Presentazione
Ricordando
Dino Frisullo.
Non
avremmo mai voluto ricordarlo ma semplicemente continuare a vivere
insieme a lui le mille battaglie a fianco delle persone costrette
a lasciare la loro terra perché perseguitate, perché
impedite nell’esercizio di diritti fondamentali, perché
prive di quelle opportunità esistenziali troppo spesso
ritenute scontate dal mondo occidentale; le mille battaglie a fianco
di quelle persone non accolte nel nostro paese perché
“fuori quota”, perché non compatibili con il
mercato del lavoro o con le strutture sociali, perché
portatrici di imbarazzi politici verso paesi “economicamente
amici”, perché seguono rotte non ordinarie, affrontando
il percorso anche a rischio della loro stessa vita.
Dino
era sempre al loro fianco, incurante dell’agire “politicamente
corretto”, incurante se c’era un governo “amico”,
indifferente a qualsiasi logica che non mirasse alla difesa dei
diritti delle persone, da qualsiasi mondo provenissero e in qualsiasi
modo arrivassero a noi, talvolta andando lui stesso in quei paesi a
difendere il loro inviolabile diritto alla libertà, fino ad
esserne privato in prima persona. Tutti ricordiamo la sua
incarcerazione in Turchia, il suo infaticabile lottare, in tutte le
sedi istituzionali e non, per il rispetto del popolo curdo e di
quello palestinese, due popoli disconosciuti e decimati.
Tutti
ricordiamo il suo infaticabile lavoro per e nel movimento delle
persone immigrate che lottavano per avere la definizione delle
procedure di regolarizzazione, per non rimanere ancora per anni
nell’invisibilità.
Tutti
lo ricordiamo nelle sue visite ai centri di detenzione
amministrativa, che egli denunciò subito, insieme a molti di
noi, innanzitutto perché luoghi dove si praticava la
“sospensione del diritto”.
Tutti
lo ricordiamo nei luoghi degli sbarchi non autorizzati, pronto ad
accogliere, informare, tutelare coloro che mai erano - né sono
- accolti, tutelati, informati. Forse per questo il suo nome era
scritto su una nave arrivata sulle coste italiane senza
autorizzazione, perché chi arrivava lo identificava come
speranza.
Anche
di questo gli siamo grati, per avere fatto sì che l’Italia
non fosse identificata solo come paese di respingimenti, di negazione
di diritti.
Non
lo ricordiamo solo noi “addetti ai lavori” ma anche tutte
le persone immigrate in Italia, regolari o clandestine, per avere
condiviso con loro anche la precarietà delle risorse
economiche e materiali. Dino sapeva che la sua era una scelta
e non una costrizione e forse per questo egli era davvero
instancabile e non mollava mai. Ed è per questo, crediamo, che
le immigrate e gli immigrati hanno voluto onorarlo direttamente in
varie piazze italiane ed in particolare in una piazza di Roma, luogo
simbolico di tanti incontri.
Non
ricordiamo solo la sua tenacia e la sua coerenza ma anche la sua
incontestabile non violenza, l’approccio pacifico ma
deciso, inflessibile ma non rigido in tutte le questioni che
affrontava. Perché egli sapeva che la difesa dei diritti umani
- motore e ragione della sua esistenza e forse anche causa della suo
prematuro andarsene - presuppone inevitabilmente che di quei diritti
ognuno di noi se ne appropri in prima persona, facendoli diventare
parte del proprio essere prima che battaglia da intraprendere.
Dino
voleva una società non razzista, non plasmata secondo
casualità etniche ma che rispettasse la persona in quanto
tale.
Il
suo orizzonte non aveva davvero confini.
Ed
è per questo che noi continueremo nel percorso da lui
intrapreso, difendendo e rappresentando i “dannati della
terra”, consapevoli che ci sono, in mezzo a noi, molti Dino,
che come lui si sono messi «dalla parte del torto in mancanza
di un altro posto in cui sedersi»