1. Uno degli aspetti pi preoccupanti che hanno caratterizzato
l'azione del ministro della giustizia nell'ultimo periodo è stato
il tentativo, divenuto sempre pi evidente, di occupare spazi istituzionalmente
riservati al Consiglio superiore. La volontà di assunzione
di un ruolo svincolato dai poteri di intervento del Csm
in materia di organizzazione giudiziaria e di status dei magistrati
ha cominciato a manifestarsi con la promulgazione del d.l. n.
217/2001 (emanato in attuazione del d.lg. n.300/1999) sulla
riforma del Ministero della Giustizia, provvedimento in base al
quale per la copertura dei posti relativi ad incarichi di diretta collaborazione
con il ministro, al Consiglio non sarebbe spettata che
una mera presa d'atto, senza la possibilità di invocare n i contingenti
per i fuori ruolo, n la propria normativa secondaria n
altre condizioni di opportunità. Soltanto la pronta reazione della
componente di Md e dei rappresentanti dei Movimenti, attuata
con la presentazione di un ordine del giorno urgente, ha consentito
di evidenziare con chiarezza il problema, ottenendo il risultato
di ricondurre la normativa di riferimento, in sede di conversione,
nell'alveo di una procedura rispettosa delle specifiche sfere
di competenza istituzionale.
2. Ma il disegno di occupare spazi riservati all'azione del Csm
è emersoin modo esplicito nella vicenda che ha visto protagonisti,
loro malgrado, i colleghi Perduca, Piacente e Vaudano vincitori
di un concorso bandito dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode
(Olaf) destinato a completare l'organigramma dell'Unità
Magistrati e rafforzare la dimensione giudiziaria della Direzione
Investigazioni ed operazioni dell'organismo comunitario.
Il Csm ha provveduto tempestivamente, nell'ottica di una leale
collaborazione con gli organi comunitari e nella prospettiva di
assicurare la presenza di magistrati italiani in incarichi di rilevanza
internazionale, a deliberare i collocamenti fuori ruolo dei tre
magistrati (delibere assunte per il dott. Piacente ed il dott. Perduca
su richieste degli interessati fatte proprie dal ministro dell'epoca
Fassino, e per il dott. Vaudano con delibera del 21 giugno
2001 successiva alla nota con la quale il nuovo ministro della
giustizia Castelli aveva comunicato di non avere osservazioni
da formulare in merito alla richiesta del magistrato).
Inopinatamente, con nota 13 settembre 2001 lo stesso ministro
Castelli chiedeva la revoca delle delibere consiliari appena
citate, sul presupposto che la qualità di "agenti" presso l'Olaf
rendeva inopportuno lo svolgimento da parte dei magistrati di
mansioni prevalentemente amministrative e d'indagine. Alla richiesta
faceva seguito la trasmissione di una nota con la quale la
Presidenza del Consiglio dei Ministri comunicava di non concedere
al dott. Vaudano l'autorizzazione a prestare servizio presso
enti o organismi internazionali e di revocare le analoghe autorizzazioni
già concesse al dott. Piacente ed al dott. Perduca. Il Csm,
nel ribadire la pertinenza dell'attività giurisdizionale con i compiti
che i magistrati italiani sarebbero stati chiamati a svolgere
presso l'Olaf, il 6 dicembre 2001 deliberava il non luogo a provvedere
sulla richiesta ministeriale. Il 21 dicembre, peraltro, il ministro
ha invitato nuovamente il Consiglio a riassegnare i magistrati
Perduca, Piacente e Vaudano agli uffici di provenienza, dichiarando
di essere impossibilitato ad emettere i relativi decreti
in assenza del "requisito di legittimità" costituito dall'autorizzazione
di cui all'art. 1 della legge n. 1114/1962.
Di fronte a questa ulteriore richiesta veniva messa all'ordine
del giorno del plenum una proposta dei consiglieri Gilardi e Spataro
con la quale si prospettava: a) il non luogo a deliberare sulla
richiesta del ministro di riassegnazione agli uffici di provenienza
dei magistrati Vaudano e Perduca (Piacente nel frattempo
aveva già ripreso servizio); b) l'invito al ministro ad emanare i decreti ministeriali di collocamento fuori ruolo di Perduca e Vaudano,
in conseguenza delle delibere consiliari precedentemente
adottate; c) l'invio di copia della delibera al Direttore generale
dell'Olaf e al Presidente del Comitato di sorveglianza dell'Olaf.
Dopo un ampio dibattito, in cui si è sentito affermare di tutto,
compresa la tesi secondo cui qualunque collocamento fuori ruolo
dei magistrati presso organismi interni o internazionali presupporrebbe
una richiesta del ministro alla cui insindacabile volontà
sarebbe rimessa ogni scelta in proposito, nella seduta plenaria
del 17 aprile 2002 è stata accolta la richiesta di ritorno in
Commissione, con 16 voti a favore (i componenti di Unicost,
quelli di Mi ad eccezione del cons. Cassano, i componenti laici
del Polo e i componenti di diritto del Csm) e 14 voti contrari (i
componenti di Md e dei Movimenti, il cons. Cassano, i componenti
laici Di Cagno, Tossi Brutti, Pastore Alinante, Resta, Riccio)
mentre il cons. Mazzamuto, assente dalla seduta, è comparso
subito dopo il voto...
Una risicata maggioranza ha, dunque, deciso di non decidere,
facendo ritornare in commissione una proposta che avrebbe rappresentato
un passo avanti sulla via del chiarimento. Si trattava,
infatti, di rivolgere al ministro un motivato invito ad emanare i
decreti ministeriali previsti dall'art. 17 della legge 24 marzo 1958,
n. 195 (e costituenti, in base al sistema costituzionale, atti assolutamente
vincolati e dovuti), proseguendo quel dialogo istituzionale
che, ove non fosse sfociato in una soluzione consensuale,
avrebbe dovuto avere come logico corollario il conflitto tra il
Csm e il ministro della giustizia di fronte alla Corte costituzionale,
secondo un'altra proposta presentata in plenum dal cons. Pastore
Alinante.
L'atteggiamento di Unicost e di Mi (con l'eccezione, in questa
occasione, del cons. Cassano) è stato assolutamente emblematico
di una impostazione seguita, pi in generale, sul tema degli incarichi
presso organismi internazionali (tema di assoluta importanza
anche nella prospettiva degli sviluppi futuri). Il processo di integrazione
europea, ormai avviato e con una sempre pi evidente evoluzione verso uno spazio comune di "libertà, sicurezza e
giustizia", ha aperto, infatti, nuove prospettive di collaborazione
e di cooperazione, che sottolineano il valore dell'indipendenza
della funzione giudiziaria, tendendo a svincolarla non solo dal
Consiglio dell'Unione europea, ma anche dai singoli Stati dell'Unione.
In tale proiezione internazionale, la relazione intercorrente
tra Csm e ministro in tema di collocamento fuori ruolo dei magistrati
è destinata a rimodellarsi su scala pi ampia ed è necessario
che le attribuzioni del Consiglio, lungi dal soccombere rispetto
a quelle del Governo, si esplichino anche con riferimento
alla composizione degli organismi internazionali con competenze
lato sensu giudiziarie, nel quadro degli impegni di cooperazione
assunti dallo Stato italiano.
Assumendo una posizione per la quale l'intera materia delle
designazioni dei rappresentanti italiani negli organismi giudiziari
europei dovrebbe vedere un ruolo preminente del ministro della
giustizia ed uno subordinato e servente del Csm, si è finto di non
vedere la straordinaria novità determinata dalla nascita di organismi
giudiziari in ambito comunitario, e non si è stati capaci di
cogliere l'essenza di questa nuova frontiera nella battaglia per
l'indipendenza dell'ordine giudiziario. In plenum si è assistito alle
dichiarazioni del ministro Castelli che, esponendo le linee del
Governo in materia di giustizia, ha sostenuto che dall'Europa
verrebbe una minaccia per l'autonomia e l'indipendenza della
magistratura italiana, proprio mentre sta sviluppando in forme
sempre pi nette un'attività ministeriale e governativa tesa ad
erodere le prerogative del Csm, sfruttando tra l'altro anche le occasioni
delle nomine ad organismi europei. Nonostante ciò, Unicost
e Mi sembrano attendere proprio queste occasioni per manifestare
la loro disponibilità al volere del ministro, arretrando
anche di fronte all'ipotesi istituzionale di un conflitto dinanzi alla
Corte costituzionale, sostenuta in Commissione dai consiglieri
Pastore Alinante (autore di una specifica proposta in tal senso
per l'assemblea plenaria del 17 aprile 2002), Gilardi e Spataro.
Un simile atteggiamento passivo e rinunciatario rischia di tra
sformare la nascita di una giurisdizione europea in occasione di
riduzione di indipendenza del giudiziario.
3.
La stessa linea ha finito per prevalere, in modo ancor pi
marcato, nella vicenda relativa alla nomina del rappresentante
italiano presso Eurojust.
La decisione del Consiglio dell'Unione europea del 28 febbraio
2002, istitutiva di Eurojust, ha chiarito in modo inequivoco
che tale struttura - per caratteristiche, natura e finalità - deve
essere collocata fra gli organismi che svolgono funzioni giudiziarie.
In particolare, l'art. 9.3 della decisione recita testualmente
che "ciascuno Stato membro definisce la natura e la portata dei
poteri giudiziari che conferisce al proprio membro nazionale".
Nonostante tale chiarissima dizione, la quale comporta tra l'altro
che al magistrato addetto alla nuova struttura sia assicurato un
regime di effettiva indipendenza dall'Esecutivo, la maggioranza
della seconda Commissione ha presentato una proposta (rel.
cons. Iacopino Cavallari) secondo cui tra la struttura provvisoria
e quella definitiva non vi sarebbe alcuna sostanziale differenza
quanto ai compiti dei componenti di Eurojust, e dovrebbe essere
riconosciuta piena validità all'interpello inviato dal ministro ai
magistrati italiani prima ancora che (l'unità definitiva di) Eurojust
fosse istituita. Così facendo è stata avallata la tesi relativa all'esistenza
di un rapporto fiduciario con il rappresentante italiano di
Eurojust, accogliendo la prospettazione del ministro. E non basta:
la maggioranza consiliare, da un lato, ha respinto un emendamento
tendente ad escludere tale rapporto, e, dall'altro, ha approvato
un emendamento in cui si afferma che al magistrato chiamato
a comporre la struttura compete la rappresentatività anche
della "compagine governativa".
E' del tutto evidente che l'interpello ministeriale e la conseguente
nomina "fiduciaria" si pongono in contrasto anche con le
prerogative del Csm e costituiscono un grave vulnus al principio
del governo autonomo della magistratura. Posto, infatti, che in
Eurojust - a differenza di quanto previsto per la struttura provvisoria - dovranno essere esercitate funzioni giudiziarie, è il Csm
e non il ministro della giustizia a dover gestire l'interpello, a valutare
le professionalità dei concorrenti, ad operare, in definitiva,
la scelta fra i candidati. Ma nonostante queste inoppugnabili considerazioni,
analiticamente sviluppate nella proposta di minoranza
del cons. Di Casola, la maggioranza del Consiglio, sorda a tutte
le argomentazioni addotte, ha approvato la proposta del cons.
Iacopino Cavallari con 17 voti a favore (tutti i componenti di
Unicost e di Mi, i componenti laici del Polo e i membri di diritto),
10 voti contrari (i componenti di Md, quelli dei Movimenti
riuniti e dei consiglieri laici Resta e Tossi Brutti) e quattro astensioni
(i consiglieri Di Cagno, Mazzamuto, Riccio e il vicepresidente).
Nella seduta del plenum del 22 maggio 2000, infine, la proposta,
formulata dal cons. Pastore Alinante con il voto favorevole di
Gilardi e Spataro, di sollevare conflitto di attribuzione con il ministro
di fronte alla Corte costituzionale è stata respinta ed è stata
approvata la proposta del cons. Jacopino (Unicost), appoggiata
dai consiglieri di Mi (ad eccezione di uno) e dai laici del Polo,
che ha riconosciuto piena legittimità alla procedura seguita dal
ministro.
4. L'impostazione seguita dai componenti di Unicost e di Mi
ha una conseguenza incontestabile: l'istituzione e lo sviluppo di
organismi giudiziari europei divengono occasione e tramite per
uno svuotamento delle prerogative del Csm e delle garanzie dell'ordine
giudiziario sancite dalla Costituzione.
Ad incidere sull'indipendenza non è, ovviamente, lo sviluppo
delle istituzioni giudiziarie europee, ma l'azione dell'Esecutivo. E
questo risultato si sta determinando, purtroppo, con l'avallo della
maggioranza consiliare, che ha abdicato a tal punto alle proprie
prerogative da rinunciare persino ad ogni effettiva valutazione
sulla rosa dei nomi presentata dal ministro, rosa di nomi tra
i quali - è inutile dirlo - non figurava quello del dott. Gian Carlo
Caselli, membro italiano uscente dell'unità di cooperazione
provvisoria (ProEurojust), rispetto al quale non si riesce a comprendere
in che modo possa essere negata la "necessaria, specifica
professionalità" menzionata nell'interpello.