Un progetto di controriforma e la mancanza di opposizione
Il clima che circonda l'attività giudiziaria e l'insieme delle
riforme realizzate o proposte dal Governo e dalla maggioranza in materia di giustizia
provocano un allarme crescente. Si intensificano, da un lato, gli attacchi di
esponenti istituzionali nei confronti dell'intera magistratura e di singoli
magistrati, spesso accompagnati da veri e propri falsi (la ´strumentalizzazione
dell'azione penale a fini di parte', l'´infiltrazione di
giudici comunisti', le ´condanne senza prove', ecc.),
la cui ripetizione ossessiva, proprio per la sua sistematicità, rischia
di trovare credito in una opinione pubblica insoddisfatta per le carenze e i ritardi
del servizio giustizia. Sul piano legislativo, per altro verso, la mozione del
Senato del 5 dicembre 2001 ha trovato seguito coerente, in attesa del varo del
pacchetto predisposto dal guardasigilli in materia ordinamentale, nel progetto
diffuso da Forza Italia. Quest"ultimo, esteso a modifiche costituzionali
e ispirato dalle bozze Boato per la Commissione bicamerale, prevede, tra l'altro,
la ristrutturazione del Csm, la fuoruscita dallo stesso e la formazione per sorteggio
dell'organo disciplinare, la riorganizzazione in senso marcatamente gerarchico
dell'ufficio del pubblico ministero, la separazione delle carriere di giudici
e pm, il ripristino di un assetto ordinamentale burocratico, l'autonomizzazione
della polizia giudiziaria dal pm, l'introduzione di una discrezionalità
di fatto dell'azione penale con definizione delle priorità nel suo
esercizio da parte del Parlamento su proposta del ministro della giustizia. Una
vera e propria controriforma della giustizia, tesa a ripristinare un modello
di magistratura e di giurisdizione già sperimentato e bocciato dalla storia.
A fronte di ciò ancor più colpiscono la mancanza, nei progetti dei
Democratici di sinistra e della Margherita (anch"essi formalizzati in questi
giorni), di una visione complessiva alternativa della questione giustizia
e la genericità delle scelte operate su punti centrali della stessa.
In attesa di più organici interventi procede a gran velocità l'iter
parlamentare del disegno di legge sul sistema elettorale del Csm. L'ultima
novità introdotta dal Senato è la riduzione del numero dei componenti
eletti da 30 a 21 (14 togati e 7 laici). Solo all'apparenza si tratta di
una scelta tecnica. Il Csm deve amministrare 9.033 magistrati ordinari ed 11.416
magistrati onorari: nel ridurre il numero dei consiglieri si è ignorata
questa straordinaria crescita di attribuzioni e si è scelta la via di un
anacronistico ritorno al passato, all'assetto del Consiglio degli anni "50
e "60. Cosi la riforma cambia volto e si sposta dal sistema elettorale
alla struttura stessa del Consiglio, che si vuole rimpicciolito, meno efficiente,
meno ricco di apporti diversi, meno all'altezza dei compiti che la Costituzione
gli assegna. Sotto l'apparenza di un aggiustamento tecnico si realizza un
violento attacco alla indipendenza della magistratura (che è facile
prevedere avrà come seguito la proposta di sottrarre all'autogoverno
attribuzioni fondamentali come quelle in tema di formazione dei magistrati e di
organizzazione degli uffici).
* * * * *
Sono passati dieci anni da che la scoperta con le mani nel sacco del ´mariuolo'
milanese Marco Chiesa ha dato inizio alla stagione di ´Mani pulite'.
Le celebrazioni e i ricordi (talora i necrologi) si sprecano. E, insieme,
cresce la voglia di una ´soluzione politica', che sembra, da ultimo,
convogliarsi nel progetto di ripristino, con effetto retroattivo (sic!)
dell'autorizzazione a procedere. Rimuoviamo si dice questo
macigno e potremo cosi riprendere una politica non avvelenata. Concorrono
nella richiesta interessi contrapposti: dall'esigenza del presidente del
Consiglio di liberarsi da processi ingombranti (potenzialmente idonei a ostacolare
un'altrimenti irresistibile ascesa) alla preoccupazione di chi da
sponda opposta teme che la guerra in atto lasci sul terreno la stessa indipendenza
e autonomia della magistratura. Eppure, nessuna credibile soluzione politica è
possibile; e ben lo sanno coloro che la chiedono con maggior insistenza. Non per
l'opposizione dei magistrati (che, tra l'altro, non ne avrebbero né
il potere né la forza), ma per ragioni tutte politiche: perché
chi della soluzione politica dovrebbe beneficiare proclama la propria innocenza
(e dunque reclama almeno a parole non la chiusura di una stagione
ma l'affermazione della propria correttezza), perché il sistema non
ha prodotto nuove regole per evitare che la storia (rectius, l'inquinamento
della vita pubblica) si ripeta, perché l'impunità e la riabilitazione
dei tangentisti di ieri è richiesta da molti per garantire l'impunità
dei tangentisti di oggi. Per questo una corretta soluzione politica non può
eludere l'accertamento di quel che è stato, anche in termini
di responsabilità personali: e ciò, in mancanza di una ricostruzione
condivisa, non può avere sede diversa da quella giudiziaria.
15 febbraio 2002
(l.p.)