Pubblicato su Magistratura Democratica (http://old.magistraturademocratica.it/platform)

Intervento di Gianfranco Gilardi

 

Viaggio dentro al dibattito precongressuale

 

1. L’esigenza principale che avremo di fronte al congresso non sarà tanto, a mio parere, quella di ulteriori analisi sulle cause dell’insuccesso elettorale, quanto soprattutto l’esigenza di una sintesi in cui convogliare la ricchezza del dibattito precongressuale che - insieme alla relazione ampia e profonda del Segretario generale - è servito indubbiamente a far acquisire maggiore consapevolezza delle difficoltà che stiamo attraversando. Una sintesi rivolta ad individuare una linea di pensiero ed un progetto operativo, in cui ricomporre quella singolare e, per certi versi, surreale contrapposizione tra le due "anime" di M.D.: l’”anima” dei principi astratti e delle elucubrazioni teoriche, e quella del lavoro quotidiano, dei problemi organizzativi, dei temi ordinamentali, della questione economica.

Pur permanendo valutazioni critiche sull’azione di M.D. (valutazioni, per la verità, non sempre argomentate con chiarezza: trovo poco comprensibile, in particolare, l’addebito di autoreferenzialità” rivolto a Magistratura Democratica anche in documenti in cui si accenna all’apertura del gruppo verso i temi sociali e collettivi), mi sembra che alla fine la concordanza di indicazioni prevalga sui contrasti, garantendo dal rischio che il congresso possa trasformarsi in una disputa sul totem identitario” di M.D. ed avvitarsi nella ricerca dell’”anima” vincente, anziché proiettarsi in una motivata assunzione di impegno rispetto ai compiti che ci attendono e che riguardano, in realtà, l’intera magistratura.

 

2. Ciò che emerge dal dibattito, pur con diversità di sfumature e accenti, non è la contrapposizione tra due visioni, né la sollecitazione a compiere una scelta di campo” tra l’una o l’altra di esse sul presupposto della loro irriducibilità ad una sintesi unitaria, quanto piuttosto – per riprendere le parole di Rita Sanlorenzo – l’invito a raccogliere la comune aspirazione a che ogni magistrato possa svolgere dignitosamente il proprio lavoro, certo di poter contare su condizioni organizzative adeguate, su uno sviluppo della vita professionale in un contesto che sa distinguere i meritevoli e gli incapaci, con un Consiglio superiore e consigli giudiziari dediti a svolgere in modo corretto e rigoroso i propri compiti, con dirigenti seriamente impegnati nel difendere l’indipendenza degli uffici da ogni interferenza e nell’assicurare le regole di buona amministrazione, e con l’opera di tutti i magistrati nell’essere custodi e garanti dei propri doveri.

L‘aspirazione ad essere ”interpreti costruttivi della realtà che cambia, portando all'interno della nostra esperienza sensibilità istituzionale e senso della funzione sociale che svolgiamo nell'interesse dei cittadiniì (Marzia Minutillo Turtur) ha appunto questo segno, certo non nuovo nella storia di M.D., ma sottolineato adesso in modo ancor più esplicito e netto nel richiamo ad un progetto capace di restituire a ciascuno il senso e l’utilità del proprio lavoro e, proprio per questo, idoneo a combattere l’isolamento culturale e professionale, a contrastare gli abusi ed a resistere alle derive burocratiche e corporative.

Non c’è, insomma, una rivolta verso la politicità” della giurisdizione, ma la richiesta di far marciare insieme la riflessione teorica sui diritti e sulla società, e quella sul contesto organizzativo in cui i diritti dovrebbero trovare riconoscimento ed attuazione.

I problemi in cui la gran parte dei magistrati è costretta ad imbattersi ogni giorno nell’esercizio delle proprie funzioni, in condizioni di lavoro difficili quando non anche drammatiche ed avvilenti, con il peso di carichi pesanti e spesso distribuiti anche in modo irrazionale da dirigenti inetti che continuano a restare impunemente al loro posto; la larga ineffettività delle regole tabellari; la frustrazione generata dal constatare che prestazioni abissalmente diverse e differenze anche rilevanti di capacità professionale e di impegno restano spesso livellate su un unico piano indistinto; l’assenza di momenti di confronto e di dibattito sui problemi organizzativi dell’ufficio e sugli orientamenti giurisprudenziali; la carenza, a volte, anche delle più elementari funzioni di controllo e vigilanza, che è all’origine di sciatterie di vario tipo e dei non rari casi di nonnismo" giudiziario esercitato a danno dei magistrati più giovani; i ritardi nelle coperture di vacanze o nelle procedure di trasferimento: tutto ciò e altro ancora, cementandosi al sentimento di ingiustizia che deriva dall’essere rappresentati all’opinione pubblica, e dall’essere effettivamente percepiti come causa principale dei ritardi e delle disfunzioni, ha finito per generare anche al nostro interno un senso diffuso di sfiducia che può aver fatto apparire come un lusso.. le nostre elaborazioni da parte di colleghi e colleghe letteralmente schiacciati dai loro impegniì (così il documento della Sezione di Cagliari).

L’elaborazione di una giurisprudenza innovativa ed evolutiva - si legge nel documento della Sezione Umbria - perde significato se negli uffici giudiziari non vigono criteri chiari e trasparenti di organizzazione del lavoro. La lotta per l'affermazione di tali principi è tanto più dura in uffici piccoli dove regna la logica dell'amicizia invece di quella dell'organizzazione”.

 

3. Il filo del ragionamento che lega i diversi interventi è, per quanto ho percepito, la consapevolezza di queste difficoltà e del dovere di non eluderle.

Ma tutto ciò non implica affatto la rinuncia ad occuparsi di diritti e garanzie, di disuguaglianze sociali, di libertà democratiche, di immigrazione, di Europa. In tanti messaggi scambiati sulla lista, nei deliberati delle sezioni, nel seminario che a Torino ha visto molti giovani magistrati parlare con M.D. e di M.D. mi pare anzi che traspaia proprio il contrario: che sia visibile cioè, con assoluta evidenza, come l’esercizio rigoroso ed effettivo delle funzioni di autogoverno e l’esistenza di condizioni materiali, professionali e culturali adeguate vengano rivendicati come strumenti indispensabili per far sì che i diritti possano essere realmente garantiti e non semplicemente proclamati, e che il perseguimento dell’efficienza della giustizia anche per il tramite di processi di autoriforma venga correlato all’esigenza ”di dare dignità all'azione giudiziaria....sul piano della tutela dei dirittiì (sezione Piemonte e Valle D‘Aosta). E‘ in relazione a ciò, appunto, che viene affermata la necessità che ìi magistrati di Md si riconoscano non solo dalle parole ma anche da un coerente impegno sul lavoroì (documento della sezione Emilia Romagna).

Come ha scritto Luca Minniti, ìnell'alternarsi di sfiducia ed impegno, tra i magistrati non prevale la rassegnazioneì. Emerge invece l’immagine di colleghe e colleghi che intendono riconoscersi in una magistratura non rinunciataria, che intendono operare in un contesto di dignità e di rispetto delle proprie funzioni e della propria persona, che chiedono di poter contare su regole certe e imparzialmente applicate, su tempi di ricongiunzione familiare non vanificabili da trucchi e scorrettezze, su luoghi di incontro e di discussione; su capi controllabili e vicini alle esigenze del servizio, non già satrapi lontani, autoritari o incapaci.

Non importa se M.D. su questi temi è stata ed è presente più di quanto non venga percepito. Prendiamo atto che ciò che ci si chiede è di essere ancora più presenti e di fare in modo che questa maggiore presenza si veda e si senta: occorre una nuova capacità di ascolto, una maggiore attenzione rispetto all’attività negli uffici, al quotidiano dei magistrati spesso impegnati in battaglie difficili ed isolate, specialmente al Sud, alle prese con le vischiosità, le inefficienze, la burocratizzazione e la crescente tendenza alla gerarchizzazione di certi dirigentiì (così il documento della sezione di Palermo - Sicilia occidentale). E partire dall'esame delle situazioni di maggiore degrado ed inefficienzaì è certo una condizione per superare la legittima sfiducia di molti, impegnati, magistrati” (così, ancora, Luca Minniti nella scheda preparatoria alla sessione congressuale sull’organizzazione del lavoro negli uffici che, insieme a quella sull’ordinamento giudiziario introdotta a sua volta da una scheda molto articolata in cui è raccolto l’intenso lavoro svolto dal gruppo ordinamento giudiziario in questi mesi) animeranno due percorsi centrali del congresso.

Mi sembra che sia questa la chiave di lettura per comprendere anche gli accenni critici che appaiono più di una volta con riguardo alle modalità nei rapporti con la politica. Ciò che viene contestato non è soltanto un eccesso di condiscendenzaì che vi sarebbe stato, in ambito associativo, nei confronti della nuova maggioranza governativa sui temi dell’ordinamento giudiziario, quanto soprattutto la mancanza di continuità nel rivendicare un programma organico e compiuto per la giustizia, nel riportare in primo piano le esigenze della complessità contro la semplificazione e l’improvvisazione, nella necessità di un progetto per la giustizia contro la mancanza di progetti nelle sedi politiche, quei progetti che pure come M.D. ci siamo sforzati di delineare riempiendo interi volumi e organizzando tanti convegni. E‘ forse da questo che a volte - nonostante la capacità, l’intelligenza e l’abnegazione dimostrata dalla nostra rappresentanza in seno all’ANM (la quale d’altra parte non è fatta solo di componenti di M.D.), e nonostante i risultati ottenuti nel limitare i danni sul terreno difficile ed insidioso dell’ordinamento giudiziario – sono scaturite l'impressione di una discutibile realpolitik” nel privilegiare i non molti aspetti positivi delle recenti scelte politiche in materia di giustizia e la sensazione di un qualche cedimento rispetto a una visione che si vorrebbe meno indulgente e più intransigente sui problemi della giustizia italiana, problemi in cui vengono in gioco non ciò che la magistratura è disposta a cedere o negoziare, ma i diritti dei cittadini, nella loro indisponibilità ed irriducibilità alle logiche del mercato.

E’ da questa percezione, probabilmente, che nasce la richiesta di rivedere ìil nostro rapporto con questa maggioranza parlamentare”; di puntare il dito sulle promesse mancate, sulla perdurante tendenza ad individuare l'intera magistratura quale corpo inefficiente, principale (se non esclusivo) responsabile dello sfascio e delle disfunzioni del sistema giustizia”; di tornare ad essere ìuna risorsa anche scomoda della sinistra culturale italiana,….dinamica e mai arrendevole di fronte alla necessità di garantire riforme autentiche e profonde del sistema giustizia” (così il documento della sezione di Reggio Calabria).

La stessa sostanziale latitanza delle giunte associative, anche nelle sedi ove i problemi della giustizia sono più acuti non solo a causa delle carenze esterneì, ma anche di quelle interne all’apparato giudiziario, ha contribuito ad accrescere un diffuso senso di insoddisfazione. E sebbene da alcuni anni con vari documenti e con diverse giornate di riflessione sulla giustizia il gruppo di lavoro sulla giustizia civile dell’ANM abbia cercato di conferire impulso a questa assunzione di responsabilità, al recupero di un governo autonomo orizzontale e dal basso”, mi pare che sia ancora lunga la strada da percorrere affinché tutto ciò si trasformi in cultura convinta e condivisa. Il documento sulla giustizia, che il gruppo di lavoro ha elaborato ormai da quasi un mese ed in cui si esprime, tra l’altro, una netta presa di posizione sulla proposta del Ministro di nuove sezioni stralcio, non è stato ancora preso in esame dal CDC, in virtù di una logica asimmetrica” delle priorità e delle urgenze.

I risvegli che cominciano a intravedersi in ambito locale con la partecipazione dell’ANM alla nascita di nuovi Osservatorii, e lo spazio che è stato dato ai protocolli su La magistratura”, denotano dunque un positivo recupero di attenzione sulla necessità di non trascurare il fronte interno” e di farsi carico in modo diretto e continuativo dei problemi degli uffici e della necessità di perseguire i miglioramenti fin da ora possibili a prescindere dalle riforme.

 

4. Occorre aver consapevolezza che neppure la magistratura può sfuggire ad un processo generale di cambiamento che ha investito tutte le società moderne e che non consente più di tenere insieme la realtà con un unico filo.

Ma la direzione di marcia per M.D. mi pare già segnata in modo univoco dal dibattito precongressuale. Essa consiste nel resettare” un progetto che già da tempo M.D. si sforza di portare avanti (sebbene non tutti, anche per distrazione, se ne siano accorti, ed anche se - soprattutto - alle parole non sempre abbiamo saputo far seguire i fatti): un progetto capace di saldare in concreto qualità della giustizia e responsabilità dell’organizzazione.

Di questo progetto - come traspare dal dibattito precongressuaale - sono parte essenziale l’impulso che continueremo a dare agli Osservatorii ed ai protocolli, affinché diventino una rete sempre più fitta dell’autogoverno materiale, responsabile e partecipato; il lavoro che saremo capaci di svolgere dentro l’ANM per far sì che essa sia una presenza viva ed attiva nelle realtà dei singoli uffici; la capacità di essere noi stessi più vicini a quei bisogni di prossimità” dei magistrati più giovani, di cui si parla con parole efficaci nel documento della sezione veneta; il confronto delle prassi e degli orientamenti non come evenienza sporadica e occasionale, ma come vero e proprio criterio deontologico di condotta, e come metodo per far crescere dal basso”, in condizioni di rispetto reciproco, una sensibilità comune sui temi della giustizia; la formazione professionale, cui anche il nuovo codice deontologico degli avvocati darà un nuovo ed importante impulso; la presa d’atto della inidoneità dell'attuale sistema centralizzato ad assicurare i compiti del governo autonomo e la conseguente valorizzazione dei consigli giudiziari come anelli di un decentramento responsabile ed effettivo; la diffusione delle esperienze innovative e dei saperi esistenti all'interno degli uffici e delle sezioni; la pratica di nuove modalità nell'organizzazione del proprio lavoro, che mette in causa anche le tecniche di motivazione dei provvedimenti, da rivolgere - senza per questo diventare sciatte - alla logica del servizio e non a quella dei bei titoli che servono alla carriera; la necessità di non chiudere gli occhi sui fenomeni di malcostume e disimpegno esistenti all'interno degli uffici, da qualunque parte provengano; la coerenza nel pretendere che valutazioni e pareri di professionalità siano fondati su dati veridici e controllabili; la promozione negli uffici di carte dei servizi”, idonee ad agevolare per i cittadini e per gli utenti l’accesso alla giustizia; una più intensa presenza come gruppo nelle sedi in cui sono più gravi le difficoltà della giustizia avendo ben presente, tra l’altro, che gli uffici giudiziari del sud d'Italia costituiscono il luogo in cui cresceranno e si formeranno culturalmente e professionalmente le future generazioni di magistratiì (così il documento della Sezione di Reggio Calabria); l’esigenza di una maggiore partecipazione ai gruppi di lavoro, specie da parte di quelle sezioni che ne sono rimaste sistematicamente assenti, e di una interrelazione tra i diversi gruppi meno sporadica ed occasionale di quanto sino ad ora non sia avvenuto. Insomma un progetto capace di coniugare riflessione ed azione, parole e comportamenti, enunciazione e presenza attiva” (Luigi Marini), e di ìconnotarsi all'interno degli Uffici come proposizione culturale, come esperienza visibile e verificabile…. di una attività giurisdizionale ed organizzativa” capace di porsi anche come punto di riferimento per i colleghi (documento della sezione Puglia), nella consapevolezza che il nodo centrale della questione democrazia/giurisdizione nell‘Italia di questi anni è rappresentato dalla sostanziale incapacità del sistema di offrire una risposta sufficiente in termini qualitativi e quantitativi - alla richiesta sociale di giustiziaì (documento della sezione romana) e con la convinzione che una giurisprudenza ìavanzata e innovatrice.. ….deve trovare il suo spazio in uffici efficienti che garantiscano un servizio” adeguato (documento della sezione di Cagliari).

Quando le regole sono solo carta scritta e non vissute e praticate costantemente, quando il sistema di autogoverno è inefficiente”, infatti, coloro che propongono le "regole" rischiano di perdere e finiscono per vincere coloro che propongono le "clientele"ì (documento della sezione Toscana).

Mi sembra dunque che emerga una linea, che definirei fiduciosa, legata alla considerazione che nel corso degli anni il rinnovamento culturale della giustizia è stato affidato in non piccola parte all’evoluzione spontanea del sistema di governo autonomo verso un assetto della giurisdizione più conforme ai principi costituzionali. E sono convinto che a questa capacità di evoluzione del governo autonomo, nonostante le difficoltà in cui si è voluto imbrigliarlo, è ancora in buona misura affidata la soluzione di nodi essenziali come quelli del conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, della loro temporaneità e revocabilità a prescindere dall’art. 2 della legge sulle guarentigie. Anche il nuovo, deludente assetto ordinamentale delle Procure lascia emergere che il vero punto di resistenza sarà dato dal modo in cui ciascun magistrato ed in primo luogo i dirigenti degli uffici”, sapranno dimostrarsi fedeli ai principi costituzionali sulla indipendenza della giurisdizioneì (documento della sezione di Cagliari).

Essenziale per il buon esito di questa linea sarà non soltanto sforzarsi si far crescere un movimento ascensionale dalla base”, quanto soprattutto propugnare un metodo di discussione circolare, capace di assicurare il massimo coinvolgimento e di trarre alimento dalla pluralità degli apporti, riportando a questo quadro anche la questione delle alleanze” da far maturare giorno dopo giorno – nelle liste, nei luoghi di discussione, negli organismi istituzionali, nei gruppi di lavoro, sulle riviste e sugli strumenti di informazione – in un paziente lavoro di ricerca senza furbizie e reticenze il cui traguardo è costruire una sensibilità ed un’aggregazione più ampie dentro l’intera magistratura e nell’interesse della giurisdizione.

 

5. Organizzare le risorse intorno a fini ed obiettivi, avendo in mente la qualità della giustizia, è la premessa per tornare a collocare nel nostro campo di osservazione le condizioni del penale quotidiano; per riflettere sulle condizioni carcerarie di migliaia di detenuti senza nome e senza volto; evitare che diventi legge la sommarizzazione” gia adottata in diversi uffici come percorso purtroppo non virtuoso” al fine di accelerare i tempi del processo nelle controversie di lavoro (così il documento del gruppo lavoro); restituire attenzione al diritto di famiglia, sempre più spesso relegato a materia da trattare nei ritagli di tempo” (Paolo Martinelli); praticare la cultura di un processo in cui trovino spazio anche le nuove soggettività come quella ìassunta dalle vittime, non solo rispetto alla criminalità comune ma soprattutto rispetto alle grandi tragedie collettive siano esse conseguenza dello stragismo, di disastri, del crimine organizzato o di regimi terroristiciì (Marco Bouchard) e che difficilmente potranno ricevere ascolto fino a quando, ad esempio, nelle procure i reati a querela continueranno ad essere trattati soltanto numeri da smaltire, fino a quando la materia degli infortuni sul lavoro continuerà ad essere considerata materia da Procurina" da mettere nell’angolo” (Luca Poniz), o la repressione dei reati marcatamente artificiali collegati all’espulsione dello straniero continuerà a costituire la vera priorità della giustizia penaleì, una priorità che assorbe parte rilevantissima delle risorse a disposizione della macchina giudiziaria, relegando in secondo piano la sicurezza vera delle città” (documento del gruppo di lavoro sull‘immigrazione).

Anche da tutto questo deve riemergere la consapevolezza che l’organizzazione è solo un mezzo, e che il fine resta l’esercizio della giurisdizione, cui la prima è strumentale, e non viceversa. Come si legge nel documento della sezione ligure, le regole dell'ordinamento giudiziario devono essere tali da tutelare l'autonomia, anche interna, di ogni singolo magistrato, ma da sole non bastano ad ìindicarci gli obiettivi del nostro operare, obiettivi che dobbiamo individuare sulla base dei bisogni di garanzia che la realtà ci consegnaì. Il tema dell'organizzazione non coinvolge infatti solo ìle categorie della dignità della funzione e della qualità del servizio finale reso all'utenzaì, ma pone al centro del dibattito la questione dei valori in tensione nell'esercizio della giurisdizione e la indispensabile tutela del soggetto più debole che vi è coinvolto, in conformità all'art. 3 Cost.” (documento della sezione di Reggio Calabria)

Vi è un mondo sempre più segnato da profonde differenze ed ingiustizie nell’accesso e distribuzione delle risorse. Un mondo che ha legittimato….il ricorso alle armi ed alla guerra per risolvere” i conflittiì e che appare ìossessionato, nella sua parte ricca ed opulenta.. dalla idea della sicurezza” contro chiunque attenti all’ordine costituitoì. In una situazione di fragilità istituzionaleì in cui non è prevedibile una soluzione generale, con lo strumento della legge, per tutta una serie di questioni, a cominciare da quelle esistenziali” sul diritto ad unirsi liberamente fuori dal matrimonio o a morire con dignità e senza soffrire, la risposta giudiziaria a singole vicende avrà un ruolo sempre più importante. Anche per questo un forte impegno interno” di MD si impone, per continuare a svolgere fino il fondo il nostro compito di stimolo, critica e rappresentanza della magistratura italianaì (documento della sezione di Cagliari).

E’ qui, allora, che ritorna - e voglio dirlo con orgoglio e commozione, pensando a tanti amici scomparsi - il nostro essere stati e il nostro essere di M.D.

I compiti che ci attendono non sono molto diversi da quelli che ci hanno visto impegnati in più di quarant’anni, e che ci spinsero fin dall’inizio a prendere sul serio la Costituzione con tutto ciò che la Costituzione implicava per le libertà civili e democratiche, l’uguaglianza di fronte alla legge, i diritti dei lavoratori, la tutela della salute e della sicurezza nella fabbrica e fuori, gli interessi diffusi e collettivi, la revisione del sistema penale e carcerario, la difesa delle garanzie anche nell’emergenza, l’impegno per la pace, la democratizzazione dell’apparato giudiziario e delle sue regole. Il valore fondativo del principio di soggezione del giudice solo alla legge, con i suoi effetti dirompenti rispetto al conformismo, alla gerarchia, alla falsa neutralità del diritto, alla apoliticità intesa come dipendenza e passività culturale e come consonanza al potere politico dominante costituì il ponte che apriva il diritto all’esterno, verso la società e i suoi bisogni di giustizia, fu la premessa su cui innestare la denuncia delle norme illiberali e che favorì - anche mediante la critica e la discussione dei provvedimenti giurisdizionali - la crescita dell’indipendenza e la sburocratizzazione della funzione giudiziaria.

Anche le analisi teoriche che facevamo erano, alla fine, pratica della giurisdizione, il riconoscimento della sua intrinseca politicità e della carica di impegno che per il magistrato democratico essa comporta, con intensità non inferiore a quella che si coltiva, ad esempio, dando impulso all’attività degli Osservatorii: una carica d’impegno che anche Questione Giustizia” - nonostante la sottovalutazione che sembra affiorarne nel documento di qualche sezione - ha contribuito a tenere viva, come luogo” del pensiero sui temi della politica per la giustizia” (Giuseppe Santalucia).

In questa tensione a fa sì che i diritti, soffocati e nascosti nelle pieghe dell’ordinamento giuridico, riuscissero a trasformarsi in poteri effettivi di uomini e donne, da conquistare e realizzare nella vita di ogni giorno con l’impegno di ogni istituzione, resta il nucleo irrinunciabile della nostra storia, la "cifra culturale" cui si fa richiamo nel documento della sezione Friuli - Venezia Giulia. E credo che questo nucleo rappresenti la stella polare di una giurisdizione volta ad affermare nei fatti i diritti fondamentali di tutti, contro le discriminazioni e le violenze, contro gli arbitri ed i sorprusi, tesa ad introdurre una speranza nell’orizzonte delle nuove povertà, a cui Teresa Massa ha dedicato uno dei suoi ultimi pensieri prima di volar via ed a costituire - nella società globale e multietnica in cui si confrontano e si scontrano identità culturali diverse - il tramite per far sì che l’intero ordinamento giuridico venga rimodellato come luogo di inclusione e di convivenza delle diversità, il ponte per lo spazio europeo dei diritti e delle libertà - a cui il gruppo Europa di M. D. sta dedicando un impegno straordinario - capace di bilanciare l’Europa dei mercati.

Dunque Md - come si legge nel documento della sezione Piemonte e Valle d’Aosta - ìdeve continuare ad essere ciò che è stata”, senza però dimenticare (Donatella Donati) che ìil lavoro svolto sul fronte "esterno", per essere utile alla crescita del gruppo, non deve restare nelle intelligenze di pochi… Se le elaborazioni, gli studi, le esperienze del gruppo saranno trasmesse, conosciute, interiorizzate e diverranno strumenti di lavoro di tutti i "magistrati democratici", la corrente avrà fatto un grande passo avanti nel rendersi riconoscibile negli uffici e sarà più vicina alla quella parte della magistratura (composta per la maggior parte da colleghi che hanno meno di 40 anni), che ha avuto cultura politica differente e ha iniziato il lavoro in condizioni .... molto diverse da quelle in cui hanno operato i colleghi più anziani, nonché in un clima politico segnato dal discredito e dalla sfiducia verso la stessa giurisdizione”.

Lo sguardo sulla realtà quotidiana della giurisdizione”, la riflessione critica sulla giurisprudenza e sulle prassi”, la partecipazione nella sfera pubblica al dibattito sulle politiche del diritto”, la ìcapacità di gettare un ponte verso l’esterno, verso la società, verso i soggetti deboli”, sono ìtutti tasselli di un mosaico del quale è necessario valorizzare la ricchezza e la complessità e, allo stesso tempo, assicurare l’unitarietà” (così il documento del gruppo di lavoro sull’immigrazione).

Anche rispetto a ciò sarà importante la democrazia interna, un tema sul quale più di un documento ha messo il dito, a volte forse in modo generico ma che, evidentemente, costituisce un nodo reale, se sono in molti a parlarne; e molto conteranno non soltanto le modifiche statutarie, a partire dalla limitazione delle deleghe cui ha fatto accenno anche la sezione milanese, ma prima ancora la capacità di lavorare collettivamente” (sezione romana), anche se non tutti coloro che lo dichiarano mostrano poi di saperlo fare; lo spirito di gruppo” che si consolida con il confronto immediato e trasparente; la volontà di tenere uniti in un più complesso gioco di squadra” i vari pezzi e di portare avanti, nel riconoscimento dell’utilità di ciascuno, i progetti che immaginavamo come un'azione positiva per la giustizia e come un sostegno per il nostro impervio lavoro.

E’ questo l’augurio che rivolgo al congresso, con la certezza che la determinazione a partecipare a un progetto comune sarà il cemento di una M.D. ritrovata, per se stessa e per l’intera magistratura. E’ il sogno” espresso, con semplici parole, da Chiara Gallo in un messaggio di qualche mese fa, e nel quale si riconoscono tanti magistrati, giovani e meno giovani: ìcredo che chi entra in magistratura voglia sentire in primo luogo di appartenere a qualcosa, nel senso di sentirsi coinvolto in prima persona in un percorso ideale di servizio verso gli altri che accomuna tutti: questo è possibile solo se si lavora accanto a persone serie e motivate, che fanno le loro battaglie sui principi sia all'esterno sia all'interno, sui singoli fascicoli, mostrando interesse vero per le vicende e le persone che devono giudicare, mettendosi in discussione e dedicando al lavoro giudiziario buona parte del proprio tempo; è possibile solo se i colleghi anziani non approfittano della loro condizione per scaricare il lavoro, se non tacciono davanti alle ingiustizie nell'organizzazione degli uffici, se non guardano i problemi di chi entra e gli inevitabili svantaggi legati alla scarsa anzianità da una prospettiva di lontananza e distacco".

 

6 febbraio 2007

 

 

Gianfranco Gilardi

 


Indirizzo:
http://old.magistraturademocratica.it/platform/2007/02/06/intervento-di-gianfranco-gilardi