Presentazione
In nome dei diritti umani e della tutela del singolo dai gruppi culturali di ap-partenenza si possono approvare leggi brutte e inefficaci, con preoccupanti grandi maggioranze trasversali e rapide letture parlamentari conformi. Quesdto il caso, ci sembra, della nuova legge 7/2006, normativa sulla prevenzione (con pochi soldi e scarsità di altri mezzi) e il divieto (con pene altissime e pratica-mente senza discriminazioni tra le diverse situazioni) delle mutilazioni genitali femminili. Una legge sbilanciata sulla repressione penale (anche al di là dei confini nazionali) che nasce da un pregiudizio culturale e che, a fronte di un problema vero arrivato nei paesi di immigrazione - dunque uscito fuori dal con-testo originario e svuotato di significati diversi da quello della disposizione del corpo, in forme che ci risultano intollerabili - viene semplicemente e solo cri-minalizzato.
A tutela di donne (di frequente minorenni) contro altre donne (le madri, le zie, le altre figure femminili, non solo parentali) che gestiscono tali pratiche in am-biti, tuttavia, di potere patriarcale, dove però i patriarchi, gli uomini del grup-po, possono facilmente restare fuori dall'intervento repressivo.
Per la sanzione di illiceità penale delle condotte considerate questa legge non era necessaria, come ricordato in precedenti contributi pubblicati su questa Ri-vista.
Per l'emancipazione delle interessate (che solitamente non ritengono degno essere definite mutilate) da queste pratiche (che conosciamo poco) la scure di una normazione penale speciale, concepita in modo che i giudici possano eser-citare scarsa discrezionalità nell'applicarla anche quanto alla misura della pe-na, servirà prevedibilmente ad evitare poche ferite alle vittime e allo stesso tempo renderà difficile il ricorso da parte loro alle strutture pubbliche (ove i sanitari si trovano ad avere obbligo di referto) per la cura e la riparazione (an-che psicologica). Anziché trovare i modi della comunicazione tra contesto na-zionale di accoglienza e gruppi minoritari di appartenenza e singoli suoi com-ponenti, la legge ora approvata avrà, probabilmente, come effetto la chiusura dei gruppi al loro interno. C'è il rischio, scambiato per libertà, che si sia finito per voler dare, più o meno inconsapevolmente, soprattutto una lezione a questi "selvaggi", meglio se musulmani, ritenendo erroneamente che queste pratiche abbiano una determinata origine religiosa.
Di questa complessità trattano, in uno scritto che mette opportunamente in-sieme le competenze antropologiche e quelle giuridiche, A. Vanzan e L. Miazzi partendo da uno spunto interessante, a proposito di pregiudizi e di differenze di trattamento su basi culturali, ovvero quello dell'accettazione della pratica, a sua volta diffusa, della circoncisione maschile.
Alla tentazione di rispolverare vecchi arnesi di ordine pubblico per imporre gli usi e costumi nazionali e criminalizzare quelli altrui è dedicato anche l'approfondimento di G. Scarpari su un altro tema ricorrente (non solo in Ita-lia) nel dibattito sul multiculturalismo ovvero quello della copertura del volto delle donne con il velo o meglio con il burqa: a partire dall'ordinanza di un sin-daco nordista che ha provato a recuperare la legge Reale del 1975 al contrasto dei nuovi invasori.
Di contrasto alla discriminazione, in termini questa volta positivi e non re-pressivi, tratta d'altro canto L. Melica in un intervento dedicato a fare il punto sulla normativa specifica, cominciando dalle fonti comunitarie.
Di superamento della barriera della reciprocità in materia di diritti garantiti a chiunque dalla Costituzione parla a sua volta C. Corsi, commentando una inte-ressante pronuncia del tribunale di Catania in una causa di risarcimento danni proposta da una cittadina straniera nei confronti del Fondo di garanzia per le vittime della strada.
Di diritti concessi, più che riconosciuti, agli stranieri tratta infine P. Morozzo della Rocca in un innovativo ed articolato intervento in materia di anagrafe, che unisce allo spessore teorico la grande importanza pratica per le molte diffi-coltà che utenti e operatori incontrano in questo settore.
Della giurisprudenza abbiamo già cominciato a dare segnalazioni richiaman-do alcuni commenti. La sezione è, come al solito, ricca di altri spunti, eviden-ziati anche nelle schede di G. Savio e N. Zorzella, il primo in materia di diritto alla salute e la seconda in ordine ai requisiti per il rinnovo del permesso di sog-giorno per lavoro.
Cresce per quantità la giurisprudenza penale o meglio del diritto penale degli stranieri collegato alla rigidissima ed inefficiente regolazione amministrativa del loro ingresso e soggiorno.
La Corte di cassazione ha dato di recente due chiari segnali di qualità nel senso del riequilibrio di una macchina penale iniqua prima che a sua volta inef-ficace. Ne parla A. Caputo commentando in specie due sentenze su temi caldi che sono alla quotidiana attenzione dei giudici di merito delle convalide di arre-sto e delle direttissime: il tema della reiterazione dell'ordine di allontanamento nei 5 giorni, emesso dal questore nonostante la pronuncia penale che abbia ac-certato la violazione di un pregresso analogo provvedimento; l'altro tema della sindacabilità da parte del giudice penale, nell'ambito dell'esercizio del potere di disapplicazione, della legittimità dei provvedimenti amministrativi, con partico-lare riguardo alla carenza di motivazione dei citati ordini di allentamento.
Chiudono la Rivista gli osservatori, europeo ed italiano, ricchi di materiale documentale, e le altre segnalazioni.