1. La riforma strutturale del giudice unico ha significato sicuramente
un momento di razionalizzazione organizzativa imponendo
una ridefinizione complessiva degli organici, la riduzione
del numero degli uffici preesistenti ed un migliore loro dimensionamento;
altrettanto evidente, tuttavia, è il fatto che la manovra,
nel suo complesso, non è stata risolutiva essendosi solo imboccata
la via giusta senza però percorrerla fino in fondo, tanti
essendo ancora gli squilibri e i problemi derivati dai disordinati
interventi adottati dalla politica degli organici susseguitasi nei 20
anni precedenti su due direttrici di fondo: progressivo e consistente
aumento dei magistrati inquirenti rispetto ai giudicanti; dislocazione
assolutamente prevalente di tali aumenti nelle zone
del sud d'Italia (con la conseguente "deportazione" in tali sedi di
tantissimi uditori giudiziari).
Il processo riformatore ha così dovuto affrontare, con inevitabili
limiti, una realtà organizzativa cresciuta disorganicamente,
frutto di interventi spesso irrazionali o puramente emergenziali
ovvero sulla spinta di pressioni localistiche, e comunque mai supportata
da dati affidabili ed omogenei sistemi di rilevazione statistica.
2. La nuova consiliatura si dovrà in primo luogo porre il problema,
nell'ambito delle competenze esistenti, di porre fine, con
urgenza, alla inadempienza del ministro rispetto alla distribuzione
nelle piante organiche degli uffici dei 1000 nuovi posti d'organico
introdotti dalla legge dello scorso anno, inadempienza grave
che impedisce al Consiglio maggiori margini di manovra nella politica
del personale, vale a dire una politica di maggiore mobilità
specie dagli uffici del sud verso quelli del centro-nord. Parallelamente
occorrerà portare avanti con forza una ulteriore seria e incisiva
riforma delle circoscrizioni, attesi i deludenti esiti, sotto
questo profilo, della riforma del giudice unico: 90 sono tutt'ora i
Tribunali con meno di 20 giudici e 77 le Procure con meno di 8
sostituti; 41 le ex sezioni di pretura "salvate" dal Parlamento (e
trasformate in sezioni distaccate dei nuovi tribunali) in aggiunta
alle 174 previste dall'originario schema di decreto legislativo predisposto
dal Ministero; pressoch immutate, infine, sono rimaste
le elefantiache dimensioni dei Tribunali pi grandi, pur dopo l'attuazione
della riforma dei Tribunali metropolitani.
3. Per quanto riguarda i compiti di stretta pertinenza consiliare,
il primo impegno da perseguire con forza è quello di una rigorosa
applicazione della direttiva che prevede 2 bandi di trasferimenti
ordinari all'anno, programmando gli stessi in modo tale
da precedere sempre (per evidente ragioni di razionalità ed
equità) l'individuazione delle sedi da assegnare agli uditori. Non
si devono ripetere, in altre parole, gli errori commessi nella prima
fase dell'ultima consiliatura allorch da un lato è saltata la cadenza
semestrale dei bandi e, dall'altro, un concorso di uditori ha
avuto sedi mediamente molto pi appetibili del solito, in quanto
individuate prima di quelle inserite nel bando per trasferimenti
ordinari.
Essendo, oggi, finalmente in via di definitivo superamento la
lunga fase d'emergenza determinata dalla stasi dei concorsi iniziali
per l'accesso in magistratura, il ripristino rigoroso della cadenza
semestrale dei bandi di trasferimento deve diventare un
punto fermo nella futura azione consiliare.
4. Riguardo poi alla tematica pi specifica delle sedi disagiate,
l'impegno prioritario resta quello di continuare nella politica di
particolare attenzione sviluppata coerentemente dai rappresentanti
di Md nelle due ultime consiliature, incentrata sulla piena
attuazione della legge 133/1998 e sulla gestione dei benefici consiliari in funzione di assicurare almeno un parziale ristoro per
quanti hanno scelto di svolgere le prime funzioni nelle sedi meno
gradite.
Il prossimo consiglio si troverà, a partire dal 2003, a gestire il
rientro di centinaia di magistrati che matureranno via via il quinquennio
di permanenza nelle sedi disagiate ex legge 133/1998 e
l'impegno prioritario dev'essere quello del mantenimento del
"patto" assunto con tutti i magistrati che hanno scelto quelle sedi
o hanno deciso di rimanervi pi a lungo proprio in funzione
dei benefici che avrebbero alla fine conseguito. Si tratterà di dare
quindi, piena attuazione alla circolare del giugno '99, con le
estensioni in essa contenute ed introdotte su nostra iniziativa nell'ambito
di un'interpretazione logica e sistematica della normativa
vigente, volta a garantire benefici consistenti in cambio di una
pi lunga permanenza nella sede disagiata.
Parallelamente occorrerà proseguire in una rigorosa politica
di individuazione, anno per anno, delle sedi disagiate ex legge
133 opponendosi a qualsiasi spinta micro-corporativa o clientelare,
come già avvenuto nel recente passato in occasione dell'assegnazione
dei posti ai magistrati beneficiari del diritto alla precedenza
assoluta ai sensi della legge 356/1991 (spinta cavalcata
da alcuni consiglieri di Mi), volta ad estendere impropriamente i
benefici legali ex post a magistrati che vennero destinati, per loro
scelta, a sedi che in quel momento non comportavano tali benefici.
In tali casi, invero la disparità di trattamento è apparente
e del tutto ragionevole. Come, infatti, esplicitamente affermato
nella circolare del â€èœ99 "la ratio della politica di incentivazione
promossa dal Csm (e concretamente sottesa alle stesse leggi del
'91 e '98) appare riconducibile ad una logica "negoziale" di corrispettività
tra la promessa del Consiglio di assicurare futuri vantaggi
e l'impegno da parte di chi sceglie la sede individuata come
disagiata di trattenervisi un certo numero di anni. E da ciò esula
del tutto l'opportunità di premiare anche quanti hanno scelto sedi
non disagiate, che solo in seguito lo siano diventate, pur in
presenza di altri posti disagiati nel concorso".