Giustizia e lavoro più sicuro - di Rita Sanlorenzo

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GIUSTIZIA E LAVORO PIU' SICURO

da "La Stampa" del 29.2.2008

  

di Rita Sanlorenzo*

Sono già più di cento i morti sul lavoro dall'inizio 2008. Un dato terribile, a poco più di due mesi dalla strage della ThyssenKrupp che ha portato drammaticamente all'attenzione della città e del Paese come in tempi di precarietà sul lavoro sia precaria la stessa esistenza di troppi lavoratori. Tanta commozione speriamo non venga riassorbita dall'ordinario avvicendarsi nella cronaca di «scandali» e di «emergenze», che dopo l'iniziale fragore sono soffocati dall'ultima notizia gridata. L'impegno per ridurre drasticamente, se non eliminare, le morti sul lavoro non può essere lasciato solo alla politica, e soprattutto non può tradursi nell'adozione di sporadiche misure, miracolosamente capaci di invertire una rotta, tragicamente consolidata, radicata prima che nelle statistiche, nell'incultura e nel vuoto delle nostre coscienze. Una maggior sicurezza sul lavoro può essere il frutto di un'azione quotidiana e continua, coordinata e consapevole, capace di coinvolgere una catena di soggetti che guardano allo stesso obiettivo: e questo dovere riguarda anche la magistratura, cui spetta il compito non solo di risarcire le vittime degli infortuni e delle malattie causate dal lavoro, ma soprattutto quello di reprimere i reati e quindi di prevenirne la commissione.

La perdita di efficienza del sistema giustizia mai come in questo campo si traduce in perdita di diritti e tutele per i più deboli: spesso, al trauma doloroso dell'infortunio o della malattia, si aggiungono per la vittima o per i suoi superstiti, la frustrazione e l'umiliazione di meccanismi processuali infiniti e troppo spesso senza esito utile. Deve essere volontà dei magistrati parlare delle mancanze della giustizia senza alibi o autodifese corporative, ma in uno spirito propositivo che parta proprio dal nostro impegno, in particolare sul piano dell'organizzazione giudiziaria e della formazione professionale. Serve innanzitutto la costituzione di sezioni specializzate, non solo nelle Procure della Repubblica ma anche nei Tribunali e nelle Corti d'appello: i magistrati che ne fanno parte dovrebbero assoggettarsi a un progetto di formazione permanente e allargata agli organismi di vigilanza e alle sezioni di polizia giudiziaria. Poiché esistono molte realtà virtuose in diversi uffici giudiziari, il Consiglio superiore della magistratura dovrebbe saperne fare una ricognizione, e quindi diffonderne saperi, giurisprudenza e prassi, magari attraverso veri e propri protocolli d'indagine. Lo scopo è di creare una filiera omogenea per specializzazione professionale e sensibilità culturale, in grado di evitare la dispersione dell'attività nel generalismo delle competenze giurisdizionali.

Sotto il profilo legislativo, si dovrebbe metter mano a un'estensione dello schema processuale dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori, in quei casi di violazioni della normativa prevenzionale che comportano un pericolo grave e attuale per la salute dei lavoratori e delle lavoratrici. Per un miglior coordinamento con gli altri soggetti agenti, ci si dovrebbe attivare per la costituzione, presso gli enti locali territoriali, di osservatori sull'andamento della giustizia in tema di sicurezza del lavoro, composti da magistrati, rappresentanti delle parti collettive e responsabili degli organismi pubblici di vigilanza, a cui affidare il monitoraggio dell'andamento dei processi specialistici, soprattutto sotto il profilo statistico, indicativo di situazioni di pericolo e di nocività. Queste e altre misure potrebbero servire al recupero di effettività della risposta giudiziaria. Sul piano culturale, prima di tutto, deve affermarsi un'idea assai semplice, ma di cui molti stentano ad appropriarsi: il cittadino, in questo caso il lavoratore, ha diritto a ottenere risultati definitivi in tempi ragionevoli, frutto dello sforzo univocamente orientato di tutti i soggetti che sono chiamati a realizzarlo. Non servono tanto punte di eccellenza, non c'è bisogno di «superuffici», ma piuttosto dobbiamo saper rilanciare un impegno diffuso che guardi all'esito finale del processo, evitando dispersioni, spreco di risorse e, soprattutto, ulteriore mortificazione per le vittime. Anche la sicurezza sul lavoro, come tante altre emergenze del Paese, può rappresentare un obiettivo raggiungibile.

* segretario nazionale di Magistratura democratica

01 03 2008
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