Movimenti, diritti, garantismo

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La difesa che negli ultimi anni Md ha svolto non solo dei magistrati aggrediti da esponenti governativi ma soprattutto dei principi democratici dell'ordinamento giudiziario attuale, contro il progetto di controriforma delle destre, è ovviamente condivisibile in toto. Non si è trattato di una battaglia marginale, per le ragioni che ormai tutti sanno; e di certo non è ancora conclusa, anche se l'attuale maggioranza versa in grandi difficoltà dopo la sconfitta elettorale. Oggi peraltro occorre, per molteplici ragioni, che il baricentro della complessiva iniziativa di Md si sposti - alcuni interventi al recente congresso di Palermo hanno sottolineato tale esigenza - anche se non mancano in proposito problemi.
Le scelte nuove e pi delicate che si pongono alla nuova direzione nazionale sono in primo luogo quella dell'individuazione dell'area politica e culturale di riferimento, dell'area cioè con la quale è necessario continuamente confrontarsi, alle cui proposte occorre sempre fare attenzione, e nella quale è utile e produttivo riversare le elaborazioni di Md su tutta una serie di tematiche che riguardano intanto l'uguaglianza, ma poi i diritti, la loro difesa e, in un domani, la loro estensione.
E, connesso a questa problematica, si pone il tema del rilancio del garantismo, anche con grande attenzione alla giurisprudenza, compresa quella prodotta da coloro che in modo pi o meno intenso si riconoscono in Magistratura Democratica.
Proviamo a vedere, rapidamente, sui due versanti.
In quello che pare debba chiamarsi "Cantiere per il futuro" si muovono associazioni di ogni tipo della società civile, che sono espressione di interessi e di istanze certamente di sinistra. E' il mondo new-global o, come lo chiamano alcuni, altermondialista - Tom Benetollo parlava di autonomia del sociale - che su una serie di questioni nodali ha preso posizioni nette, di carattere certamente antagonista rispetto al governo delle destre, ma altrettanto certamente alternative rispetto a quelle dei governi dell'Ulivo dei 1996.
L'elenco è noto. Innanzitutto il problema della guerra, con il rifiuto dell'intervento in Iraq nel 2003 e, prima, delle altre guerre compresa quella cosiddetta "umanitaria": già questo è un punto di discrimine di grande rilievo, visto che il tema del ricorso alla guerra per esportare la democrazia è oggi anche nel nostro paese all'ordine del giorno, per le forze di governo e, purtroppo, fra i partiti oggi all'opposizione. Ma poi la questione immigrazione: quelle associazioni dicono, come da tempo Md va dicendo, che la legge Turco-Napolitano, espressione della logica dell' "Europa fortezza" e di conseguenza creatrice dei centri di detenzione amministrativa, è un antecedente logico della Bossi-Fini, che ha inasprito, anche con l'invenzione davvero brutta del contratto di soggiorno, la situazione ereditata dai precedenti governi. Ancora, il tema del carcere - di questi tempi si parla come se niente fosse di carceri degli orrori - e del sovraffollamento in atto da tempo: il rifiuto ostinato di un provvedimento di amnistia e indulto, che ha caratterizzato l'amministrazione Castelli, non è altro che uno sviluppo dell'atteggiamento tenuto dai precedenti governi di centro-sinistra, e oggi come oggi non è dato di comprendere cosa si stia elaborando a livello programmatico per un futuro nuovo governo dell'Unione. Inoltre le relazioni industriali: la crescente precarizzazione dei rapporti di lavoro e la legge 30 hanno seguito la rotta indicata dal pacchetto Treu. Ancora, ma l'elenco non è finito, per venire a un tema che riguarda da vicino i magistrati e il loro lavoro: la progettata controriforma dell'ordinamento giudiziario del governo Berlusconi trova non pochi agganci nei lavori della Bicamerale, finalizzati a una ridefinizione profonda degli assetti istituzionali secondo logiche di arretramento rispetto a quelli del 1948. A questo proposito, ma pi ampiamente: a questo elenco va aggiunto il tema del costituzionalismo moderno e della costituzione, che anzi va indicato come primo per una serie di ragioni, compresa quella che la soluzione delle altre questioni dipende proprio dall'atteggiamento e dalle scelte che si operano qui. In estrema sintesi, tanti discorsi sulla costituzione, fra i costituzionalisti e in Md, sono stati già fatti e si possono dare per scontati: ciò che si deve sottolineare oggi è che è proprio l'autonomia del sociale, è l'insieme dei movimenti che crede ancora non genericamente nella costituzione del 1948, ma nei valori che quel patto ha fatto propri, e che a questi ispira le proprie iniziative, i si e i no. Dunque un'area di riferimento forte per Md nel futuro, alla quale del resto da qualche tempo hanno cominciato a riferirsi in modo sempre pi intenso anche soggetti storici forti come l'Arci, la Cgil e alcuni settori di partiti politici.

Qui si apre per Md il tema del garantismo, che non è una moda estetica bensì il frutto, in primo luogo, proprio della scelta del costituzionalismo moderno - i limiti dei poteri, anche della maggioranza - come valore fondante; quindi, è il frutto della fedeltà alla costituzione, come attuazione la pi avanzata di quella scelta, la pi avanzata in termini di democrazia effettiva che storicamente si conosca nel nostro paese.
Viviamo in un tempo in cui tutto è frutto di accordi. La politica, le scelte politiche anche importanti, le mediazioni pur necessarie, appaiono sempre il risultato di trattative, di confronti sulle esigenze contingenti, di valutazioni di interessi anche rilevanti sostenute da argomenti anche forti, e però sempre svincolate dall'ancoraggio alle scelte fondamentali del costituente: per questo finiscono spesso per prevalere o essere comunque indipendenti da valori e diritti primari. Si discute di diritti sociali, di rapporti di lavoro, di guerra, nel mondo dei vecchi partiti, sempre a prescindere da quello che è scritto nella costituzione.
Ebbene, se le cose stanno così il garantismo anche nel momento giurisdizionale, l'ancoraggio forte ai valori costituzionali e alle regole di garanzia, assume evidentemente un ruolo di grande rilievo. E lo assume in primo luogo con riferimento alla tutela dei diritti che altri sono portati a considerare tutelabili solo se compatibili con le esigenze del mercato (si pensi a quanto sta avvenendo nel mondo del lavoro), o che vengono sacrificati sull'altare di valori che legittimamente possono essere di una religione ma non regole assolute di uno Stato laico. A questo proposito: certo, Md non potrà mancare all'impegno per i "si" ai quattro quesiti referendari, contro gli inviti all'astensione, ma non potrà trascurare l'attenzione alla giurisprudenza. Per fare un esempio, sorprendenti sono state le notizie giornalistiche dell'inizio di maggio circa il sequestro, o l'oscuramento, disposto dal Gip di Roma di alcune pagine del sito di "Indymedia". Il provvedimento, pare di capire, non essendo tecnicamente possibile eseguirlo, è rimasto virtuale: ciò nonostante sembra impossibile non rendersi conto che la censura sia pure teorica di un lontano organo d'informazione lede comunque, almeno simbolicamente, una delle libertà fondamentali, appunto quella di informazione, della nostra democrazia.
Ma poi, nel settore penale complessivamente inteso. Qui, detto in breve, la situazione è per un verso assai arretrata e, per alcuni risvolti, molto pericolosa. La situazione è assai arretrata per quel che concerne ad esempio il diritto penale degli stranieri: la coraggiosa giurisprudenza di alcuni tribunali, che tenta di limitare il danno, viene censurata in cassazione nonostante gli evidenti aspetti di specialità della previsione penale. Riflettere su questo e intervenire con proposte interpretative convincenti su questa situazione - sia per quel che concerne la lettura dei reati, sia per quel che concerne la fase di esecuzione della pena - è un compito urgente. Anche sotto questo profilo è vero che l'immigrazione è la cartina di tornasole in ordine allo stato dei diritti fondamentali nel nostro paese.
La situazione è poi potenzialmente pericolosa su un altro versante, ed è già stata illustrata in un numero precedente di questa Rivista. Vale comunque la pena di sottolineare nuovamente come vi sia il rischio che il ricorso ai reati associativi o a improprie aggravanti, quale quella del fine di terrorismo, diventi uno strumento di repressione e di contenimento di lotte sociali che, comunque le si voglia giudicare, certamente si collegano all'esigenza di tutelare diritti e bisogni fondamentali, oltre che a istanze di cambiamento. L'esempio del processo in atto a Cosenza è indicativo a questo proposito.
Il garantismo non è un vestito elegante. E' un importante strumento, a volte scomodo, a volte anche impopolare, per difendere la garanzia di uguaglianza e la promessa di emancipazione che sono scritte nell'articolo 3 della costituzione.

11 05 2005
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