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La centralità dei diritti fondamentali come impegno di Md


1) La sollecitazione all'identità e al rinnovamento

Questo Consiglio nazionale deve "tradurre" in progetto operativo la linea indicata dal XV congresso. Da Palermo è venuta una forte sollecitazione per una più marcata identità politico-culturale del gruppo, che la nuova direzione deve saper interpretare e realizzare. Per evitare ogni equivoco, è bene ribadire subito che Md non un è soggetto politico generale: perciò non possiamo e non dobbiamo, nell'attività di un gruppo associativo di magistrati, coltivare aspirazioni politiche proprie dei partiti o compensare le delusioni che ci procurano i protagonisti della vita politica del paese. Non possiamo tuttavia esimerci dall'analizzare il contesto complessivo in cui si collocano le nostre scelte e le nostre azioni: sia per valutare la politica dell'attuale maggioranza sia per analizzare progetti, propositi e impegni di chi si candida, come alternativa, alla guida del paese.

La linea politico-culturale approvata dal congresso per il rilancio del costituzionalismo e dello stato costituzionale di diritto, a livello nazionale, europeo e internazionale, non ha nulla di contingente e c'indirizza lungo binari che segneranno il nostro orientamento qualunque sia la maggioranza politica, senza sommarie e insensate equivalenze delle diverse maggioranze, ma anche senza alcuna pregiudiziale e acritica adesione di schieramento.

Una magistratura, che voglia essere parte-della-classe-dirigente all'altezza della difficile attuale situazione, non può limitarsi ad esprimere posizioni di "categoria", né indirizzi variabili a seconda delle maggioranze politiche, peraltro sempre più contingenti e provvisorie. Una tale magistratura deve saper comunicare al paese la sua identità, la sua cultura, la sua attività e deve oggi saper dire ai cittadini che chi sta mandando al disastro l'economia, per le scelte prioritarie fatte nell'interesse di una minoranza, non ha nessuna legittimazione a compromettere e manomettere le istituzioni e tanto meno la Costituzione della Repubblica.

Per fare e per dire queste cose occorre avere le carte in regola, cioè una forte legittimazione etica e professionale. Non tutti i magistrati ce l'hanno: lo sappiamo e dobbiamo lealmente dichiararlo.

Di qui l'esigenza d'insistere con maggiore tenacia e determinazione sulle proposte per un autogoverno effettivo e preso sul serio, per una professionalità rigorosa e verificata, per un'indipendenza reale da ogni centro di potere.

Di qui il nostro peculiare associazionismo come fattore d'orientamento ideale e culturale e non già come strumento di pressione corporativa o di riduttiva (per quanto legittima) rappresentanza sindacale.

Di qui la necessità (non di avere il consenso di tutti i magistrati, ma) di parlare a tutti i magistrati e perciò di mantenere un impegno forte nell'ANM, con la nostra specificità, essenziale non solo a Md, ma a tutta l'ANM e a tutta la magistratura.

Senza di noi e senza la nostra specificità culturale, senza "la nostra politicità" (quella di cui parlava Pino Borrè, che non ha nulla a che fare con schieramenti partitici ) e senza la nostra capacità d'attivazione e d'alleanze, la magistratura italiana non avrebbe potuto contare -in questi difficili anni- sull'appoggio di movimenti associativi di cittadini a livello nazionale, o di Medel a livello europeo o della Federazione latinoamericana di giudici democratici a livello intercontinentale, né sull'intervento autorevole del Relatore speciale delle Nazioni Unite, Leandro Despouy, che non solo ha comunicato al Presidente Ciampi il suo allarme per la controriforma dell'ordinamento giudiziario, ma che ha anche pubblicamente dichiarato, la scorsa settimana, di essersi convintamente trasformato in ambasciatore itinerante nel mondo del modello italiano d'indipendenza e di governo autonomo dei giudici.

D'altro canto, Md sarebbe deprivata della possibilità di orientare il più vasto associazionismo giudiziario se recidesse o riducesse il suo impegno nell'ANM, luogo centrale, assieme alla sedi istituzionali dell'autogoverno centrale e periferico, dell'attività del gruppo.

 

2) La crisi del paese

Accanto a quella economica, c'è una crisi che ci riguarda più da vicino come magistrati: quella descritta nel recente Rapporto di Amnesty international. La strumentalizzazione del terrorismo e delle paure collettive incoraggia dappertutto politiche securitarie e comprime diritti fondamentali: torture, espulsioni di massa, politiche immigratorie discriminanti, centri di permanenza e assistenza che sono luoghi di detenzione, compressione dei diritti al lavoro e del lavoro"

I diritti dell'uomo sono violati anche in Europa e in Italia.

Per interpretare il richiamo al connotato identitario di Md che ci viene da Palermo dobbiamo innanzi tutto, per usare la parola d'ordine di Gianfranco Gilardi, "ritornare ai diritti": ripartire dalla centralità dei diritti con forte attenzione al principio di uguaglianza nel rispetto e nel riconoscimento delle differenze.

In questa direzione, la carica di rinnovata energia venuta a Palermo dal nuovo apporto quantitativo e qualitativo delle donne (cioè di chi ha maturato sulla propria pelle una sensibilità specifica per temi dell'uguaglianza/differenze) sarà preziosa per consentirci di operare più efficacemente sul terreno del rapporto con l'altro, con chi cerca la vita o, spesso, soltanto la possibilità di sopravvivenza in Italia e in Europa.

Il ruolo proprio dei giudici, di tutti i giudici, è rendere effettiva la garanzia giuridica per i diritti, a cominciare da quelli dei più deboli, tanto più essenziale in presenza di cadute o di incertezze della garanzia politica. Attenzione prioritaria va perciò dedicata ai contenuti della giurisprudenza e ai tempi ragionevoli della giustizia, ciò che implica un particolare impegno per i temi dell'organizzazione e del processo (su cui ci richiama la mozione palermitana sulla "giustizia civile").

L'attenzione particolare alle libertà e ai diritti richiede maggior spirito critico sul lavoro giudiziario e sul segno culturale dei provvedimenti dei giudici, ovviamente senza alcuna differenza tra magistrati, qualunque sia la dichiarata o supposta provenienza. Non è l'appartenenza al gruppo che può determinare la critica o il silenzio di fronte a provvedimenti non rispettosi delle libertà e dei diritti fondamentali.

Il ruolo di MD, come soggetto collettivo, è quello di favorire e, quando necessario, creare il clima culturale e politico per far vivere la giurisdizione come luogo di realizzazione dei diritti. Su questo terreno, in tempo di globalizzazione economica selvaggia, l'unica prospettiva credibile è l'Europa, per la cui costruzione effettiva (al di là di battute di arresto e di crisi contingenti) sempre più rilevante sarà il ruolo della giurisdizione, anche di quella dei giudici nazionali come "giudici comunitari", in raccordo con la giurisprudenza di Lussemburgo e di Strasburgo. Un'Europa luogo di diritto e di diritti per chiunque vi risieda, indipendentemente dalla formale cittadinanza; un'Europa, luogo di pace, che sappia costruire la pace nel mondo con la forza del diritto, contro ogni logica di potenza.

 

3) La nuova dirigenza di Md

Per interpretare al meglio, anche nell'elezione della nuova direzione, la sollecitazione al rinnovamento che ci viene da Palermo è necessario non disperdere e consumare la passione e la carica venuta dal congresso e non deprimere entusiasmi e motivazioni. Abbiamo bisogno del massimo di positiva tensione ideale e di immediata operatività, che veda, insieme anziani militanti e giovani risorse, impegnati a mantenere vivo e forte il filo rosso che nacque a Bologna 40 anni fa.

Come ha scritto Fiorella Pilato, il "nucleo dirigente" di MD, al di là dal ruolo statutario ricoperto, si è conquistato credito e autorevolezza, sul piano etico, professionale e culturale, con la propria capacità di guidare e rinnovare il gruppo, anche sapendo ascoltare e incoraggiare i più giovani a mettersi alla prova e assumersi responsabilità.

Il modello positivo, che ci viene dalla nostra storia, è quello di persone fortemente disponibili e impegnate a livello professionale ed associativo, ma che non soffrono della sindrome di Atlante, caricandosi il mondo sulle spalle e ritenendosi indispensabili e insostituibili. Donne e uomini in cui ciascuno possa riconoscersi per capacità professionale, per sensibilità culturale, per assoluta trasparenza di metodi, per disinteresse personale, per storia personale e politica. Donne e uomini che sappiano accettare la sfida sul piano del cambiamento e del rinnovamento delle pratiche della politica e dell'associazionismo, a cominciare dai tempi, dai modi del lavoro collettivo e dalla qualità dei rapporti per rendere accessibile, possibile, desiderabile per tutte e per tutti impegno e responsabilità.

Con l'attenzione a questi modelli di riferimento, è possibile riconoscersi insieme, giovani e anziani come parte di un unico movimento e rinnovare un impegno comune, nella condivisione di responsabilità, qualunque sia il ruolo associativo assegnato. A chi è più anziano si chiede innanzi tutto di essere garante del nucleo forte dell'identità culturale e politica di Md, per come si è espressa anche nelle mozioni congressuali approvate a Palermo, e di mettere l'esperienza e il bagaglio culturale e politico -che, per età e militanza, ha accumulato in decenni di vita associativa- a garanzia di tutti e al servizio dei più giovani, per accompagnarli, aiutarli, sollecitarli alla crescita, all'innovazione, all'impegno in un gruppo che ha saputo segnare la storia e continua a orientare la vita dell'associazionismo dei magistrati in Italia e in Europa.

 


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