24 gen 2003
Si sta svolgendo in questi giorni a Porto Alegre il terzo World Social Forum, ed, in concomitanza, il secondo Forum Mondiale dei Giudici, esattamente come lo scorso anno.
Si sta svolgendo in questi giorni a Porto Alegre il terzo World Social Forum, ed, in concomitanza, il secondo Forum Mondiale dei Giudici, esattamente come lo scorso anno.
E', il mio, l’ultimo intervento, ma non svolgerò conclusioni (non previste dalla statuto e che spetterebbero, caso mai, al segretario), bensì solo poche osservazioni sparse su alcune tematiche che hanno attraversato i lavori congressuali.
Sono onorato di parlare in questa sede e ringrazio gli organizzatori del congresso di avermi invitato. Non sono un giurista e tuttavia mi trovo qui, come un testimone qualsiasi, per parlare in difesa della giustizia e della Costituzione. Che esse siano oggi minacciate è una sensazione diffusa in una vasta opinione pubblica: un allarme sociale che si solleva dopo un periodo durante il quale è cambiato il modo con cui molti cittadini guardano all’operato della magistratura.
E’ un dato della comune esperienza che il livello di efficienza giudiziaria abbia un riflesso diretto e immediato sulla effettività della tutela dei diritti dei cittadini, tema centrale del XIV Congresso di Magistratura Democratica.
Tale pesante condizionamento si riflette, ovviamente, anche sulla autonomia e indipendenza della magistratura, valori che interessano i dirigenti amministrativi, sia come cittadini sia come professionisti interni al sistema giustizia.
«Magistrati, avvocati, giuristi: la necessità di un’alleanza»: il titolo dato alla sessione in cui si inserisce questo mio intervento è costruito su una metafora mite, ma di segno militare. Perch una alleanza fra ceti professionali formati da un ceppo culturale comune, caratterizzati però da caratteri istituzionali peculiari, che quotidianamente entrano in rapporti di confronto e, talora, di scontro istituzionalmente regolato?
In uno dei documenti sulla condizione dei migranti riportati nella raccolta che avete trovato nelle cartelline – e precisamente nel documento sull’indultino (un nome ricorrente) presentato nella scorsa legislatura dal centro-sinistra – segnalavamo con l’Asgi, la spinta verso una riedizione della contrapposizione liberal-ottocentesca tra un sistema penale ispirato ai principi del garantismo per i galantuomini e un diritto speciale di polizia per le classi pericolose.
C’è un’immagine del processo penale ben impressa nell’immaginario collettivo: quella del "Processo di Kafka". Franz Kafka – come ricorderete tutti – descrive il processo come un luogo, un luogo ostile ed oscuro, dove il protagonista K., il cittadino K. si perde e viene stritolato, uomo senza colpa trasformato nel Colpevole che viene ingiustamente giustiziato. Il luogo dell’accertamento della verità trasformato nel dominio dell’ingiustizia.