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9 e 10 luglio 2006: Elezione dei componenti togati del CSM

  Nei programmi elettorali le differenze tendono ad affievolirsi e i buoni propositi si sprecano. Poi, negli anni, si vede che non è così: la diversità di posizioni riemerge (a volte fragorosamente) e spesso le buone intenzioni si perdono per strada. Ma i fatti  hanno la testa dura; e così la credibilità dei gruppi e delle persone sta nella loro storia assai più che nelle promesse della vigilia. Per questo preferiamo partire dalle cose concrete e ancorare i pro-getti a comportamenti e gesti verificabili. Il nostro programma sta, dunque, in ciò che abbiamo fatto a tutela dell'indipendenza della giuri-sdizione, nel Paese e nell'Associazione nazionale magistrati, la cui guida ci siamo assunti nella fase più difficile della storia recente; esso vive nell'attività svolta (e tuttora in atto) in difesa della Carta fonda-mentale del 1948, con l'adesione al Comitato "Salviamo la Costituzio-ne" e la partecipazione a centinaia di iniziative di approfondimento e di mobilitazione (compresa la raccolta delle firme per sottoporre a re-ferendum la legge di modifica approvata nel novembre 2005, attuata anche in molti palazzi di giustizia, nonostante il boicottaggio, in alcu-ne sedi, dei capi degli uffici, di Unità per la Costituzione e di Magi-stratura indipendente). Il nostro programma sta nelle posizioni tenute nel Consiglio superiore uscente e in quelli precedenti, sulle quali, a partire dall'ormai lontano 1981, abbiamo costantemente informato i colleghi con appositi notiziari (l'ultimo dei quali attualmente in distri-buzione); e sta nelle decine di iniziative pubbliche organizzate sui te-mi della giustizia, nelle pubblicazioni che ad esse hanno fatto seguito e nelle nostre riviste, da Questione giustizia (punto di riferimento risa-lente per ampi settori della cultura giuridica) a Diritto, immigrazione e cittadinanza (realizzato ormai da sei anni insieme all'Associazione studi giuridici sull'immigrazione) e a Giudici a Sud (il cui primo nu-mero è uscito proprio in questi mesi).  Il richiamo a questo patrimonio di idee e di comportamenti ci con-sente di evitare, qui, programmi onnicomprensivi e di concentrarci in-vece sui problemi aperti nell'autogoverno e nella magistratura, sui no-di irrisolti, sulle soluzioni possibili, sul metodo da seguire. 1. Al Consiglio superiore compete, anzitutto, la difesa della giu-risdizione e, a questo fine, dell'autonomia e indipendenza di giudici e pubblici ministeri: lo richiede il sistema costituzionale (e, in particola-re, lo sollecitano gli articoli 101, 102, 104, 105, 107, 111 e 112 della Carta fondamentale). Sta qui la ragione della nostra opposizione in-transigente alla controriforma dell'ordinamento giudiziario approvata al termine della scorsa legislatura. È un'opposizione che non si è affat-to esaurita, come qualcuno frettolosamente ritiene: perché occorre ot-tenere la sospensione dei decreti legislativi che ancora non sono entra-ti in vigore, sollecitare le necessarie modifiche degli altri, operare – in seno al Consiglio superiore – perché le nuove norme, nella parte in cui dovessero malauguratamente diventare efficaci, siano sottoposte a un rigoroso vaglio di costituzionalità e, in ogni caso, a una interpretazio-ne costituzionalmente orientata. In tale opposizione – lo diciamo senza polemica, ma con amarezza - non tutta la magistratura si è mossa e si muove con la necessaria de-terminazione: la legge delega e i decreti delegati sono stati scritti, al Ministero, da magistrati con solida e risalente militanza associativa; alcuni settori della magistratura, all'epoca della giunta presieduta da Antonio Patrono e ancora di recente (con interventi e voti di Mario Cicala nel Comitato direttivo centrale dell'Associazione), si sono mo-strati disponibili a trattare sull'ordinamento Castelli (ed è superfluo dire che, se ciò fosse avvenuto, la questione sarebbe chiusa da tempo, in evidente perdita per l'indipendenza della giurisdizione...); i rappre-sentanti di Magistratura indipendente e di Unità per la Costituzione nel Consiglio superiore, quasi temendo una sospensione della controri-forma, sono tuttora impegnati nel dare attuazione inopinatamente sol-lecita al decreto legislativo che prevede il trasferimento in Cassazione degli applicati d'appello al massimario e alla Procura generale, così realizzando il più rapido tramutamento di funzioni dell'intera consilia-tura... Auspichiamo che ci sia sul punto (cruciale per le sorti della giu-risdizione) un tempestivo recupero di rigore e coerenza dell'intera ma-gistratura; se ciò dovesse mancare, non verrà comunque meno la no-stra determinazione.   2. L'abbandono della controriforma targata Castelli non è, peraltro sufficiente. Ad esso deve accompagnarsi un progetto per la giustizia in grado di porre rimedio (in modo graduale ma coerente) alla crisi di effettività che mina alle fondamenta il sistema giustizia. Le scelte de-finitive sul punto spetteranno – lo sappiamo bene – alla politica, ma se l'obiettivo perseguito sarà, finalmente, un grande rinnovamento della giustizia (e non il controllo o la mortificazione della magistratura) non potrà mancare, nella definizione del progetto, il coinvolgimento e il contributo della cultura giuridica, dei magistrati e degli avvocati. In questa prospettiva il Consiglio (come, nella diversità dei ruoli, l'Associazione nazionale magistrati) deve tornare ad essere il luogo della proposta sia sui temi dello status dei magistrati (reclutamento, formazione, controlli di professionalità, decentramento dell'autogo-verno, scuola, ruolo e scelta dei dirigenti e via elencando) che su quel-li dei contenuti e dell'effettività del servizio giustizia (interventi sul processo civile, razionalizzazione del processo penale, reale impegno contro la criminalità organizzata, carcere ed esecuzione della pena, tu-tele di un lavoro in rapida trasformazione, etc.). È, inoltre, necessario che il nuovo Consiglio metta in campo, insieme a concrete e coraggio-se proposte di modifica dell'ordinamento giudiziario, esplicite iniziati-ve per un'auto-riforma dei propri comportamenti e delle proprie prassi, dei metodi di gestione degli uffici, del rapporto con i cittadini e con l'opinione pubblica. Anche qui non tutte le componenti della magistra-tura hanno colto (e colgono) la gravità e la rilevanza della posta in gioco (come dimostrano, per limitarsi ad alcuni esempi, le sorde oppo-sizioni pregiudiziali alla previsione di effettivi controlli di professio-nalità sui magistrati o di razionali ipotesi di incompatibilità nel pas-saggio tra funzioni requirenti e giudicanti e le resistenze alla riduzione del peso dell'anzianità nella scelta dei dirigenti degli uffici). Occorre, dunque, riaprire un confronto franco sul punto, nella consapevolezza che l'autogoverno non si esaurisce nel Consiglio superiore ma rinvia a un sistema ampio e articolato che comprende i consigli giudiziari, i capi degli uffici e tutti i magistrati (necessari protagonisti e artefici di soluzioni organizzative e di modelli di lavoro positivi ed efficaci). E occorre sostenere e valorizzare le esperienze degli Osservatori sulla giustizia e delle altre aggregazioni spontanee tra magistrati, avvocati e personale amministrativo che costituiscono il fenomeno più rilevante di questi ultimi anni e rappresentano il tentativo, spesso riuscito, di re-agire al degrado e alla rassegnazione. I suggerimenti e gli stimoli che verranno da questi luoghi di dialogo e sperimentazione dovranno, ben più di quanto sino ad ora accaduto, essere tenuti presenti nella azione consiliare (e non considerati, come a volte è accaduto, fastidiose intru-sioni nella sfera riservata all'autonomia della magistratura). 3. In questi anni l'effettività dell'autogoverno ha spesso lasciato a desiderare sotto diversi profili: la tempestività e razionalità dei tra-sferimenti, i tempi di approvazione delle tabelle, la trasparenza e l'in-formazione sulla propria attività, l'adeguatezza dei criteri (e delle pras-si) di nomina dei dirigenti e molto altro ancora. Ciò ha determinato tra i magistrati una giustificata insoddisfazione.  La questione non può essere trascurata ed esige interventi correttivi rapidi e decisi anche a legislazione invariata, cioè in attesa delle mo-difiche normative che dovranno sostituire la controriforma Castelli (della quale riteniamo improponibile una sopravvivenza anche solo parziale) Per una inversione di tendenza in punto tempestività e adeguatezza delle decisioni è, anzitutto, necessario attivare un congruo e razionale decentramento del sistema di autogoverno. Ciò esige, peraltro, dal Consiglio superiore atteggiamenti rispettosi e dialoganti nei confronti degli organismi locali interessati: esattamente  il contrario di ciò che ha fatto, in questi anni, la maggioranza consiliare quando ha disatteso – senza alcuna motivazione – indicazioni fornite all'unanimità o a lar-ghissima maggioranza dai consigli giudiziari (come accaduto, da ulti-mo, per i pareri dei consigli giudiziari di Genova e Cagliari sulla ini-doneità all'incarico di un magistrato candidatosi come referente per la formazione nel settore civile e di un aspirante a un posto di presidente di sezione di corte d'appello). Occorre, poi, fissare alcune priorità. In particolare: a1) il sistema dei tramutamenti volontari (che – sia detto per inciso – diventerebbe del tutto ingestibile in caso di entrata in vigore della controriforma Castelli per l'esorbitante numero di trasferimenti a prio-rità assoluta) deve essere rivisto e razionalizzato: i tempi e le rigidità che attualmente lo caratterizzano sono, infatti, insostenibili e lesivi sia delle esigenze organizzative degli uffici che delle aspettative dei sin-goli; a2) un razionale governo del personale da parte del Consiglio su-periore dipende non solo dai trasferimenti e dalle nomine ma anche da istituti solo apparentemente secondari come le applicazioni, le sup-plenze, le destinazioni dei magistrati distrettuali alle varie corti d'ap-pello (istituti nei quali le valutazioni comparative tra le esigenze degli uffici di destinazione e di provenienza non sempre sono state - e sono – improntate al necessario rigore); a3) le tabelle, oltre ad essere strumento fondamentale di trasparen-za e di attuazione del principio del giudice naturale, sono diventate uno snodo centrale nell'organizzazione degli uffici: perché adempiano realmente a questo ruolo è, peraltro, necessario, da un lato, diminuire congruamente i tempi del loro controllo e della relativa approvazione e, dall'altro, affrontare in modo serio e tecnicamente adeguato (supe-rando le resistenze corporative emerse anche in questo Consiglio) la questione dei flussi giudiziari ovvero della misurazione attendibile della consistenza e dinamica dei carichi di lavoro di ciascun ufficio; a4) le valutazioni di professionalità dei magistrati (sia quelle pe-riodiche che quelle operate in occasione di richieste specifiche o tra-mutamenti verticali) devono acquistare, sin da ora,  maggiore puntua-lità e rigore, dando razionale applicazione alle disposizioni delle ulti-me circolari, puntando sull'analisi delle situazioni concrete (e, dunque, considerando il lavoro del singolo non in astratto ma nell'ambito del-l'ufficio di appartenenza) e razionalizzando lo strumento dell'analisi dei provvedimenti acquisiti a campione; a5) la formazione è, da oltre un decennio, uno dei momenti qualifi-canti dell'autogoverno (ed anche per questo consideriamo improprie le modalità di istituzione – nella controriforma Castelli – della pur auspi-cata scuola della magistratura). Perché ciò resti fermo occorre interve-nire con decisione su alcune prassi negative che ne hanno caratterizza-to l'esperienza recente (dalla frequente confusione tra pluralismo cul-turale e pratiche lottizzatorie alle vere e proprie censure politiche nei confronti di alcuni docenti, a cominciare da un maestro come Ales-sandro Pizzorusso), determinando cadute qualitative a volte assai rile-vanti. Le strade da seguire sono chiare: maggiore qualificazione e au-tonomia del comitato scientifico, incremento dei momenti di confron-to guidato di esperienze rispetto alle lezioni cattedratiche, pubblicità (in caso di contrasto) delle ragioni di preferenza o di esclusione di re-latori proposti, maggior considerazione – ai fini della reiterazione di incarichi formativi – delle valutazioni dei discenti, adozione di criteri automatici e trasparenti per l'ammissione ai corsi, potenziamento della formazione decentrata (accompagnato da congrue verifiche di qualità), diffusione – anche con apposite pubblicazioni – dei materiali più si-gnificativi elaborati nei corsi e nelle iniziative di studio; a6) il perfezionamento del sistema informativo in punto procedure e decisioni consiliari e il ripristino di notiziari ufficiali periodici e tempestivi (eliminati a seguito di una inesatta e formalistica interpre-tazione della normativa sulla privacy) rappresentano il solo efficace antidoto alle prassi clientelari che continuano a far apparire come fa-vori elargiti anche le decisioni automatiche e vincolate...  4. Alcuni banchi di prova saranno fondamentali per il prossimo Consiglio. Il primo riguarda la capacità di voltar pagina nella nomina dei di-rigenti degli uffici e nel conferimento delle funzioni semidirettive. La nostra posizione sul punto è da tempo chiara ed esplicita: b1) il criterio dell'anzianità va ridimensionato a vantaggio delle capacità or-ganizzative dimostrate in concreto (in precedenti esperienze direttive o semidirettive, in compiti di collaborazione organizzativa, in ruoli comportanti gestione di personale o di risorse, etc.); b2) la pluralità di esperienze professionali è – con riferimento agli uffici ordinari – una ricchezza (e, dunque, un elemento preferenziale a parità di altre con-dizioni); b3) il ruolo di dirigente esige esperienza e preparazione spe-cifica (e, quindi, la previa partecipazione ad appositi momenti forma-tivi ad hoc); b4) le esperienze negative devono essere conveniente-mente valutate e ciò esige l'inserimento nei fascicoli personali dei ma-gistrati dei rilievi operati in sede di approvazione delle tabelle e nel-l'attività ispettiva; b5) l'audizione degli aspiranti e l'acquisizione di pa-reri motivati dei consigli giudiziari sono strumenti preziosi per appro-fondire l'idoneità agli incarichi richiesti. Prendiamo atto con soddisfazione che questi criteri sono oggi af-fermati, almeno in parte, anche da gruppi associativi che sino a ieri li hanno avversati. Aspettiamo, ovviamente, i fatti, tanto più necessari dopo una stagione consiliare nella quale abbiamo assistito a valutazio-ni diverse (e fra loro incompatibili) degli stessi candidati nell'arco di pochi giorni o addirittura di poche ore, a nomine palesemente inade-guate e come tali contrastate in modo analitico e documentato (basti pensare alla vicenda del presidente del Tribunale di sorveglianza di Milano), a preclusioni di carattere esclusivamente politico come quel-la nei confronti di Gian Carlo Caselli (che i componenti di Unità per la Costituzione e di Magistratura indipendente – unitamente ai laici della Casa delle libertà - hanno tentato di escludere dall'incarico di Procura-tore nazionale antimafia anticipando nei fatti la legge contra perso-nam approvata dalla maggioranza parlamentare di centro destra).   5. Un secondo banco di prova sta nel modo in cui verrà affrontata la questione  morale che – occorre dirlo con chiarezza – riguarda an-che i magistrati (come dimostrano, da ultimo, alcuni fatti emersi nel-l'ambito delle indagini penali sulla vicenda Unipol e sullo scandalo del calcio). I nemici dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura operano non solo dall'esterno, ma anche all'interno della categoria: i comportamenti scorretti di alcuni magistrati creano, infatti, le condi-zioni per un discredito generalizzato della magistratura e offrono il de-stro a interventi strumentali limitativi dell'indipendenza di giudici e pubblici ministeri. Anche per questo il Consiglio superiore deve intervenire con rigore su tutti i piani che l'ordinamento prevede: in via preventiva, sul piano cautelare (rimuovendo tempestivamente le situazioni di incompatibili-tà) e in sede disciplinare (sanzionando senza indulgenza compromis-sioni e opacità di comportamenti). Non è sempre stato così e, se le ca-renze di intervento sul piano disciplinare rimandano soprattutto a re-sponsabilità del Procuratore generale della Cassazione e del Ministro della giustizia (interessato, negli ultimi anni, a limitare le libertà dei magistrati e a controllare l'esercizio della giurisdizione assai più che a verificare i casi di neghittosità, opacità e collusioni), non sono mancati da parte della maggioranza consiliare ritardi e timidezze in punto ap-plicazione dell'articolo 2 della legge sulle guarentigie e drastica ridu-zione delle situazioni di potenziale pericolo, come alcuni incarichi e-xtragiudiziari (i cui effetti inquinanti sono tuttora impropriamente sot-tovalutati da chi continua a opporsi alla immediata revoca, quantomeno, di tutti gli incarichi in corso nel settore del calcio).   6. C'è, infine, un terzo profilo su cui il prossimo Consiglio sarà chiamato a scelte impegnative. Si tratta delle questioni poste dall'in-tervento giudiziario in tema di criminalità organizzata, in relazione al-le quali l'improvvida soppressine della Commissione consiliare an-timafia (intervenuta, nonostante la ferma opposizione del gruppo di Magistratura democratica, dopo la legge n. 44 del 2002 che ha, tra l'al-tro, ridotto il numero dei componenti del Consiglio) ha privato i magi-strati interessati di un punto di riferimento fondamentale e l'autogo-verno di autorevolezza e affidabilità, come ha dimostrato il modo, del tutto inadeguato, con cui sono state affrontate questioni cruciali come quelle dell'organizzazione della Procura di Palermo (e dei conflitti che l'hanno attraversata) e dello stato degli uffici giudiziari calabresi, ve-nuto alla ribalta dopo l'omicidio dell'onorevole Fortugno. È noto che, nei mesi scorsi, il plenum del Consiglio, all'esito di una lunga battaglia condotta da Magistratura democratica e dal Movimen-to per la giustizia, ha deliberato di proporre al Presidente della Repub-blica il ripristino della Commissione, peraltro senza seguiti significa-tivi all'infuori della costituzione di un Comitato con competenza limi-tata al terrorismo. La questione deve essere riproposta all'atto dell'insediamento del nuovo Consiglio ché, nonostante i trionfalismi di maniera, l'azione di contrasto alla criminalità mafiosa (e non solo) esige oggi una attenzio-ne e un rilancio di grande intensità anche sul versante giudiziario (a partire dalla organizzazione e dal coordinamento degli uffici preposti).   7. Un progetto deve essere un insieme coerente di idee e di conte-nuti ma, per essere credibile, deve anche indicare le gambe su cui cammina. È, dunque, opportuno esplicitare e argomentare le scelte ef-fettuate in punto alleanze e composizione della nostra squadra di can-didate e candidati. Ci presentiamo in questa scadenza elettorale, come quattro anni fa, alleati con il Movimento per la giustizia. Si tratta di una scelta stra-tegica, coerente con la nostra azione di questi anni, nei quali abbiamo, con il Movimento, condiviso battaglie consiliari in difesa dell'autogo-verno e dell'indipendente esercizio della giurisdizione e, soprattutto, esperienze positive e innovative nelle giunte associative distrettuali, nei consigli giudiziari, nei gruppi di lavoro, in decine di iniziative cul-turali costruite su tutto il territorio nazionale (che sono state un vero laboratorio, autentico e avanzato, per l'individuazione di azioni comu-ni). Si tratta di un patrimonio che non solo non intendiamo disperdere ma che vogliamo consolidare e incrementare. Il significato di questo processo di crescita comune (a partire dal basso) e la sua forza innovativa sono ben presenti ai molti colleghi che ci sollecitano a proseguire in tale direzione e non sono certo scalfiti dalle critiche politiciste di Unità per la Costituzione che, forse al fine di giustificare la sua costante alleanza in questi anni di Consiglio con Magistratura indipendente e con i laici della Casa delle libertà, evoca maldestramente un nostro supposto e fantasioso intento di trasporre nell'istituzione consiliare il sistema bipolare che caratterizza la politica italiana in questo periodo. C'è peraltro – non intendiamo certo nascon-derlo – chi ci rimprovera di avere limitato l'alleanza a un insieme di punti programmatici comuni e alla proposta di convergenze di voti parziali e limitate su alcuni candidati (con le modalità indicate più a-vanti, nel prospetto delle candidature). La risposta è semplice e sgom-bra da tatticismi elettorali: i processi di omogeneizzazione - soprattut-to se attenti alle idee anziché ai posti e agli scambi - sono lenti e diffi-cili, come dimostra il fatto che anche in questa fase finale del Consi-glio permangono tra le delegazioni di Magistratura democratica e del Movimento divergenze di rilievo su punti significativi (dall'opportuni-tà o meno di una revoca immediata degli incarichi di magistrati negli organismi calcistici alla definizione dei criteri per la nomina del diri-gente di un ufficio cruciale come la Procura della Repubblica di Pa-lermo) e ciò impone pazienza e prudenza, nella convinzione che il processo in corso è di aggregazione su contenuti e non di improvvisata unificazione di gruppi che hanno storie ed esperienze diverse ancorché complementari.   8. La composizione della nostra squadra ha, in questa scadenza e-lettorale, un carattere di forte novità: essa propone, infatti, quattro candidate e un solo candidato (realizzando così, per usare una for-mula aritmetica di ascendenza sportiva, un quattro più uno). Non si tratta, ovviamente, di un fatto casuale ma di una scelta consapevole e meditata che solo una cultura arcaica e incapace di cogliere i fermenti di novità può considerare alla stregua di una «datata rivendicazione di genere vetero femminista» (la definizione si legge, un po' sorprenden-temente, nel programma elettorale di Unità per la Costituzione, ac-compagnata da una paternalistica promessa di attenzione alle «nume-rose peculiarità del lavoro dei magistrati donne»...). La scelta, coerente con una realtà in cui la presenza femminile ha da tempo assunto un rilievo determinante (non solo in termini quanti-tativi) e dunque in qualche modo naturale (se non addirittura tardiva), è espressione di un processo generale di rinnovamento del gruppo che vogliamo portare anche nel Consiglio superiore. Una squadra con una forte presenza femminile non servirà solo a rafforzare – come pure è opportuno – l'azione concreta per le pari opportunità (in tutta la sua estensione), ma arricchirà altresì il Consiglio di un punto di vista complementare a quello tradizionale, attraverso cui conoscere meglio la realtà della magistratura, per organizzarla in modo più razionale e per difenderne con rinnovato impegno l'indipendenza e l'autonomia (anche a fronte degli striscianti tentativi di marginalizzazione che sempre si accompagnano ai processi di femminilizzazione delle pro-fessioni).      Ancora una volta voteremo con una legge elettorale ingiusta e ir-rispettosa delle regole minime della democrazia, approvata nella scor-sa legislatura con il dichiarato scopo di distruggere il pluralismo giu-diziario e propiziata da troppi, non sempre disinteressati, aspiranti stregoni (che, anche in magistratura, hanno delegittimato per anni il sistema proporzionale per liste contrapposte, salvo scoprirne fuori tempo massimo pregi e utilità). Questa legge, non prevedendo liste o apparentamenti, esclude recuperi di voti e impone quindi alle diverse componenti della magistratura la presentazione di un numero di can-didati corrispondente alla consistenza elettorale di ciascuna e anche, almeno per i giudici di merito, l'indicazione di collegi virtuali (ad evi-tare che una distribuzione non bilanciata dei voti escluda uno o più candidati pur in presenza di un grande successo del gruppo di riferi-mento). Ciò sottrae agli elettori parte del loro potere di scelta e può suscita-re sconcerto e disaffezione, quasi che tutti i giochi fossero già fatti. Non è così. Nonostante il numero ridotto dei candidati, gli ultimi eletti e gli esclusi saranno verosimilmente separati da poche decine di con-sensi e ciò rende decisivo ogni voto. C'è, tra i magistrati, un senso di grave disagio derivante dalla mes-sa in discussione di pilastri fondamentali della giurisdizione e da con-dizioni di lavoro inadeguate e talora addirittura mortificanti (tali da frustrare ogni sforzo per contrastare la crisi in atto). Ovunque dobbia-mo misurarci con difficoltà organizzative all'apparenza insormontabili e con la diffusa insoddisfazione dei cittadini per l'inefficienza del si-stema giustizia. Da ultimo è riemersa la solitudine dei magistrati pro-prio là dove più forte è la presenza della criminalità organizzata, come i colleghi che operano nei distretti del Sud ci ricordano quotidiana-mente. Vi sono, di ciò, ragioni e responsabilità di altri (della politica in primo luogo), ma ci sono anche ritardi e carenze che stanno nella magistratura, nella sua organizzazione e nel suo autogoverno. Al pros-simo Consiglio toccherà colmarli; e non è detto che ci siano, se fallirà, prove d'appello. Anche per questo il voto del 9 e 10 luglio prossimo avrà un'importanza fondamentale.   1° giugno 2006   I CANDIDATI DI MAGISTRATURA DEMOCRATICA   collegio di cassazione Livio Pepino consigliere 1à sezione penale Corte di cassazione candidato comune con il Movimento per la giustizia   collegio pubblici ministeri Elisabetta Cesqui magistrato applicato alla Procura generale preso la Corte di cassazione   collegio giudici di merito Vincenza Maccora (detta Ezia) giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo proposta per i distretti del Nord (Torino, Genova, Milano, Brescia, Venezia e Trieste) candidata comune con il Movimento per la giustizia nel collegio di Brescia   Fiorella Pilato consigliere presso la Corte di appello di Cagliari proposta per la Cassazione e per i distretti del Centro (Firenze, Bologna, Ancona, Perugia, Roma e Cagliari) candidata comune con il Movimento per la giustizia nel collegio di Cagliari   Maria Rosaria Acagnino (detta Marisa) consigliere presso la Corte di appello di Catania proposta per i distretti del Sud e della Sicilia (Napoli, Salerno, Potenza, Lecce, Catanzaro, Reggio Calabria, Caltanissetta, Catania,  Messina e Palermo) candidata comune con il Movimento per la giustizia nei collegi di Lecce, Catania, Caltanissetta e Messina   I CANDIDATI DEL MOVIMENTO PER LA GIUSTIZIA SOSTENUTI  DA MAGISTRATURA DEMOCRATICA   collegio pubblici ministeri Bernardo Petralia (detto Dino) procuratore della Repubblica di Sciacca candidato comune nei distretti di Caltanissetta, Catania, Messina e Lecce   collegio giudici di merito Ciro Riviezzo giudice del Tribunale di Lanciano candidato comune nei distretti di Trento, Bari, L'Aquila e Campobasso 


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