Pubblicato su Magistratura Democratica (http://old.magistraturademocratica.it/platform)

Il Pm europeo

Eurojust e le prospettive di un PM europeo: proposta di discussione
Premessa. Le ragioni di un interesse
Come ha scritto Mirelle Delmas-Marty, " Il Parlamento Europeo denuncia
da anni l’assurdità dell’aprire le frontiere a chi delinque per chiuderle
poi agli organi incaricati della repressione. Ma la situazione si aggrava nella
misura in cui procede la costruzione europea e l’Unione si dota di strutture
quasi statuali, di un bilancio, di una funzione pubblica europea, di una moneta
europea, di istituzioni largamente autonome, di regole giuridiche specifiche.
A questo sviluppo di strutture europee corrispondono interessi europei specifici
da proteggere. Inoltre l’Europa deve confrontarsi non solo con una criminalità
che si sviluppa in Europa, ma anche con una criminalità che si sviluppa
contro l’Europa e necessita di regole proprie del diritto comunitario; d’altronde
il prossimo allargamento dell’Unione deve essere all’evidenza accompagnato da
sforzi per produrre un reale effetto di dissuasione. Per ridurre questa delinquenza
contro l’Europa, che ne colpisce gli interessi vitali, occorre rafforzare prevenzione
e repressione."
Già in precedenza vi era stata la presa di posizione di alcuni magistrati
europei, nota come "Il Manifesto di Ginevra" , con la quale veniva
denunciato l’arcaismo dei sistemi giudiziari a fronte dell’apertura delle frontiere
interne e dell’espandersi della criminalità finanziaria, che continua
a godere delle scappatoie offerte da ordinamenti improntati alla pi
rigida chiusura e reciproca impermeabilità; ancor pi recentemente
l’allora Ministro Guardasigilli francese, M.me Guigou, nel corso di un Convegno
ad Avignone, ha dichiarato il proprio favore per la creazione di un Paquet europeen
, mentre il Syndacat de la Magistrature, componente francese di MEDEL, ha promosso
a Strasburgo nell’ottobre del 2000 un Convegno su questo tema al termine del
quale ha lanciato una "Lettre ouverte aux ministres, pour une libre circulation
de la justice et du droit en Europe" aperta alla firma di magistrati e
giuristi dei vari paesi dell’Unione (vedi all. 11) .
Una migliore gestione della cooperazione interstatale - non esclusa la creazione
di strutture giudiziarie requirenti ad hoc - per un pi efficace contrasto
alla criminalità nella e contro l’Unione europea, sembra dunque essere
da pi parti considerata come una necessità, e non come una scelta
possibile o magari superflua; ed ecco quindi che l’Unione e la Comunità
si stanno muovendo decisamente (anche se, come spesso accade, con un andamento
non lineare, ma a "strappi") in questa direzione e che le Istituzioni
europee mostrano un crescente interesse anche verso altri gravi delitti che,
pur non riguardando direttamente interessi comuni agli Stati membri, possono
attentare ai principi di legalità sui quali sono fondati i Trattati.
Dobbiamo al riguardo considerare che l’ormai prossimo allargamento della Comunità
a Paesi un tempo politicamente assai lontani dall’Europa occidentale costituirà
un potente fattore di spinta in questa direzione, essendovi concreti rischi
di indesiderati contatti delle finanze comunitarie con le "nuove"
mafie che spesso, in quelle economie ancora acerbe, sui finanziamenti pubblici
prosperano.
Appare quindi necessario aprire con urgenza, in MD e in MEDEL, un’ampia discussione
su questo tema, poich esso implica (o potrebbe implicare in tempi che
potrebbero anche essere molto brevi) profonde trasformazioni del diritto e della
procedura penale, dell’organizzazione giudiziaria e, in primo luogo, della collocazione
istituzionale e del modo di operare del PM; per fare un esempio, probabilmente
il pi banale, sempre pi magistrati italiani sono e saranno chiamati
a far parte, a diverso titolo e con differenti responsabilità, di strutture
sovranazionali che, in tutto o in parte, lavoreranno secondo modelli diversi
da quelli cui siamo abituati da decenni, ed è impensabile che si decida
del loro status , dei loro compiti e della loro collocazione caso per caso,
senza una riflessione (da parte del CSM e dell’associazionismo giudiziario)
che individui preventivamente i compiti ed i profili delle attività cui
saranno (o già in parte sono) chiamati .
1. I riferimenti normativi
a) La cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale è l’unica
materia rimasta nel c.d. "terzo pilastro" dell’Unione europea, dal
momento che, con l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, la disciplina
dell’immigrazione, intesa in senso ampio, è stata trasferita nel primo
pilastro, come la cooperazione giudiziaria in materia civile - che ha obbiettivi
pi limitati, ma è anch’essa in via di rapido sviluppo. La materia
che qui interessa è disciplinata dagli artt. 29 segg. del TUE (Titolo
VI - Disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale
- vedi all. 1); la competenza è devoluta al Consiglio, sentito il Parlamento,
su iniziativa di uno Stato membro o della Commissione.
b) Le disposizioni dei Trattati oggi in vigore potrebbero (in tempi non brevissimi)
essere sostituite da quelle approvate nel recente Consiglio europeo del dicembre
2000, nel corso del quale, tra l’altro, i capi di stato e di governo hanno approvato
il testo del Trattato di Nizza (v. all. 2), alcune disposizioni del quale (quando
saranno incluse nei testi dei Trattati secondo le procedure in vigore) andranno
appunto a modificare le norme del Titolo VI del TUE nella parte qui considerata.
Nella presente nota si terrà peraltro conto solo delle disposizioni vigenti.

c) Di fondamentale importanza, al fine preliminare di chiarire le relazioni
esistenti in questo campo tra le diverse materie e la dialettica in atto tra
le Istituzioni europee, è la disposizione dell’art. 280 CE -(vedi all.
3), che prevede nel campo della lotta alle frodi comunitarie, competenze della
Commissione, degli Stati membri e del Consiglio; peraltro la formulazione della
norma, come vedremo, si presta ad equivoci ed appare insufficiente al fine di
garantire il raggiungimento degli obbiettivi voluti.
d) Le due materie - cooperazione penale e lotta alle frodi - sarebbero, a stretto
rigore, distinte e separate; la Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia
penale (v. art. 29 del TUE) concerne la prevenzione e la repressione della criminalità,
organizzata o di altro tipo, ed in particolare: il terrorismo, la tratta degli
esseri umani ed i reati contro i minori, il traffico illecito di droga e di
armi, la corruzione e la frode; a tal fine il TUE prevede; (a) una pi
stretta cooperazione fra le forze di polizia, le autorità doganali e
le altre autorità competenti degli Stati membri, sia direttamente che
tramite l’Ufficio europeo di polizia (Europol); (b) una pi stretta cooperazione
tra le autorità giudiziarie e altre autorità competenti degli
Stati membri; (c) il ravvicinamento (ma solo "ove necessario") delle
normative degli Stati membri in materia penale, a norma dell’articolo 31, lettera
e). Essa dovrebbe dunque riguardare il coordinamento delle indagini, la messa
a disposizione dei dati, il riconoscimento reciproco automatico delle sentenze,
l’estradizione diretta di imputati e condannati (senza bisogno di attivare ogni
volta il canale diplomatico). Il campo di elezione della cooperazione dovrebbe
essere costituito da alcune tra le forme pi gravi di criminalità,
con qualche concessione alla protezione di diritti umani "nuovi" (v.
i reati relativi alla tratta di esseri umani e contro i minori) e con la significativa
specifica indicazione della "corruzione". La cooperazione, in conclusione,
dovrebbe consentire, nel suo complesso, una maggiore efficacia nella lotta alla
criminalità organizzata ed ai proventi finanziari della stessa.
e) La lotta alle frodi in senso stretto (art. 280 CE), pur essendo anch’essa
inclusa tra gli obbiettivi della Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia
penale di cui al TUE, è contemporaneamente una materia specifica e determinata
che concerne gli attacchi alle finanze della Comunità (e quindi degli
Stati membri e dei contribuenti europei in genere); essa si attua quindi direttamente
nell’ambito comunitario (e non solo della cooperazione tra Stati "mediante"
l’Unione e la Comunità) ed ha una sua - peraltro non sempre esaltante
- storia alle spalle; allo scopo di perseguire i fini di cui all’art 280 CE
è stata infatti creata una specifica struttura, alle dipendenze della
Commissione - un tempo denominata UCLAF ed ora, dopo la riforma attuata con
il Reg. (CE) 1073 del 1999 (v. all. 4) OLAF; al di sopra della struttura operativa
(ma non in posizione di sovraordinazione gerarchica, bensì per garantire
all’Ufficio l’indipendenza nell’assolvimento dei propri compiti) sta un Comitato
di vigilanza, composto da cinque membri, nominati di concerto dal Consiglio,
dalla Commissione e dal Parlamento europei.
f) La differenza tra le attività dei due pilastri, in quadro (un po’
confuso, ma) di progressiva "comunitarizzazione" di tutte le materie
di cui al TUE, sta essenzialmente negli strumenti normativi e nelle competenze
per la loro emanazione; gli scopi dell’Unione (terzo pilastro) si attuano, oltre
che con il mezzo tradizionale dei trattati (sottoposti al procedimento di ratifica
da parte dei singoli parlamenti nazionali) e degli accordi tra due o pi
degli Stati membri, anche attraverso le Decisioni-quadro e le Decisioni, atti
assunti dal Consiglio, sentito il Parlamento europeo; le attività del
primo pilastro (lotta alle frodi in senso stretto) si attuano con Regolamenti
e Direttive; la Commissione svolge nei due campi un ruolo assai diverso, di
mera proposta nel settore della cooperazione, di impulso nella lotta alla frodi.

g) Su di un piano realistico e fattuale, la confusione tra le due modalità
dell’azione comune, la lotta antifrode e la cooperazione penale, emerge inevitabilmente
- oltre che dalla inclusione dello stesso obbiettivo nei due pilastri - dalla
circostanza che una lotta efficace contro le frodi non può non imbattersi
in reati di falso documentale, corruzione e concussione, riciclaggio, associazione
per delinquere e cioè in fatti criminali inclusi nelle attività
di contrasto di cui al terzo pilastro; si consideri ancora che l’attività
dell’OLAF è in buona parte assimilabile a quella di un ufficio di polizia
giudiziaria, nel senso che i suoi atti sono (o dovrebbero essere) utilizzabili
nel corso di un procedimento penale in uno qualunque degli Stati membri.
h) Su di un piano politico ed istituzionale poi, la stessa distribuzione delle
materie tra i diversi pilastri sembra diventare ogni giorno pi formale
che reale, con esclusione (forse) di quella del secondo pilastro - Politica
estera e di sicurezza comune (PESC) che sembra l’unico davvero ancorato ai soli
rapporti fra i Governi degli Stati membri. Gli ultimi Consigli europei, nelle
loro Conclusioni, sembrano infatti oscillare tra il bisogno di verificare lo
stato di attuazione delle politiche comunitarie già avviate e la messa
in opera di sempre nuovi progetti; si tratta, sembra, di un processo inarrestabile
che porta i vertici governativi degli Stati membri verso un qualcosa che assomiglia
sempre pi ad uno stato federale, ma senza dirlo apertamente, mentre
alle opinioni pubbliche interne degli stati - o almeno dei pi importanti
- viene lanciato il messaggio della non compiutezza della Unione quale ragione
del non funzionamento di ciò che è già stato realizzato,
in un crescendo senza pause e senza una adeguata verifica dei fini generali
da raggiungere, che restano, tra i vari Paesi, assai distanti; in un quadro
generale caratterizzato (artificialmente, ma qui il particolare non importa)
dal c.d. "bisogno di sicurezza" dei cittadini europei, non si può
escludere che la messa in opera di nuovi strumenti per la lotta alla criminalità
possa dunque obbedire ad obbiettivi di pi ampio respiro e porti a cessioni
di sovranità anche incisive su di un terreno, quello della amministrazione
del diritto penale, sino a pochi anni or sono certamente escluso dalle attività
comuni.
i) Si consideri ancora che sia la cooperazione in materia penale che la lotta
contro le frodi vengono solitamente raggruppate - nelle Conclusioni della Presidenza
che concludono i Consigli europei e che costituiscono l’espressione pi
alta degli indirizzi delle politica dell’Unione - sotto la denominazione onnicomprensiva
ed eterogenea di "Creazione di uno spazio di libertà sicurezza e
giustizia", nella quale vengono incluse materie che in realtà appaiono
molto diversificate (e per le quali vi sono competenze e stati di avanzamento
del processo di "comunitarizzazione molto diversi), che sono tenute insieme
solo per il fine ultimo che si propone l’azione dell’Unione,; esse in genere
sono la politica dell’immigrazione ed i rapporti con i Paesi terzi, la cooperazione
di polizia, la giustizia civile e la giustizia penale, intese queste ultime
sia sotto l’aspetto sostanziale che sotto quello processuale; gli obbiettivi
generali dell’Unione in materia sono stati definiti dal Consiglio europeo straordinario
di Tampere (presidenza finlandese, ottobre 1999); per un primo orientamento
i punti essenziali vengono allegati in estratto alla presente nota - vedi all.
5
j) Si consideri, sempre sotto un profilo "politico", che la Commissione
sembra cercare, anche in questo settore, una sua "visibilità"
e che lo stesso Parlamento probabilmente vuole guadagnare rapidamente un proprio
ruolo attivo: la Commissione, in particolare, dovrebbe essere propensa a valorizzare
soprattutto le proprie competenze nel settore della prevenzione e repressione
delle frodi, al fine di poter dire la sua anche sulla cooperazione penale propriamente
detta; credo anche che vada considerato come la creazione di agenzie dotate
di una pi o meno ampia autonomia (ad es. EUROPOL ed OLAF, un domani
anche EUROJUST) e di propri uffici e funzionari porta con s l’emergere
di istanze proprie di ogni singola struttura, che inevitabilmente punta quindi
a crearsi degli spazi di visibilità (e potere).

2. Cosa è già stato realizzato
a. Lotta antifrode: è in atto, come sopra già accennato, la ristrutturazione
del servizio di tutela degli interessi finanziari delle Comunità; dall’UCLAF
si è passati all’OLAF , ma non si tratta solo del cambio del nome, bensì
del progetto di dare credibilità ed imparzialità al contrasto
alle frodi; ora sull’attività dell’agenzia vigila un apposito Comitato
di vigilanza di cinque persone , nominate di concerto dal Consiglio, dal Parlamento
e dalla Commissione; la particolare procedura di nomina del Comitato, oltre
ad una nuova posizione indipendente garantita al Direttore del servizio, dovrebbe
garantire all’OLAF una maggiore autorevolezza ed una pi salda indipendenza
dalle istituzioni comunitarie, e segnatamente dalla Commissione. Per avere il
quadro dell’attività di ristrutturazione in atto, anche nei suoi riflessi
sulle segnalazioni di reato alle autorità nazionali e sul valore probatorio
delle stesse, è indispensabile la lettura della Relazione di attività
luglio 1999 - luglio 2000 del Comitato di vigilanza , nella quale viene assunta
una posizione decisamente favorevole all’istituzione - da articolare in due
fasi - di un vero e proprio ufficio del PM europeo: la motivazione sul punto
è la seguente: "Nell’immediato il Comitato di vigilanza ritiene
che debbano essere prese senza indugio misure d’organizzazione interna dell’OLAF,
quali la creazione di una cellula di magistrati al fine di rafforzare la legittimità
delle indagini. Tali misure favorirebbero peraltro l’emergere di una cultura
giudiziaria europea. Parallelamente il Comitato di vigilanza sostiene pienamente
l’iniziativa della Commissione di proporre alla CIG di creare un quadro giuridico
che permetta l’istituzione di un pubblico ministero europeo, nonch le
richieste del Parlamento europeo riguardanti in particolare l’istituzione di
un procuratore europeo per le indagini interne, e rinvia, a tale proposito,
ai pareri 5/99 e 2/00 allegati alla presente relazione"(sottolineatura
di chi scrive).
b. EUROPOL La collaborazione di polizia è già in atto, essendo
stata creata una apposita agenzia comune, denominata EUROPOL, con sede nei Paesi
Bassi; la fonte normativa di EUROPOL è una specifica Convenzione fra
i paesi membri dell’Unione, ratificata dall’Italia con la legge 23 marzo 1998,
n. 93 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione ……….. che istituisce
un Ufficio europeo di polizia (EUROPOL) ………..) G.U. n. 86 del
14 aprile 1998, suppl. ord. n. 69. Tutti i documenti non riservati riguardanti
l’attività di EUROPOL possono essere scaricati dal sito www.europol.int/
- EUROPOL si occupa di: terrorismo, traffico illecito di stupefacenti e di materiale
nucleare, altre gravi forme di criminalità internazionale quando riguardino
due o pi stati membri, tratta di esseri umani ed organizzazione di immigrazione
clandestina, traffico di autoveicoli rubati. Si tratta quindi di materie in
gran parte coincidenti con quelle di cui all’art. 29 TUE (Cooperazione giudiziaria),
anche se per questa Agenzia è stata scelta la strada della Convenzione
ad hoc; il problema, per questa Polizia europea, è quello della finalizzazione
della sua attività; al momento si tratta di intelligence (agevolare lo
scambio di informazioni fra gli Stati membri; raccogliere e analizzare le informazioni;
comunicare ai servizi competenti degli Stati membri le informazioni che li concernono
e informarli immediatamente dei collegamenti constatati fra fatti delittuosi;
facilitare le indagini negli Stati membri; gestire raccolte informatizzate di
informazioni) ma potrebbe diventare quella di una vera e propria polizia giudiziaria
e, in questo caso, si porrebbe il problema della direzione delle indagini.
c. Cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri; esiste già una Rete
giudiziaria europea - istituita con l’Azione comune (Consiglio) 98/428/GAI del
29 giugno 1998 (vedi all. 6), che in parte è diversa ed in parte si affianca
ai "magistrats de liaison" di cui alla Azione comune 96/277/GAI (vedi
all. 6bis) ; per la Rete si tratta della creazione di una serie di "punti
di contatto" fra le autorità giudiziarie degli Stati membri, a fini
di informazione sulle legislazioni vigenti e sui modi di cooperazione interstatale.
E’ quindi di una forma in buona parte nuova di cooperazione giudiziaria in materia
penale, perch essa realizza contatti diretti tra le autorità
giudiziarie (o meglio tra le autorità inquirenti) degli Stati membri
al di fuori del tradizionale canale diplomatico, anche se i suoi obbiettivi
sono per lo pi consultivi, e non implicano la creazione di strutture
comuni n di Agenzie.
I "magistrati di collegamento" realizzano invece una forma di cooperazione,
oltretutto non obbligatoria, nel quadro delle tradizionali forme di collaborazione
fra Stati; essi infatti hanno la funzione di creare "un quadro di scambio
di magistrati di collegamento ha come scopo principale di accrescere la rapidità
e l’efficacia della cooperazione giudiziaria, nonch di contribuire allo
scambio di informazioni sui sistemi giuridici e giudiziari degli Stati membri
e sul loro funzionamento."; come può notarsi si tratta di scopi
apparentemente minimali, anzi quasi volutamente di "basso profilo"
, ma che in realtà, se opportunamente utilizzati, potrebbero svolgere
una funzione essenziale nell’instaurare pratiche virtuose e non velleitarie
di avvicinamento delle culture e delle prassi giudiziarie in Europa.

3. I "lavori in corso"
a) Eurojust; è qualcosa di pi della Rete giudiziaria e (almeno
per il momento) decisamente qualcosa di meno del PM europeo; assomiglia alla
DNA, ma ovviamente il punto pi critico che sarà in discussione
riguarda la possibilità di "avocare" o comunque acquisire il
fascicolo delle indagini ed il potere di stabilire quale autorità nazionale
si debba occupare di una determinata indagine, in caso di criminalità
transfrontaliera; attualmente è in corso la costituzione di una "Unità
provvisoria" secondo la Decisione del Consiglio del 14 dicembre 2000 relativa
all’istituzione di un’Unità provvisoria di cooperazione giudiziaria -
(2000/799/GAI vedi all. n. 7) che anticipa di fatto, ma per il momento solo
nei tempi, l’obbiettivo stabilito dal Consiglio europeo di Tampere. In ordine
alla creazione di Eurojust il Parlamento è stato sino ad oggi contrario,
o perlomeno molto scettico, perch avrebbe voluto arrivare alla costituzione
di un vero e proprio Ufficio del PM europeo attraverso una conseguente modifica
dei Trattati, competenza attribuita agli Stati membri; è infatti chiaro
che l’art. 280 CE non consente per ora di istituire un tale genere di ufficio
e che perciò occorre avviare una procedura di modifica dei Trattati o
una Convenzione ad hoc, come si è fatto per la creazione di EUROPOL;
ma è altresì chiaro che potrebbe puntarsi su EUROJUST, la Rete
giudiziaria europea, l’OLAF (per la sua parte di attività di polizia
giudiziaria) ed il Comitato di vigilanza per far crescere progressivamente intorno
a questi Uffici una cultura e delle competenze giurisdizionali in senso proprio
che potrebbe essere la base della futura Procura europea. Da qui l’importanza
di una analisi che tenga contemporaneamente conto di tutte le realtà
esistenti o in progetto, al fine di comprendere, a almeno intuire, i possibili
sviluppi futuri.
Da una prima lettura dei documenti del Parlamento (v. fra gli altri, la relazione
di cui all’all. n. 8) pare di poter cogliere significative convergenze con le
conclusioni del Comitato di vigilanza OLAF; si chiede la creazione di un PM
europeo, almeno per l’attività antifrode, sulla cui struttura organizzativa
si costruisca poi la base per la creazione di un PM europeo che si occupi anche
della criminalità organizzata in genere; è questo un punto da
approfondire; la discussione verte anche sulla competenza da attribuire all’organo;
chiaro che riguardi le frodi comunitarie, ma meno chiaro che possa riguardare
anche i reati connessi (essenzialmente falso e riciclaggio) o addirittura la
criminalità organizzata tout court, ipotesi che oggi appare forse eccessiva
senza la previa armonizzazione delle norme di diritto sostanziale vigenti nei
diversi Stati membri.
b. La riorganizzazione del servizio antifrode dell’OLAF (dalla quale potrebbe
emergere una sua funzione pi marcatamente penale, rispetto a quella
che era svolta dall’UCLAF); su questo punto si rinvia ai documenti citati supra,
punto 2.a)

4. Le prospettive politiche ed i problemi aperti alla discussione
Le Istituzioni europee che si situano in una posizione maggiormente distante
dai governi degli Stati membri (il Parlamento e il Comitato di vigilanza OLAF)
insistono per la creazione di strutture comuni di indagine ad hoc, dotate di
propria competenza, perch ciò non farebbe che accelerare il processo
di integrazione e sicuramente razionalizzerebbe un sistema che attualmente sembra
sospeso tra cooperazione tra Stati ed attività pi marcatamente
comunitarie; è altrettanto chiaro perch il Consiglio (che in
definitiva è il motore politico dell’Unione e delle Comunità)
sia invece molto pi cauto e pensi pi ad un rafforzamento della
collaborazione interstatale in materia.
La Francia, durante il suo semestre di Presidenza di turno dell’Unione, sembrava
dapprima puntare decisamente sulla creazione di un PM europeo, anche se in seguito
ha appoggiato la costituzione dell’Unità provvisoria EUROJUST; si ignora
per il momento l’atteggiamento che terrà la Presidenza svedese (che in
ogni caso avrà a che fare con una opinione pubblica nazionale euro-scettica
e quindi difficilmente prenderà iniziative clamorose); dopo la Svezia,
dal giugno 2001, la presidenza passerà però al Belgio, che al
contrario potrebbe essere interessato ad uno sviluppo delle competenze dell’Unione,
se non altro perch la maggior parte delle istituzioni della Comunità
hanno sede sul suo territorio.
§ Occorre preliminarmente chiarire le finalità (ad oggi decisamente
oscillanti ed a volte vaghe) verso le quali si muovono le diverse Istituzioni
europee, finalità che debbono essere ovviamente condivise dagli Stati
membri, almeno dai pi importanti fra essi; se esse fossero solo quelle
di un semplice coordinamento tra le autorità nazionali realizzato attraverso
la creazione di Agenzie "neutre" - cioè non dotate di competenze
proprie ed autonome nell’indirizzo delle indagini - si tratterebbe già
di una operazione complessa, che condurrebbe ad una razionalizzazione dell’esistente.
Non va sottovalutata la novità di una pi stretta cooperazione
in questo settore, n possono essere misconosciuti i vantaggi, anche
sul piano dell’avvicinamento dei sistemi nazionali e delle stesse culture dei
giuristi, dell’introduzione dei Magistrati di collegamento, dell’istituzione
della Rete giudiziaria ed ora anche dell’Unità provvisoria di EUROJUST,
ma certamente con questi strumenti non avviene un vero "salto di qualità"
nella azione comune di contrasto alla criminalità, che resta affidata
alla iniziativa delle autorità nazionali, ma si ha solo un utilizzo pi
razionale di strumenti non ignoti alla cooperazione tra Stati di tipo tradizionale.

§ Al contrario, se attraverso EUROJUST si arrivasse ad un coordinamento
"forte", mediante l’istituzione di un ufficio che abbia il compito
di acquisire informazioni su specifici procedimenti in corso (intendendo la
possibilità di chiedere in visione i fascicoli dei vari procedimenti
pendenti davanti alle autorità inquirenti nazionali e comunitarie (l’OLAF
ed EUROPOL) e soprattutto di stabilire, in caso di conflitto positivo o negativo,
la competenza per la conduzione delle indagini tra autorità di Paesi
diversi), ciò potrebbe creare le premesse per la successiva creazione
di un vero e proprio Ufficio del PM europeo. Anche la sola gestione delle banche
dati (non dimentichiamo che EUROPOL ne ha già una a sua disposizione
per le materie di sua competenza e che il controllo su questi dati è
uno dei punti nodali del futuro di questa Agenzia) di una simile struttura diverrebbe
un modo per indirizzare le indagini nazionali, senza contare che si tratterebbe
di una Agenzia dotata di mezzi enormemente superiori a quelli a disposizione
della maggioranza degli Stati membri e perciò in grado di condizionarne
pesantemente l’azione.
§ Bisogna essere consapevoli del fatto che una simile struttura verrebbe
ad accentrare una grande quantità di poteri (e di mezzi, personali e
materiali) in un Ufficio che ben difficilmente sarebbe del tutto garantito da
ingerenze della politica della Comunità e dei governi degli Stati membri
pi importanti; occorre in proposito considerare che: (a) in Europa esiste
una vastissima pluralità di sistemi organizzativi del PM, tanto che ne
è pressoch impossibile una ricostruzione unitaria ; vi sono infatti
Paesi come il Regno unito e la Germania - che pure si muovono certamente nel
solco della tradizione liberale e democratica - nei quali la dipendenza dell’accusa
dal potere politico è la norma, mentre altri (quali la Francia ed il
Belgio), pur vedendo il PM inserito col giudice nell’Ordinamento giudiziario,
prevedono forme di controllo di tipo gerarchico/ burocratico da parte del Ministro
della giustizia sull’esercizio dell’azione penale; altri ancora, quali la Spagna
ed il Portogallo, vedono la separazione netta delle carriere del PM e del giudice,
ma l’organo dell’accusa gode di una propria indipendenza dal potere politico
ed ha un suo CSM. In questo quadro, nel quale non prevale certo il "modello
Italia" - se non altro per la fama di grave inefficienza del suo sistema
giudiziario in genere - la tentazione di una forte connotazione della Procura
europea nel senso di una sua dipendenza funzionale dalle scelte di politica
criminale del Consiglio e/o della Commissione potrebbe prevalere e potrebbe
essere accentuata dal fatto che la politica di Cooperazione nel settore penale
è abbinata, nel sistema dei Trattati vigenti, alla attività di
polizia in senso stretto. In questo senso, nel dibattito già avviatosi,
c’è chi ha sostenuto che, dovendosi "…….. escludere che
Eurojust sia oggi configurabile - neppure alla lontana - come un organo giudiziario
(se non altro perch , a quanto mi pare di aver capito, non è
istituito da un atto che abbia una simile capacità)……….non
……convenga accreditarne una simile configurazione o addirittura accreditarne
attribuzioni da DNA europea. Soprattutto che (non) ci convenga accreditare una
versione "forte" delle sue attribuzioni con riferimento al potere
di ingerenza nelle funzioni giudiziarie di indagine (l’indipendenza delle quali
è da noi costituzionalmente garantita - ma non lo è altrove, …………).
Questa garanzia di indipendenza della funzione inquirente potrebbe venire messa
a rischio dalla configurazione come organo giudiziario dell’istituenda Eurojust
e dalla conseguente pi agevole attribuzione ad essa di poteri di ingerenza
nelle funzioni degli organi inquirenti nazionali"
§ Qualunque sia la configurazione futura di EUROJUST, quella di una Agenzia
di "coordinamento forte" o quella di una "semplice cooperazione
tra Stati", occorrerà in qualche modo delineare le modalità
con le quali essa si rapporterà con le Agenzie europee di indagine esistenti
(OLAF ed EUROPOL), con le Autorità nazionali di polizia e con quelle
requirenti; senza voler qui preconizzare un futuro ancora del tutto incerto,
va pur detto che la messa in opera di un simile sistema, sia di coordinamento
o (a maggior ragione) di vero e proprio impulso alle indagini, esso avrà
indubbiamente influenza anche all’interno degli ordinamento nazionali; essendo
impensabile che un Ufficio centrale di quel tipo si rapporti con le singole
Procure nazionali (perch ciò creerebbe una rete di scambio ingestibile
perch troppo ramificata) è pi probabile che venga dato
impulso alla creazione di Autorità nazionali, preventivamente indicate,
responsabili dei flussi di informazione, con un chiaro effetto di accentramento,
anche nazionale, delle indagini in quelle materie; in altre parole credo che
si accentuerebbe l’effetto centralizzatore già avviato in Italia con
l’esperienza della DNA e delle DDA.
§ Vi è poi, ed è il pi urgente, il problema dello
status dei componenti di questi uffici; chi li sceglie e chi esercita l’azione
disciplinare nei loro confronti ? a chi rispondono per omissioni o altre mancanze
? devono attuare direttive delle istituzioni nazionali o di quelle comunitarie
e dell’Unione ? e chi nomina i responsabili di un servizio accentrato, come
sembra poter diventare EUROJUST ? Questi sono temi che si sono già prepotentemente
affacciati nella discussione sulla nomina italiana alla Unità provvisoria;
le funzioni relative alla Rete giudiziaria, a Magistrato di collegamento e componente
della Unità provvisoria EUROJUST devono essere considerati come gli incarichi
conferiti dal Ministro, o devono passare attraverso scelte del CSM ? Si consideri
che esse, allo stato degli atti, sembrano partecipare di ampie competenze tradizionalmente
considerate come amministrative, ma che "i compiti di Eurojust vanno al
di là delle tradizionali attribuzioni dei magistrati collegamento e della
rete giudiziaria europea e sono destinati ad investire direttamente lo svolgimento
delle indagini e l’esercizio dell’azione penale nel campo delle forme gravi
di criminalità; essi comporteranno non solo funzioni di coordinamento
dell’attività di indagine, ma anche di impulso, di iniziativa. Le esigenza
innegabili del contrasto alla criminalità organizzata e alla corruzione
che hanno manifestazioni multiterritoriali e investono molti paesi spingeranno
Eurojust ad essere un ufficio che inciderà sull’attività degli
organi inquirenti" .
§ Da ciò la necessità di creare procedure nuove di designazione
dei magistrati in tutti questi organismi, procedure che tengano conto non tanto
(o meglio, non solo) della professionalità acquisita dagli aspiranti
nell’esercizio di funzioni inquirenti "interne", quanto (anche) della
loro capacità di inserirsi in un (difficile) lavoro collettivo con rappresentanti
di altre culture, giuridiche ed organizzative, agguerrite e capaci; il che significa,
magari banalmente, essere in possesso di almeno due lingue e conoscere almeno
i lineamenti dei sistemi giuridici pi importanti coi quali ci si va
in quelle sedi a confrontare.
§ Sullo sfondo dal un punto di vista organizzativo, ma assolutamente centrali
dal punto di vista politico, si collocano i problemi relativi, pi in
generale, alla indipendenza dei PM (e, in misura minore, degli stessi giudici)
in tutti gli organismi giudiziari sovranazionali ed internazionali che sono
stati rapidamente (e un po’ tumultuosamente) creati nel corso dell’ultimo decennio
; e, sempre per ragionare per linee generali, si pone anche il problema (che
per la cooperazione penale all’interno dell’Unione europea è già
attuale e non ipotetico) della "leale collaborazione" tra gli Uffici
nazionali e quelli inter- (o sovra-)nazionali, problema che sino ad oggi è
stato, al pi, di un corretto "galateo" di relazioni, e domani
diverrà quello della attivazione di adeguate modalità di comunicazione
di dati e notizie, di scambio di atti, di compimento di attività in comune
o in parallelo; dalla messa in opera di tali "modalità adeguate"
dipenderà infatti, in concreto, sia l’efficacia di una azione coordinata
(sia essa o meno diretta da Agenzie "forti") sia la dimensione che
verranno ad avere quegli inevitabili fenomeni patologici che possiamo qui per
brevità indicare come "conflitti" positivi o negativi di giurisdizione.
Nessuno invero può nascondersi che tali fenomeni, già frequenti
all’interno degli ordinamenti nazionali (ove però sono previste forme
di risoluzione degli stessi) potrebbero, in caso di cattiva gestione del problema,
moltiplicarsi per n casi qualora riguardino contatti "necessari" fra
organi incardinati in pi ordinamenti nazionali ed organi posti sul diverso
piano inter- (o sovra-)nazionale.
§ In Europa, ed esattamente nello spazio giuridico del Consiglio d’Europa
di Strasburgo, si sono di recente stabiliti alcuni principi guida in ordine
sia all’indipendenza delle funzioni del PM che riguardo alla cooperazione internazionale
tra inquirenti, sui quali occorrerà lavorare attentamente; si tratta
della Raccomandazione del Consiglio d’Europa R (2000) 19 (vedi all. 9); in particolare
tale Raccomandazione (che, lo ricordo, non ha l’efficacia normativa di una Direttiva
della Comunità europea, ma è pur sempre un atto di indirizzo di
rilevante importanza) stabilisce ai punti 14 e segg. che: "14. In countries
where the public prosecution is independent of the government, the state should
take effective measures to guarantee that the nature and the scope of the independence
of the public prosecution is established by law. 15. In order to promote the
fairness and effectiveness of crime policy, public prosecutors should co-operate
with government agencies and institutions in so far as this is in accordance
with the law. 16. Public prosecutors should, in any case, be in a position to
prosecute without obstruction public officials for offences committed by them,
particularly corruption, unlawful use of power, grave violations of human rights
and other crimes recognised by international law." Si tratta di principi
molto generali, ma assai utili al fine di porre un argine alle eventuali interferenze
del potere politico di uno o pi Stati o delle stesse Istituzioni comunitarie.
Su questo occorrerà però ancora riflettere a lungo.
§ Vi è poi lo Statuto della Corte penale permanente (Trattato di
Roma del luglio 1998 - vedi all. 10, ed ivi una rassegna di altre norme in vigore
riguardanti i criteri di nomina dei giudici e dei procuratori delle Corti sovranazionali
ed internazionali), che contiene anch’esso principi guida generalissimi, che
andranno adeguatamente sviluppati.
§ Sempre sullo sfondo, ma anche qui si tratta di una questione urgente,
stanno i criteri di nomina in tutti gli organismi giudiziari inter e sovra nazionali,
che potrebbe essere non opportuno che vengano lasciate al governo, senza una
previa verifica dei loro compiti e dei possibili sviluppi futuri; se la Corte
penale internazionale permanente di cui al Trattato di Roma vedrà un
giorno la luce, potremmo lasciare al Ministro della giustizia la discrezionalità
pi assoluta nella designazione di magistrati che ne faranno parte o
comunque che per essa opereranno, tenuto conto che quella attività (come
quella in corso nelle Corti dell’Aja e di Arusha e nella Procura dell’Aja) sarà
certamente giurisdizionale ? .
§ Infine (e qui davvero de jure condendo) va osservato che la costruzione
di un sistema sovranazionale per il PM richiederebbe anche, almeno in prospettiva,
la determinazione del "giudice naturale" per le indagini preliminari
e per il giudizio; ed è chiaro che si sollevano delicatissime questioni
in tema di composizione degli organi e di conflitti di competenza con le legislazioni
nazionali. Ed ancora, è ipotizzabile, sulla base del Corpus Juris, la
creazione di un diritto penale sostanziale minimo comune a tutti gli Stati membri
?; e senza un diritto penale comune, vi può essere una azione penale
accentrata (ad es. per le frodi comunitarie) o comunque coordinata ? Anche il
progetto Corpus Juris dovrà essere quindi rapidamente esaminato, avendo
esso una importanza focale per il piano del discorso che vorremmo affrontare
insieme.
allegati:
Vengono allegati alcuni testi, citati nel corso della nota; alcuni sono stati
riprodotti per esteso, per altri ho operato un (necessariamente arbitrario)
estratto delle norme che mi parevano pi significative; si tratta sempre
di testi tratti dai siti web ufficiali delle varie istituzioni interessate
1. TRATTATO UE - TITOLO VI - DISPOSIZIONI SULLA COOPERAZIONE DI POLIZIA E GIUDIZIARIA
IN MATERIA PENALE
2. TRATTATO DI NIZZA - TESTO PROVVISORIO
3. TRATTATO CE - ARTICOLO 280 (EX ARTICOLO 209 A)
4. REGOLAMENTO (CE) N. 1073/1999 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, DEL
25 MAGGIO 1999, RELATIVO ALLE INDAGINI SVOLTE DALL’UFFICIO PER LA LOTTA ANTIFRODE
(OLAF)
5. CONCLUSIONI DELLA PRESIDENZA - CONSIGLIO EUROPEO DI TAMPERE (OTTOBRE 1999)

6. ACTION COMMUNE DU 29 JUIN 1998 ADOPTÉE PAR LE CONSEIL SUR LA BASE
DE L’ARTICLE K.3 DU TRAITÉ SUR L’UNION EUROPÉENNE CONCERNANT LA
CRÉATION D’UN RÉSEAU JUDICIAIRE EUROPÉEN (98/428/JAI)
6.BIS AZIONE COMUNE 96/277/GAI SUI MAGISTRATI DI COLLEGAMENTO
7. DECISIONE DEL CONSIGLIO DEL 14 DICEMBRE 2000 RELATIVA ALL’ISTITUZIONE DI
UN’UNITÀ PROVVISORIA DI COOPERAZIONE GIUDIZIARIA - EUROJUST (2000/799/GAI)
8. PARLAMENTO EUROPEO - RELAZIONE 4 DICEMBRE 2000 SULLA COMUNICAZIONE DELLA
COMMISSIONE SULLA TUTELA DEGLI INTERESSI FINANZIARI DELLA COMUNITÀ -
LOTTA CONTRO LA FRODE - PER UN APPROCCIO STRATEGICO GLOBALE
9. CONSIGLIO D’EUROPA - RECOMMANDATION Rec(2000)19 DU COMITE DES MINISTRES AUX
ETATS MEMBRES SUR LE ROLE DU MINISTERE PUBLIC DANS LE SYSTEME DE JUSTICE PENALE

10. CRITERI DI NOMINA E GARANZIE DI INDIPENDENZA DEI GIUDICI E DEI PM DELLE
GIURISDIZIONI INTERNAZIONALI - QUADRO RIASSUNTIVO
11. LETTRE OUVERTE AUX MINISTRES, POUR UNE LIBRE CIRCULATION DE LA JUSTICE ET
DU DROIT EN EUROPE (MANIFESTO DI STRASBURGO)


Indirizzo:
http://old.magistraturademocratica.it/platform/2001/05/15/il-pm-europeo