna ostinarsi a rispondere
nel pieno rispetto della verità processuale e della legalità. E solo la magistratura,
pur con tutti i suoi difetti e limiti, può offrire tale garanzia.
Purtroppo le scelte politiche degli ultimi tempi sono
di segno diametralmente opposto: dal frazionamento dei compiti di polizia
giudiziaria in pi centri separati fra loro, fino alla creazione di nuovi
corpi di polizia totalmente sottratti ad ogni organica dipendenza dalla magistratura
(grottesca, ma crudamente istruttiva è la vicenda del brigatista pentito,
di cui alle recenti rivelazioni di stampa).
Ma è tempo ormai che questi indirizzi politici mutino
radicalmente. Non essendo disposti a coprire le contraddizioni del sistema
e volendo però fornire il nostro contributo costruttivo,
a) ci impegnamo a reagire, nella misura delle nostre
possibilità alla disgregazione sociale di cui si diceva, dando fra l'altro
una risposta pi pronta ed efficace, oltre che alla criminalità organizzata
comune e politica, a quei reati finanziari, fiscali, valutari e a quella criminalità
c.d. dei " colletti bianchi ", che sono tra le cause della situazione di esasperata
conflittualità sociale;
b) chiediamo la completa ristrutturazione degli uffici
dí polizia giudiziaria in conformità a quanto disposto dalla Costituzione
e dalla legge ordinaria, riservandoci di rivolgere tutte le nostre richieste
di indagini agli uffici di P.G. attualmente esistenti presso il Palazzo di
Giustizia;
c) nella prospettiva di raggiungere una organíca e costante
collaborazione con gli organi di polizia, affermiamo di non voler supplire
con provvedimenti giurisdizionali (perquisizioni, intercettazioni telefoniche
ed altro) a carenze delle attività di informazione istituzionalmente demandate
agli altri organi dello Stato,
d) abbiamo convocato una assemblea con colleghi delle
altre Procure della Repubblica, per verificare insieme le condizioni del nostro
lavoro e trarre collettivamente le conseguenze nel caso di persistente inerzia
del potere politico, non essendo ulteriormente tollerabile lavorare in uffici
cui sono funzionalmente affidati compiti operativamente ineseguibili.
Milano 17 febbraio 1979


Indirizzo:
http://old.magistraturademocratica.it/platform/1979/02/17/la-magistratura-di-fronte-al-terrorismo